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Racconti erotici sull'Incesto

Agrodolce

By 5 Maggio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando si dice la ereditarietà, la trasmissione del proprio temperamento ai figli. ‘Qualis mater, talis filia’, dicevano i Latini ed erano convinti che nella figlia avrebbero trovato gli stesi pregi e gli stessi difetti della madre.
Avevo conosciuto Dora alla festa per la sua maturità. Mi ci ero trovato per caso, al seguito di un loro amico di famiglia, e mio amico. Le avevo portato, come modesto regalino, un cofanetto con due CD, dallo strano titolo: ‘Contrasto’. Si diceva, nella didascalia, che erano in contrapposizione le melodie delle canzoni degli anni cinquanta e la musica moderna, quella che per molti &egrave indice di contestazione. Contestare senza sapere cosa. Come quando si diceva: non so cosa voglio, ma lo voglio subito!
Che carina, Dora. Un esserino delizioso, una bambolina, con lunghissimi capelli biondi, occhini azzurri, un visetto delizioso e un personalino veramente attraente, nella perfetta e proporzionata delicata distribuzione delle curve.
La blusetta, attillata, lasciava comprendere un seno piccolino, con due deliziose coppe, ben separate, sulle quali si intravedevano i giovani capezzolini. Un sederino bello, tondo, sopra due gambe snelle ma ben tornite.
Gradevolissima, quella fanciulla, e sotto certi aspetti affascinante, ma quello che più colpiva era la dolcezza del suo volto, l’espressione serena e pulita, il suo modo di fare, gradevole e seducente. ‘Peccato’ ‘pensai- ‘che avevo almeno quindici anni più di lei’. Le dovevo apparire un matusa. E poi, quei CD!
Invece dimostrò di averli graditi moltissimo, si confidò amantissima delle canzoni melodiche, del ‘liscio’, in particolare dello slow-fox. Ma forse me lo aveva detto per essere graziosa.
Una festicciola molto familiare. Feci qualche ballo, scambiai qualche parola coi genitori di Dora, e poi trovai la solita scusa, un impegno improrogabile, e mi accomiatai. Dora mi accompagnò alla porta, sorridendo carinamente, quando le tesi la mano, si avvicinò a me, si alzò sui piedini e mi stampò un sonoro bacione sulla guancia.
‘Spero proprio di rivederti, tieni, ho scritto il numero di telefono di casa e del mio cellulare!’
E rinnovò lo schiocco del bacione.
Rimase con la porta aperta fin quando non giunse l’ascensore e vi salii.
Fu a quel punto che pensai di aver sbagliato ad andarmene, che ricordai come era leggera Dora tra le mie braccia mentre ballava con me, e risentii l’occasionale e fuggevole strusciare delle sue tettine sul mio petto.
Veramente niente male, quella bambina.
Ma non ero troppo vecchio per lei? Era stata sincera quando mi aveva detto che ‘sperava proprio’ rivedermi o era una frase di cortesia? Però, mi aveva dato i numeri di telefono!
L’indomani, domenica, provai a chiamarla sul cellulare. Evidentemente era staccato. Mi venne in mente di chiamarla a casa.
Rispose una voce di donna, calda, armoniosa.
Dissi chi ero, che desideravo parlare con Dora.
‘Ah, &egrave lei, Piero, Dora sarà felice sentirla perché non ha fatto altro che parlarci di lei. Io sono Angela, la mamma’ un momento, gliela passo subito’ arrivederci’ si faccia vedere”
Dopo qualche secondo, la voce calma, quasi sommessa, di Dora.
‘Ciao Piero. Grazie di avermi telefonato.’
Le dissi che avevo due biglietti per il Teatro dove si recitava Pirandello, ‘Così &egrave se vi pare’, ma non sapevo se le piaceva quel tipo di commedia e, soprattutto, se era disposta”
Non mi lasciò finire.
‘Pirandello’. Bellissimo’ un autore interessantissimo, ma si farà tardi la sera.’
La rassicurai, era lo spettacolo pomeridiano, alle 17.00.
‘Un momento, Piero, lo dico alla mamma, le chiedo se ha qualcosa in contrario.’
Non mi fece attendere molto.
‘Benissimo, Piero, vieni tu a prendermi?’
‘Se ti va bene, alle quattro e un quarto, il tempo di raggiungere il teatro e bere qualcosa alla buvette. Ti riaccompagno io a casa, sta tranquilla.’
‘Grazie, ti aspetto. La mamma ti saluta. Ciao, a quest’oggi!’
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Dora fu deliziosa e perfetta. Vestita con sobria eleganza, appena un’ombra di trucco sul volto. Si dimostrò buona conoscitrice del teatro in generale, e di Pirandello in particolare. Insomma una maturità di pensiero e di comportamento che riduceva sensibilmente i sedici anni di età che mi dividevano da lei.
Vi assicuro che non fu premeditato il porre la mia mano sulla sua, che era sul bracciolo della poltrona. Non la ritrasse, rimase a guardare il palcoscenico.
Al secondo atto, invece, fu volontaria quella lieve carezza che precedette di nuovo quel delizioso contatto. Una manina affusolata, curata, una pelle di velluto’ Al terzo fu lei a porre la sua manina sulla mia, e ad accennare a qualche fuggevole carezza.
Ci avviammo verso l’uscita, al termine dello spettacolo. Si mise sottobraccio a me, mi assicurò che si era divertita molto, aggiungendo, mentre mi fissava, soprattutto era stata ‘benissimo’ in mia compagnia. Accettò di bere un aperitivo, al caff&egrave, seduti in un angolo. Chiesi di lei, dei suoi propositi, ed anche se fosse fidanzata.
Rise allegramente.
‘Non solo non sono fidanzata, ma non lo sono mai stata. Sì, qualche simpatia con qualche compagno di classe, ma nemmeno un’ bacetto”
Divenne rossa in volto, e seguitò chiedendosi e chiedendomi se, in fondo, questo era normale per una quasi diciannovenne.
Divenni un po’ indiscreto, profittando della mia professione.
Pur col viso in fiamme, nella voce non c’era nessuna titubanza, né fastidio, quando mi disse che il suo modo di ‘sentire’ gli impulsi sentimentali e’ fisici’ le sembravano non diversi da quelli che conosceva attraverso il racconto delle amiche e la lettura dei libri.
‘Cosa cerchi, soprattutto, in un uomo?’
Mi guardò e strinse le labbra.’
‘Che mi voglia bene, mi protegga, mi comprenda, voglia vivere con me e per me tutta la vita.’
‘Deve essere bello? Giovane?’
Sorrise apertamente.
‘Non brutto, certamente, e in quanto all’età, ti ho detto, soprattutto devo sentire che mi protegga, che posso rivolgermi a lui, sempre e in ogni caso. Deve essere dolce, tenero, delicato.’
Mi chiese se fossi fidanzato.
‘No, Dora, lo sono stato molti anni fa, all’inizio della professione, ora sono completamente ‘single’ anzi sarebbe più esatto dire ‘libero’. Vedi, io faccio il chirurgo, come sai, e sono anche un po’ orso, qualcuno mi definisce addirittura selvatico. Il tempo per una ‘lei’, per la famiglia, &egrave subordinato al lavoro. Non posso non rispondere a una urgenza, rinviare un intervento improrogabile. Quindi, una parte della mondanità &egrave certamente soffocata da ciò. Oggi sono di riposo, perché spesso devo essere reperibile, giorno e notte. Te lo immagini un fidanzato, un marito, che mentre sta a teatro deve lasciarti per correre in ospedale? E poi la Clinica privata, l’Università’ Insomma, un chirurgo &egrave il meno disponibile dei compagni, dei mariti.’
‘Ma tu, la vorresti una famiglia, una moglie, dei figli?’
‘Certo. E molto.’
S’era fatta l’ora di riaccompagnarla a casa. Salimmo in auto, indossammo le cinture, ci avviammo lentamente.
Poggiò la sua manina sulla mia.
‘Grazie, Piero. Ho trascorso ore bellissime. Tu sei molto buono, gentile.’
Aveva gli occhi lucidi, sorrideva con una lieve espressione di tristezza.
Fu spontaneo metterle il braccio sulla spalla. Si avvicinò a me, col capo sul mio braccio. Mi chinai e le sfiorai i capelli con un bacio.
L’accompagnai fino al portone.
‘Chissà come sarai occupato, domani, e’ dopo.’
‘E se ti telefonassi per dirti ‘sono libero Dora’?’
‘Ne sarei felice.’
Fu un bacetto innocente, naturale. Le carezzai il visetto.
‘Ciao, Dora.’
‘Ciao!’
^^^
Il primo vero bacio ce lo scambiammo quasi una settimana dopo, in un angoletto appartato del piccolo chiosco che sta sulla via dei Laghi, proprio all’inizio di un piccolo ma folto bosco che ospita i tavolini.
Forse c’&egrave qualcosa da puntualizzare in merito a due parole: ‘vero’ e ‘scambiammo’.
Eravamo seduti sul dondolo del chiosco, vicinissimi, la tenevo abbracciata per la vita, lei poggiava la testa sulla mia spalla. Mi chinai sul suo visetto, posai le mie labbra sulle sua bocca, la mia lingua cercò dolcemente, molto dolcemente, di intrufolarsi tra le sue calde e tremanti labbra, vi riuscì appena, poi un po’ di più, esplorai il caldo umido della sua bocca, incontrai la sua lingua, la ciucciai delicatamente, spinsi la mia, più in dentro, lei accennò un piccolo, timido, maldestro ricambio della mia’ attenzione. La stringevo a me, forte, e con una mano avevo afferrato, sempre con la massima dolcezza, una sua tettina sentendo, col palmo, la deliziosa ciliegina del suo capezzolo.
La feci sedere sulle mie ginocchia, la strinsi ancora di più, e seguitai a carezzarla, a lungo.
Dovetti controllarmi molto per resistere alla tentazione di infilarle la mano nella blusa, ed anche sotto la gonna.
Ma quella volta ci limitammo a qualche bacio, per fortuna sempre meno imbranato da parte sua.
Mi guardò con un’espressione felice ma esitante.
‘Non sono esperta, Piero’ non l’ho mai fatto”
‘Ti dispiace?’
‘No, caro’ insegnami tu”
Si rabbuiò in volto, sentii che si irrigidiva, il suo tondo caldo sederino s’era indurito sulle mie gambe. Mi guardò. Questa volta con occhi lucidi e spauriti.
‘Sono una stupida, vero? Non solo non so baciare, ma mi illudo anche di interessarti.’
La abbracciai forte.
‘E’ vero, Dora, non mi interessi’ perché non posso avere alcuna importanza per te, sono troppo vecchio per te”
Mise la sua manina sulla bocca.
‘Sssssssss, zitto, non dire sciocchezze!’
‘Ma io sento qualcosa di diverso da qualche altra fuggevole e superficiale sensazione”
Mi carezzò il volto. Seguitai, sempre lisciandole il fianco.
” pensa’ ti conosco da pochissimo tempo e sento che mi sei indispensabile”
Mi fissò, con labbra rosse e tremanti.
‘Per quanto tempo?’
‘Che ne diresti per tutta la vita?’
Fece un profondissimo respiro.
‘Ciò significa’.’
‘Che ti chiedo di sposarmi’ ma pensaci’ ho un pessimo carattere’ sono preso dal lavoro’.’
Scoppiò a piangere e mi baciò sulle guance, bagnandomi con le sue lacrime.
‘Piero’ non scherzare.. te l’ho detto’ ho bisogno di protezione, tenerezza, comprensione, e amore’. Tanto amore”
‘E bambini?’
Annuì, tra il pianto e il riso.
Mi accorgo che mi sto dilungando troppo.
I suoi genitori, specie Angela, la madre, mi sottoposero a un vero interrogatorio, per accertarsi della serietà dei miei sentimenti, e dopo ci dettero la loro benedizione, ricordandomi che Dora era una bambina, non aveva ancora diciannove anni.
Un fidanzamento breve, e strano per l’epoca moderna.
Dora era affettuosa, anche appassionata, a modo suo, ma fu una lunga e cauta marcia quella che dovetti affrontare per raggiungere a carezzare la sua piccola delicata passerina, che era coperta da soffici riccioli dorati. Mi disse di stare attento, con le dita, lei era ‘come l’aveva fatto la mamma’. Però, in verità, le piacevano le mie carezze. Dovevano essere lievi. Ed anche il clitoride voleva essere appena sfiorato. Sobbalzava forte, però, quando era sul punto di essere in preda all’orgasmo che saliva in lei piano piano, e la faceva vibrare con lunghi e sommessi gemiti di piacere.
Non vi dico, poi, le manovre per farglielo prendere in mano’ Lo guardò con curiosità, vi avvicinò il volto, per un momento credetti che fosse sul punto di’baciarlo, diciamo così, ma si limitò a carezzarlo, a lungo, e quasi si meravigliò quando le dissi che stavo per esplodere; non si fermò, però, e credo non solo per desiderio di conoscere, ma perché la sua passerina era bagnata, bagnatissima.
Fu dopo di allora che mi chiese se intanto, in attesa delle nozze, io ‘andassi’ qualche donna. Le mentii spudoratamente assicurandole che attendevo con ansia quel momento’ accennai anche a un ‘ anticipo’ Ma non ne volle sapere. Tutto quello che fece, nel poco tempo che ci separava da quel giorno, fu di farmi scaricare’ a mano’ e con infinita grazia.
E giungemmo, finalmente, a quel fatidico momento.
Era trepidante.
‘Lo so, Piero, che sei caro, tenero, dolce, delicato’ ma quel grosso coso mi spaventa, ho la sensazione che debba squarciarmi’ l’ho detto perfino alla mamma e mi ha rassicurato sorridendo’ tra l’altro’ io ti desidero, amore mio’ ti voglio’ voglio essere tua, voglio sentirti i me’ ma comprendimi’ sii dolce”
La spogliai con la massima delicatezza, baciandola continuamente. Lambii le meravigliose tettine, succhiai i rossi capezzoli, con la lingua la lambii tra le tette, giù sullo stomaco, sull’ombelico, ancora più giù’
Era rovesciata sul letto, nuda, e anche io ero nudo ed eccitatissimo.
Posai la testa sul suo grembo, la infilai tra le sue tonde e calde cosce, la lingua cominciò ad esplorarla, sulle grandi labbra, si infilò tra esse, sentì il clitoride, proseguì tra le piccole che rivelarono il suo desiderio, erano umide, sapevano dell’essenza del suo piacere. La lingua entrò, appena, s’intrufolò ancora, con la massima tenerezza, girava intorno intorno, e avanti e dietro, sentii che quando le sfioravo il clito sobbalzava, insistei, sempre dolcemente, cominciò a vibrare, a sobbalzare, a gemere’ alzai il volto per guardarla, mi fece un cenno di assenso. Non ne potevo più, se avessi dovuto seguire l’istinto del momento sarei entrato di colpo in lei ed avrei cominciato a pompare a tutta forza. Dovevo controllarmi. Mi misi tra le sue gambe, che sollevò poggiandosi sui talloni. Portai il mio glande all’ingresso liscio e scivoloso della sua vagina, spinsi appena. La guardai, mi sorrise, Spinsi ancora un po’. Avvertii una calda, leggera e morbida membrana che ostacolava il proseguire, e il mio glande si sentì come attanagliato, stretto perché non procedesse oltre. Tornai a guardare la piccola meravigliosa Dora, si sforzava a sorridere, ma capivo che era in tensione. Le carezzai il volto, la baciai sulla bocca. Il suo grembo ebbe un lieve accenno a rilassarsi, ne profittai per un’ulteriore pressione, quella specie di membrana cedette di colpo, penetrai ancora un po’. Una lieve smorfia sul suo visetto, si mordicchiò il labbro inferiore, sospirò profondamente. Ancora una delicata spinta e sentii che avevo raggiunto il fondo della sua vagina.
Mi sussurrò all’orecchio.
‘Tesoro, resta così’ così’ fermo’. Amore”
Mi fermai.
La calda e umida vagina di Dora aveva leggere e deliziose contrazioni, che non avevo mai percepito nelle altre donne con le quale mi ero congiunto. Partivamo dall’orificio del suo sesso, e montavano verso l’interno con un movimento antiperistaltico che cercava di ‘far entrare’, ‘accogliere’, ‘trattenere’. Una continua carezza, anzi una dolce mungitura che mi stava facendo impazzire. Ma seguitavo a star fermo, con enorme difficoltà.
Dora aveva gli occhi chiusi e il volto esprimeva una massima concentrazione.
Percepii il suo grembo che cominciava a sussultare, in lunghe, voluttuose ondate, poi il bacino cominciò a muoversi, sollevandosi e abbassandosi, lentamente, e così facendo il mio fallo entrava maggiormente in lei, per poi uscirne parzialmente.
La baciai, con passione; aprì la bocca, afferrò la mia lingua impaziente e la succhiò avidamente.
Staccò le sue labbra dalle mie.
‘E’ meraviglioso, Piero’ incredibile’ piano’ ti prego’ piano”
Posi la massima cura nel controllarmi, nel rendere meno impetuosi i miei movimenti, né risoluti e sempre più rapidi come mi sarebbe piaciuto. Ma stavo sperimentando un nuovo modo di godere un amplesso, e devo confessare che era assai più intenso e travolgente di ogni altro conosciuto.
Dora era meravigliosamente dolce e delicata anche nel sesso.
Aprì i suoi splendidi e splendenti occhi, le nari frementi, e riuscì a sorridermi mentre il suo volto andava sempre più rivelando il piacere che stava lievitando in lei. Respirava forte, un leggero gemito usciva dalle sue labbra frementi. Gliele lambii con la lingua, golosamente. Io seguitavo un lento e voluttuoso stantuffamento, accompagnato dal crescendo delle sue contrazioni.
‘Oooooooh’ Piero’. Oooooooh, amore’ tesoro’ cosa mi capita’. Ooooooooh!’
E sentii il suo orgasmo, lungo, pienamente goduto, e il calore della linfa del suo piacere’ Riuscii a non lasciarmi imporre dalle reni i colpi forti che di solito precedevano il mio godimento, e mi spinsi leggermente in lei, mi fermai un attimo e in quel momento il generoso e troppo a lungo trattenuto succo delle mie seminali esplose nel suo grembo, la invase, dilagò dappertutto, si cosparse dovunque.
‘Amore’. Amore’ &egrave meraviglioso’ meraviglioso’ non immaginavo potesse essere così bello”
Mi abbracciava, baciava, carezzava, ed aveva incrociato le gambe dietro la mia schiena, stringendomi a lei, avvinghiandosi come una piovra. Avidamente.
Era stata una cosa stupenda, straordinaria, eccezionale, sorprendente. Mi sentivo un po’ stordito e in quel momento nella mente mi tornò una vecchia musica e le indimenticabili eterne parole: ‘love is a many splendoured thing’, e anche un po’ intraducibili, perché ‘splendour’ non &egrave solamente splendido, meraviglioso, ma anche imponente, grandioso, maestoso, magnifico. Ora capivo la differenza tra avere un rapporto sessuale e fare l’amore. Tutto lì. Io amavo Dora e lei amava me. Non era stata una ‘scopata’ per usare la crudezza delle parole, ma l’incontro tra due esseri che si amano, che si desiderano, e comprendevo anche come in quell’amore ci fosse anche il proposito di dare un prolungamento a quell’atto splendido, che significava una nuova vita.
Mi sollevai un po’ sui gomiti, la guardai. Era bellissima, un volto inebriato, come in estasi, il respiro ancora appena affannato.
‘Lo vuoi un bambino, Dora?’
Annuì energicamente, con prontezza e convinzione. E nel contempo sentii che la sua vagina stava voluttuosamente strizzando il mio ancora non del tutto placato fallo.
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Dora mi aveva espresso il desiderio di iscriversi a medicina. Voleva seguirmi anche nel lavoro.
Le cose procedevano velocemente. Ci eravamo conosciuti a luglio, sposati alla fine di ottobre. Eravamo tornati da poco da un breve viaggio di nozze. Vivevamo come in un sogno i nostri giorni, ma soprattutto l’incanto delle notti nelle quali davamo libero e completo sfogo al nostro amore, sempre con quella delicatezza e dolcezza che piaceva a lei e che ora incantava anche me.
Le feci presente che era una facoltà lunga e abbastanza difficile, che’ era molto probabile che lei presto attendesse un bambino, che’
Mi chiuse la bocca con un bacio. Era su me, nuda, come lo ero io, e con civetteria si mosse, si aiutò con la manina, e portò il mio glande voglioso proprio all’ingresso del suo scrigno meraviglioso. Vi si impalò soavemente, e restò così, con la testa sulla mia spalla. Poi la sua vagina iniziò quel suo prodigioso e favoloso modo di succhiarmi, e’ fu ancora una volta una cosa ‘splendoured’!
‘Allora’ Pierino bello’ mi accontenti? Mi fai provare a iniziare la facoltà di medicina?’
Come potevo negarglielo.
Vi accenno perché credo che quella iscrizione, molto probabilmente, ebbe un ruolo determinante in ciò che accadde in seguito.
Noi eravamo spesso ospiti dei miei suoceri, anche perché abitavamo nell’edificio adiacente, specie a cena.
Angela non mancava mai di dirmi, sorridendo in un certo modo, che Dora era felice di avermi sposato, che io ero proprio quanto lei desiderava, dolce e premuroso, ma anche un marito perfetto, e aggiungeva, calcando la voce: ‘in tutti i sensi’.
‘E tu, Piero, ti trovi soddisfatto di aver sposato, come, dire una gattina smorfiosetta e posapiano, come Dora?’
‘Certo.’
Eravamo nel salotto, in attesa della cena. Dora era andata a rifarsi il trucco e il marito era nel suo studio a leggere il giornale.
Angela proseguì, col suo sorrisetto enigmatico e con aria un po’ provocante.
‘Ah, io sono proprio il contrario di mia figlia, non so proprio a chi somigli’ anzi no, forse a suo padre, anche lui placido e bisognoso di leziose e sdolcinate moine. ‘Delicatezze’, le chiama lui. E sono solo tempo sciupato! Io sono per la sostanza, il nocciolo!’
Mi guardava, gli occhi le sfolgoravano, aveva le nari dilatate, fu percorsa come da un brivido.
In quel momento rientrò Dora.
Ottima cena, coi soliti discorsi vaghi e superficiali.
Dora disse che l’indomani aveva una lezione importante. Alla prima ora.
Proprio il mio girono di riposo!
Mi carezzò la mano, mi sorrise, e disse di aspettarmi a casa’ a letto’ lei sarebbe rientrata subito dopo la lezione!
Era bellissima la mia Dora.
Angela la guardò con un sorrisetto ironico; il marito seguiva distrattamente.
E fu così che pochi minuti dopo che Dora era uscita, in fretta a furia, sentii bussare alla porta di casa. Era mia suocera, Angela, in vestaglia, con un termos.
‘E’ un buon caff&egrave caldo’ torna a letto’ vado in cucina prendo le tazzine e te lo porto.’
Era allegra.
Non ho parlato di Angela.
Poco più di 45 anni, ben piantata, alta più o meno quanto me, con un florido seno contrappesato da rigogliosi glutei. Non grassa, no, ma pienotta. Doveva avere un piacevole pancino, e le gambe erano ben fatte, con snelle caviglie.
Non dimostrava la sua età ed era quella che poteva definirsi una ‘sventola’, specie col suo fare che aveva del provocante. Anche quando camminava era tutto un evidenziare le prosperosità che le aveva elargito la natura. Tutta il contrario della riservatezza e discrezione di Dora.
Eccola: vassoio, tazzine. Sorridente. Siede sul letto, mette il vassoio sul comodino, mi porge la tazzina, prende la sua. Centelliniamo il caff&egrave. E’ veramente buono. Quando riponemmo le tazzine sul vassoio, senza parlare, si alzò, sciolse il nodo della cinta della vestaglia e la lasciò cadere sul pavimento.
Era nuda!!!!
Un tocco di donna completamente nuda. Bellissime tette, grosse ma ben erette, sode, un civettuolo pancino, fianchi maestosi, natiche da fare invidia ai migliori pittori olandesi e un foltissimo ciuffo di riccioli neri tra le gambe, tra i quali si intravedeva la opulenza del suo sesso. E il profumo, il tipico odore del sesso femminile, attraente ed eccitante.
Si avvicinò al letto, alzò la coperta.
‘Fatti in là’! Ah, sei con la sola giacca del pigiama’! Sei proprio un buongustaio.’
Inutile dire che il mio pisello, gagliardo e spavaldo, aveva subito manifestato, a modo suo, l’ammirazione per quella splendida visione. Una vera grazia di Dio’. Nel mio letto’ accanto a me’
Stavo per dirle qualche cosa.
Non me ne dette il tempo.
Ero tentato di ciucciarle golosamente le grosse tette, bianche con venuzze azzurre e meravigliosi lunghi capezzoli bruni su una larga areola. Sarebbe stato bello tuffare il volto nel mare dei suoi riccioli pubici.
Niente da fare.
Si mise a cavallo, reggendosi sulle ginocchia, afferrò il fallo, lo scappucciò decisamente, lo portò tra le sue gambe’ Pensai che anche la vagina sarebbe stata in proporzione al resto’ No. Il glande sentì una deliziosa strettoia che lo andava energicamente ingoiandolo, per quanto pot&egrave. Poi, cominciò una cavalcata memorabile. Partì al galoppo, mi afferrò le mani e se le portò al seno. Le strizzai i capezzoli, quasi con sadismo, e ad ogni mia stretta corrispondeva una contrazione del suo sesso. Mi stava mungendo con impeto, energia, in un crescendo impressionante, accompagnato dal suo gemito roco. Testa rovesciata, occhi socchiusi’ Una amazzone possente’
‘Eccomi’. Eccomi’ Piero’. Adesso’ adessoooooooo’. Oddio come sei bello’ uuuuuhm’ sto venendo’. Come mai’. Eeeeeccoooooo!’
Fu squassato da un orgasmo travolgente e si abbatt&egrave su me, pesantemente, proprio nel momento in cui si aprirono le dighe del mio seme e mi sparsi in lei, con poderosi colpi che la fecero maggiormente sobbalzare.
‘Aaaaaaaaaaaaah’. Tesoro’. Come sei bello’.mmmmm’. che bello’..’
Quella femmina, abbandonata su me, con le sue grosse tette sul mio petto, le belle cosce sulle mie, aveva un eccezionale effetto afrodisiaco su di me.
Mi aveva subito eccitato, malgrado non fosse passato molto tempo da un appagante, delizioso, rapporto con Dora; mi aveva impetuosamente ‘spompato’, con una cavalcata sfrenata, e ancora non finiva di mungere il mio fallo che non si decideva a riguadagnare il suo stato di quiete. Incredibile, le pareti della sua calda vagina erano irrequiete, pulsanti’
Carezzavo la sua schiena, i suoi glutei che si contraevano al tocco delle mie dita e trasmettevano al suo grembo tale effetto.
La guardai, sorpreso e felice.
‘Sei una forza della natura, Angela, un prodigio. Sei fenomenale.’
Le piacevano queste parole, la sua vagina me lo testimoniava.
‘Ma’ ‘seguitai- ‘Dora non starà fuori per molto’ e devo mettere le cose in ordine”
Lo sguardo che mi rivolse non mi sembrò rassicurante.
Si sollevò lentamente sulle ginocchia, facendo sgusciare piano piano il fallo fuori da lei, accompagnato dal copioso rivoletto dei nostri succhi’ Si spostò da un lato, restando così, carponi. Tettone naturalmente penduli, e l’emisfero maestoso delle sue natiche.
La sua voce era calda, un po’ roca.
‘OK, piccolo, OK. Dobbiamo riordinare, certo, ma’. Dopo”
E sculettò significativamente.
E il mio fallo che non voleva saperne di reclinare il capo!
Mi posi dietro lei. Uno spettacolo incantevole, seducente, provocante. Lei poggiò la fronte sul letto e con le mani divaricò le sue portentose chiappe. Buchetto rosa, riccioli impiastricciati, e il roseo della sua vagina che recava le tracce del recente accaduto.
Non era possibile resisterle. Glande portato dove lei voleva; vagina ottimamente lubrificata, ma sempre deliziosamente stretta, ed entrai con impeto.
‘Oooooooooh, bravo, via così!’
Ero passionale, focoso, quasi violento. Ad ogni colpo lei batteva il capo sulla testata del letto, vi si afferrò con le mani, e con spinte, altrettanto decise, mi veniva incontro, voluttuosamente. Una mano la portai su una tetta, le strizzavo il capezzolo, l’altra tra le gambe, in quel vischio che agevolava il titillamento del suo impaziente clitoride.
Che strette che dava alla mia asta, al glande che batteva sul fondo della vagina. Si sentiva il ciac-ciac dei nostri corpi, l’ansare affannoso e voglioso.
‘Dai Piero’ dai’ forte’ forte’ dai’ amore’. Da quanto ne sentivo il bisogno’ sei meraviglioso’ eccomi’ tesoro’ eccomi’.’
E ancora uno dei suoi interminabili e sconvolgenti orgasmi che affrettò il mio, e mi stupii per quanto seme ancora riuscii a spargere nella sua palpitante e mungente vagina.
Poi non ce la facemmo più. Si gettò carponi. E io su lei.
Dovetti guardare l’orologio. Si stava facendo tardi.
‘Amgela’ pensiamo a Dora”
‘Ah, si’ fa piano, non toglierti di colpo.’
Mi sollevai lentamente.
Eravamo sudati, con evidenti segni delle nostre copiose secrezioni.
Così, nuda com’era, Angela tolse le lenzuola, le federe, si dette una asciugata alla meglio, mi disse di andare in bagno mentre lei metteva tutto in lavatrice. Feci una velocissima doccia e abbondai con la mia colonia, volevo cancellare ogni traccia del profumo eccitante di quella affascinante femmina. Mi vestii con un pantalone per casa.
Quando tornai in camera, Angela, ancora nuda e con un panno tra le gambe, aveva rifatto il letto, e rimesso tutto in ordine.
Indossò la vestaglia, rimise le scarpe.
‘Scappo’ scappo’ tesorone’, ma sta sicuro che non ho finito’ ho desiderio, fame, delle tue labbra sulle mie, e non solo della bocca’ devo assaporarti, gustarti’ sei fantastico, al di là di ogni aspettativa’ ma come fai con’ la gattina?’
Mi sfiorò la guancia con una carezza, mi dette una pacca tra le gambe, proprio lì, corse alla porta che dava sul pianerottolo, uscì.
Dieci minuti dopo tornò Dora. Pimpante, vivace.
Mi baciò con trasporto.
‘Ti sei alzato?’
‘Si, tesoro, sentivo il bisogno di una doccia”
Devo confessare che temevo il suo malizioso invito di’ andare a letto’!
‘Bene, caro. Ho portato brioches alla crema, calde calde. Che ne dici se preparo un buon cioccolato?’
‘Perfetto tesoro, ma se devi cambiarti ci penso io.’
‘Cambiarmi?… Ecco fatto!’
Con rapidità eccezionale tolse jeans e blusa, rimase in reggiseno e slip. Poi tolse anche il reggiseno.
‘Come mi giudichi come topless-waitress, una di quelle che servono i clienti in alcuni bar americani?’
‘Dico che fai girare la testa, nessuno penserebbe a consumare altro che te!’
Mi avvicinai e le lambii teneramente i capezzolini con la lingua.
‘E tu’ monello’ cominci subito”
Si strinse a me, mugolando di piacere.
‘Oddio, pensai, adesso mi chiede’ il resto!’
Si staccò, mi sorrise’
‘Signore, si accomodi al suo tavolo’ le preparo subito il cioccolato”
Andai a sedere, e segui con lo sguardo, compiaciuto, il suo andirivieni; con le tettine al vento e un affascinante e allettante sculettamento del suo piccolo, meraviglioso sederino, che nessuno scultore saprebbe riprodurre meglio.
Strano. Avevo avuto un vero e proprio surmenage sessuale, specie con quella ventosa di Angela che mi aveva munto avidamente.
Del resto, però, anche la calda ‘micetta’ della mia Dora in fatto di mungitura non era da meno. Solo che lei non si agitava tanto. Aveva nel suo grembo un qualcosa di straordinario. Era quasi ferma, col corpo, e non desiderava che io mi muovessi troppo, anzi meno lo facevo e meglio era per lei. Le piaceva essere carezzata, titillata i capezzolini, mentre la sua vagina, che avvolgeva gagliardamente il mio fallo, cominciava quelle particolari e sorprendenti contrazioni che ci portavano dolcemente alla più bella delle conclusioni.
Fui percorso da un brivido, e la mia virilità mi dimostrò di non essere del tutto esaurita.
Le brioches erano nel vassoio, sulla tavola. Dora giunse con le due tazze di cioccolato, le mise vicino alle brioches. Era in piedi accanto a me.
Le carezzai il culetto, tirai giù gli slip, lei alzò le gambe, una per volta, per toglierli del tutto. Abbassai la mia zip e, meraviglia, il mio scettro di carne svettò di nuovo baldo e fiero. Mi liberai d’ogni cosa, risedetti.
Dora non ebbe bisogno di invito.
Con deliziosa destrezza aiutandosi con le sue affusolate e belle manine, lo portò all’ingresso della sua umida micetta, e, come al solito, con lentezza che mi teneva in trepidante attesa vi si impalò, fin quando sentii le sue tonde natiche sul nudo delle mie cosce. Era affascinante, soave!
Quasi immobili, prendemmo le tazze, cominciammo a sorbire il dolce del cioccolato, piano piano, mentre una ben diversa delizia andava impadronendosi di noi. Fummo costretti a rimettere le tazze sul tavolino, l’abbracciai, la carezzai, ed insieme coronammo il nostro godimento.
Un leggero movimento del culetto, un sorriso, e Dora mi guardò maliziosamente.
‘Perfetto, amore, servizio completo dalla tua waitress, ciccolato con’ panna!’
E strizzò in lei le ultime gocce della mia panna.
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