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Racconti Gay

Khadim

By 24 Maggio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Incontrai per caso Khadim sulla spiaggia carico di biancheria intima da donna, foulards, parei, gioiellini e cose di questo tipo. Insegno gratuitamente italiano agli stranieri e Khadim &egrave uno dei miei allievi (e fra i più bravi) perciò lo salutai molto calorosamente. Erano le sei del pomeriggio ed ero lì ad arrostirmi in quella spiaggia di nudisti dalle 10 di mattina. “Stavo per andare via Khadim, vuoi un passaggio per tornare a Roma?” – “Sì grazie professore, sei gentile” – indossai pantaloncini, maglietta e scarpe e ci avviammo alla moto. Salii in sella e Khadim dietro di me con tutta la sua merce tenuta in mano miracolosamente. Durante il viaggio lo sentivo accostato a me, era la prima volta che c’era una prossimità così stretta fra il mio corpo ed il suo e devo confessare che la cosa mi creava un po’ di turbamento. Arrivammo sotto casa sua, alla periferia di Roma e lui scese. Mi fece un gran sorriso scoprendo i suoi denti bianchissimi e mi ringraziò, poi disse “Sali un attimo da me professore, parliamo un po’ in italiano” – Sorrisi – “Ma guarda che tu non hai proprio bisogno di ripetizioni, parli già benissimo italiano, però salgo volentieri” Non volevo proprio offenderlo. Sapevo però che viveva con altri 5 senegalesi come lui. “Sei sicuro che non disturbo? Ci saranno i tuoi amici” “Ma no, i miei amici tornano più tardi, lavorano con i ristoranti”. La casa era come immaginavo, una grande stanzona con tre letti a castello, una cucina con un tavolo al centro ed un gabinetto. Quello che non mi aspettavo era che fosse molto ordinata e pulita e con un buon odore di sandalo, evidentemente dato dai bastoncini bruciati. “Professore gradisci un bicchierino di vino di palma? E’ tipico di Senegal. Da noi bere vino o the serve per stare intorno a un tavolo a parlare per ore di niente” “Certo che lo gradisco”. Versò il vino in due bicchierini e bevemmo lentamente. Cominciammo a parlare del più e del meno, del suo lavoro, del mio, mi spiegò alcune cose del suo paese, delle differenti etnie che vivono pacificamente fra loro, Wolof, Sér&egravere, Peulh, Toucouleur, Diola, Mandingo. Mi disse anche di essere figlio di una Mandingo ed un Sér&egravere, ed intanto i bicchierini di vino si moltiplicavano. Non so se fosse l’effetto del vino ma piano piano cominciavo a prendere consapevolezza della bellezza del suo corpo, altissimo, muscoloso, ed ero attratto fortemente dalle sue labbra. Inoltre mi affascinava la sua dolcezza, le cose che diceva e come su ogni argomento parlasse con una delicatezza ed una profondità eccezionale. Ad un certo punto disse “Scusa professore si tu permette prendo una doccia, tutto il giorno su spiaggia, sono troppo sudato.” – “Ma scherzi Khadim, sei a casa tua no?” E gli elargii un grosso sorriso accentuato dall’effetto del vino. Mentre lui era di là cominciai a gironzolare per la stanza, a guardare la sua merce che aveva poggiato su uno scaffale e mi corse l’occhio agli splendidi perizoma da donna che vendeva. Forse sempre per efftto del vino non so cosa mi prese ma mi tolsi maglietta e calzoncini e ne indossai un paio. Mi specchiai. Il mio corpo totalmente abbronzato, depilatissimo, mi sembrava ambrato ed eccitante. Mi tolsi il perizoma e ne indossai un altro, sempre specchiandomi con movenze alquanto femminili. “Se vuoi puoi tenerlo”. Mi voltai di scatto, non mi ero accorto che Khadim era tornato nella stanza avvolto in un grande pareo dalla vita in giù. Rimasi di stucco, forse balbettando qualcosa. Lui si avvicinò a me e mi mise un dito sulla bocca come per dire “Stai zitto, non devi spiegare nulla”. Poi prese un foulard con delle paillettes e delle perline e me lo avvolse intorno alla testa. Poi sempre nel silenzio più assoluto prese due orecchini a clip e me li fermò alle orecchie. Eravamo vicinissimi ed io ero ipnotizzato dalle sue labbra carnose. Come in un film le labbra si avvicinarono alle mie e mi ritrovai a baciarlo dolcemente, appassionatamente. Le lingue si cercarono per un tempo infinito mentre le mie mani correvano su tutto il suo corpo e le sue sul mio. Sentivo stringermi le natiche nelle sue mani forti, le sue dita spostare il perizoma ed entrare delicatamente nel solco a cercare e sfiorare il mio buchino senza nessuna violenza. Mi girava la testa, ero perso completamente. Scesi con la bocca a leccargli i capezzoli e lui fece altrettanto, leccandomeli, mordicchiandoli. Con un gesto lentissimo gli sciolsi il pareo ed andai con le mani alla ricerca del suo sesso. Lo sentii subito turgido, enorme, tremai al pensiero di doverne subire la penetrazione, ma al punto in cui eravamo mi sembrava che non avrei potuto sottrarmi a quel Mandingo, né mi sembrava di averne intenzione. Le sue mani portarono dolcemente la mia testa verso il basso senza incontrare alcuna resistenza da parte mia. Mi ritrovai con la bocca a leccare il suo membro ancora incappucciato, infilavo la lingua sulla punta per andare a leccare la cappella e piano piano, aiutandomi anche con le mani, lo scappucciai. Pur essendo la mia prima esperienza omosessuale, lo leccavo con una maestria da “frocio” consumato. Mi venne in mente questa parola così brusca e cercai di scacciarla dalla mia testa. Intanto lo stavo succhiando avidamente e me lo spingevo fino in gola per quanto potevo, lui si muoveva con gesti lenti e ritmici come se mi stesse scopando in bocca. Lo sentivo eccitatissimo e pensai che a momenti mi avrebbe voltato e preso brutalmente e ne avevo uno strano misto di paura e voglia. Evidentemente i video hard mi deformavano la mente perché invece ad un certo punto mi disse con dolcezza “Vuoi fare amore completo con me? Dimmi solo se vuoi professore”. Mi fece ridere il fatto che mi chiamasse professore anche in quell’occasione. “Sì Khadim, ne ho molta voglia ma devo confessarti che &egrave la mia prima volta ed ho paura di sentire molto male, dovrai farlo con molta delicatezza e pazienza” – “Non ti preoccupa professore, se senti troppo dolore tu mi dici ed io smetto” – “Ma non chiamarmi più professore, ti prego, scegli un nome da femmina che ti piace e chiamami così, come se fossi la tua donna stasera” – “Allora stasera sarai mia dolce Mar&egravem”. “Credo però che serva qualcosa per lubrificarmi, il tuo membro &egrave troppo grosso” – “Cosa significa lubrificare?” – “Significa mettere qualcosa di cremoso nel mio buchino o sul tuo membro perché scivoli meglio e non mi faccia troppo male” – “Ah, ho capito, ho burro di arachidi” – Ok, penso che in mancanza di meglio andrà bene”. Prese il burro dal frigorifero e lo poggiò sul tavolo, logicamente era gelato, allora ne presi un po’ con un cucchiaio e me lo misi in bocca per scioglierlo. Poi mi accostai con la bocca al suo cazzo, che nel frattempo si stava ammosciando, e glie lo avvolsi di nuovo con la bocca lubrificandoglielo quanto più potevo. A quel punto mi voltai e mi chinai sul tavolo a gambe larghe. “Ti prego ancora Khadim, fai piano”. Mi sentivo completamente la sua femmina. Sentii le sue dita spostarmi il perizoma poi le sue grandi mani afferrami i fianchi e la punta del suo cazzo, ora durissimo, poggiarsi sulla rosellina vergine del mio culetto….. Quel meraviglioso membro nero e durissimo cominciò a spingere contro il mio forellino vergine ed io cominciai a sentire dolore. Sentivo che il mio buchino si irrigidiva ma era troppa la voglia di darmi a Khadim, di dargli piacere. “Fermati Khadim ti prego fa troppo male, allenta un pochino per farmi rilassare” – “Sì Mar&egravem”. Mio dio, sentirmi chiamare con quel nome da femmina mi eccitava spaventosamente, mi rilassai per quanto potevo e gli chiesi di ricominciare a spingere. Sentivo che pian piano si faceva largo ma il dolore era ancora tanto e lo feci fermare di nuovo. A quel punto lui mi disse dolcemente “Aspetta, metto altro burro ma tu devi fare come se vuoi farlo uscire invece che entrare”. Era la prima volta che venivo penetrato, non conoscevo questo “trucco”, così mi spalmò ancora burro d’arachidi con il dito fin dentro il culo e mi percorse un brivido di piacere. Accostai la mia bocca al suo cazzo e lo succhiai avidamente fino a farlo diventare nuovamente durissimo, senza dire nulla mi voltai e mi chinai di nuovo sul tavolo, lui si accostò e cominciò a spingere di nuovo con forza. Questa volta cercai di spingere verso fuori e con mia grande sorpresa (e gioia) sentii il suo cazzo scivolarmi dentro. Tutto!! Era ancora doloroso ma stupendo. Cominciò a muoversi con più forza ma io stesso mi sorpresi ad incitarlo a fare con più forza, volevo sentirmi sbattere, sentirmi dominare da un nero possente come Khadim. Mi sembrava di riparare, io puttanella bianca, a tutti i torti che potevano avergli fatto a causa del colore della sua pelle. Lo sentivo eccitatissimo e mi diceva parole un po’ nella sua lingua e un po’ in italiano, parole dolci come “mia femmina” “amore mio” “mia dolcezza” alternate a parole volgari come “puttana” “troia” (d’altro canto glie le avevo insegnate io) e tutto mi piaceva da morire. Il dolore poco a poco svanì, il mio culetto accoglieva ormai quel grosso cazzo con voluttà e sentivo Khadim sempre più poderoso fottermi quasi con violenza. Impazzivo dal godimento al pensiero di quel maschio che sapeva essere così dolce ma anche così animalesco. Esplose nel mio culo dopo una lunghissima “cavalcata” e soltanto il preservativo impedì che mi inondasse le viscere. Pensai dentro di me (pazzo) che la prossima volta avrei voluto sentire quel fiotto caldo dentro di me. Ci abbandonammo sul pavimento e lo baciai in bocca con passione. Lui ricambiava, sentivo le sue mani corrermi lungo il corpo ed ero estasiato, anzi estasiata. Ci addormentammo così.

Mi svegliò un brusio che mi sembrava in sogno ed invece era realmente intorno ame. Cazzo, gli altri 5 senegalesi che condividevano la stanza con lui!! Me li vidi tutti davanti a me, evidentemente avevo dormito qualche ora ed erano tornati tutti dal lavoro. Cercai di coprirmi ma non trovai nulla a portata di mano. Ero nuda, con soltanto un perizoma, un paio di orecchini ed un foulard in testa, a fianco a Khadim completamente nudo che dormiva ancora. La situazione fu subito molto chiara ai 5 senegalesi che infatti ridacchiavano. Svegliai Khadim scuotendolo. Lui aprì gli occhi e appena resosi conto della situazione fece un largo sorriso e salutò i suoi amici. Io ero imbarazzata al massimo e credo che il mio sorriso fosse sforzatissimo. Ci alzammo e Khadim mi presentò i suoi amici Moussa, Alioune, Ndyaye, Rasul e Cheikh. Rimasi incantata da quei nomi stupendi che evocavano l’Africa profonda. Grazie a Khadim tutto era più semplice, ci sedemmo intorno al tavolo e cominciammo a parlare e bere vino di palma, Khadim faceva da interprete. Ero molto più rilassata e naturale nelle mie nuove movenze femminee anche se c’era qualcosa ancora di imbarazzante nel modo in cui mi guardavano un po’ tutti. Sapevo di avere un corpo eccitante, magro, completamente depilato, un culetto rotondissimo e sodo ed un viso per niente maschile e questo, unito alla situazione in cui mi avevano trovato, mi faceva immaginare cosa pensassero di me. La cosa mi spaventava un po’ ma allo stesso tempo mi lusingava e mi stuzzicava. Mi accorsi che stavo facendo un po’ la civettuola con quei maschi. Ad un certo punto cominciarono a parlare nella loro lingua incomprensibile ma capii che parlavano di me. Khadim faceva larghi sorrisi ed anche gli altri. “Tu piaci molto ai miei amici Mar&egravem” – “Anche loro mi piacciono molto, sono tutti molto simpatici” – “Volevo dire Mar&egravem che a loro tu piace molto come corpo, capisci cosa dico? Loro vorrebbero fare amore con te”. Rimasi pietrificata. Balbettai “Ma…ma Khadim, noi… cio&egrave io sono tua, o no?” “Sì certo Mar&egravem, tu sei mia ma noi dividiamo tutto fra noi, non c’&egrave nessun problema fra noi, ma si tu non vuoi nessuno può obbligare te”. Un brivido mi percorreva il corpo, sentivo di essere avvampata, arrossita fino all’inverosimile. “No Khadim, che c’entra, se sei tu a volerlo, voglio dire se faresti così anche con la tua donna io ubbidirò, voglio essere la tua donna in tutto e per tutto” “Sono contento Mar&egravem, vedrai che sono tutti bravi ragazzi non ti faranno del male”. Quindi disse alcune parole ai suoi amici e loro con i soliti larghi sorrisi cominciarono ad avvicinarsi a me. “Solo una cosa vi chiedo – dissi – forse dovreste fare una doccia, visto che avete lavorato fino a poco fa”. Khadim tradusse e loro si avviarono tutti verso il bagno. Cominciarono ad uscire, uno alla volta, nudi e con i membri ancora rilassati ma dei quali già cercavo di intuire le dimensioni in erezione. Per primo uscì Cheikh, imponente, più alto di Khadim almeno di 10 cm, con un cazzo che, a riposo, gli arrivava a mezza coscia. Mi chinai subito davanti a lui come se fosse il mio signore e glie lo presi delicatamente fra le dita e cominciai a leccarlo lungo tutta la sua misura, fno alle palle, poi tornavo su e lo prendevo un po’ fra le labbra, poi tornavo a leccarlo, all’improvviso le sue mani mi presero la testa e me lo affondò in bocca fino in gola, stavo per soffocare ma cercavo di prenderne più possibile. Chiusi gli occhi e succhiai avidamente, quando riaprii gli occhi avevo intorno al mio viso tutti gli altri quattro cazzi, già eccitati ed enormi….
… se ancora non lo avevo capito, mi fu subito lampante che quella notte sarei stata la “femmina” di tutti quegli enormi neri. Mar&egravem per tutti loro. Qualcuno, forse tutti, mi avrebbe posseduto con violenza? Non riuscivo a capirlo. Dentro di me un misto di paura e di desiderio. L’unica cosa che mi rassicurava un po’ era che Khadim era lì e poteva proteggermi, a meno che non mi avesse di proposito illuso per darmi “in pasto” ai suoi amici. Intanto cercavo con le mani i loro cazzi ed in bocca avevo ancora quello enorme di Cheikh. Mi sentii afferrare per i fianchi da due mani poderose ed alzarmi di peso fino a mettermi a novanta gradi con Cheikh che mi teneva stretta la testa sul suo membro. Chi era che mi stava appoggiando il suo cazzo sul buchino, Alioune, Moussa, Rasul, Ndyaye? Non ne avevo la minima idea, i loro nomi mi ruotavano nella testa in una confusione totale, ero inebriata, come in un sogno. Il dolore per la penetrazione mi riportò alla realtà, stava cercando di entrare con forza, ed io non potevo dire nulla perché la mia bocca era completamente invasa da quel cazzo enorme che mi scopava in bocca, cercai di mugolare qualcosa di incomprensibile, ero terrorizzata ora. A quel punto sentì Khadim che interveniva con il suo compagno ed evidentemente lo invitata a fare con più dolcezza. Dio mio, in quel momento lo avrei baciato, allora veramente si sentiva il mio uomo!! E dentro di me io sentii nell’intimo di essere la sua donna. Il cazzone pian piano riuscì ad entrare ed allora cominciò a fottermi con decisione, sentivo Khadim dire qualcosa, come se “comandasse” il gioco. Era quello che volevo! All’improvviso un fiotto caldissimo di sperma mi arrivò in bocca senza che me lo aspettassi, Khadim si avvicinò a me e mi disse “ingoia mia dolce Mar&egravem, ingoia tutto”. Feci un certo sforzo ad inghiottire tutta quella sborra senza soffocare, ma era Khadim che me lo chiedeva. Il sapore era un po’ acre ma ero eccitatissima e lo trovai persino piacevole. Subito un altro, mi staccò la mia mano dal suo cazzo e me lo mise in bocca, ero di nuovo “piena” davanti e dietro. Intanto le loro mani correvano lungo il mio corpo ed io, ora che il dolore anale era quasi finito, provavo una vera estasi nel sentirmi femmina desiderata. Sentii venire nel mio culo quello che era dietro di me e subito dopo un altro infilarmi un dito imburrato nel culo e poi appoggiarsi e spingerlo dentro (questa volta senza nessuna difficoltà). Una piccola “fitta” di dolore, poi subito non fu altro che piacere. Che meraviglia!!!!

Continuarono così per tutta la notte, anche Khadim mi prese un’altra volta. Alle 6 ero sfinita, avevo ingoiato non so quanto sperma dai vari sapori, il mio culo era in fiamme, ma ero al settimo cielo. La violenza che temevo (e forse desideravo) non c’era stata, ero innamoratissima di Khadim ed avevo altri 5 amanti di fuoco. Feci una doccia veloce, baciai a lungo Khadim, salutai gli altri e me ne andai.

Non feci che pensare a quella notte per due giorni, feci un infinità di sms a Khadim, fino a che, il giovedì, avrei avuto la lezione di italiano e lo avrei rivisto.

La sera ero già in classe un quarto d’ora prima, cominciarono ad arrivare i miei allievi. Ero trepidante, ma non vedevo Khadim! Eccolo finalmente, bello come un Dio africano e… dietro di lui Moussa, Cheikh, e poi a seguire tutti gli altri. Sorrisi senza dire nulla e feci la mia lezione. Alla fine, andati via tutti gli altri, restarono solo loro, si avvicinarono e Khadim disse “stasera ti aspettiamo Mar&egravem, abbiamo tutti qualcosa per te” – “verrò senz’altro” dissi e baciai furtivamente sulla guancia Khadim.

La sera perciò dovevo aspettarmi una sorpresa? Ci andai indossando sotto i vestiti calze a rete, giarrettiere ed un perizoma esilissimo. Ero eccitatissima. Venne ad aprirmi Ndyaye dicendomi “ciao Mar&egravem, benvenuta” – sorrisi -“ah, vedo che la prima lezione di italiano già ha fatto effetto”, lo baciai e con la mano gli sfiorai il sesso con un gesto naturalissimo da puttanella. Mi accolsero con gran calore, ci sedemmo intorno al tavolo e cominciammo a parlare un po’ della lezione di italiano. Poi ad un certo punto tutti si alzarono e ognuno mi portò un pacchetto. Li aprii ansiosa e dopo averli scartati tutti mi ritrovai con un paio di scarpe con tacchi a spillo, una minigonna a pieghine, un top semi trasparente, una parrucca bionda, un completo per trucco ed una collana di pietre verdi. Sorrisi, avevo capito perfettamente cosa volevano. Portai tutto in gabinetto e dopo circa un quarto d’ora uscii come …. Mar&egravem, questa volta veramente femmina in tutto e per tutto o…. quasi.

Cominciò così quel mio splendido periodo di circa un anno e mezzo innamorata e soggiogata da quei magnifici sei Mandingo, un anno e mezzo in cui fui completamente femminilizzata e, credetemi, ….. dilatata all’inverosimile!!!
Per circa un anno e mezzo quindi fui la femmina di quei cinque senegalesi (che ogni tanto, peraltro, avevano…ospiti), poi una sera ebbi l’amara sorpresa di non vedere alla mia lezione né Khadim né gli altri. Finita la lezione corsi a casa loro con il cuore in gola ed ebbi la notizia terrificante che erano stati portati via dalla polizia perché tutti clandestini. Tornata a casa mi gettai sul letto e piansi come una adolscente. Ormai mi sentivo femmina e l’idea di prostituirmi per strada o andarmi a cercare maschi in qualche locale mi spaventava e mi sembrava estremamente deprimente. Amavo Khadim e mi era stato strappato. Non sapevo proprio cosa fare. Mi travestii con estrema cura e guardandomi allo specchio mi toccai all’infinito immaginando le mani dei miei senegalesi su di me. Poi presi un fallo finto e cominciai a masturbarmi con violenza, cercando di farmi male, di punirmi chissà poi per cosa. Il giorno dopo entrai in internet e vagai per chat cercando qualcuno a cui raccontare le mie sventure. Assunsi il nick di Mar&egravem ed un profilo da trav ed ebbi ovviamente subito un sacco di contatti. Furono mesi di furioso chattare cercando chissà cosa, prendevo appuntamenti con maschi ma poi non avevo il coraggio di andarci. Alla fine uno mi convinse, mi sembrò di potermi fidare e così una sera, con una borsa piena dell’occorrente per travestirmi, andai a casa sua. Entrai in casa ed andai direttamente in bagno (eravamo d’accordo così). Mi travestii e truccai con la solita estrema cura, i miei capelli erano lunghi naturalmente, niente parrucca, e quando fui pronta lo raggiunsi in salotto estremamente imbarazzata. Era un bell’uomo sui 40 anni, alto muscoloso, un po’ brizzolato. Era la prima volta che lo vedevo in viso e ne fui colpita piacevolmente. Stava in piedi vicino ad una poltrona, aspettò che gli fossi davanti e subito mi prese con decisione i fianchi ed avvicinò la sua bocca alla mia. La sua lingua affondava fra le mie labbra ed io ricambiai con passione. Poi bruscamente mi fece inginocchiare con forza, aprì il suo accappatoio ed affondò il suo cazzo, già enorme e rigido, nella mia bocca fino a sentirmelo spingere in gola. Nessuno dei miei senegalesi, per quanto rudi, mi aveva mai trattato in quel modo. Dalle sua bocca uscivano gli insulti più scurrili. Mi scopò in bocca trattandomi come se fossi una troia rimorchiata sul marciapiede, poi, quando stavo quasi per soffocare, mi ordinò di alzarmi e mi sbatt&egrave con forza sul divano a pancia sotto. Ovviamente sapevo benissimo quello che ero tenuta a fare e quello che mi avrebbe fatto lui ma non immaginavo la violenza con cui l’avrebbe fatto. Sentii la sua mano afferrami un braccio e piegarmelo dietro per immobilizzarmi, poi mi diede quattro o cinque manate sulle chiappe, una più forte dell’altra, cominciai ad urlare e ad implorarlo di fare più piano ma le mie parole lo eccitavano sempre di più. Se cercavo di divincolarmi mi storceva di più il braccio, provocandomi un forte dolore. Stavo maledicendo il momento in cui avevo accettato di incontrarlo quando lo sentii sputare saliva sul mio culo e poi spalmarmela con il dito nell’ano, un attimo dopo il suo grosso cazzo si appoggiò al mio sfintere e con un colpo secco lo affondò tutto dentro. Le mie urla arrivarono in cielo, con tutto che il mio culo fosse divenuto elasticco grazie ai miei amati senegalesi, quel cazzo ficcato in quel modo mi fece male da morire. Cominciai a piangere e ad implorarlo di fare più piano ma lui non si impetosiva neanche un po’ e i suoi colpi erano sempre più forti. Oltretutto era resistentissimo, io pregavo che finalmente sborrasse, non mi fregava niente che lo facesse dentro basta che finisse quella tortura. Come se intuisse i miei pensieri il porco mi disse “non t’illudere zoccola io non sborro mai scopando un culo o una fica, posso farlo per ore, sborro solo quando mi fanno un pompino come si deve”. Mi sentivo perduta e mi facevo schifo per come avevo ceduto a quel porco. Dopo un tempo interminabile, in cui il dolore si era fortunatamente attenuato ed aveva lasciato il posto ad un lieve piacere, lui fu finalmente stanco ed allora, senza togliermi il cazzo da dentro, mi fece distendere sul divano a pancia in giù e mi si abbandonò addosso. Sentivo su di me il suo corpo massicccio che sembrava volere, in quel modo, dimostrare ancora di più il suo potere su di me, sul mio corpo esile e femmineo. Quando si sentì riposato, si tolse e si sedette sul divano a gambe larghe. Senza dire una parola cominciò ad indicare il suo membro con il dito. Capìì benissimo cosa intendeva perciò mi avvicinai con la bocca alla sua nerchia moscia e cominciai a leccarla, baciarla, mordicchiarla e prenderla fra le labbra. Poi lo lasciavo e scendevo con la lingua fino ai suoi coglioni, gle li leccai, glie li succhiai e poi risalii su fino alla cappella. Lo presi in bocca con decisione e mentre lo facevo scorrere fra le mie labbra con la lingua lo avvolgevo leccandolo vorticosamente. Ora la cosa era anche per me piacevolissima, gli presi una mano e me la portai dietro la testa facendogli capire che desideravo che fosse lui a guidare i miei movimenti. Prendere un cazzo moscio fra le labbra e sentirselo crescere in bocca &egrave una delle cose più eccitanti che una puttanella come me può concepire. Ora il suo cazzo era di nuovo come marmo. Sperai intensamente che non desiderasse di nuovo sodomizzarmi perché il culo mi faceva ancora molto male, ma lui non aveva nessuna intenzione di farlo. All’improvviso sentii un suo urlo, le sue mani trattenermi con forza la testa sul suo cazzo ed un primo fiotto caldo e denso inondarmi la gola, ebbi un conato ma lui mi trattenne ancora più fortemente e seguirono altri quattro o cinque schizzi di sborra calda che fui obbligata a bere fino in fondo. Poi lo tirò fuori e mi dissse con disprezzo “puliscimi bene il cazzo con la lingua cagna in calore”. Ubbidii. Cominciò così il mio periodo di “schiavitù”. La notte, a casa mia, piansi, il culo mi faceva male ma non era per questo che piangevo, era un pianto di rabbia per quello che avevo dovuto subire. Quell’uomo era stato di una volgarità ed una violenza inaudita e non sapevo neanche come si chiamasse. Purtroppo però aveva il numero del mio cellulare e la mattina dopo mi svegliò proprio il suono del telefono, vidi che era lui e non risposi. Insistette per tutto il giorno ma non risposi mai. La sera, dopo l’ennesimo squillo, risposi con rabbia “cosa vuoi ancora da me” “voglio sborrarti in culo, troia, non l’ho mai fatto con nessuna ma con te lo voglio fare” “perché dovrei permetterlo?” “perché sei la mia troia e se non vieni da me domani sera alle 9 in punto, ti trovo dovunque tu sia e ti rompo il culo in modo definitivo” riattaccai con un misto di paura e di eccitazione e spensi il cellulare. Non potevo tornare da quell’energumeno, mi avrebbe fatto sempre più male, ma le sue parole mi impaurivano veramente. E se davvero mi avesse trovato, magari per caso? Era capace di tutto, ne ero sicura. Dormii un sonno agitato, poi il giorno, al lavoro, non riuscivo proprio a concentrarmi, finché arrivò la sera. Non sapevo proprio cosa fare ma alla fine decisi di rischiare. Questa volta decisi di andare già travestita, rischiando di uscire di casa in quel modo. Mi travestii e mi truccai con cura, girai per casa con un grosso cuneo nel culo perché rimanesse dilatato e alla fine uscii, con molte cautele per non essere vista, per andare a quell’appuntamento che già immaginavo terribile. Prima di scendere dall’auto mi tolsi il cuneo, quindi scesi e suonai alla sua porta. Appena aperto mi afferrò subito per un braccio senza dire una parola e mi tirò dentro a forza, poi mi diede due fortissime sculacciate che mi fecero urlare, e lui “stronza, sei in ritardo di dieci minuti, quando dico le 9 devono essere le nove” e giù un’altra fortissima manata sulle chiappe “scusa” dissi io “ti prego non farmi male”, mi arrivò subito un’altro schiaffo, questa volta sul viso, “mi devi dare del lei zoccola, non del tu” – “come vuole, mi scusi” – “ecco così va bene, oggi sei proprio uno sballo, comincia a succhiarmi il cazzo” – “sì signore”. Sentivo quel sapore che già conoscevo, come conoscevo il sapore della sua sborra, e confesso che mi inebriava, succhiavo quella nerchia aspettandomi da un momento all’altro gli schizzi del suo sperma ma invece all’improvviso me lo sfilò dalla bocca e mi diede un ceffone “stronza, non devi strusciarmelo coi denti”. Lo avevo fatto inavvertitamente. “Mi scusi, non l’ho fatto apposta, ci starò attento”, “No, adesso ti devo punire, alzati e seguimi”. Ubbidii non sapendo minimamente cosa volesse fare, mi aspettavo calci, frustate o qualcosa di simile, invece si rivestì, prese le chiavi della macchina e mi disse imperiosamente “Vieni”. In auto non avevo il coraggio di parlare, dopo circa cinque minuti eravamo sul raccordo, ne percorse un tratto poi entrò inuna grande piazzola di sosta. Era pieno di camion. “Scendi” mi disse, ed io “Ma mi vedranno….” – “Ti devono veedere, troia, forse non hai capito che ti devi far sbattere da quei camionisti” – “No la prego non posso farlo, la supplico” – “Non discutere!!!” mi urlò così forte che non osai più discutere. Scesi dall’auto e cominciai ad ancheggiare sui miei tacchi 15 verso un gruppetto di camionisti, cinque o sei, che chiacchieravano fra loro e fumavano. Presi una sigaretta dalla borsetta e mi avvicinai dicendo “Scusate mi accendete per favore”. Già mentre andavo verso loro avevo notato che si erano voltati tutti verso di me con il massimo della libidine negli occhi. “Nun solo t’accennemo, bella, ma te famo qualunque altra cosa te piace” disse uno “Cio&egrave?” feci io facendo l’ngenua “Beh, si vieni sur camion te lo spiegamo, ma dicce un po’, quello là in machina chi &egrave?” (nel frattempo avevo già un bel po’ di manacce addosso su tutto il corpo ma specialmente sul culo). Stavo tremando dalla paura di cosa poteva accadermi, la presenza del mio padrone mi tranquillizzava un po’ ma non del tutto. “Quello &egrave il mio uomo, mi ha portato lui qua” – “Ah &egrave un cornuto, je piace guardà, ho capito” disse uno. “Io salgo sul camion, però vi prego niente violenza” – “No, bella, macché violenza”. Mentre salivo sentii la mano di uno di loro che scostava il mio perizoma e mi spingeva per aiutarmi a salire ma infilandomi al contempo un dito nel culo. Già òo sapevo, mi aspettava una notte di prostituzione selvaggia.

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