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Racconti erotici sull'Incesto

Elsa, perché

By 2 Aprile 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono pieno di ‘perché’. E a molti non so rispondere, o non voglio rispondere.
Ho il vago ricordo di quando iniziò il mio interesse (qualcuno dice che si tratti solo di curiosità, almeno fino ad una certa età) per il sesso. Prima di tutto anatomicamente. Perché eravamo diversi, maschi e femmine?
Dick era il nostro ‘cane, un pastore tedesco che non mi lasciava un momento, si faceva mettere le dita in bocca, soffiare nelle orecchie’.
Fanny era la ‘cagna’, della stessa razza, ma meno disponibile.
Dick aveva una certa cosa tra le gambe. Fanny no.
Mia madre mi aveva spiegato.
‘Perché Dick &egrave maschio e Fanny &egrave femmina.’
Qualche tempo dopo volli accertarmi che tale diversità esistesse anche tra i bambini.
Esisteva.
Io ce l’avevo.
Marta, la compagna d’asilo no.
Sarebbe stato così anche da grandi?
Mamma mi disse di sì.
‘Quindi, ma’, papà ce l’ha e tu no?’
‘Proprio così, Piero.’
A mano a mano che il tempo trascorreva cominciai a comprendere anche la funzione dell’uno e dell’altra. Che poi, a ben pensarci, erano le stesse, sia pure col segno cambiato.
E da allora ogni femmina, senza distinzione alcuna, per me era portatrice di quella differenza che diveniva sempre più interessante.
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Quando nacque la nostra prima bambina, fui pronto a proporre il nome, Elsa.
Sandra, mia moglie, me ne chiese la ragione.
‘Niente’ così’ mi piace”
Più falso non potevo essere.
La piccola era fatta come la mamma, ed anche come la nonna. Chiarissimo.
La nonna, cio&egrave mia madre, si chiamava Elena, e mia moglie, come ho detto, era Sandra.
Mi &egrave bastato mettere insieme le prime due lettere iniziali di ciascuna: ‘el’+’sa’=ELSA!
Tutto qui.
Sì -dirà qualcuno- ma era proprio importante ricordare Elena, la mamma?
Importantissimo.
Io racconterei tanti particolari, fin dal principio, ma per le norme vigenti di certi argomenti si possono trattare solo quando i protagonisti sono maggiorenni! E’ questa, infatti, l’età richiesta per poter contrarre matrimonio, anche se ciò &egrave pure consentito a chi ha compiuto sedici anni, a condizione che abbia ottenuto l’autorizzazione del Tribunale che viene concessa se esistono determinati requisiti.
Capito? Sesso legittimo dopo i diciotto anni, in qualche caso dopo i sedici’
E ‘sesso’ tout court, &egrave legittimo o meno?
Quello sempre. Con chiunque.
Ma torniamo a Elena.
Non domandatemi come, ma sapevo perfettamente che era femmina, primo perché me lo aveva confermato lei, quando le avevo chiesto se papà ce l’avesse e lei no; poi perché me ne sono ampiamente accertato. De visu e de tacto e’
Ma andiamo con ordine.
Partiamo da quando compii diciotto anni.
Elena era un vero e proprio schianto di femmina, una favola, una meraviglia, uno splendore. Di carattere simpatico, allegro, aperto, socievole. E si comprende bene perché, il mese dopo che conseguì la maturità magistrale, convolasse a giuste nozze con Lamberto, che &egrave mio padre, giovane, sì, ma già affermato giornalista e apprezzato inviato soprattutto dove c’&egrave casino.
Anno successivo, e proprio lo stesso giorno in cui mia madre festeggia il suo compleanno, nasco io, Piero.
Quindi, un bel giorno, mamma compie trentasette anni e io diciotto.
Pimpante, allegra, elegantissima in un abito che valorizza ancor più il suo fascino, lo festeggiamo a casa dei nonni materni.
Papà Lamberto era nel Tibet. Le aveva fatto pervenire, però, un bel paio di orecchini: due perle a goccia.
Me la guardavo più incantato del solito, quella mammina, che sembrava mia sorella maggiore. Scherzavamo, ci scambiavamo battute. Avevamo ballato, uno di quei suoi ‘lenti’ che le piacevano tanto, ed io m’ero arrapato più del solito. Ah, dimenticavo dire che la mia mamma era la più bella e la più desiderabile delle donne, per me, e non avevo mai tralasciato modo per ‘spiarla’, soprattutto nuda, per carezzarla, a modo mio, per palpeggiarle tette e sedere che, ormai, conoscevo a menadito, e pensando ai quali m’ero sfogato infinite volte.
Lo sapeva mamma?
E’ proprio il caso di dire: mah!
Certo non poteva non percepire quegli abbracci, quelle carezze; e le mie premure, specie al mare, per spalmarle creme varie e dovunque, per asciugarla, anche dove forse lei voleva restare bagnata, non potevano essere passate inosservate. E le violente eccitazioni del mio gingillo, che cercavo con ogni stratagemma di strusciare al suo didietro o sul suo grembo erano tali che non lasciavano nulla all’immaginazione.
Allora, lo so, c’&egrave da domandarsi: ci stava? Le piaceva?
Io una risposta me l’ero data.
Se ne era accorta, sapeva che a me piaceva tanto fare così, e lei non voleva darmi un dispiacere!
Se le ‘piacesse’ non ho idee del tutto chiare.
Intanto, io sono quello che si dice un bel ragazzo, e di carattere simpatico. Lei &egrave una donna credo calorosa e in un certo senso esuberante, troppo spesso lontana dal suo uomo. Sono certo che non ha mai avuto flirt e tanto meno storie di qualsiasi genere con altri uomini’ e poi’ ho avuto la sensazione che qualche volta, ‘sentendolo’, sia pure attraverso i vestiti, tra le chiappe e tra le gambe, quei movimenti erano, sì, in mio onore, e non sgraditi a lei.
Una volta, proprio al mare, volevo alzarmi dalla sdraia per darle il posto. Mi fece segno di restare li e si mise seduta su me. Una cosa deliziosa, infinitamente deliziosa, e le mie mani, mentre lei sfogliava la rivista ‘ma credo che non vedesse nulla- le carezzavano la pancia, salivano al seno, in lunghe carezze, sempre più frenetiche, perché il suo dondolio cresceva e la mia eccitazione pure’ fino alle conseguenze che potete immaginare’
Le tonde e toste chiappe materne si contraevano, facendomi impazzire, e insisterono fin quando non capirono che’ ormai’ e quando si alzò, senza voltarsi, prese l’asciugamano che aveva sulle gambe e lo lasciò su me, opportunamente, e lei si diresse verso la cabina. Il fondo del suo costume era bagnato. Un po’ troppo per essere solo produzione propria.
Diciotto anni, giovane e forte, ben nutrito, con qualche goccio di champagne in più e vicino una femmina che mi’. Devo confessarlo, me la ‘facevo’ con gli occhi e col pensiero e l’interessato scoppiava nei pantaloni, al punto che, mentre ballavamo, alzò la testa verso me e mi sussurrò un ‘però!’, che mi fece divenire di fuoco. Non si scostò, comunque, e sembrava volerselo tenere nel grembo. Inutile. La carne &egrave carne!
Quando tornammo a casa, volle ringraziarmi ancora per il regalino che le avevo fatto, per la bella serata, per il ballo’
‘Sei un po’ su di giri, questa sera, Piero. Vero?’
‘E’ la nostra festa, no?’
‘Si, certo, ma io intendevo’ certo mi capisci”
‘Beh, mammetta, quando si &egrave felici, tutto di sé &egrave esultante. Non capita anche a te?’
‘A chi lo dici!’
‘S’&egrave fatto abbastanza tardi, che ne pensi di andarcene a letto?’
Era una frase abbastanza consueta, ma quella sera quel ‘andarcene’ aveva preso il posto di ‘andarsene’, e, addirittura mi sembrava avesse una inflessione particolare.
La guardai, senza sorridere.
‘Hai detto ‘andarcene’ ma”. ‘andarcene”’
Mi avvicinai a lei.
Ricambiò lo sguardo. Anche lei seriamente.
‘L’ho detto!’
Fu istintivo prenderla tra le braccia e baciarla sulla bocca. Sentii le sue labbra dischiudersi e la sua lingua cercare la mia, avvinghiarsi, mentre la carezzavo, le palpavo le natiche, la stringevo a me. Ero impazzito. Eravamo impazziti.
Lasciammo la luce accesa in salotto, andammo nella sua camera, fu una gara a chi si spogliò prima. Lei era di fronte a me, completamente nuda. Quello era il seno che mi aveva nutrito, e quello il grembo che mi aveva messo al mondo.
Mi precipitai su quei capezzoli, a succhiarli golosamente.
Mi carezzò la testa.
‘Sei sempre avido, Piero”
La sua mano aveva ghermito il mio fallo, lo stringeva, sembrava soppesarlo, poi scese a carezzare i testicoli.
Andammo sul letto, volevo baciarla lì, da dove ero sortito diciotto anni prima, ma lei si sdraiò e mi tirò su di se, senza lasciarmelo mai e portandolo alla sua rorida e focosa vagina, col le ginocchia alzate, i talloni sulla sponda del letto. Non so se fui io a penetrata o lei ad aspirarlo. Mi trovai affondato in quel crogiolo caldo e umido e non riuscivo a crederci. Era il suo bacino a muoversi. Io avevo le mani sulle sue tette e le brancicavo. Intanto affondavo e mi ritiravo, sempre più ardentemente. Cercavo di guardarla in volto. Era splendida, con una espressione di estatica beatitudine, gli occhi chiusi, le labbra appena aperte, ed ogni tanto le baciavo, senza smettere, senza perdere il ritmo. Aveva afferrato i miei glutei, ne conduceva la cadenza. Il suo grembo palpitava, convulsamente, un gemito incalzante sortiva dalla bocca’ e con voce rotta mormorava.
‘Sei meraviglioso bambino mio’ la cosa più bella che esista’ da non potersi imma’ immaginare’ si’ tesoro’ siiiiiiii’. Riempi di te la tua mammina’. Così’. Così’. Cosiiiiiiiiiiiiii’
E l’orgasmo la travolse, la squassò.
Poi giacque, esausta. E io su lei.
Aprì gli occhi, mi guardò con una espressione che non le conoscevo. Rapita, estasiata. Prese il mio volto tra le sue mani.
‘Sei magnifico Piero, splendido, incantevole, fantastico. Mi hai dato una tale voluttà, entrando in me, che ripaga cento volte il travaglio di quando da me uscisti, e sarei pronta a partorirti ancora mille volte, per riprovare una tale sensazione.’
Vi assicuro che non ci fu bisogno di mettermi di nuovo alla luce, perché il suo desiderio fosse appagato. E più di mille volte, da allora.
Capito perché ‘devo’ ricordare Elena?
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Il ‘Sa’ di Sandra?
Ma Sandra &egrave mia moglie, la madre di Elsa.
Una ardente collaboratrice per dar vita alla nostra piccina.
L’abbiamo voluta, pienamente d’accordo.
Siamo stati, e tuttora siamo, una coppia sessualmente affiatatissima. I dissensi quotidiani li lasciamo fuori dal talamo.
Devo ammettere che &egrave più fantasiosa di me, ed anche più instancabile. Del resto &egrave nella natura dell’uomo raggiungere più facilmente della donna i limiti delle proprie capacità erotiche.
Se dovessimo pubblicare il nostro kamasutra, quello originale impallidirebbe!
Le sue posizioni preferite erano quelle che il nostro manuale (edizione francese) definisce di Andromaca e della Tigre.
Cerco di spiegarle.
Andromaca, tutto sommato, indica quella in cui io sono sdraiato e lei, poggiando sulle gambe divaricate, e su di me, si impala deliziosamente e mi cavalca a suo piacimento. Spesso furiosamente, per poi riversarsi completamente su me.
Nella ‘Tigre’ &egrave lei ad essere sdraiata, gambe totalmente divaricate e piedi in alto, io tra le gambe, mi sostengo sulle palme, lei poggia le sue mani sulle mie natiche e regola il ritmo che le piace, e che piace tanto anche a me. Una variante da lei privilegiata &egrave quella dell’enclume, l’incudine, dove i suoi piedi poggiano sulle mie spalle, e i testicoli battono sulle sue natiche.
Lo abbiamo fatto sempre e dovunque, perfino nella toilette dell’aereo.
Abbiamo una vero e propria attrattiva per i luoghi strani, per le posizioni eccentriche, per i momenti più impensabili.
Non si può dire, certo, che soffriamo di inibizioni in materia.
Eravamo in autostrada, a velocità entro i limiti della norma. Cominciai con la mano sulla gamba, sotto la veste, nelle mutandine’ lei si spostò col bacino in avanti, gambe aperte’ dita sul clitoridino, nella vagina, finché ebbe uno di quegli orgasmi che stava quasi per costringermi a fermare, perché con una mano sola, la sinistra, non si possono fare miracoli nella guida. Ma non immaginavo il seguito. Dopo che si fu un po’ rilassata e rassettata, abbassò la zip dei pantaloni, con esperta maestria ‘lo’ tirò fuori e cominciò a’ suonarlo a clarinetto’ come dice lei. Una ‘esecuzione’ eccezionale. Rallentai notevolmente, ma dovetti andare a fermarmi nella piazzola di sosta, in un posto appartato, perché Sandra stava eseguendo un assolo che non consentiva distrazioni. Poi, pulì accuratamente lo strumento, lo richiuse nel fodero e guardandomi con indifferenza disse che ‘potevamo andare’. C’&egrave mancato poco, quella volta, che non me la ‘facessi’ seduta stante, alla meglio.
Lei era precisa in tutte le cose.
Quello era assolo di clarinetto, ma poi c’era l’ottavino e qui a trarne massima piacevolezza era il solco balanico e tutta l’asta del fallo, percorsi con grande perizia dalle deliziosa linguetta di Sandra. Quando invece si dedicava al sassofono era l’intera imboccatura a trovare divino ricetto nel caldo della bocca della insuperabile esecutrice.
Anche qui non era mai monotona. Abbellimenti nella esecuzione, ritmi sempre diversi, insuperabili ‘variazioni sul tema’.
Era logico che io ricambiassi. Con dita agili più di un valente pianista, e modulanti come il più appassionato dei violinisti, mentre la lingua, più vibrante di un’ancia impazzita, sapeva portarla alla nota più alta che lei potesse sostenere, fino a farla restare senza fiato.
Forse non eravamo ‘cauti’; forse ci potevano vedere.
Ma noi ce ne fregavamo altamente.
Io credo che Elsa ci vide. Forse era venuta a chiedere qualcosa o a mostrarci qualcosa. Era ancora un frugoletto, frequentava la prima elementare. Sandra ed io eravamo nel mio studio, io in poltrona, lei in ginocchio, intenta a un concerto per flauto, ottavino e sax. Mi sembrò di scorgerla, o era solo una ombra.
Quella nostra mania di non chiudere mai bene le porte, di farlo completamente nudi, sul letto, senza coperte, con le luci accese, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
E poi, Sandra non era molto silenziosa nelle sue manifestazioni erotiche.
A parte i gemiti, i mugolii, c’era quel suo gridare a un certo punto un ‘vengo’ così alto che ci volevano pareti isolanti per non farlo dilagare dovunque. Glielo avrei potuto dire, ma a me eccitava tanto’.
Di sicuro erano gli occhi di Elsa quelli che assisterono, dallo spiraglio, alla nostra impazienza’ Dovevamo andare a letto, pomeriggio d’estate, come al solito completamente nudi. Io ero seduto sulla sedia a piedi del letto, ed avevo finito di togliermi i sandali. Sandra usciva dal bagno e, così com’era, venne di fronte a me. Bastò vederla che subito ‘lui’ si mise sul presentat-arm, per renderle onore, logicamente. Sandra non restò indifferente e si mise a cavalcioni’ curando, logicamente, che ‘lui’ la penetrasse, fino in fondo. Poi, la solita danza, la cavalcata, e l’urlo finale. Fu allora che vidi sparire gli occhietti di Elsa dallo spiraglio. L’indomani aveva compito in classe di greco. L’ultimo, prima della promozione al liceo.
Già, Elsa.
Ormai aveva superato i quindici anni. Era una vera e propria donnina. In costume da bagno ostentava un bel paio di tettine, molto promettenti, e un culetto che avrebbe fatto concorrenza a quello della madre e della nonna.
Era un piacere vederla fiorire così.
Seguii con attenzione, paterno piacere e’ mascolino interesse, il progresso di quel delizioso corpicino che diveniva sempre più grazioso, affascinante, attraente, allettante, desiderabile.
Inutile negarlo, me lo confermava anche ‘lui’!
Maturità, iscrizione all’università.
Grande festa.
Quando veniva a sedersi sulle mie ginocchia’ Ero combattuto tra il dirle ‘alzati’ e tenerla stretta sentendo il calore delle sue tonde natiche sulla mia patta. Tra l’altro, quella birichina, non stava ferma un momento, si muoveva in continuazione e ciò non faceva che aumentare la mia eccitazione, ma era così bello ‘sentirsela’ carezzare da quel culetto! Mi domandavo, però, possibile che non se ne accorgeva? Ormai era una donna fatta, e come fatta, con un seno splendido e un didietro da far invidia a Venere callipigia. Mi era capitato, logicamente solo per caso!, di sentire la consistenza di quelle tette e di quel fondo schiena e, muovendo distrattamente le mani, avevo potuto constatare che aveva una bella ‘pagnottina’ tra le gambe. Quando questo capitò, la prima volta, lei le aprì un po’ e protese il bacino in avanti. In seguito era il suo invito a farsi carezzare ‘là’. Teneramente, s’intende.
Siano giunti, come dicevo, alla grande festa per la maturità.
Generazioni in fila:
Elena, la nonna, 65 portati così bene che gliene avresti dati cinquanta, quindi non lontani dai miei 45.
Sandra, la mamma, alla vigilia dei suoi 40, in perfetta forma. Calda, rigogliosa, elegantissima, molto sexy, eccitante.
Elsa, la festeggiata, una che ti fa girar la testa, con un fascino irresistibile, seducente, sensuale, e una carica erotica che ti magnetizza’ e mette a dura prova la resistenza dei pantaloni.
A proposito, io come scopavano le prime due lo sapevo bene, e ne avevo recente esperienza (Elena, ogni tanto, pretendeva la sua parte, e devo ammettere che ne valeva sempre la pena). Quello che non sapevo era come scopava la ‘bambina’, e se scopava con chi lo faceva.
Le avevamo regalato una ‘utilitaria’ e una catenina con un magnifico rubino.
Si era iscritta alla facoltà dove insegnavo io. Tenerezza o furbizia? Mah!
Comunque, si era alla vigilia di andare al Forte, a Forte dei Marmi, nella piccola villetta nella pineta. Calma e tranquilla, poco distante dalla spiaggia, proprio dove era un po’ esclusiva, anche a causa dei prezzi. E poi, era un po’ il ritrovo di noi docenti, specie da Bologna.
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Elena, logicamente, non poteva mancare. Ma andava d’accordo con Sandra. Non frequente caso, tra suocera e nuora, ed ho il vago sospetto che facessero finta di non sapere. Fino a quel momento ce n’era per tutte e due!
La sera avevano deciso, le tre Grazie, come le chiamavo, che il mattino seguente sarebbero andate dal parrucchiere. Io ero indeciso se recarmi in spiaggia o leggere il giornale su una sdraia, in giardino, accompagnato dal mormorio della fontanella, al fresco degli alberi, in pantaloncini. Sarebbe stato un momento di ‘beata solitudo’ perché la colf, che era stata costretta ad andare a Carrara per certi documenti, sarebbe venuta sul tardi.
Infatti, ero in giardino, come avevo stabilito.
All’improvviso, però, apparve Elsa.
‘E tu, non sei andata dal parrucchiere, con le altre?’
‘No, non mi va.’
Si avvicinava con aria dinoccolata.
Sandali interdito, una sconvolgente ‘mini’, un foulard come reggiseno, e non proprio ‘intrasparente’. Oltre le tettine erano chiaramente visibili i capezzolini rossi.
‘Vai al mare, Elsa?’
Devo dire che, in un certo senso, temevo che, come spessissimo faceva, si venisse a sedere sulle mie gambe. Pantaloncini sottili ‘e solo quelli- la mini e certamente sotto un perizoma inconsistente, insomma! Lo temevo, ma anche lo speravo.
Elsa fece un sospirone che esaltò il seno.
‘Mah, non lo so, dipende”
‘Dipende da cosa?’
Scrollò le spalle, ed ormai mi era a fianco.
La guardai.
Lei, con disinvoltura, alzò una gamba (il perizoma doveva essere nero) e si mise a cavalcioni, sulle mie gambe nude, che sentirono subito il calore di quei glutei. Nudi, ovviamente, perché non coperti dal perizoma.
Lasciai il giornale. Cadde per terra.
‘Che silenzio, pa’. Si sta bene.’
Si spostò in avanti. La mia patta, ormai bene imbottita, era proprio tra le sue gambe. Una situazione tremendamente critica ma terribilmente piacevole.
Mi guardò fisso.
‘A proposito, pa’, non ci siamo dati il bacio del buongiorno.’
Si chinò su me e posò le sue labbra sulle mie. Non proprio di sfuggita.
La guardavo incantato e sgomento, e gli occhi corsero al seno che era appena velato dal foulard.
Elsa si sospinse ancora.
Abbassò le mani’ le portò ai miei pantaloni, alla zip’
Ero fermo, paralizzato, con le braccia penzoloni. Non riuscivo a muovermi.
Abbassò la zip e destramente ‘lo’ afferrò e ‘lo’ tirò fuori. Era eccitatissimo, rubizzo, fremente.
Le nari di Elsa si dilatarono, gli occhi lampeggiarono.
‘Lo’ teneva con le due mani.
‘Che bel pisellone, paparino. E’ veramente superbo.’
Non sapevo cosa dire, cosa fare. Mi venne in mente la frase più cretina.
‘Elsa, può venire qualcuno.’
‘Ho chiuso il cancello a chiave!’
Alzò la mini. Non indossava nemmeno il perizoma. Quel nero era il folto boschetto riccio del suo pube che proseguiva tra le sue gambe, ora aperte, col rosa palpitante del suo giovane e ammaliante sesso.
Prese il ‘pisellone’ -come lo aveva chiamato- e lo avvicinò all’ingresso della sua vagina. Era calda, umida, e scorsi anche il piccolo clitoride che vibrava. Ancora una spinta e s’impalò dolcemente, lentamente, seguitando a guardarmi. Ormai i nostri pubi si toccavano, i peli si intrecciavano tra loro. Restò un attimo ferma. Chiuse gli occhi, rovesciò la testa indietro, e cominciò un lento e voluttuoso andirivieni. Non me ne ero quasi accorto, ma le mie mani le avevano afferrato le natiche ‘belle dure- e ne accompagnavamo i movimenti che andavano aumentando. Portò le mani dietro la schiena, slacciò il foulard, le tette meravigliose apparvero in tutto il loro incanto. Mentre la sua galoppata cresceva sempre più, avvicino una tetta alle mie labbra. Le dischiusi, ne afferrai il capezzolo e cominciai a succhiare golosamente, avidamente. Le contrazioni della piccola, inebriante, vagina, mi’. ringraziarono.
Solo allora mi resi conto che ‘io stavo scopando con mia figlia’. E mi piaceva da morire. ‘Ci’ piaceva, perché Elsa gemeva, e il suo ritmò incalzò, fino a quando si strinse convulsamente a me, in un orgasmo sconvolgente e coinvolgente. Fu istintiva la spinta dei miei reni quando, incontrollatamente, il mio seme dilagò in lei.
‘Sei grande, pa’, grandissimo, lo sapevo”
‘Ma’Elsa”
‘Ma un cavolo, pa’, era da anni che aspettavo questo momento”
‘Elsa”
‘Da anni, capisci? Cosa dici’ sono meglio delle altre?’
‘Delle altre?’
‘Si, della nonna, della mamma’.’
Le carezzai il volto rigato di lacrime.
‘Sei voluttuosamente deliziosa, bambina mia, ma non dovevamo farlo”
‘Dovevo, pa’, dovevo’. Non ne potevo più’ E voglio rifarlo’ subito”
Si agitò provocantemente.
‘Ma Elsa, così, senza precauzioni”
‘Non ti preoccupare, prendo la pillola. Adesso, pa’, ancora’ Come sai fare tu”
Si alzò, si appoggiò al tavolino, aprendo le gambe.
Qualcosa gocciava tra le sue gambe, ma quella visione tornò ad eccitarmi, e la penetrai, con impeto, e a stantuffarla con fervore, ardentemente. Ad ogni affondata sentivo la sua voce, quasi un rantolo.
‘Si’. si’ così’ così’ &egrave tua pa” &egrave tua’ sfondala’ dai’ sfondala’.’
Poi un lunghissimo gemito, un urlo di piacere, mentre le mie mani le impastavano il seno, la frugavano tra le gambe.
E godemmo di nuovo, mischiando in lei le linfe del nostro piacere.
Tornò a sedersi in grembo. La carezzai, baciai, coccolai.
Ad un tratto, mi abbracciò, mi baciò.
‘Vado su, pa’. Cerca di rassettarti’ asciugarti’ bisogna riaprire il cancello!’
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Quando, acconciate e truccate, tornarono a casa Elena e Sandra, io ed Elsa eravamo in giardino, intenti ognuno a leggere un giornale. Io in pantaloni e camiciola, ed Elsa in Jeans e top.
Sandra venne a baciarmi, seguita da Elena. Aprì la borsetta, ne estrasse un pacchetto.
‘Un pensierino per te, Piero. Un portacarte da giuoco. Guarda se ti piace.’
Lo aprii. Una scatola di cuoio rosso scuro, e sul coperchio tre carte, tre assi, Quadri, Cuori, Fiori.
Elena mi guardò.
‘E’ un tris, Piero.’
Annuii, le ringraziai.
‘Si, &egrave il ‘tris’ che ho in mano. Voi.’
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