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Racconti erotici sull'Incesto

Guardia a capodanno

By 3 Febbraio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Ho voluto fare il ‘democratico’, ho insistito perché anche il mio nome, pur essendo il primario, fosse inserito insieme a quelli degli altri medici per il turno di guardia. Tutti dicevano di no, ma io ho tenuto duro. Poi abbiamo chiamato Eliana, la bella infermiera, per estrarre il nome del condannato a trascorrere la notte di capodanno in clinica.
Eliana ha infilato la manina nel sacchetto, ha tirato fuori un biglietto, lo ha letto, e mi ha guardato.
‘E’ lei!’
Coro di protesta, ognuno diceva che si offriva per sostituirmi. Niente da fare. Democratico fino in fondo’. Porca miseria!
Quando l’ho detto a casa, Isabella, mia moglie, mi ha ripetuto che sono il solito scombinatutto, che siamo attesi a Cortina dagli amici che ci hanno preceduto, che un primario non deve essere demagogo fino al punto di farsi mettere di guardia, ed ha concluso che, ad ogni modo, lei e Maurizio, nostro figlio di 10 anni, sarebbero partiti lo stesso! Io, se volevo, potevo raggiungerli la sera del primo gennaio. Dal Marco Polo di Venezia c’&egrave un regolare servizio. E poi, ci sono i taxi!
Alzai le spalle, senza rispondere. Sarebbe stato inutile.
Non c’era molto da fare, in clinica ortopedica. Pochissimi degenti, e tutti calmi, non necessitanti di continua assistenza.
Inoltre, nel mio studio c’era un comodissimo divano. Mi venne da sorridere pensando che se l’infermiera’. Poi mi ricordai che di turno, quella sera, c’era un infermiere.
Isabella e Maurizio sono partiti il 30, mi hanno telefonato che tutto va bene.
Io me ne sono andato in clinica verso le 16.00 del 31, e mi sono messo a leggere, a guardare la TV, a navigare disordinatamente in internet. Ho fatto un giretto in reparto, col collega al quale davo il cambio, e sono tornato in studio.
Erano da poco trascorse le sette, di sera, quando fui chiamato al telefonino.
‘Ciao, Piero, sono Mara.’
Mara &egrave mia sorella, ha giusto undici anni meno di me.
E’ logico che ci vogliamo bene, ma la distanza di età (aveva otto anni quando cominciai l’università e, quindi mi allontanai da casa) non ci ha consentito di conoscerci bene, e, quindi, non abbiamo molti ricordi di vita in comune. Né ci frequentiamo molto. Io sempre al lavoro, e lei alle prese col suo insegnamento. Il marito, poi, &egrave spesso assente, perché &egrave pilota comandante su voli transcontinentali.
‘Ciao Mara, come stai?’
‘Beh, veramente, sono acciaccatela, con una fastidiosa sciatalgia e dolori coccigei. Anzi, quando torni a Roma ti verrò a trovare. Ti ho telefonato per darti gli auguri”
‘Ma io sono a Roma, Mara, sono in clinica, perché di guardia.’
‘Ma va’, il primario di guardia…, e tua moglie?’
‘Lei e Maurizio sono a Cortina, come da programma’ Voi?’
‘Il ‘comandante’ &egrave in America!’
‘Tu sei sola?’
‘Solissima.’
‘Mi sta venendo un’idea. Compra qualcosa in quel negozio di gastronomia che sta vicino casa tua, se &egrave ancora aperto, e vieni qui. Ti visiterò e poi brinderemo. Lo spumante l’ho io, non ti preoccupare.’
‘Una bella idea, Piero. Non serve andare in gastronomia, ho salmone affumicato, burro danese, tartine, frutta secca, panettone”
‘Cosa vuoi di più! Dai, che ti aspetto.’
‘Sarò li tra mezz’ora.’
Fu puntualissima.
Era allegra sorridente. E l’abbracciai stretta, la mia sorellina. Era la prima volta che trascorrevamo insieme, e soli, la notte di san Silvestro.
Tolse la pelliccia, mise la grossa busta che portava sul tavolino.
Sembrava molto più giovane dei suoi trent’anni. Piacevolissima d’aspetto. Anzi bella. E solo allora mi sembrò scoprire una notevole armoniosa avvenenza e grazia nella mia sorellina. L’avevo considerata sempre un po’ ancora bambina. E invece era una splendida e attraente giovane signora. Anzi, per essere sincero, era proprio desiderabile, stuzzicante. Aveva un certo ché di seducente. Però! Non me ne ero mai accorto.
Sedemmo sul divano.
‘Allora, Mara, ci volevano queste casualità per incontrarci da soli. La mia guardia, il tuo consorte oltre oceano. Ma, prima di tutto, parlami della tua sciatalgia.’
Mi descrisse i dolori, mi parlò degli accertamenti, della terapia in atto.
‘Senti, vorrei dare un’occhiata, palpare le vertebre, insomma, visitarti.’
‘Sai che &egrave la prima volta che mio fratello medico mi visita?’
‘OK. C’&egrave sempre una prima volta. Va di là, &egrave dove visito. Nell’armadietto a vetri ci sono delle camiciole. Spogliati e indossa una di quelle. Quando sei pronta chiamami.’
‘Obbedisco, prof!’
Mi chiamò molto presto.
Era in piedi, con la corta camiciola, di quelle che si chiudono dietro, e un’aria sbarazzina. Così, senza tacchi, sembrava piccolina, ma il volto bello era quello di quando era adolescente. Stuzzicante.
‘Allora, vediamo. Dove hai dolore?’
Mi indicò, vagamente, le anche e il fondo della schiena.
Sarebbe noioso descrivere dettagliatamente l’esame obiettivo che, come anche insegnavo, va eseguito con il paziente completamente svestito e senza scarpe. Bisogna osservare e valutare l’atteggiamento generale del corpo, la costituzione e lo sviluppo dell’organismo e le eventuali deformità o asimmetrie.
L’osservazione inizia già da quando il paziente si muove davanti al medico (deambulazione asimmetrica, circospetta, stentata), si siede (postura antalgica o non può sedersi), sale sul lettino da visita (se ha bisogno di aiuto) o si sfila le scarpe (impossibilità ad inclinarsi).
L’esame di un paziente con dolore lombare comprende l’esame dell’addome e della pelvi e l’esplorazione rettale, per escludere una possibile causa viscerale di malattia. L’esame delle anche &egrave indicato per escludere un coinvolgimento di questa articolazione o una malattia primitiva dell’anca che possa causare dolore lombare (per es. osteoartrosi dell’anca).
L’esame fisico comprende l’ispezione, la palpazione, la determinazione dell’ambito di motilità e l’osservazione della deambulazione. Va notata la presenza o l’assenza di dolore al movimento. Una causa meccanica di dolore lombare &egrave suggerita da postura errata, scoliosi, cifosi ed obesità.
Una riduzione dell’espansione toracica suggerisce la spondilite.
‘Togli tutto, Mara, e cammina verso la porta, così vedo come ti muovi.’
Eseguì, mi voltò il dorso.
Non immaginavo mia sorella così deliziosamente costruita. Armoniosa, con una silhouette invidiabile, spettacolare. Fianchi meravigliosamente disegnati e un fondo schiena’ da sogno’ mai visto nella mia non breve attività professionale. Mi venne spontaneo pensare tacitamente: ‘Dio, che culo!’ E come si muoveva. Chiappette tonde, di quelle che io definisco ‘prensili’. E quel solo pensiero, quella vista, mi eccitò piacevolmente.
‘Voltati, vieni verso me.’
Che visione!
Tonde sode tette, che quasi non si muovevano mentre camminava. Ventre piatto, pube arricchito d’un folto boschetto riccioluto, e gambe stupendamente tornite.
Forse il mio sguardo tradì il mio pensiero, perché mi chiese se c’era qualcosa che non andava.
‘Tutt’altro’ tutt’altro’ non immaginavo che tu fossi così bella, un vero schianto, sorellina.’
‘Grazie, fratello, ma tu avrai visto bel altro”
‘Ben altro, certo, ben altro’ corpi disfatti, deformi, cadenti, non la perfezione che tu impersoni. Allora, questo dolore?’
Indicò il coccige.
Sdraiati sul letto, a pancia sotto.
Ora quella grazia di dio era a portata di mano.
Mai palpazione fu più accurata, scrupolosa, e’ lunga. Com’era bello palparla. Una carte soda, calda, con piccoli guizzi dei muscoli quando stringevo.
La feci voltare, le spiegai che dovevo accertarmi dell’assenza di cause patologiche viscerali.
Che bel pancino! E come sussultava lievemente al mio tocco. Era dolce carezzarlo, sconfinare più giù, tra i riccioli, al tepore che era tra le sue cosce.
‘Mara’ devo procedere all’esplorazione rettale!’
Alzò le spalle.
‘La cosa migliore &egrave che scendi dal lettino e ti poggi su di esso col petto, i piedi a terra, le gambe un po’ divaricate.’
Altro scrollare di spalle, e assunse la postura indicata.
Intanto, avevo infilato il guanto di latice, ed avevo cosparso le dita interessate col gel.
Inutile, quel culetto eccezionale mi turbava, mi eccitava.
Il mio irrequieto ‘pierino’ era invidioso delle dita che stavano per eseguire l’esplorazione. Come lo comprendevo.
Lo sfintere era contratto.
‘Rilassati, Mara”
‘Non &egrave facile’ ma chi poteva immaginare che fosse necessario un fastidio del genere”
‘Rilassati’ vedrai che non &egrave un fastidio eccessivo’ anzi’ per qualcuno”
Sempre col capo sul lettino, e con voce seccata, rispose che lei non era ‘qualcuno’.
Intanto, con delicata insistenza, il medio era riuscito a entrare. Tepore delizioso. Fu spontaneo spingere e ritirare il dito più volte, il più profondo possibile. La tensione di Mara si andava allentando, quella specie di massaggio rettale non si rivelò così insopportabile come immaginava. Seguitai a lungo in quel movimento. Lei stava zitta, si muoveva appena. Sfilai il dito lentamente. Non si mosse. Tolsi in guanto e questa volta introdussi la mano tra le grandi labbra. Sentii che discostava le gambe. Mi intrufolai oltre, Ecco le ‘piccole’, l’orificio della vagina. Caldo, umido’ troppo umido per essere normale’ Il dito entrò, si mosse circolarmente’ il pollice titillò il clitoride’ Mara si muoveva, lentamente, dolcemente. Io ero eccitato al massimo, non ne potevo più’ seguitai quella carezza sempre più sensuale, concupiscente, lasciva, e sentivo che lei stava godendo, sempre più’ con l’altra mano armeggiai con la mia zip, riuscii ad abbassarla, a slacciare la cintura dei pantaloni, farli cadere al suolo, così il boxer. Il fallo era prepotentemente eretto, lo avvicinai tra le gambe di Mara e in men che non si dica tolsi la mano e affondai decisamente, anche se dolcemente, il fallo in quella palpitante e trepidante vagina che sembrò risvegliarsi d’incanto, lo avvolse, strinse, e accompagnò stupendamente i miei sempre più incalzanti movimenti. Le mani avevo ghermito le tette di Mara, e le strizzavano, mentre i colpi delle mie reni divenivano vigorosi, quasi violenti, e lei gemeva sempre più forte, e il suo bacino si agitava convulsamente. Non ci pensai nemmeno a ritirami’ del resto non avrei potuto perché la mia sorellina era poggiata sul lettino solo col petto e aveva portato le sue manine sui miei glutei stringendomi appassionatamente a lei. Raggiungemmo l’orgasmo nel medesimo istante, e sentii che il seme che si spandeva in lei era come assorbito dalle pareti mungenti del suo sesso. Incantevolmente.
Fu lei la prima a parlare, con voce rotta, ancora ansante.
‘Se un fenomeno, fratello, scopi da dio!!! Non potevo immaginare che fosse così bello!!! Questa sì che &egrave cura!!! Ancora un’applicazione del genere e dimenticherò ogni dolore’!’
M’ero ritirato da lei. Ero stordito, e perplesso.
Lei si voltò, guardò il mio fallo non del tutto domo, allungò la mano, lo carezzò’
‘Che bello’ che bello”
Si poggiò col sedere sul lettino, le gambe aperte, la vulva gocciante.
‘Dai, fratellino’ fammi guarire”
Mi attrasse a sé. Prese il glande e lo poggiò all’ingresso della sua fremente vagina.
Entrai di nuovo in lei, profondamente.
Con un balzo si sollevò, incrociò le gambe sulla mia schiena, e iniziò una danza frenetica, con le tette che mi carezzavano il petto, e lei che s’impalava e si alzava con ritmo sempre più incalzante, accompagnata da un gemito crescente.
‘Piero mio’ Piero mio’. Ooooooooh’. Piero’. Pierooooooooooo!’
E quelle calde pareti ripresero a mungermi con maggiore ardore. Mi svuotarono.
Rimanemmo così, a lungo. In un abbraccio appassionato, ma grottesco. Io con i calzoni a terra, il camice aperto, e lei aggrappata a me, mentre le mie mani le artigliavano le chiappe.
Molto lentamente, Mara posò i piedi a terra, si svincolò da me. Il fallo uscì adagio adagio, con riluttanza, non voleva lasciare quel caldo e paradisiaco rifugio.
‘Sei favolosa, eccezionale, sorellina mia. Non lo avrei mai immaginato.’
‘Ancora più bello, sì, perché inatteso. Credevo proprio di morire di piacere.’
Fu percorsa da un brivido.
‘Devi rivestirti, piccola’. Se vuoi’ di là c’&egrave la doccia”
‘Tu?’
‘Andrò nell’altro bagno, nel corridoio.’
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Eravamo tornati nel mio studio. Sul basso tavolino, nell’angolo del vano, Mara preparò quanto aveva portato. Sedemmo guardandoci negli occhi. Mangiammo volentieri, scambiando poche parole, di quelle senza senso’
Dovevamo attendere la mezzanotte, per brindare.
Mara guardò l’orologio.
‘Manca parecchio’. Cosa facciamo?’
Mi sorrise con espressiva furbizia.
‘Peccato che quel lettino sia così piccolo’. Non ci si sta uno a fianco all’altro”
Mi ero nuovamente eccitato, con più frenesia di prima, maggior bramosia, un desiderio intenso di lei. Come un giovinetto smanioso.
‘A fianco no, ma’.’
‘E se entra qualcuno?’
‘Chiudiamo tutto e avviso di non disturbarmi se non per improvvisa urgenza.’
‘Ma’ tu’ vuoi?’
Annuii prontamente.
‘Te l’ho detto, sei un vero e proprio schianto, una favola, sorellina, hai un sederino’.’
Seguitò a guardarmi, mordace.
‘Ho notato la cura che hai messo nell’esplorazione’.’
‘Fatto male?’
‘Ti dirò. Come l’hai toccato mi veniva di ribellarmi, poi’. Una volta entrato il tuo ditone, che non finiva mai, &egrave stato tutto diverso’. Sai’ a mano a mano che’.massaggiavi’. il fastidio si &egrave tramutato in qualcosa addirittura piacevole’ un piacere tenue’ che si ripercuoteva nel grembo’. Mi stava portando’.’
‘All’orgasmo”
Strinse le labbra e annuì.
‘Ma tu, scusa, non hai mai avuto con un uomo un rapporto che coinvolge il tuo splendido sederino?’
‘Ma sei matto! Ma come ti permetti pensarlo.’
Era diventata rossa, ma si muoveva sulla sedia come se vi strofinasse sopra le natiche.
‘Niente, &egrave una domanda ingenua, naturale. Non adombrarti.’
Alzai il telefono, dissi che ero reperibile solo per urgenze.
Chiusi la porta, a chiave.
Mara mi guardava sorridendo.
Andai a sedere sul divano. Con la mano le feci cenno di venire accanto a me.
‘Credo sia molto meglio del lettino, cosa dici?’
‘Basta provare’scusa un momento”
Sparì nel bagno, tornò quasi subito.
Sedette accanto a me.
La tirai sulle mie ginocchia, infilai subito la mano sotto la gonna.
Ecco perché era andata di là, non aveva più le mutandine. Era liscia, tiepida, e i suoi peli sembravano vivere alla mia carezza.
Mi venne l’acquolina alla bocca. Dovevo baciarla, quella fichetta calorosa, la lingua voleva lambirla, penetrarla’.
La sollevai, la deposi con dolcezza, seduta, sulla mia scrivania, tirai su il vestito. Lei si rovesciò un po’ indietro, poggiandosi sui gomiti, allargò le gambe. Una visione incantevole, mi inginocchiai e tuffai la testa tra le sue cosce, la lingua si fece strada, sentì l’agro-dolce del suo sesso, vi entrò, girò, curiosa e indiscreta, entrò e uscì, continuamente. Mara respirava a fatica, si agitava, il grembo sussultava, e a un certo momento si lasciò andare giù, sulla schiena, sobbalzando’.
‘Sei un portento Piero’. Un fuoriclasse’ eccomi amore’ eccomi’ oddio com’&egrave bello’. Oddioooooo’ ooooooooh!’
Era smarrita, confusa, turbata.
Il suo sesso distillava la testimonianza del suo godimento, la lingua uscì dalla vagina, leccò il perineo, percepì il palpito del suo buchetto, dello sfintere che sembrava impazzito, la saliva facilitò l’entrata anche in quel pertugio pulsante’ la tolsi, vi introdussi delicatamente il dito e continuai, con tenerezza. Mara seguitava a mugolare e a godere, forse era il momento giusto. Poco distante il tubo col gel’ Sì, era il momento, la tirai giù dalla scrivania, lentamente, teneramente, la voltai’ Lei capì subito, ebbe come un moto di opposizione, solo un momento, poi si poggiò sulle braccia. Prima ancora di procedere, le slacciai la parte superiore del vestito, quasi le strappai il piccolo reggiseno, le afferrai voluttuosamente le tette, pizzicai i capezzoli. Lasciai rapidamente cadere i calzoni, li tolsi del tutto, ed anche il boxer. Il fallo era consapevole di quanto stava tentando. Presi del gel dal tubo, lo sparsi sul mio glande, intorno al suo buchetto, un po’ anche dentro, portai il mio fallo tra quelle natiche meravigliose, calde e sode. Spinsi piano.
Incredibile e inaspettato. Mara spinse anche lei, verso me.
Sentivo il suo buchetto muoversi. Spinsi ancora, più decisamente. Improvvisamente la resistenza venne meno, ne entrò un bel po’, spinsi ancora, entrò fino in fondo, coi testicoli che battevano su quel culetto splendido.
Mi fermai, come in attesa.
In lei tutto si muoveva, era vivo, lo stringeva, lo carezzava, lo mungeva.
Presi a muovermi, sempre più in fretta’. In fretta’. Le afferrai le tette, la spingevo forte’. Il suo ah’. Ah’. Ah’. Accoglieva ogni mia spinta’
Forse le facevo male, rallentai appena’
‘Non fermarti Piero’. Non fermarti’. Dai’.. dai’.’
Ero fuori di me per la gioia. Godevo come non mai, ripresi con più forza e quasi d’improvviso sentii fuoriuscire da me un torrente caldo che si sparse in lei, mentre una mano era scesa a tormentarle il clitoride, a infilarsi nel suo sesso, sempre più impetuosa.
Il suo roco e lungo oooh! Il suo fremere e quindi il suo relax, mi dissero che aveva goduto. La mano raccolse ancora la testimonianza della sua voluttà.
Il mio fallo non voleva uscire, stava così bene li.
‘Ti ho fatto male, piccola?’
Scosse appena la testa.
‘Non immaginavo che potesse piacermi’. Non lo immaginavo’. Dovevi essere tu, proprio tu, fratellino bello, a farmi conoscere questa delizia’.’
Il suo culetto si muoveva piano.
Trillò il telefono, proprio in quel momento. Nel contempo si udirono, fuori degli scoppi.
Alzai il ricevitore.
La voce di Bepi, l’infermiere veneziano.
‘Buon ano, professore, buon ano’!’
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