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Racconti Gay

NASCITA DI UNA PUTTANA

By 20 Novembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Non so bene come dirlo, ma credo che nascondersi dietro a un dito non serva a nulla.
Al rientro dalle ‘seconde’ vacanze la mia attitudine adolescenziale a interpretare il ruolo femminile, dapprima episodica e insicura, mi apparve esaltata appieno: nella mia personale visuale della trasgressione provavo una particolare predilezione, divenuta in seguito ossessiva, per l’iconografia relativa allo svolgimento del ruolo di femminuccia. Non era soltanto una scoperta iniziatica, ma una vera e propria illuminazione. L’ingrediente per esprimere appieno tutta la mia esuberanza sessuale. Nasce così la mia volontà di diventare una puttana!!!
Un’idea che avrebbe potuto stentare ad affermarsi in un contesto culturale apparentemente bacchettone e perbenista in cui ero cresciuto: ma i classici tabù non erano sopravvissuti alle attenzioni morbose di mio cugino e dei suoi amici. Così decisi di arrendermi al nuovo vento di liberazione.
Devo ammettere che nonostante mi sia concessa (e mi conceda tutt’ora) senza troppi problemi, all’inizio era soltanto un’idea. Tuttavia, poiché ho sempre avuto fantasie erotiche in cui immaginavo di essere sbattuta da sconosciuti che – considerandomi esclusivamente uno strumento di piacere – pagavano per avere il mio corpo, non volevo limitarmi semplicemente a vedermi etichettata dagli uomini come ‘una facile’. Del resto, il sesso mi piace molto e l’ho fatto parecchie volte senza troppi rimorsi fin da piccola, quando se ne presentava l’occasione.

Chiaramente l’oggetto principale delle mie fantasie ero io nei panni della mignotta. Fantasticavo sull’ipotetico cliente che avrei soddisfatto e su cosa mi avrebbe fatto. Per l’occasione, immaginavo di indossare con disinvoltura un completino intimo sexy: con tanto di reggiseno e mutandine nere, di pizzo. Reggicalze e calze dello stesso colore; stivali dai tacchi a spillo vertiginosi, alti fino al ginocchio. Con un trucco molto pesante; con tinte di ombretto scure capaci di trasformare il mio viso d’adolescente in quello di una vera baldracca. Le mie fantasie però rimanevano tali; ero troppo spaventata all’idea delle malattie nonché di possibili violenze da parte di clienti malintenzionati e così non sapevo che fare. D’altronde vivendo ancora in casa con i miei, non avevo il coraggio di andare per strada a battere (anche se la cosa mi eccitava tremendamente). Ero praticamente ad un punto morto quando curiosità e voglia di sperimentazione furono premiate. Venne a soccorrermi Amid’ e l’immaginazione si trasformò puntualmente nel brivido di una possibile prova.

Le prime voglie verso gli extracomunitari mi erano venute grazie a lui, che mi aveva trasformato in Laila. Poi era stato il turno di Kaled. Come se non bastasse, avevo dovuto soddisfare anche un gruppo di suoi amici, in una sorta di gioco allo stupro. La mia famiglia, ignara di tutto, non immaginava nemmeno lontanamente che razza di figlio avesse; un figlio desideroso di interpretare il ruolo della femminuccia, che non perdeva alcuna occasione per farsi qualche immigrato: era il fatto stesso della loro provenienza che mi eccitava’ fare una cosa che tutti (e in particolare la mia famiglia) additavano come scandalosa. Hanno sempre guardato con diffidenza e sospetto queste persone, tentando di trasmettermi idee analoghe. Figuriamoci se avessero saputo che il loro efebico figlioletto era apprezzato proprio in quell’ambiente!!!
Avrei tanto voluto vedere la faccia dei miei nello scoprire quanta voglia avevo di prendere grossi membri di extracomunitari, che spesso non parlavano nemmeno una parola di italiano; che si rendessero conto di quanto quegli uomini che tanto disprezzavano avevano approfittato del loro apparentemente pudico bambino, trasformandolo in una brava puttanella.

D’altronde, l’aspetto fisico non poteva non attirare la loro l’attenzione. A causa di uno sviluppo piuttosto ritardato, i miei caratteri maschili non si erano ancora palesati. Il corpicino era una siluette magra e ben proporzionata: gambe lunghe, giro vita stretto e uno splendido culetto a mandolino assai femminile. I lineamenti del viso efebico erano regolari, senza traccia di peli – il naso dritto e un po’ all’insù, la bocca forse un po’ piccola ma dalle labbra piene e ben disegnate – illuminati da due splendidi occhi azzurri da cerbiatta e incorniciati dai lunghi capelli biondi fin quasi alle spalle, che tenevo scalati e con la frangetta, capaci di conferirmi una amabile aria da ragazzina distratta e ingenua.

Così, ogni volta che mia mamma andava al centro commerciale, mi offrivo di accompagnarla. Nel parcheggio sotterraneo, infatti, c’erano sempre dei gruppetti bighellonanti di immigrati algerini, tunisini e marocchini. Aspettavo il momento in cui mia madre salisse la scala mobile che portava ai piani superiori e mi incamminavo verso la parte meno frequentata del parcheggio.
Lasciavo che mi guardassero. Quegli sguardi erano tutto meno che casti; le loro occhiate piene di desiderio indugiavano sulle mie natiche sode. Adoravo immaginare che facessero pensieri sconci su di me, l’idea di essere desiderata in modo porco e voglioso mi eccitava a dismisura e per questo non perdevo occasione per farmi notare, sculettando invitante quel tanto che bastava per far intendere che mi sarebbe piaciuto conoscerli meglio.
Parlai ad Amid di questo mio desiderio e decise di aiutarmi: avrebbe organizzato tutto lui!!!
Mi avrebbe procurato il primo cliente e ospitato a casa sua per riceverlo: uno dei suoi amici faceva il venditore ambulante nella nostra zona. Mi conosceva da tempo di sfuggita. Avevo notato come mi guardava quando tornavo a casa quelle volte che ci incrociavamo e per questo avevamo pensato a lui. Non fu difficile organizzare un incontro, spiegandogli come stavano le cose. Stabilimmo insieme il prezzo della prestazione in 100 ‘. Era più l’idea di prostituirmi che i soldi in sé ad eccitarmi’ … quel pomeriggio i miei genitori si assentarono per qualche ora: sarebbero andati al centro commerciale. Come al solito, rovistai tra la biancheria intima di mia madre per scegliere la lingerie che avrei indossato e scelsi con cura le cose che più mi eccitavano. La prima cosa che misi furono le mutandine. Erano piccole, in tessuto di raso fucsia: incorniciavano il culo sodo e ben proporzionato, insinuandosi quasi completamente nel solco tra le natiche. Poi fu la volta delle calze: autoreggenti a rete con la balza alta ricamata in pizzo nero. Le infilai facendo molta attenzione a non romperle. Aderivano perfettamente sulla pelle liscia delle mie gambe. Per completare la vestizione, indossai felpa e pantaloni della tuta da ginnastica.

Camminai per il tragitto che conduceva all’appartamento di Amid in preda ad una forte eccitazione nervosa. Non saprei dire se in quel momento avevo una chiara consapevolezza di quello che sarebbe successo di lì a poco. Di tutte le possibili implicazioni e degli eventuali imprevisti. Sentivo dentro di me un certo senso di perversa spregiudicatezza al pensiero di quell’avventura oramai incombente. Sommessamente bussai. Amid aprì immediatamente la porta, accogliendomi con un cordiale sorriso. Mi fece cenno di seguirlo. Fui accompagnata nel piccolo salottino, dove trovai Gwende, il mio primo cliente: era alto quasi due metri, muscolosissimo, una vera e propria montagna di carne nerissima che trasudava erotismo da ogni poro. Non appena lo vidi, la reazione immediata fu di arrossire vistosamente. Ero emozionata, ma anche imbarazzatissima. Per un attimo pensai di fuggire. Credevo che non sarei riuscita a combinare nulla, tirandomi indietro all’ultimo istante. Ma lui mi pagò e in quel momento si sciolsero i miei freni inibitori. Iniziai a comportarmi con estrema naturalezza e disinvoltura, chiedendogli se volesse andare in camera da letto. Disse di sì; così lasciai che Amid mi guidasse per mano fino alla sua camera. Dopo un momento di esitazione, ci fece entrare senza dire nulla. Poi chiuse la porta alle nostre spalle e ci lasciò soli.
Dopo essermi completamente denudata con un pò di narcisismo, rimasi solo con le calze e le mutandine che mostravano al cliente il mio perfetto culetto da femminuccia, bianco, che molte donne avrebbero desiderato avere. Quindi, mi accomodai sul bordo del letto. Oramai eravamo giunti al dunque e attesi le sue mosse, pensando che volesse sedersi accanto a me. Ma lui indugiò in piedi per qualche attimo, mentre aveva già tolto la camicia. Si avvicinò e allungai il braccio per accarezzarlo tra le gambe. Iniziai a slacciargli i pantaloni e tirare fuori un membro che evidenziava già una mezza erezione.
La vicenda aveva preso la piega prevista. Quella piega me l’ero sognata, immaginata, desiderata oramai innumerevoli volte. Stava passando quella tremenda tensione nervosa. Realizzai rapidamente di avere a portata di mano l’occasione finora soltanto vagheggiata. Mi accinsi mentalmente a sbrigare l’ incombenza di essere una troia!!!
Gli iniziai una lenta sega’

Quasi subito però, Gwende sollecitò altro: ‘Su, da brava’ succhialo!!!’. La richiesta mi colpì con un tuffo al cuore e mi scoprii a sentire il desiderio di fare in modo di accrescere il suo piacere, ma non riuscivo a prendere alcuna iniziativa. Intanto Gwende stava insistendo con decisione nella sua tiritera: ‘Dai, cosa aspetti’ non vorrai farmi credere che non l’hai mai fatto????’.

Gwende si trovava in piedi a pochi centimetri da me e continuava a masturbarsi. Di fronte alla mia inazione, stringendomi forte per i capelli mi spinse energicamente il capo verso il basso, con l’evidentemente intento di farmi mettere in ginocchio. Non opposi alcuna resistenza, inginocchiandomi ai suoi piedi con il viso dritto all’altezza del cazzo. In realtà la mia libertà d’azione era limitata dalla stretta che il ragazzo mi teneva dietro la nuca. Con tono perentorio aggiunse: ‘Apri la bocca, puttanella bianca”. Esitai ancora, poi glielo leccai, dalla base fino alla cappella’ lo rifeci una seconda volta’ una terza’ e una quarta!!!
L’odore era leggermente acre, ma non appariva particolarmente disdicevole. Anzi, ebbi l’impressione che Gwende si fosse lavato da poco. Non appena me lo infilai tra le labbra, ebbi modo di scoprire che entrava a malapena. Vista la sua doppiezza, necessitava di una decisa apertura della bocca. Dopo una iniziale sensazione di soffocamento, iniziai il fatidico movimento su-e-giù sincronizzato di mano e bocca, accelerando il ritmo e toccandogli ripetutamente le palle. Via via sentivo di acquistare maggior sicurezza, fino al punto in cui mi parve d’avere decisamente in pugno la situazione, consentendomi anche di indugiare in alcune varianti sul tema: toglievo il suo cazzo di bocca per baciargli la cappella… lo leccavo per tutta la lunghezza’ me lo rimettevo tra le labbra’ riprendevo a succhiare tra le fauci quel serpente lunghissimo. Ogni volta che ci passavo sopra la lingua pareva non dovesse finire mai. Il mio amante stentava a trattenere i gemiti, ansimava decisamente. Durante il pompino non alzai mai gli occhi per guardarlo, ma udivo ripetergli a più riprese frasi del tipo:
– : ‘Sei proprio una pompinara bianca!!! Ma chi ti ha insegnato a succhiare così?’.
– : ‘Ti piace ciucciare eh? Ancora’ Siii’ Ancora’.
– : ‘Hai un bocca meravigliosa. Cosi’ leccalo tutto’ così’ &egrave stupendo!!!’.

Gwende mi aveva appoggiato la mano destra sul capo, ritmandone il movimento a suo piacimento. Capii che si avvicinava alla conclusione, nel momento in cui la sua pressione andò decisamente aumentando. Realizzai l’ineluttabilità dell’epilogo e decisi di velocizzare l’evento, accelerando il movimento e stringendo ancora di più le labbra oramai doloranti. Attendevo da un momento all’altro l’imminente arrivata. L’attesa durò oltre le aspettative. Sentii che non ce la faceva più a trattenersi quando emise uno strozzato gemito di piacere: ‘Dai puttanella bionda’ Prendi la crema, &egrave tutta tua!!!’. Percepii un sussulto e finalmente mi venne copioso in gola. Non persi il controllo e continuai la pompa: ingoiai il primo fiotto caldo, ma altri getti mi riempirono. Allora staccai la bocca dal cazzo ma non interruppi la sega, ricevendo un altro copioso schizzo di sperma in faccia. La crema che mi impastava la bocca era niente a confronto di quella che mi colava dalle guance. Mi sentivo così porca che arrivai a raccoglierla e portarla alla bocca per gustarla tutta!!!
Dopo quella prima volta Amid sparse tra i suoi amici la voce che c’era una troietta bianca che ‘la dava’ senza problemi. Avevo pianificato ogni dettaglio, stabilendo poche regole, ma ben precise: prima di tutto, mi sarei concessa soltanto una sera a settimana; inoltre non volevo assolutamente arrivare ad avere più rapporti uno dopo l’altro!!! Concordammo per un solo cliente, scelto per bene, e poi via a casa. Nel frattempo, nelle settimane successive ebbi nuovi clienti, tutti extracomunitari, ricevuti sempre a casa sua. In effetti cominciai a incassare anche una cospicua somma di denaro, cosa che non mi dispiaceva affatto. Ormai fare la mignotta mi gratificava incredibilmente. Quando tornavo a casa, dopo questi rapporti mercenari, ero talmente eccitata che dovevo segarmi anche due o tre volte per calmarmi. Pensavo costantemente ai miei clienti. Più mi prostituivo e più volevo farlo. A letto non negavo nulla; mi concedevo liberamente. Tuttavia, l’idea fissa che mi assillava era prostituirmi per strada. Al tempo stesso, la paura mi paralizzava. Ero ancora troppo spaventata dalla possibilità di imbattermi in qualche malintenzionato; si leggeva spesso sui giornali di prostitute rapinate, stuprate, sfregiate o peggio, uccise. Soprattutto non mi andava di dover scopare con chiunque si fosse presentato. Non so se fosse più l’esibizionismo, la voglia di trasgredire, o il pericolo a eccitarmi. Sapevo di correre fortissimi rischi di essere vista da qualcuno che mi conoscesse, ma in fondo era proprio questo che me lo faceva desiderare terribilmente. Ne parlai con Amid, che mi spingeva sempre un passo oltre. Così propose di accompagnarmi in qualche posto tranquillo e appartato, lontanissimo da casa mia’ appostarsi in macchina lì vicino’ intervenire in caso di bisogno.

Ricordo benissimo la prima sera che decisi di salire in macchina con uno sconosciuto. Non si trattava più di ragazzi che conoscevo di vista; quella volta andavo proprio con un estraneo!!!

Eravamo andati in provincia, per ridurre il rischio che qualcuno potesse riconoscermi.
Avevo fasciato il mio corpo con un tailleur che aderiva come una seconda pelle, dandomi un aria austera e provocante nello stesso tempo: gonna con spacco vertiginoso al lato che mi arriva abbondantemente sopra il ginocchio e camicetta stretta che mette in risalto il reggiseno imbottito. Sotto il vestito indosso una biancheria intima nera di pizzo molto seducente composta da un ridottissimo tanga che lascia scoperte le chiappe nella loro interezza; una guepiere di quelle con il reggicalze e autoreggenti che sottolineano gambe lunghe e ben tornite. Non mancano le scarpe con i tacchi a spillo vertiginosi che, oltre a slanciarmi ulteriormente, quando cammino, mi fanno ancheggiare mettendo ancora più in risalto un culo che non lascia indifferenti.
Ero tesissima e Amid aveva tentato in tutti i modi di tranquillizzarmi. Aveva scelto la ‘location’ con cura: una specie di slargo, vicino a una strada secondaria frequentata da prostitute e viados, ma non troppo vicina dove stazionavano loro, che avrebbero potuto non gradire la concorrenza; senza pensare al rischio di trovarmi faccia a faccia con qualche protettore contrariato dalla mia presenza. Amid aveva fatto diversi sopralluoghi, di giorno e di notte, ed era abbastanza sicuro che non avremmo dato fastidio a nessuno. L’erba bruciacchiata in diversi punti e vari rifiuti abbandonati, indicavano che quel posto era stato usato in passato per quel tipo di attività; fazzolettini, preservativi, cicche e pacchetti di sigarette vuoti, sbiaditi dal sole ed ammollati dalla pioggia, costellavano tutta l’area.
Rimasi lì ad aspettare, mentre alcune macchine rallentavano per guardarmi meglio: non potevano certo equivocare sulle mie intenzioni.

Un auto accostò e si fermò. Si trattava di un uomo di 45/50 anni, di bell’aspetto, anche se non eccezionalmente attraente.
– : ‘Ciao’ ti va di farmi un po’ di compagnia…’ – domandai con un bel sorriso, tutta seducente e provocante.
– : ‘Ma quanto mi costa???’ – ribatte con aria interessata.
– : ‘Mi dai cento e mi lascio fare qualsiasi cosa’ va bene?’ – rispondo sfacciatamente. Come potevo spiegargli che non lo facevo per soldi, ma solo per il gusto di provare un’emozione.
Lui aprì lo sportello e mi fece salire. Facemmo solo un chilometro, poi svoltò su un vialetto sterrato. Gli chiesi subito di essere pagata e mi diede i soldi pattuiti prima. Prese una grossa coperta dal bagagliaio e foderò con cura il sedile posteriore. Quindi, si tolse frettolosamente i vestiti, sistemandosi di traverso sul sedile, con le spalle alla portiera e le gambe allargate, a mostrarmi il suo membro già eretto. Senza troppe cerimonie, ascolto la sua voce che, calma ma decisa dice: – “Adesso’ da brava’ prendilo in bocca. Ma non farmi godere, che dopo voglio assaggiare il tuo culetto'” – e il suo tono pacato si &egrave fatto più severo. Avevo immaginato mille volte tutta la sequenza, in una sorta di scena al rallentatore: mi abbasso senza fiatare; l’avvicino alle labbra socchiuse e ne sfioro la punta. So cosa vuole e incomincio a baciarlo timidamente, poi prendo coraggio; mi decido ad aprire la bocca e tratto il suo pene come fosse un ghiacciolo, seguendone il contorno con la lingua, aiutato anche dalle sue parole di incitamento che fanno esaltare il mio ego: – “Dai’ forza’ continua a succhiarlo così’ sei proprio una bocchinara”. LUI mi afferra per i capelli, spinge con decisione la testa verso il basso; la pressione della sua mano sulla mia testa mi costringe a ingoiare completamente l’asta, sino a sentire i testicoli sulle labbra. Poi la estraggo e ritorno su, sempre leccando, per lavorare il glande con la lingua e infilarlo nuovamente dentro. Prendo il giusto ritmo: più che leccare ora succhio alternativamente un pò lento e poi svelto, aiutandomi con una mano per masturbarlo.
A un certo punto, dice che vuole scoparmi’ così ordina di mettermi alla pecorina, con il sedere a sua completa disposizione. Avverto una mano sollevarmi senza nessuna pietà la gonna sino ai fianchi. In un attimo i micro slip neri vengono rudemente abbassati alle ginocchia. Da vera sgualdrina mi eccita decisamente stare in quella posizione oscena; inarco la schiena e porto entrambe le mani dietro ad allargarmi le natiche il più possibile… per dimostrare quanto sono vacca. Sistemo al meglio l’angolazione del sedere e mi abbandono totalmente al volere di chi sta per incularmi. Appena LUI appoggia la cappella nel solco del culetto, spinge con un colpo di reni deciso il pene dentro di me, facendomi sobbalzare. Assecondo le sue spinte roteando il bacino: &egrave affondato poco alla volta, conquistando sempre più centimetri senza incontrare alcuna resistenza. Ho atteso che l’ano si adattasse. Quindi ho iniziato a muovermi aiutato dalle sue mani. Dopo avermi montata per un lasso di tempo indefinibile, si ritrae.
Era venuto il momento di farlo venire’
Mentre si toglie il preservativo e comincia a spararsi una sega di fronte a me, mi preparo a sentire sulla lingua gli spasmi del suo piacere. Presto ha raggiunto l’orgasmo, imbrattandomi di sborra. Gli schizzi caldi si succedono gli uni agli per metà dentro la bocca e per l’altra sul viso. Ingoio tutto ciò che esce dal suo membro; ne assaporo un po’ mentre pulisco con la lingua il resto che sta colando dagli angoli della faccia. Passo il cazzo sulle guance e sul mento; poi ancora sulle labbra, dove lascia tracce del suo calore. E’ una sensazione tattile sottile e sconvolgente, già più che sufficiente a farmi sentire pienamente appagata. Ancora ricoperto di sperma biancastro, ne raccolgo con l’aiuto delle mani le ultime gocce, poi – leccandole – pulisco per bene le dita dagli ultimi umori.
Mi piace pensare che la maschera di sperma sia il simbolo della mia essenza: una TROIA da strada, felice di essere a completa disposizione dei suoi clienti!!!
LUI si scosta, permettendo di pulirmi con un fazzoletto dal seme, orami schiarito e semi trasparente che mi ricopre la faccia. Buttai fuori dal finestrino le cartacce, mentre lui, dall’altro lato, faceva lo stesso. Dopo esserci risistemati, tornammo a sederci davanti.
– : ‘Ti riporto al punto di prima?’.
– : ‘Certo’.
Uscì in retromarcia sulla strada principale e tornò indietro.
Mi sentivo frastornata, tremendamente sporca e colpevole: – “Il mio primo cliente battendo per strada… Non avrei mai immaginato di averne il coraggio!!!” – pensai sgomenta. Del resto, non era mica la prima volta che mi concedevo: – ‘Amo essere usata come uno strumento di piacere; udire i miei stessi gemiti uscire soffocati dalla gola riempita da un cazzo’ sentirmi violata mentre sopporto la monta’ assaporare il gusto dell’ingoio!!!’ – continuai a riflettere. Con quelle sensazioni nella testa, scesi distrattamente dall’auto. Amid era lì ad attendermi. Era venuto il momento di rientrare a casa.

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