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Racconti erotici sull'Incesto

Il facente funzione

By 26 Novembre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Erano quasi tre anni da quando mamma ci aveva lasciato, improvvisamente, tragicamente, non per sua volontà.
Papà mi chiamò nel suo studio, mi disse di sedere di fronte a lui. Era serio in volto.
‘Piero, tu ormai sei un uomo, fra un mese compirai diciotto anni. Comprenderai, quindi, quello che sto per dirti. Da quando la mamma non c’&egrave più ci manca una vera famiglia. Infatti, tua sorella Carla e tuo fratello Vittorio sono per dieci mesi l’anno in collegio, un ottimo collegio, certo, ma non &egrave la loro casa. Tu, prima o poi troverai la tua strada: Università, lavoro’ Io sono solo, anzi siamo soli. Se avessi necessità di una femmina’ sono certo che comprendi’ ne troverei quante ne voglio’ ma credo sia bene ricostituire una famiglia’ Per farla breve, Piero, avrei deciso di risposarmi”
‘Sai già con chi?’
Annuì, con volto serio.
‘Certo, &egrave una signorina di un piccolo centro”
‘Una signorina? E quanti anni ha?’
Sorrise.
‘Una signorina perché non &egrave stata mai sposata’ anzi.. a quanto lei afferma non &egrave mai ‘stata’ con un uomo, ma ha solo tre anni meno di me”
‘Quindi’ avrebbe 43 anni!’
‘Non ‘avrebbe’, ha’ sì 43 anni.’
‘Quindi di più di quanti ne avrebbe mamma!’
Annuì di nuovo.
‘Scusa, pa’, e come &egrave?’
‘Credo debba giudicare tu. Conto di andare a trovarla domani, nella sua bella villa alla periferia della cittadina dove abita con la famiglia’ le ho già parlato di voi, e soprattutto si te, Piero”
‘E’ scusa’ quando conteresti sposarti?’
‘Fra due mesi, proprio il giorno del tuo compleanno, dei tuoi diciotto anni’ confido che tu, tuo fratello e tua sorella vorrete essere presenti alla fondazione di questa nuova famiglia’.’
‘E poi?’
‘Dopo un modesto ricevimento, Angela ed io partiremmo per un breve viaggio ni nozze”
Lo guardai, sorpreso.
‘Angela? Come la mamma?’
I suoi occhi erano velati dalle lacrime.
‘Si, caro, come la tua mamma’ Ma’ dicevo’ voi restereste ospiti dei genitori di Angela, per qualche giorno, fino al mio ritorno, e poi tutti andremo a casa nostra, in città.’
^^^
Angela ci aspettava sulle scale della villa.
Era snella, non mostrava la sua età. Capelli lunghi, volto appena truccato, un’espressione serena, dolce. Era abbastanza alta, ma io ero anche più alto di papà e avevo già raggiunto il metro e ottanta. Quando l’auto si fermò, scese le poche scale, ci venne incontro, mi tese la mano.
‘Tu sei Piero, vero?’
‘Si signora’.’
Mi guardò con sguardo affettuoso, mi abbracciò.
‘E se provassi a chiamarmi in un altro modo?’
‘Come?’
Scosse dolcemente la testa.
‘Non ‘mamma’, caro, so che ce ne &egrave una sola, ma puoi chiamarmi Angela”
‘Posso chiamarla zia Angela?’
‘Certo, caro, ma devi darmi del tu”
E un altro abbraccio.
Abbracciò anche papà ed entrammo in casa.
^^^
Il giorno del matrimonio era arrivato.
Carla e Vittorio erano tornati dal collegio ed erano stati accolti con tenerezza e premure da parte di Angela. Carla vi si era subito affezionata, era sempre con lei, la chiamava ‘zia’, e Angela la colmava di attenzioni e cure.
Nella grande villa ci avevano assegnato tre camere distinte, ognuna con un bagno, ed era stata messa a nostra disposizione Rosetta, una ‘tuttofare’ bene in carne, attivissima, sempre allegra e canterellante, che, malgrado avesse solo 21 anni, era già sposata, con due figli piccoli, e il marito lontano, per motivi di lavoro. I suoi figli stavano tutto il giorno con la nonna. Rosetta veniva presto la mattina, ci preparava la colazione, poi rassettava camere, bagni, lavava e stirava la nostra biancheria e, se aveva tempo, aiutava le altre donne di servizio.
Era una bella mora, polposetta, con belle gambe. E si può immaginare l’effetto che faceva su me, che avevo diciotto anni e, forse non lo si crederà, non ero mai stato con una donna. Mi piaceva, la guardavo, anzi la guatavo, e spesso la concupivo, per limitarmi, poi, a immaginare di’ stare con lei mentre mi’sfogavo ‘ solitariamente.
Quel movimento di tette e natiche di Rosetta mi eccitava. E da come mi guardava devo dire che forse non le ero del tutto indifferente.
Parlava con un forte influsso dialettale e con molte parole in parlata locale. Malgrado le avessi detto che mi chiamavo Piero e l’avessi pregata di ricambiare il ‘tu’, mi chiamava ‘signurino’ e perfino ‘don Piero’. Mi veniva da ridere, mi faceva quasi sentire un prete!
Mi aveva chiesto se avessi una fidanzata, le avevo risposto che non ne avevo.
‘Ma come, ‘signurì’ nu pezzo di giovine come vui”
Alzai le spalle, senza rispondere.
Quel giorno mi sentivo strano.
Papà si risposava, la sua seconda moglie si chiamava Angela come la prima, mia madre. Io compivo diciotto anni e mi trovavo lontano dagli amici che mi avrebbero certamente trascinato in una piccola baldoria e mi avrebbero spinto, costretto in un certo senso, alla ‘iniziazione’, e chissà chi sarebbe stata la mia prima donna!
Ero lieto per papà, e, non lo nego, anche per il ricongiungimento con mia sorella e mio fratello, sotto lo stesso tetto, con una donna affettuosa e gentile, che si sarebbe occupata dell’andamento della casa, di noi. Da quello che avevo potuto vedere era veramente in gamba in tale campo, del resto, come prima di sei figli aveva ben avuto come affiancare la madre e le domestiche nelle vicende quotidiane.
Però, quei diciotto anni senza la mamma, senza gli amici, senza la prospettiva della ‘prima volta’!
Angela mi aveva regalato un bellissimo orologio d’oro; papà un generoso assegno, Vittorio e Carla tante piccole cose, e perfino Rosetta mi aveva portato dei dolci fatti da lei, di una forma strana, ma ottimi. Erano bianchi, semitondi, con una ciliegina sopra, e dolcissimi, squisiti.
‘Come si chiamano, Rosetta, sono buonissimi.’
‘Si chiamano ‘menne di pacchiana’!’
‘Come? Che significa”
‘Menne, signurì, menne’ zizze.. zizze di contadina, belle, bianche, e dolcissime.’
Mi guardò con una certa aria, ma arrossì.’

La cerimonia fu sobria, abbastanza breve.
I non molti invitati furono ricevuti nel salone della villa. Era stato bandito un ottimo buffet e i camerieri, venuti dalla cittadina poco lontana, erano compìti e premurosi. Carla e Vittorio ronzavano sempre intorno agli sposi, che dopo poco si allontanarono per ripresentarsi in tenuta da viaggio. Le valige erano state già poste nell’auto. Non sarebbero andati lontano, a Sorrento, circa 140 chilometri. Salutarono tutti. Angela fu particolarmente affettuosa con noi, Carla, Vittorio ed io. Ci abbracciò stretti. Era elegante, sempre col volto sereno, e appariva anche bella, come se avesse tolto dieci anni dalla sua età.
Finalmente, anche l’ultimo invitato andò via. Rimasero i genitori di Angela, e una sorella di lei che abitava in quella villa. Ci dissero che si sentivano stanchi e necessitavano di riposare. A noi avrebbe pensato Rosetta che quella sera si sarebbe trattenuta fin quando necessario.
Anche Vittorio e Carla erano stanchi e non avevano certo voglia di cenare dopo la rimpinzata di dolci che avevano fatto. Io avevo assaggiato qualcosa, tutto veramente ottimo, e non avevo nessuna voglia di cenare. Lo dicemmo a Rosetta.
Vittorio e Carla andarono nelle loro camere, si prepararono per la notte, Rosetta si recò ad accertarsi che tutto fosse in ordine. Erano quasi le dieci di sera, la casa era silenziosissima.
Ero andato nella mia camera, m’ero rinfrescato, messo in pigiama e stavo leggendo, in poltrona, una rivista. Sentii picchiare discretamente alla porta. Entrò Rosetta. Mi aveva preparato una spremuta d’arancia. Indossava un abitino elegante, che aveva messo per l’occasione, semplice, ma abbastanza aderente per far risaltare il suo corpo che, guardandolo, appariva proprio attraente. Petto e fianchi floridi ma non eccessivi, vita stretta, gambe snelle e ben modellate. Sorrideva.
‘Grazie, Rosetta’ ma sei ancora qui’ non vai a casa?’
‘E no, &egrave tardi’ l’ultimo autobus &egrave passato da parecchio e io a quest’ora in bicicletta non ci vado’ specie vestita così”
‘Fatti vedere’ sei molto elegante’ veramente bella”
Mi guardò di nuovo e sorrise.
‘Dite, signurì?’
‘Non &egrave che ‘dico’ &egrave che ‘vedo’. Perché non ti siedi un momento e non mi fai un po’ di compagnia?’
Alzò le spalle e si mise a sedere sullo sgabello imbottito, di fronte a me. Il vestito si alzò abbastanza per mostrare le sue belle gambe e anche parte della coscia. Dalla scollatura, quasi del tutto abbottonata. S’intravedeva il candore della pelle e’ l’inizio del seno.
Pensai che quella sarebbe dovuta essere la sera della mia introduzione ai piaceri del sesso, quello vero, naturale’ che papà e Angela avrebbero trascorso la loro ‘prima notte’, e mi immaginavo Angela mentre’. Feci un profondo respiro.
Rosetta seguitava a fissarmi.
‘Certo, signurì, che per voi il compleanno &egrave magro’ forse pensate che questa notte c’&egrave chi si addicrea (diverte) ne lu letto, e voi che dovevate’. Come vi capisco”
Muoveva la testa a dimostrarmi la sua comprensione.
‘Anche tu però, stai a secco. Vero Rosetta?’
‘Eh, e come se sto a secco, e non da poco”
E questa volta fu lei a sospirare profondamente.
Questo discorso m’aveva eccitato da morire.
Fu quasi naturale stendere la mano verso lei. L’afferrò. L’attirai a me. Come se fosse in attesa di ciò, si alzò e venne a sedere sulle mie ginocchia.
Sì, ci mancava solo questo. A sentire le sue tonde e sode natiche sulle mie gambe, sul mio sesso che premeva e smaniava nei pantaloni del pigiama, mi sembrava impazzire, un vero supplizio.
Rosetta mosse un po’ il suo culetto magnifico e sentì perfettamente la mia eccitazione. Strinse le gambe, irrigidì le natiche e si morse il labbro superiore.
Io, ormai, ero’ partito’ Le afferrai una tetta e avvicinai le labbra alla sua bocca’ la dischiuse subito, venne incontro alla mia lingua, mi abbracciò stretto, e strusciava continuamente il suo sederino sul mio ‘coso’. Oddio, se andava avanti un po’ così le mie seminali sarebbero scoppiate.
La mano s’era introdotta nella scollatura, nel reggiseno, avevano afferrata la tetta, titillato il capezzolo che s’era inturgidito’.
Allontanò un po’ il volto dal mio’
‘Signurì’ stengo morendo’.’
La mano corse subito sotto la gonna’ sentì le cosce, lisce e calde’ cercò di salire’
Rosetta sbarrò gli occhi, con le narici dilatate’
‘Signurì’ sto crepando’ non ne posso più’ e nun te voglio lassà a secco’ Jamme!’
Si alzò, mi prese per mano e mi condusse verso il letto. Lo scoprì.
‘So’ tutta nù fuoco’ signurì’ nù fuoco’. Siente”
Prese la mia mano e se la portò tra le gambe. Nelle mutandine. Veramente un fuoco’ un fuoco’ bagnato’
In meno che si dice si spogliò completamente, mettendo la roba sulla sedia’
Ero impietrito, incantato’ non avevo mai visto una donna completamente nuda di fronte a me’ un seno bello, ventre piatto, e un bosco riccioluto che ornava il pube e dove le cosce s’univano. Peli nerissimi, lucidi, in lunghissimi ricci. Mi guardò.
‘E tu, signurì, stai ancora così’ che’ nun te piacio?’
‘No’ no’ sei bellissima’ non posso credere ai miei occhi”
Intanto, s’era avvicinata e aveva sbottonato la mia giacca, e me la stava togliendo. Lasciavo fare, come un automa. Poi passò ai pantaloni, li fece cadere a terra. Rimase un momento a fissare il mio sesso freneticamente e ansiosamente eretto’
‘Quanta grazia di dio’ Gesù’ e io che sto impazzendo’ Vie’ signurì’ vie”’
Si chinò per togliermi le pantofole, i pantaloni restarono sul pavimento.
Andammo sul letto.
‘Adesso’ tesoro bello’ Rosetta te fa’ vede’ cosa te fa” ‘
Si sdraiò, alzò le ginocchia, si posò sui talloni, aprì le gambe. Uno spettacolo incantevole, specie per chi, come me, era la prima volta che poteva goderne.
‘Vie’ tra la gambe mie’ sulle ginocchia”
Io ci andai ma’ mi chinai subito a baciarle una tetta, leccarle un capezzolo’ ciucciarlo’ il mio sesso strusciava si lei, sentiva la cresposità dei sui riccioli pubici’ Rabbrividì,
‘E’ bello’ sì’ &egrave bello’ ma nun ce la faccio più’ aspetta’ arzate un po”’
Prese il mio glande e lo portò al calore umido dell’entrata della sua vagina’
‘Spigni’ ma piano’ per favore’ &egrave tutta nu fuoco”
Spinsi e, malgrado la sua abbondante lubrificazione, sentii che era più stretta di quanto immaginassi’. Mi avevano detto che &egrave facilissimo penetrare una femmina’..
‘Spigni’ spigni’.’
Mi venne incontro col bacino. Spinsi, ma temevo farle male’ entrai per qualche centimetro’ una sensazione strabiliante’ mi accoglieva stringendomi’ Spinsi ancora’. Ancora’ il glande aveva toccato qualcosa, non procedeva oltre, mi sentivo mungere’ meravigliosamente’
‘Gesù’ quanto sì lungo, signurì’ e quanto sì bono’.’
Cominciai a stantuffare, da prima lentamente, con lei che gemeva e corrispondeva sempre più sincronicamente ai miei movimenti’ Sobbalzava sempre più appassionatamente’ il suo gemito era divenuto lungo e roco, aveva gli occhi chiusi, le labbra semiaperte’
‘Nun te ferma” nun te ferma”!’
S’irrigidì per qualche secondo, poi sussultò eccitata e sentii il mio sesso avvolto in un voluttuoso calore e le pareti del suo setto stringermi’ La sua voce era bassa’ appena udibile’
‘Gesù, e chi la conosceva ‘na cosa del genere’ e questo, signurì, &egrave perché &egrave la prima volta che lu fai? Madonna mia che sciammerica’ e tu si’ ancora cricco chiù di prima”
Io seguitavo a pompare e stavo per’. Infatti, ancora qualche colpo, un istante’ un ultimo colpo e le seminali versarono in lei come un torrente di lava che andò dappertutto’. Vibrò di nuovo’ Mi strinse, forte.
‘Signurì’ ma tu me stai imprenando’ che basta per cento figli’. Oddio che bello’.’
Dopo tale piacere, subentrò un senso di abbandono. Sì, ma i miei quasi ottanta chili gravavano su lei. Sentivo il tondo calore del suo seno, il ventre. I nostri pubi erano stretti uno sull’altro, il mio sesso, non del tutto domo, era in lei, in quel caldo meraviglioso e’ scivoloso’
Alzai un po la testa.
‘Scusa, Rosetta’ mi alzo’ peso’ vero?’
Sentii la stretta del suo sesso.
‘Nu peso che me fa’ muri’ de piacere’.’
Mi carezzava la schiena, lentamente. Dovetti fare forza su me stesso per decidermi a sgusciare da lei, a mettermi sul dorso’
‘Scusa nu’ mumento, signurì”
Prese qualcosa per terra se la mise tra le gambe e così, nuda, con le belle tette sobbalzanti, andò nel bagno. Sentii rumori strani. Anche io avevo bisogno di’ asciugarmi’ la prima cosa che trovai con la mano furono i pantaloni del pigiama, li presi, ci avvolsi il fallo, ancora semirigido, mi voltai sul fianco.
Dopo poco, allegra e saltellante, tornò Rosetta. Si sdraiò sul letto, mi volse le spalle.
‘Famme sta cusì, per favore’ signurì”
Si raggomitolò sulle mie gambe. Tolsi l’ingombro del pantaloni, accolsi la sua splendida rotondità sulle mie ginocchia. Il mio ‘coso’ si imbaldanzì di nuovo, rapidamente, lei lo sentì benissimo, allungò la mano, lo afferrò e lo portò tra le sue calde natiche. Mi sembrava sognare. Una mano le artigliava una tetta, le pizzicava il capezzolo’ l’altra s’era posizionata nella ‘foresta nera’ le dita erano entrate nella valle della voluttà e stavano vellicando quel piccolo chicchetto che sembrava impazzito’ Non ci volle molto’ Rosetta spinse il bacino verso me e nel contempo con destrezza voluttuosa afferrò il glande e lo portò al caldo umido dell’ingresso della grotta del godimento’ fu più agevole, data la viscidità dei suoi umori, entrare in lei’ cominciò a muoversi con lascivia, mungendomi deliziosamente’ poi si agitò’ sempre di più’ spinse i lombi, fu percorsa da un fremito crescente’ travolgente e quel suo sconvolgente orgasmo la pervase e la lasciò quasi senza forze’ per poco, però, perché la mia nuova e non meno copiosa scarica seminale la invase’ dappertutto’
Si placò lentamente’ il suo respiro divenne profondo’ cadenzato’ s’era addormentata col mio sesso nel suo’ Non avrei mai immaginato che potesse accadere’.
Non era ancora giorno, quando sentii che qualcosa stava accadendo, nel mio letto. Non mi ero neanche accorto che mi trovavo supino’ e tanto meno che il mio sesso svettava imperioso’ Rosetta, con grande agilità e cautela, era in ginocchio’ una gamba a destra e l’altra a sinistra del mio corpo’ il seno rigoglioso spiccava fiero e stimolante’ i capelli erano sulle spalle’ il folto triangolo nero arricchiva il suo pube’
Così, con le gambe necessariamente aperte, s’intravedeva il rosa del suo sesso’ feci finta di dormire ancora’ con infinita delicatezza Rosetta prese il glande tra due dita, lentamente abbassò la pelle’ piegò un po’ le gambe’ il glande era lì, come un palo di carne fremente, si abbassò ancora e lentamente, molto lentamente, si impalò fin quando le fu possibile’ alzai le mani’ afferrai le tette’ cominciò una inebriante cavalcata che dal passò divenne trotto e poi galoppo’ galoppo sfrenato’ fin quando si abbatté su me spingendo il suo pube contro il mio ripercorrendo la strada conturbante del suo irrefrenabile e sbrigliato orgasmo che mi mungeva sempre più’ fino all’ultima goccia del seme che andavo spargendo il lei’ Alzò la testa, mi guardò con occhi ardenti..
‘Mo’ pozzo pure murì, sugnusì’ ma moro prena’ sazia’ imbottita”
‘E quando mi chiamerai Piero?’
Dette ancora vigorosi colpi di reni.
‘Va buo” Piero’ te chiamo come tu vuo”.’
E via a seguitare quel suo delizioso mungere’
Si avvicinava l’ora in cui anche gli altri si sarebbero svegliati.
‘Signurì’ Piero’ Pierino’ devo cambiare il letto se non sono cavoli amari’ dobbiamo alzarci’.’
^^^
Nel pomeriggio, quando mi portò una tazza di t&egrave caldo, mi disse che lei avrebbe parlato con la signora Netta, la madre di Angela, dicendole che per accudire meglio noi, specie Carla, poteva fermarsi anche a dormire, tanto di camere ce ne erano, sopra’
‘Ma tu, Rosetta, potresti venire a Roma, a casa nostra, finché gli sposi non tornano? Puoi lasciare a tua madre i tuoi figli per una decina di giorni?’
Mi guardò incantata.
‘E come’ non posso? Ma come si fa a dirlo a Don Ernesto, il padre della signora Angela?’
‘Vedo di parlargliene io.’
Quello che si era fatto chiamare ‘nonno Ernesto’ era un uomo all’antica, alquanto burbero, e pur trattandoci premurosamente non riusciva a nascondere del tutto un certo disagio per l’invasione della sua villa da parte nostra: io, Vittorio, Carla.
Era nel suo studio, chiesi permesso, entrai.
Gli dissi che m’era venuta un’idea. Sarebbe stato bello far trovare agli sposi, al loro ritorno, la casa di Roma in perfetto ordine e’ con noi dentro. La nostra domestica, Luisa, era a casa sua, in Cadore, ma se Rosetta avesse potuto accompagnarci’ tutto si sarebbe risolto per il meglio’
Don Ernesto ascoltò attentamente ed ebbi la sensazione che la cosa non gli dispiacesse’ mi rispose che, se proprio io, Vittorio e Carla, insistevamo, si sarebbe potuto vedere, che l’idea era ottima, che Rosetta avrebbe certamente accettato anche perché lui sarebbe stato generoso, che poteva farci accompagnare a Roma dalla sua auto, con l’autista. Ne avrebbe anche accennato a sua moglie e, a cena, mi avrebbe fatto sapere la decisione. In fondo, osservò, si trattava di 170 chilometri, Antonio, l’autista poteva benissimo rientrare lo stesso giorno.
Poco prima di riunirci per la cena, Rosetta trovò il modo per incrociarmi e sussurrarmi che ‘era fatta’.
Don Ernesto, dopo cena, disse che con loro sommo rammarico avrebbero consentito che Rosetta e noi andassimo a Roma per ‘preparare la casa’ agli sposi. Potevamo partire l’indomani, dopo colazione, e lui avrebbe pensato a tutto, anche a dare a Rosetta una certa somma per le spese di quei giorni. Gli dissi che anche io avevo del denaro, e a sufficienza, ma lui restò fermo nel suo proposito.
E fu così, che fatti i bagagli, caricatili nell’auto, l’indomani, verso le nove del mattino, dopo saluti e abbracci, lasciammo Villa delle Querce.
Vittorio chiese di sedere avanti, accanto all’autista. Dietro eravamo io, Rosetta nel centro, e Carla dall’altra parte.
Ogni tanto Rosetta ed io ci scambiavamo occhiate e, di straforo, anche delle piacevoli’ lisciate. Più la guardavo e più mi accorgevo di quanto era bella ed eccitante quella donna che, del resto, aveva solo qualche anno più di me.
Incredibile. Rosetta non era mai stata a Roma. Rimase incantata nell’entrarvi e quando giungemmo nella nostra villetta, su un poggio dal quale si domina l’EUR, disse che non poteva credere ai propri occhi, mi strinse la mano e mi ringraziò per averla fatta venire a Roma.
E fu prodiga, generosa, di ringraziamenti, a modo suo, nei giorni, e soprattutto nelle notti, che trascorremmo in attesa del rientro degli sposi.
Luisa sarebbe arrivata al mattino, gli sposi nel pomeriggio, ma quando Luisa arrivò trovò tutto in perfetto ordine e si complimentò con Rosetta.
Rosetta sarebbe partita il giorno dopo al rientro della coppia. Con l’autobus di linea, fino al bivio per la Villa delle Querce.
La notte prima della venuta di Luisa fu più appassionata e possessiva del solito. Malgrado la mia età e l’eterno arrapamento, mi svuotò del tutto. Freneticamente. Era come se me lo volesse strappare, conservarlo in sé.
Al mattino, quando rimise tutto in ordine, mi disse di essere sicura, sicurissima, di essere ‘prena’, incinta, e quando la guardai anche un po’ preoccupato, mi dette uno di quei suoi baci a succhio, e mi rassicurò, la ‘mammana’ ci avrebbe pensato lei’ una pillola e’ via tutto’ peccato, aggiunse, perché sarebbe stato bello avere un figlio da me’ e concluse’ chissà’ vedremo’ Già pregustava che Angela e tutti noi avremmo trascorso le feste natalizie a Villa delle Querce.
Comunque ci voleva tempo
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La nostra vita familiare iniziò e proseguì in modo gradevole. In casa c’era un clima caldo e sereno. Ognuno intento ai propri compiti. Papà spesso fuori sede, Carla e Vittorio ogni mattina a scuola, accompagnati da Luisa. Io all’università o in casa, a studiare.
Angela trascorreva quasi tutta la giornata in casa, sovrintendendo un po’ a tutto. Che le camere fossero ordinate e pulite, che i pasti fossero preparati, che gli acquisti fossero compiuti, e riscuoteva simpatia e cordialità sia da Luisa che da Concetta, che prevalentemente si occupava della cucina.
Si preoccupava che mi fosse preparata la colazione, si interessava per una specie di merenda, il pomeriggio, a base di t&egrave e biscotti, e accoglieva col sorriso qualche amico che mi veniva a trovare. Mai una domanda indiscreta, mai una osservazione, anche quando non lasciavo in ordine la mia camera, i miei effetti, i libri.
Spesso mi trovavo a pensare le cose andavano perfino ‘troppo bene’.
Usciva solo per il parrucchiere e di rado per qualche acquisto.
Sembrava che tra papà e lei le cose filassero alla perfezione’ io risentivo molto la mancanza di Rosetta e delle sue’attenzioni’
Oddio, Luisa non era niente male. Concetta no, era troppo grassottella e non troppo aggraziata. Quella che però, sopra tutte esaltava la mia fantasia’ era Angela, sempre curata, sorridente, garbata, con molti gesti di tenerezza, di quando in quando una lieve carezza, e mi piaceva quando mi abbracciava, stretto, e sentivo la saldezza del suo seno sul mio petto. Le ricambiavo l’abbraccio, e nel contempo mi chiedevo se vi fosse una sensibile differenze tra le tette di Rosetta e quelle di Angela. Sapevo che avrei dovuto scacciare il pensiero, ma avevo la curiosità di conoscere un po’ meglio Angela, mi sarebbe piaciuto vederla in mutandine e reggiseno’ e magari senza’ Cosa faceva, lei, si depilava? Certo che era un gran bel pezzo di donna, malgrado la sua età. Per me non era giovanissima, era più ‘vecchia’ della mia mamma! Però, com’era bella mamma.
Chissà se a letto papà si trovava meglio con Angela ‘2’, cio&egrave meglio che con la sua prima moglie, Angela ‘1’, mia madre!
Proprio così, pensare alla mia matrigna, perché tale era a norma di legge, mi arrapava sempre di più.
Chi trasse beneficio da questa mia crescente eccitazione, fu Rosetta, a cominciare dalla sera del 23 dicembre, quando giungemmo a Villa delle Querce e mi giurò che mi aveva atteso, in tutta castità, e che aveva visto giusto: era stato necessario ricorrere alle attenzioni della ‘mammana’, ma tutto era andato bene.
Mi sembrò più bella che mai, e l’intesa sessuale che avevamo raggiunto fu splendida.
Facciamola breve. Il sette gennaio ripartimmo, anche perché papà doveva andare in Estremo Oriente per un convegno.
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Avrei dovuto studiare.
Ero dall’altra parte della casa, nello studio di papà.
Avevo aperto il libro, scorrevo le righe con gli occhi, ma non leggevo. Un silenzio profondo. Sicuramente Angela dormiva. Era andata a letto da più di un’ora.
Un pensiero tormentoso e nel contempo ignobile, di cui avrei dovuto vergognarmi: fantasticavo Angela, sola, nel suo grande letto, in camicia da notte. E rabbrividivo. Angela, ripeto, più o meno dell’età di mia madre’ o’ era proprio per quello? Se ci fosse stata mia madre, in quel letto, sarei stato assalito dalla stessa fantasticheria licenziosa e illecita? Avrei concupito anche lei? Feci un lunghissimo respiro. Meglio chiudere i libro, andare a letto e cercare di dormire. Spensi tutto e, in punta di piedi mi avviai verso la mia camera.
Il corridoio era quasi completamente buio. Dalla porta di Angela filtrava una lama di luce ed anche dal battente non completamente chiuso. Mi fermai, curioso. Sentii scrosciare l’acqua della doccia. Dunque, Angela era sveglia’. Si’ era sveglia, e di lì a poco, uscendo dal suo bagno, comparve in accappatoio, tolse la cuffia, scosse la testa e fece spargere i lunghi capelli sulle spalle. Ero ammaliato. Mi spostai affinché guardando verso lo spiraglio non mi potesse vedere. Stavo quasi per crollare’
Angela aveva fatto cadere l’accappatoio al suolo e stava lentamente asciugandosi col telo che aveva in mano’ No, questo era troppo. Angela nuda! Di fronte allo specchio’ Seno ben sostenuto, fianchi tondi, gambe diritte, ben sagomate e’. oddio’ ma quel triangolo scuro era il suo pube’. Non ne potevo più, dovetti immediatamente correre nel mio bagno’
La sera successiva decisi di non lasciarmi vincere dalla tentazione, invece di mettermi a studiare andai a letto’ sì’ ma ad un certo momento, il silenzio complice e la mia eccitazione mi spinsero ad alzarmi, in pigiama e a piedi nudi e a’ spiare’ nel corridoio. La solita luce dalla camera di Angela, sotto la porta e dallo spiraglio.
Mi avvicinai con la massima accortezza’ Era di nuovo nuda. Aveva finito di asciugarsi, si guardava nello specchio’ soppesava ed esaminava le mammelle e, dall’espressione del volto, sembrava soddisfatta’ passò le mani sui glutei, sul ventre’ Stavo esplodendo’ era troppo’ non resistevo’
Ma, mi chiedevo, anche mamma mi sarebbe apparsa così? No, meditavo, sarebbe stata molto più bella’ d’accordo, ma Angela era un capolavoro’ anche se aveva tanti anni più di me’
Indossò una vestaglia, la allacciò in cinta e sedette alla toilette. Prese la spazzola e cominciò, lentamente, molto lentamente a spazzolarsi i lunghi capelli seguendo con lo sguardo, nello specchio, l’operazione. Volto bello, disteso, tranquillo, con una serenità che, però, mi sembrava appena velata da malinconia. Una visione irresistibile’
Non so in base a quale impulso e certamente in preda a una spinta dissennata e farneticante, senza far alcun rumore, entrai, mi misi alle sue spalle. Era seduta sullo sgabello imbottito, alla toletta’. Vide la mia immagine nello specchio, spalancò gli occhi, sorpresa, stupita’ aggrottò appena la fronte con aria interrogativa’
‘Piero !?’
Guardandola nello specchio cercai di assumere un’aria meno cretina, tentai un sorriso, annuii…
‘Non hai sonno? Ti sento bene?’
Seguitai a guardarla con un’espressione veramente da ebete. Cercò di voltarsi verso me. Le posi le mani sulle spalle, con fermezza. E con decisione le feci scivolare nella vestaglia, lentamente, sul seno’ era splendidamente tondo e sodo’ più giù’ carezzai i capezzoli’
Angela deglutì a fatica, pose le sue mani sulle mie, al di sopra della stoffa’
‘Piero’ ti prego’ potrei essere tua madre!’
Respirai profondamente, strinsi le tette, forte.
‘Appunto!’
Lo sguardo di Angela era perplesso.
‘Ma’ Piero’ ti rendi conto di quello che fai’ che dici?’
Ancora una stretta’ e mi sembrò percepire i capezzoli più duri e rigonfi di prima.
‘Perfettamente!’
Mi strinsi a lei, le sue spalle sul mio pube, col mio sesso, malamente compresso nei pantaloni, tra me e lei, certamente evidente. Angela si irrigidì, il suo volto assunse tratti duri, freddi’
‘Tratteresti così anche tua madre? Non &egrave che vuoi punirmi’ mortificarmi’ oltraggiarmi’ perché ho usurpato il posto di tua madre?’
La vedevo nello specchio, gli occhi pieni di lacrime, le labbra tremanti.
‘La baciai sul collo, lungamente, carezzandole il seno.
‘Non hai capito niente, Angela’ sei tu mia madre’ ora’ &egrave lei che ti ha mandato a me”
Ora il suo sguardo era spaventato. Le sue mani allentarono la presa delle mie’
‘Devi essere completamente pazzo’ fuori di senno, esaltato”
Ancora un bacio, dall’altra parte del collo, sulla nuca, sotto i capelli, mentre le mani erano scesi sul suo ventre liscio.
‘Hai ragione, Angela, sono esaltato’ eccitato’ ebbro’ di te, di quello che sei per me’ ora sei tu la mia mamma’ la donna che ho sempre ammirato, adorato, venerato’ amato appassionatamente’ desiderato’ lo capisci?’
Sentivo la mia voce, roca, insicura. Le mie mani erano scese ancora, sentivano i riccioli del suo pube, li carezzavano delicatamente. Angela scuoteva lentamente la testa. Cercò la strada della ragionevolezza, della comprensione.
‘Fermati, Piero, su, bambino mio, fermati’. Parliamone’ sediamoci”
Aveva serrato le gambe. Le baciai il collo, di nuovo. Girò un po’ la testa e sollevò il capo, verso me. Mi chinai, poggiai le mie labbra roventi sulla sua bocca. Era morbida, calda, incantevole. Alzò una mano verso la mia testa, carezzò lievemente i capelli.
‘Su, piccino mio’ ascoltami’ proprio come ascolteresti la tua mamma’.’
Prese le mie mani, con dolcezza, e le allontanò da sé. Sempre tenendole nelle sue, si girò lentamente verso me. Ero in piedi, di fronte a lei seduta, ed era evidente la mia eccitazione sessuale. I lembi della vestaglia non erano del tutto accostati. Si vedeva chiaramente il seno magnifico, mi sembrava proprio quello che contemplavo in mamma e ne restavo affascinato. Come sarebbe stato bello poterlo ciucciare ora, come quando ero piccino, e lei, mamma, mi diceva che avevo un succhio vorace e prepotente. ‘La voce di Angela era tornata quasi normale, mi guardava con tenerezza.
‘Senti, Piero, molto spesso un ragazzo resta affascinato dalla sua mamma, anche al di là del normale amore filiale’ sono cose vecchie’ che si sono ripetute e si ripetono da sempre’ Ed &egrave comprensibile questa tua improvvisa esaltazione, una vera frenesia legata al suo ricordo e che tu, più o meno inconsciamente, hai trasferito su me’ ma pensaci’ ti pare bello quello che hai fatto? Come l’hai fatto? E io, non merito rispetto?’
Mi guardò intensamente negli occhi, Senza nessun atteggiamento di condanna.
Mi era difficile parlare, ero ammaliato da lei, stregato.
Riuscii a liberare una mano, la tesi verso il suo volto, le carezzai dolcemente la guancia. La prese, la baciò amorevolmente, mi sorrise.
‘No Angela, no’ io ti rispetto’ ti ammiro’ ti venero’ si ti amo’ e la sublimazione di questi sentimenti &egrave amarti nel senso più completo del termine’ volerti bene’ adorarti’ idolatrarti’ desiderarti’ bramarti’ muoio dal desiderio di baciare il tuo seno, di succhiarlo come l’ho e lo avrei ancora succhiato alla mia mamma’. Sento di impazzire”
Mi carezzò di nuovo.
‘Non &egrave che’ desideri una donna?’
‘No’ no’ non mi interessano le donne’ non mi attirano’ sei tu che mi affascini mi avvinci’ perché tu sei ‘lei” perché quello &egrave il suo seno’ Angela’ comprendimi”
‘Sei teneramente matto’ un commovente esaltato’ in preda a un attacco acuto di edipismo’ ‘
‘No’ Edipo non c’entra’ lui non sapeva che Giacasta fosse sua madre’ io non sono stato abbandonato’ io ho coscienza di chi sei tu’ Tu incarni colei che mi ha dato la vita’ &egrave come se fossi stato nel tuo grembo, fossi nato dal tuo grembo’ Ecco, io sono nato da lì’ da te”
Scosse lentamente la testa. Aveva qualcosa di nuovo nell’espressione del volto, una luce particolare, e mi guardava con la tipica dolcezza della madre che guarda la sua creatura nel momento che si accinge ad allattarlo. Mi tese le braccia.
‘Vieni qui, bambinone, vieni qui, una volta ed una soltanto’ inutile’ sei grande e grosso ‘ sei un omone e ancora hai bisogno della tetta della mamma’ vieni qui’ sciocchino”
Aprì la vestaglia e prese una tetta, proprio come fa la mamma porgendola al suo pupo. Non si era accorta, Angela, che era rimasta praticamente nuda, con le gambe scoperte e il pube completamente splendidamente in mostra.
Caddi in ginocchio, avvicinai la mia testa al suo seno, la guardai, incredulo’ carezzai quella meravigliosa tetta, sfiorai il capezzolo. Era lungo, scuro. La baciai’ lambii il capezzolo con la lingua, lo presi tra le mie labbra e cominciai a succhiare, avidamente, golosamente’. Angela mi guardava con un radioso sorriso nel volto’ la mia sinistra le carezzava l’altra mammella’ l’altra s’era appoggiata sul suo grembo, accolta dalla morbida sfericità dei suoi folti riccioli’
Succhiai tanto, a lungo’ Angela ogni tanto aveva piccoli sobbalzi’ si irrigidiva’ muoveva le gambe’. Respirava profondamente’
Fu naturale, quando mi staccai dal suo seno, baciarla ancora, baciarle lo stomaco’ l’ombelico’ più giù’ poggiare il mio volto su quel soffice cespuglio che sembrava agitarsi di vita propria’
Quando la baciai tra le gambe, la lingua saettò con la massima naturalezza, incontrò la cresposità dei riccioli’ sentì un lieve rilassamento della rigidità delle gambe, come se non potessero, non volessero, restare così serrate’. La lingua s’intrufolò’ era caldo e umido quel posto’ ecco’ se fosse stata la mia mamma io ero uscito da li, da quel tepore voluttuoso, dal quel sapore aspro e dolce nel contempo’ Le gambe di Angela s’erano ancor più divaricate’ la lingua spatolava, picchiettava, vellicava il clitoride, s’introduceva’ proprio lì’ e ne sentiva le contrazioni, una mano, intanto le tormentava i capezzoli, a turno’
La mano di Angela fu sulla mia testa, afferrò i capelli, con forza, la sua voce era roca, irriconoscibile’
‘No, Piero, questo no’.. ti prego’ ti prego’ sii buono’. Aaaaah’.’
Mi alzai lentamente, la presi sulle braccia, la deposi sul letto, col bacino sulla sponda’. Pochi gesti e la vestaglia cadde del tutto per terra’ ora lei era lì, di fronte a me, nella sua indescrivibile magnificenza, col sesso spalancato, il volto allibito, le labbra semiaperte, il dorso di una mano sugli occhi’
Ci misi un attimo a restare nudo, col fallo eretto come un obelisco.
Mi avvicinai a lei, le presi le gambe me le posi sulle spalle, avvicinai il glande all’ingresso del suo sesso. Era caldo, bagnato, provai a penetrarla, forse era solo un suo riflesso nervoso, ma sentii che era stretta, strettissima, pur essendo abbondantemente lubrificata’ il mio desiderio non poteva conoscere ostacoli, spinsi, delicatamente ma con forza, energicamente’ entrai, lentamente, accolto da contrazioni voluttuose, inebrianti’ guardai il mio fallo che proseguiva, inesorabile, la lenta introduzione’ guardai lei’ non riuscivo a comprendere l’espressione del suo volto, un misto di sbigottimento, rassegnazione, consenso, apprensione, timore, ansia, ma non era, certo, l’immagine di una sconfitta, di una oltraggiata’ Leggevo amore, dedizione, generosità’. Passione!
Ormai il mio durissimo fallo non poteva procedere oltre, mi fermai un istante, e la guardai di nuovo. Aggrottò le sopracciglia, si morse il labbro inferiore’ sentii il suo grembo contrarsi’ Iniziai, allora, un dentro-fuori, dapprima lento e poi sempre più accelerato’ Il grembo di Angela sussultava, i suoi occhi erano lucidi, le labbra dischiuse, c’era tanto desiderio di compiacermi nel suo volto, ma c’era anche qualcosa di più’ il suo fisico reagiva secondo le leggi della natura, incancellabili, stava godendo, fisicamente o anche’.? Non lo so, ma stava rispondendo ai miei movimenti’ partecipava’ o’ sì’ se partecipava’ ed io seguitavo ancor più eccitato da quel contraccambio insperato e sublime’ Ora si dimenava ‘ liberamente’ spontaneamente’ un lieve lungo gemito’ aaaaaah’ aveva abbandonato ogni controllo e, cosa mirabile, splendida, indescrivibile’ massima perfezione’ raggiungemmo l’orgasmo nello stesso momento, e sentii l’incontro meraviglioso delle nostre secrezioni che si fondevano, si spandevano in lei’ abbassò le gambe, le incrociò sul mio dorso, mi tirò su lei, giacqui su quel corpo meraviglioso su quel seno conturbante, in lei, nel suo grembo palpitante e mungente’ accolto da un lungo profondissimo sospiro’.
La guardai appena, era bellissima, in estasi e meravigliata’ le baciai gli occhi’
‘Grazie’. Mamma’.’
Mi carezzò i capelli.
‘Piero, bambino mio!’
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