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Racconti erotici sull'Incesto

Carlo

By 11 Novembre 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando ho confidato a Marisa, la mia migliore amica, che mi sentivo attratta da Carlo, mi guardò in modo strano. ‘Perché’ -le dissi- ‘non &egrave un bel ragazzo?’ ‘Certo, lo &egrave e come! Ma tu sei certa di essere normale?’ ‘In che senso?’ ‘Nel senso che Carlo &egrave tuo fratello, ed ha anche sei anni mento di te!’ Alzai le spalle. Mi aveva colpito, però, quel suo riferimento alla ‘normalità’. Per questo ho deciso di cercarne una definizione.
L’enciclopedia mi ha presentato pagine e pagine, così, tanto per confondermi maggiormente le idee.
Ho trovato anche che, in chimica, la normalità &egrave una delle misure della concentrazione di un soluto in una soluzione. Non ci ho capito niente.
Ho cercato la ‘normalità’ nel campo del sesso. Partono tutti dal tentare di stabilire cosa, in materia, sia ‘anormale’. Alla fina una frase mi &egrave sembrata quella che, riferita al mio caso, più può spiegarmi qualcosa.
< Quando un qualsiasi rapporto sessuale viene rispettato e potenziato attraverso gesti di attenzione ed amore, magari anche ricchi di fantasia, siamo di fronte ad una normalità intesa non in senso statistico, ma nella sua accezione migliore, quella dell'umano e della sua essenza: la realtà interiore. Non bisogna confondere con 'normalità' un comportamento imposto da soggettivi e discutibili principii che si vogliono far risalire a volontà divina, o alla cosiddetta etica sociale.>
Insomma, paroloni.
Ma vediamo di che si tratta, anche se dovrò essere evasiva sul come &egrave nata la mia ‘attenzione’ il mio ‘interesse’, in quanto comincia quando ero piccola, ma un’ipocrita pseudo-moralità vieta ai minori di diciotto anni di accorgersi di avere un sesso! E soprattutto di parlarne.
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Il primo sesso maschile che ho visto &egrave stato quando il mio fratellino, di appena alcuni giorni, faceva il bagnetto.
Chiesi subito.
‘Questo cosa &egrave?’
Mi fu risposto quasi che io fossi una cretina.
‘Come ‘questo chi &egrave?’. E’ Carlo, il tuo fratellino.’
Indicai quel cosino che aveva tra le gambe.
‘Voglio dire ‘questo!”
‘Ah! &egrave ‘carletto’.’
Tutto &egrave cominciato così.
Non solo, ma da allora, quando mi riferivo alla mia ‘cosina’ che avevo tra le gambe, per analogia la chiamavo ‘carlotta’.
Le mie amiche, le compagne di classe, erano al corrente di tale terminologia e l’avevano adottata anche loro Inutile dire le risate che ci facevamo tra noi, nascondendoci dietro quelle che erano sedute davanti, quando la prof parlava di Carlo ‘Magno’ (chissà come l’aveva!), di Carlo ‘Martello’ (che doveva essere un supplizio o una cosa paradisiaca!), senza parlare del prof di Religione che ci suggerì di andare a visitare il San Carlone, sulla montagna di Arona, e noi pensammo che quel Santo doveva essere proprio ben dotato.
Ci faceva anche ridere il ‘Resto del Carlino’. Carlino doveva essere proprio una cosa misera, figuriamoci, poi, suo’ resto.
Era l’età che tutto destava ilarità.
Per noi, il Resegone era un sovrano che si masturbava.
Anche la ‘carlinga’ era qualcosa che in qualche modo aveva a che fare con ‘carlotta’. Tutto sommato era destinata a contenere qualcosa’!
Ad un certo momento, però, smisi di ridere.
Il ‘carletto’ di Carlo (lo scorsi quando lui si cambiava nella cabina, al mare) non era per niente ‘ino’. Mi era cresciuto sotto gli occhi, questo fratellone che quasi non me ne ero accorta. Aveva diciotto anni compiuti, aveva finito lo Scientifico, era alto almeno 180 centimetri, ed era veramente ben messo. In ogni senso. Tutto in proporzione! Altro che ‘carlino’! Rimasi ammaliata, sorpresa, folgorata, all’improvviso, anche e soprattutto perché quella disgraziata della mia ‘carlotta’ non voleva strasene quieta, si contraeva, e gemeva qualcosa che certamente mi stava bagnando le mutandine.
Quella notte me lo sognai, ma la fantasia lo aveva ‘lievitato’, non era più la scura e lunga proboscide intravista, ma un pennone che svettava al cielo! Che bello!
Da quel momento, Carlo, carlino, carlone’ sono la mia idea fissa!
Quando guardo mio fratello, e gli occhi vanno subito alla sua patta che m’incanta, devo assumere un’espressione particolare. Lui me lo ha detto.
‘Carlotta, mi fissi in un certo modo’ Cos’&egrave che non va?’
‘Niente, Carlo. Va tutto bene, anzi benissimo. Ti ammiro, come fratello e come uomo. Ormai sei un uomo. Sei maggiorenne, stai per andare all’università”
Mi sorrise e mi dette un bacetto sulla guancia. Sono stata tentata di baciarlo appassionatamente, e anche di afferrare quel rigonfio che’ lasciamo stare’!
Non auguro a nessuno di soffrire come ho sofferto io. Una vera e propria ossessione, smania, frenesia. E’ così che si viene posseduti dalla follia. No, non un capriccio, una voglia del momento’
Devo confessare che pensando a lui mi carezzavo, mi titillavo, in solitaria tristezza. Ho perfino cercato l’aiuto dei più moderni e sofisticati vibratori. Uno squallore indescrivibile.
La mia morbosità mi ha portato a cercare un transfert.
Sono andata a letto con Guido, il mio ragazzo, ho chiuso gli occhi, mi sono impalata sul suo sesso, l’ho cavalcato impetuosamente, quasi rabbiosamente, e ripetevo tra me e me ‘Carlo’ Carlo’. Lui, poverino, si dava da fare, mi tormentava il seno, si aggrappava alle mie natiche e mi aiutava nella cavalcata. Lo stavo mungendo selvaggiamente. Sentii il suo seme caldo invadermi. Niente da fare. Non riuscivo a raggiungere il bramato orgasmo liberatorio. Dovetti rinunciarci. Il mio grembo si contraeva dolorosamente.
E’ come quando sei arso dalla sete e aneli la fresca fonte a te nota, alla quale, però,non ti sei mai abbeverata. Ti rivolgi a un’altra, ma il sapore non &egrave quello che ti aspettavi, non ti disseta, non ti appaga!
Mi gettai di fianco, sudata, ansante, insoddisfatta, delusa, amareggiata.
Guido si voltò verso me, mi guardò, con stupore.
‘Che ti succede, Carlotta?’
Scossi il capo, senza rispondere. Mi misi a pancia sotto, con la testa nel cuscino, per nascondere il mio pianto.
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Incredibile.
Ho quasi cambiato look. Ho studiato il modo per mostrarmi il più sexy possibile, a mio fratello. Anche nella scelta del trucco, dell’abbigliamento, nel modo di comportarmi: sensuale, seducente, provocante, eccitante.
Carlo era in tinello, guardava la TV. Quando entrai io mi guardò sorridendo.
‘Accidenti, sorellina, come sei bella. Certo che da qualche tempo ti stai facendo sempre più affascinante. Sono sicuro che nella tua mente c’&egrave un uomo. Beato lui. Io non sarei capace di resisterti. C’&egrave un uomo, vero?’
Annuii. Felice che mi avesse notata. Andai a sedermi accanto a lui.
‘Tu, invece, non hai bisogno di nulla. Sei già irresistibile e attraente così.’
Lo carezzai sul volto, mi avvicinai e lo baciai sulla guancia. Mi sembrò che la sua patta reagisse in un certo modo. Possibile? Ne ero lusingata. Che volesse significare qualche cosa? Forse si. Perché Carlo, mi abbracciò, stretta, e mi baciò sul collo. Poi, quasi distrattamente, mi passò una mano sul seno. Mi sorrise, incantevolmente.
‘Certo, Carlottina, che ne hai di roba’ ed anche di ottima qualità!’
‘Anche tu non scherzi, però, a quel che vedo”
Mi decisi a sfiorargli, anzi &egrave più esatto dire a carezzargli decisamente la patta.
” e che sento!’
‘Colpa della tua avvenenza e’. della mia età”
Comunque, quell’approccio non fu sbagliato.
Da quel giorno, i nostri baci di saluto furono diversi, e così pure le nostre carezze. Quando ero affacciata veniva ad abbracciarmi. Si strofinava alle mie natiche, al mio seno. Mi carezzava’ in un certo modo!
Soffrivo il supplizio di Tantalo: assetato e affamato, era condannato ad essere immerso in un’acqua che si ritirava quando provava a bere, ed era appeso ad un albero i cui rami carichi di frutti maturi venivano sospinti lontano dal vento ogni volta che provava a prenderli.
Roba da impazzire o morire.
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Carlo tornò a casa con una lettera, che andava sventolando, e disse, con aria di trionfo, che ‘era stato ammesso’.
Gli chiedemmo dove.
Ci rispose che, all’insaputa di tutti, aveva fatto domanda all’Accademia di Livorno per frequentare il Corso di Allievo Ufficiale di Complemento nelle Armi Navali.
Era stato ammesso alle prove di selezione. Non ci sperava molto, perché i posti per ‘elettronici’, quale era il suo titolo di studio conseguito, erano solo due.
Papà gli obiettò che se fosse stato accettato avrebbe pregiudicato l’università. Lui assicurò che avrebbe comunque fatto gli esami, e che l’esperienza sarebbe stata utilissima anche per il futuro.
Le selezioni, psico-fisiche e attitudinali, erano severissime. Senza parlare degli accertamenti sanitari.
Comunque, era orgoglioso di essere stato ammesso alle selezioni.
Si doveva presentare a Livorno il lunedì mattino, alle nove.
Ero sul punto di offrirmi di accompagnarlo, ma papà mi precedette.
Ero pensierosa. Se fosse stato ammesso, tra una cosa e l’altra, Carlo sarebbe stato lontano da me per quattordici mesi!!!
Lo salutai, la domenica, quando partirono per Livorno, come se andasse alla guerra e fosse il mio amante. Anche la sua stretta e il suo bacio non erano proprio quelli di un fratello!
Carlo fu uno dei due, ed esattamente il primo, col massimo del punteggio!
Lo sapevo che mio fratello era un ‘mago’! Ma’ sarebbe stato lontano per un lungo tempo. Avevo bisogno di coccolarlo, cullarlo, carezzarlo. E non solo. Tutto era in tumulto, in me. Specie il grembo.
Lo accogliemmo al suono della marcia trionfale dell’Aida.
Fu tutto un abbracciarsi e complimentarsi.
Quando, finalmente, rimasi sola con lui, nella sua camera-studio, gli chiesi di raccontarmi in cosa erano consistite le prove. E per ascoltarlo meglio andai a sedermi sulle sue gambe.
Mi parlò del test, del colloquio e degli accertamenti attitudinali, della minuziosità delle visite mediche, analisi, radiografie, elettrocardiogrammi.. Non &egrave che stessi molto attenta, ma mi piaceva quella sua mano che mi carezzava il seno, e contemporaneamente godevo sentire il suo’ fagotto che andava sempre più aumentando insinuandosi tra le mie palpitanti natiche che cercavo di dilatare perché quel coso, quel magnifico ‘carlone’ potesse essere percepito anche dalle sicuramente turgide labbrone del mio stillante sesso.
Era particolareggiato, il racconto, e forse lui lo prolungava perché mi sentiva come io lo sentivo. Cominciai a muovermi, lentamente, e cominciavo a godere. La sua mano serrò una tetta.
‘Sorellina’ &egrave bellissimo’. Ma sto per esplodere”
Non volevo fermarmi. Non potevo, anche io ero sul punto di essere travolta dal piacere. Non mi fermai. Anche le sue gambe si muovevano, il suo sesso cercava il mio, e nello stesso istante ci trovammo ad abbracciarci e baciarci, senza freno e senza imbarazzo, con le lingue che si cercavano, la sua mano che stringeva il mio capezzolo.
Mi sembrava avvertire il calore di quanto era fluito da lui, ed ora sentivo il caratteristico odore del seme maschile.
Aveva un volto meraviglioso, incantevole nell’estasi del piacere.
Mi alzai piano, abbassai la zip dei suoi pantaloni.
‘Cosa fai, Carlotta?’
‘Riparo al danno prodotto’ ti dò una pulita”
‘Ma no, lascia, ci penso io”
Intanto avevo preso un asciugamano, ne avevo bagnato metà ed ero di nuovo presso di lui.
Era tutto un pasticcio.
‘Alzati, Carletto, alzati.’
Eseguì meccanicamente.
Abbassai pantaloni e boxer.
Non ancora del tutto queto, provai a pulirlo, ma ci voleva ben altro.
‘Lascia, sorellina, farò una doccia’ ma tu’ tu’ mi stai vedendo completamente nudo”
Prese l’asciugamano e se lo mise davanti, così, trascinando i piedi, andò nel bagno. Vi si chiuse dentro.
Mi avviai verso la mia camera.
Anche io necessitavo una doccia, E fredda, per di più.
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Ai primi di dicembre Carlo partì per Livorno.
Eravamo impacciati, nel salutarci, ci sembrava che tutti sapessero di cosa era accaduto tra noi. In fondo era stato un naturale eccitamento tra due giovani di diverso sesso, e non brutti.
Mia madre ci guardava e sussurrava che, in fondo, Livorno era abbastanza vicina, e che i fratelli prima o poi si sarebbero separati, ognuno sarebbe andato con la propria famiglia che avrebbe costituito.
Sorridevamo, alle sue parole, e facevamo finta di essere d’accordo.
Prima di salire sul treno, Carlo mi sussurrò che mi aspettava, dovevo andarlo a trovare, mi avrebbe fatto sapere.
I primi giorni erano molto impegnativi, ci diceva per telefono. Dalle 6,25 del mattino alle 22,45 della sera non c’era molto riposo.
Finalmente, dopo circa tre settimane, mi chiamò sul telefonino e mi disse che per il fine settimana, forse, sarebbe riuscito ad ottenere una permesso speciale, dalle 19,30 del sabato alle 0,30 dell’indomani, domenica, che lui non diceva niente a nessuno e che aspettava.
Inventai una scusa per Guido, dissi ai miei che sarei andata a Livorno, il sabato sera, per stare con Carlo a pranzo il giorno successivo. Insomma, creai un intreccio di espedienti per spiegare la mia visita al caro fratellino.
Pensai di prenotare in un Albergo non centrale. Me ne fu suggerito uno a Montenero Alta, vicino al Santuario, a circa 7 chilometri dall’Accademia. Riuscii a mettermi in contatto con Carlo. Fu d’accordo.
Dovevo, logicamente, andare in auto.
Tutto pronto, quindi, anche l’abbigliamento. Quello che era in tumulto era lo stato dell’animo. Senza parlare del’grembo!
Ma, non &egrave che mi facessi delle illusioni? Che alcune manifestazioni di Carlo fossero state interpretate solo dalla mia fantasia?
Sì, quella volta aveva goduto. Avevamo goduto.
Da allora c’era stato qualche cosa di diverso tra noi, ma mi aveva chiamato proprio per quello che io anelavo?
Insomma, mi aveva invitato ad andare da lui per venire a letto con me?
Non sapevo più cosa pensare.
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Ero andata direttamente all’albergo dove avevo prenotato, sulla collina di Montenero. Molto grazioso, con bellissimo panorama. Camera accogliente. Servizi ampi, pulitissimi. Letto invitante. Molto invitante.
Ripresi l’auto che avevo parcheggiato nella rimessa.
Scesi a valle, pochi chilometri e raggiunsi l’Accademia. Mi aveva indicato il luogo dove dovevo attenderlo. Lui sarebbe uscito esattamente alle 19.30.
Eccolo, puntualissimo. Splendido nella sua divisa. Un dio!
Ho seguito le sue istruzioni. Non sono scesa dall’auto. Stringevo le mani sul volante, a mano a mano che si avvicinava. Non resistevo.
Volto serio. Non si girò mai indietro. Si avvicinò all’auto. Aprì lo sportello posteriore e poggiò la sua sacca sul sedile. Richiuse. Aprì lo sportello anteriore, sedette, allacciò la cintura di sicurezza, mi sfiorò la guancia con un bacio.
Mi aveva detto, per telefono, che sicuramente qualcuno lo osservava, controllava il suo comportamento anche al di fuori dell’Accademia.
‘Possiamo andare, Carlotta.’
Mi avviai lentamente, dopo un po’ voltai a sinistra, guardai Carlo. Quanto era bello.
Finalmente, in silenzio, giungemmo all’albergo.
Riprese la sacca, salimmo in camera.
Non appena chiusi la porta, Carlo, che aveva gettato il berretto sul letto, mi abbracciò stretta, molto stretta, quasi mi soffocava. Alzai il volto verso lui. Un bacio che non immaginavo potesse esistere. La sua lingua sapeva di latte e miele, come nel Cantico dei Cantici. Le sue mani erano curiose, mi cercavano, mi frugavano.
Ogni dubbio sparì dalla mia mente. Carlo era preso quanto me! Che bello!
Quando potei riprendere fiato, gli chiesi se avesse cenato.
‘Dopo, Carlotta, dopo”
‘Telefono per sapere fino a che ora servono la cena’.’
‘No, fa portare qualcosa’ Ci arrangeremo”
Lui stava togliendo la giubba.
Telefonai. Dissi che non volevamo minestra calda. Mi suggerirono roast-beef, contorno assortito, frutta. Mi consigliarono anche il vino. Dissi sì a tutto, senza sentire cosa dicevano.
Carlo era sotto la doccia.
Dieci minuti dopo giunse il cameriere col carrello. Lo pregai di lasciare tutto, ci avrei pensato io. Mi disse che la direzione offriva una bottiglia di spumante italiano.
Ringraziai, detti la mancia ‘non ricordo quanto-, chiusi la porta.
In quel momento apparve Carlo, avvolto in un lenzuolo a spugna che gli cingeva la vita.
Dio, che spettacolo.
Presi la camicia da notte che avevo portato e mi avviai verso la sala da bagno. Mentre stavo per entrarvi, con gesto rapido e deciso, Carlo mi tolse la camicia dalle mani e scosse il capo. In segno negativo. Mi guardava con occhi sfolgoranti.
Mi spogliai completamente, un po’ di toletta, senza, logicamente, cosmetici. Mi guardai allo specchio. Eh, no, neanche io ero da buttare. Ma avevo quasi un senso di vergogna di rientrare in camera completamente nuda. Strano. Stavo per congiungermi a lui, come amante, e non volevo mostrami così.
Socchiusi la porta.
‘Carlo, per favore, spegni la luce.’
La camera cadde quasi nel buio.
Mi affacciai dalla porta. Mi attrasse il bagliore delle lenzuola del letto, con lui che era già lì!
Come ci saremmo comportati?
Ci saremmo subito precipitati, affamati, ad unire i nostri sessi?
Mi avvicinai al letto, sollevai la coperta, vi entrai.
Carlo si volse verso me, che stavo supina, mettendosi su un fianco, e la sua bocca mi baciò gli occhi, le labbra, la gola. La sua mano mi carezzava, dolcemente, come stesse esplorandomi.
Era sul seno’ ora erano le sue labbra a lambirlo, la sua lingua a sfiorare i capezzoli che sentivo turgidi e vibranti. Oddio, ne aveva preso uno tra le labbra e cominciava a suggere. Un succhio lungo, profondo, come se volesse svuotarmi. Una mano mi carezzò il ventre’ il pube’ le dita cercarono tra i miei folti riccioli’ avevo spontaneamente dischiuso le gambe’ mi stava carezzando le grandi labbra’ le piccole’ titillava il clitoride’ ora ancora le piccole’ introduceva piano un dito’. Che bello!
Allungai la mano, andai subito al suo fallo. Si ergeva prepotente, sodo, caldo, vibrante.
Volevo parlare, ma non riuscivo a far uscire la voce.
Provai ancora.
‘Adesso, Carletto’. Adesso”
Spalancai le gambe, piegai le ginocchia poggiandomi sui talloni.
Lui s’era messo quasi carponi, tra esse.
Era un fuoco quel suo glande poderoso che aveva poggiato all’ingresso rorido della mia vagina.
Non ne potevo più. Inarcai il bacino, gli andai incontro’.
Entrò maestosamente, aprendosi strada in me, e le pareti della mia vagina si contraevano, accarezzandolo, stringendolo, mungendolo.
Era meraviglioso. Stavo già per raggiungere l’orgasmo, avrei voluto attendere, frenarmi, ma non ci riuscissi, sentii che gemevo, che sobbalzavo, ma lui non smise un momento, anzi il suo ritmo incalzava’ non m’era mai accaduto’ un secondo e più travolgente orgasmo mi sconvolse’ mi sembrava volare, poi sprofondare’ ed ecco’ sembrò fermarsi un attimo, solo un attimo, poi colpi decisi, e fu come se da un vulcano sgorgasse una lava che, però non bruciava, mi invadeva, mi scaldava, mi placava. Immensamente.
Intrecciai le gambe sulla sua schiena. Lo strinsi a me. Lo sentivo. Sentivo la sua carne nella mia carne. Meravigliosamente.
Mi baciò sulla bocca, le lingue si intrecciarono.
La mia vagina sembrava impazzita. Il suo sesso pulsava. Fantastico, incantevole.
E quando ricominciò, fu perfino più voluttuosamente appassionante e trascinante.
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