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Racconti Gay

Là dove le farfalle volano nude

By 10 Febbraio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Dachau, 1959.

Nikolau aveva picchiato quel poliziotto, lì, in mezzo alla strada, colto da irrefrenabile raptus istantaneo, solo perché quello aveva iniziato a guardarlo.
‘Che cosa vuoi?’ Aveva pensato. ‘Cosa ti autorizza a squadrarmi con quell’aria arrogante? Solo perché indossi una divisa pensi di poterti permettere tutto? Anche la supremazia su di me? Io sono io. E voglio continuare a essere io. Senza essere ostacolato da nessuno.’
Nikolau era stato colto da questi pensieri a causa della sua difficile condizione esistenziale. Un padre mai tornato dalla guerra, una madre che si concedeva a chiunque, nessun amico, nessuna voglia di studiare, gli insegnanti severi’ Era troppo sopportare tutto ciò per i suoi giovani diciotto anni. Nikolau non era cattivo. Ma covava tanta rabbia.
Eccolo quindi, adesso, a bordo del grigio furgoncino che lo conduceva al riformatorio ‘Heiliger Hengel’. Dal piccolo finestrino del furgone vedeva scorrere bellissimi paesaggi boschivi, che non aveva mai visto, non essendosi mai allontanato dalla città.
‘Natura’ Natura t’invoco. Datemi forza, creature del bosco, ad affrontare i tristi giorni che mi attendono. Come un animale selvaggio in gabbia. Privato del correre”

Nikolau guardava sua madre dalla culla. Era bellissima. E gli sorrideva. Prima che conoscesse Kaspar, e poi Norbert, e Abel. Prima che portasse in casa, nella loro casa, nella ‘sua’ casa di bambino, dove doveva giocare e crescere, sognare e crescere, questi arroganti sconosciuti. Che desideravano una sola cosa. Ma non da lui. Non erano compagni di giochi. Erano compagni di letto. Di sua madre.

Poi aprì gli occhi. Si ritrovò nello stesso luogo dove, inconsciamente, aveva abbandonato il mondo reale per quello onirico. Stanco di tutto. Il letto nel quale aveva sognato era stretto e freddo. La grande camerata, riempita con decine di letti identici, era deserta. Silenzio.
Ma prestò bene attenzione, aguzzando l’udito. C’era un lontano rumore, proveniente da chissà dove’ Silenziosamente e timidamente si alzò. Camminò per la camerata, fino a giungere ad una soglia aperta. S’incamminò lungo uno stretto corridoio. C’era uno strano profumo nell’aria. Non era un odore, era proprio un profumo’ Fece capolino in una vasta stanza dalle mura ricoperte da piccole mattonelle lucide color panna. Profumo. Il rumore che udiva proveniva da lì. Gli ricordava qualcosa di infantile, di intimo, di piacevole’ Superò un basso muretto e fu nel locale docce. Il rumore che udiva ero lo scroscio dell’acqua. Che echeggiava tutt’intorno. E di fronte a lui, inaspettatamente, si stagliò l’esile figura di un ragazzo. Biondo. Sotto l’acqua. Completamente nudo. Che si lavava in solitudine. Nikolau fu improvvisamente attraversato da decine di domande.
‘Tu’ chi sei? Sei reale? E’ il sogno che continua? Come puoi startene qui da solo a lavarti? Perché sei’ così’ nudo, selvaggio, libero’? Perché non mi guardi? Perché non mi chiedi chi sono e cosa faccio qui? Non mi sono accorto di stare ancora dormendo? E’ quella cosa’?’
Quella cosa, così prepotentemente visibile, chiara, ingombrante, in mezzo alle gambe del ragazzo biondo’ Esibita senza pudore, con indifferenza’ Nikolau non aveva mai visto nessun altro coetaneo nudo. Ma la cosa, ora, lo colpiva. Lo turbava.
Poi quel ragazzo biondo si voltò e lo guardò. Dritto negli occhi. Nikolau si focalizzò solo su quegli occhi. Verdi. Sentì che era troppo. Chiuse gli occhi. Ma si sorprese del fatto che continuava ancora a vedere ‘quella cosa’.

La grande camerata adibita a dormitorio accoglieva ora tutti i ragazzi dell’istituto. Era tardi, c’era buio e silenzio. Ognuno se ne stava nel proprio letto. Chi a sognare, chi a pensare alla libertà’ Nikolau ripensava ai fatti della giornata. Tutto si era svolto velocemente, irrealmente. Da una parte avrebbe voluto fare tante cose, dall’altra si sentiva spiazzato, intimidito, rinchiuso’ Ma c’era però una strana sensazione che l’aveva pervaso durante le sue prime ore in quel luogo. Una sensazione di indecifrabile complicità che legava tutti quelli che erano rinchiusi lì. Nonostante le avversità della vita, le dure prove, loro non erano ancora uomini, e Nikolau avvertiva nell’aria una certa indescrivibile gaiezza appartenente al mondo infantile. Una gaiezza mista a gioia velata, che sembrava dover esplodere da un momento all’altro, sovvertendo le rigide regole del luogo, e dando vita alla ‘selva’, al ‘caos’, all”orgia’. Però c’era silenzio. Soprattutto ora che era notte.
Nikolau aprì gli occhi. Perché c’era qualcosa che gl’impediva di essere a suo agio. Vide un’ombra accanto al letto. Nera, ritta, esile. Vicina a lui. Nell’oscurità, lentamente la riconobbe. Era il ragazzo biondo di quel pomeriggio, quello nella doccia. Quello con la ‘cosa’.
-Ciao.- Gli sussurrò il biondino. -Chi sei?-
-Nikolau’- Rispose dubbioso il giovane.
-Io sono Mathias. Così mi hanno chiamato.-
Il biondino aveva una bellissima voce, non ancora da uomo. Era leggermente roca, ma affatto sgradevole da udire. Restarono qualche istante in silenzio. Forse non sapevano cosa dirsi. Si fissarono nell’oscurità. Poi, improvvisamente, Mathias si sedette sulla sponda del letto di Nikolau, e incominciò a parlare, sempre a voce bassa.
-Sai, c’&egrave un’isola, in un posto lontano’ dove tutti i ragazzi sono liberi’ e vanno in giro nudi. Non si vergognano, anzi, né sono contenti. Là fa molto caldo, e sono sempre tutti abbronzati. Tutti parlano con tutti’ Si raccontano quello che pensano, quello che vorrebbero’ Quando, e se, qualcuno ha qualche problema, ci si conforta, ci si accarezza’ Le mani sui corpi degli altri non sono uno scandalo, ma una necessità. La notte, se qualcuno ricorda la vita in città, o la reclusione, ha ovviamente gl’incubi’ Per evitarli ci si addormenta abbracciati, sull’erba o sulla sabbia. Si sente il calore del corpo altrui. Sai, questa &egrave proprio una necessità’-
Nikolau lo ascoltava senza interromperlo. Senza comprendere bene. Con stupore.
-E poi tutto &egrave così strano’ Ci si può osservare’ Per capirsi &egrave sufficiente guardarsi, e uno capisce subito quello che desidera l’altro. Laggiù’ sull’isola, non ci si dicono bugie. Oppure sono tutte bugie. Ma sono bugie bellissime, mai smentite. Forse vere.- Restò in silenzio qualche attimo, cominciando ad accarezzare lentamente la superficie del letto col palmo della mano. Lì, sotto la sua mano, c’era il corpo di Nikolau. -Sull’isola c’&egrave sempre vento’ Ma là, al contrario di qui, esso non porta le cose via con sé. Là il vento accarezza, strugge’-
La mano di Mathias si fermò sulla pancia di Nikolau, che ebbe uno strano freddo brivido di piacere. Delicatamente come ci era arrivata, la mano se ne andò.
-Buonanotte.- Così salutandolo, il ragazzo biondo se ne andò, sparendo nel buio, tornando al suo letto.
Nikolau era in uno stato di turbamento interiore. Un turbamento insolitamente piacevole. Cercò di chiudere gli occhi, di invocare il sonno, ma quel Mathias gli aveva messo in moto la fantasia. Solo dopo qualche minuto Nikolau si accorse di avere un’erezione.

L’isola’ Era proprio vero’ Faceva caldo’ Non però un caldo fastidioso’ Si percepiva il sole sulla nuda pelle. Ovunque. Anche dove normalmente esso non batte. Perché lì non esistevano vestiti. Nessuno ne aveva bisogno. Non c’era nulla da nascondere. Tutto era nudo, selvaggio, illuminato’
Nikolau passeggiava lungo la spiaggia. Sotto i suoi piedi c’era la morbida sabbia. Il suo sguardo era orientato sul mare. Esso lambiva il bagnasciuga, col suo moto inarrestabile, infinito’ La spiaggia era deserta, ed egli si sentiva dolcemente abbandonato in comunione con la natura, come parte di essa. Avanzava col pensiero rivolto verso una beatitudine fisica e mentale, probabilmente prossima ad aumentare. Una leggera brezza lo accompagnava. Il rumore di quel vento assomigliava a un intreccio di decine di voci, tutte sussurrate, ovattate’
-Il mio bambino, questa notte, farà dolci sogni, lo so’- Diceva la voce di sua madre, lontana sia nello spazio che nel tempo. -Il mio bambino, stanotte, incontrerà dolci amici e dolci sentimenti, lo so’ Il mio bambino’! Non crescere mai, non spegnere mai il tuo sorriso innocente’ Dormi angelo, dormi’-
Poi, una figura stagliata nell’acqua, a pochi passi dalla spiaggia. Un corpo lucido, splendente, bagnato’ Mathias! I capelli biondissimi erano ora lunghi, mossi dal vento. Egli era rivolto verso l’orizzonte, dove il mare si perdeva nell’infinito. Nikolau gli si avvicinò, ma non osò raggiungerlo e disturbarlo. Sedette sulla sabbia, aspettandolo.
-Il mio bambino incontrerà dolci amici’-
Dopo qualche attimo Mathias si voltò. E lo guardò dritto negli occhi. Quegli occhi’! Nikolau ebbe un brivido. Non comprese, ma preferì non sforzarsi. Non gl’interessava cercare di capire ciò che risiedeva dentro di lui, e che stava esplodendo, in quel luogo. Si lasciò abbandonare, investire dal vento’
Mathias lo raggiunse, uscendo dall’acqua. Venendogli incontro si parò tra lui e il sole. Era dunque una magnifica ombra in avvicinamento. Quando gli fu davanti si fermò. Nikolau, che era seduto, aveva’ aveva quella ‘cosa’ davanti al volto. Mathias si chinò, sedendosi. Furono volto a volto. Vicini. Si osservarono lungamente, senza dirsi niente.
-Sei uscito dalla notte per venire da me.- Gli sussurrò poi il biondo.
Continuarono a guardarsi. I pensieri erano sconfinati. Nikolau sollevò una gamba, e allungò il piede verso la bocca di Mathias. Lo passò sulle labbra, accarezzandogliele.
-Non mi abbandonare anche tu’! Difendimi’!- Lo supplicò Nikolau.
Come risposta, Mathias allungò una mano verso il suo volto, ma senza toccarlo. Si protese in avanti, e lo baciò su di un occhio. Ascoltando un impeto innato, Nikolau lo abbracciò forte forte. Lo strinse a sé. Mathias era caldo, profumava di mare, di sole, di luce, di vita’
-Qui non ci sono ragni.- Gli disse Mathias, ricambiando l’abbraccio. -Qui la notte non arrivano mostri. Nessuna contraddizione sugli innati desideri. Le farfalle volano nude, da un fiore all’altro. Ascolta’ Rimani in silenzio e ascolta’!-
Mathias gli mise un dito sulle labbra, per zittirlo. Nikolau dischiuse la bocca e lo baciò. Lo morse delicatamente. Si sdraiarono. Uno sopra l’altro. Le loro calde labbra s’incontrarono. I loro occhi si chiusero. E Nikolau ascoltò. Dentro.

Qualche ora più tardi Mathias, tenendolo per mano, lo condusse dagli altri. Sorridevano tutti.

La mattina seguente, la corpulenta signorina Feuerbach, corrucciata già a quell’ora, attraversò il dormitorio, dimenando il campanello, per svegliare i ragazzi. Quando passò davanti al letto di Nikolau lo trovò vuoto. Pensò fosse al bagno. Ma lì non c’era. Domandò ai ragazzi, ma non le fu data nessuna spiegazione. Infuriata e desiderosa di percuotere personalmente il fuggitivo, diede l’allarme ai superiori. Fu avvertita la polizia.
Inutilmente.
Nikolau, chissà quando, chissà dove, stava ridendo.

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