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Racconti di DominazioneRacconti erotici sull'Incesto

Il mio fratellastro

By 22 Dicembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Premetto che non ho mai pensato a lui in questo modo. Il mio fratellastro ha 2 anni in più di me, che ne ho 22. Lui è figlio del primo matrimonio di mio padre. E’ un ragazzo alto, capelli castani e occhi scuri, ho sempre pensato fosse un bel ragazzo. Il nostro rapporto è sempre stato un pò conflittuale, come quello di tutti i fratelli suppongo, in particolar modo quando io ho cominciato l’età dello sviluppo. Io non sono molto alta, ho i capelli castano dorati ricci, occhi scuri, un sedere che definiscono molto bello e sporgente. Quella giornata la ricordo perfettamente come se fosse ieri, anche se sono passati alcuni anni. Era stata una normale giornata di scuola, casa, compiti, cena. Dopo cena i nostri genitori uscirono e io dissi a mio fratello che andavo a letto perchè ero stanca, lui mi rispose con il solito grugnito. Entrai in camera, mi misi il pigiama, socchiusi la porta e mi infilai nel letto. Volevo rilassarmi, cos’ cominciai ad accarezzarmi il seno da sopra il pigiama, per poi sentire il famigliare calore avvolgermi la fica. Mi spogliai del tutto e cominciai ad accarezzarmi selvaggiamente, le mie mani frugavano freneticamente il mio corpo. Spalancai le gambe e cominciai a toccarmi con forza, infilando prima una e poi due dita dentro di me, ansimando nel letto. Tutto ad un tratto sentii un rumore e la porta che si spalancava di scatto, mi voltai spaventata e vidi mio fratello in piedi di fronte a me che mi fissava con aria sconvolta. Cercai di dire qualcosa ma lui afferrò il lenzuolo e lo tirò via con uno strattone. Mi osservò nuda, con le mani ancora fra le gambe, e mi urlò che ero una troia. Io gli urlai di uscire dalla mia camera, che non aveva il diritto di essere lì o di chiamarmi in quel modo, ma i suoi occhi lampeggiarono di cattiveria. Mi prese per un braccio e mi costrinse ad alzarmi, urlando che le brave ragazze non fanno nulla del genere, e che lo sapeva che ero una puttana, e che ora l’avrei pagata. Chiuse la porta della mia stanza a chiave, io lo fissavo terrorizzata cercando di scappare, ma lui era più alto e forte di me. Mi girò e mi prese per i capelli, facendomi piegare. Arrivò forte, bruciante ed inaspettato, uno schiaffo sul mio culo, poi un altro e ancora un altro. Urla di lasciarmi andare, che mi faceva male, che volevo rivestirmi, ma lui era in prenda ad una febbre di eccitazione, mi diceva che le puttane vanno punite, che avrei imparato a non farlo più, che la sua sorellina non deve fare nulla del genere. Urlai che masturbarsi non era un peccato, che lo avrei fatto ogni volta che volevo, gli urlai che era un porco, che doveva lasciarmi andare. Lui non mi ascoltò, mi prese per i polsi e mi girò di fronte a lui, perchè potessi guardarlo negli occhi. Mi disse: se così stanno le cose, non avrò più motivo di fermarmi con te. Si abbassò il pantalone del pigiama mostrandomi il suo cazzo duro e gonfio, io lo guardai spaventata e lui mi prese per i capelli spingendomi per terra. Prese la mia testa e la spinse contro il suo membro, io urlai che era un maiale, urlai che mai gli avrei fatto un pompino. Quelle parole lo fecero eccitare ancora di più, mi chiese se ne avevo mai fatti, e vedendo la mia espressione capì. Mi tirò uno schiaffo fortissimo, e mi spinse il cazzo in bocca, con forza. Non riuscivo ad oppormi, lui mi spingeva avanti e indietro scopando la mia bocca con violenza, fino a che non si staccò e mi buttò sul letto. Caddi a gambe aperte sulle lenzuola bianche, lui venne verso di me mettendomi un dito nella fica. Mi urlò che ero bagnata, che mi ero eccitata, che tutto quello che lui aveva fatto mi aveva eccitata, da brava puttana quale ero. Gli tirai uno schiaffo, che lui non schivò, accusò il colpo urlando: questo ti farà male. Mi penetrò di scatto, all’improvviso, si fece strada dentro di me. Con foga e violenza mi pompava freneticamente. Lo respinsi, cercai di staccarmelo di dosso, ma non riuscivo a muovermi, le mie mani bloccate dalle sue. Lui ansimava e rantolava dentro di me, fino a che non sentii il piacere pervadermi, mi ero abbandonata alle sue pompate, avevo abbandonato la testa all’indietro. Quando l’orgasmo mi travolse, bruciandomi dentro, lui avvertì tutto. Una sua mano si abbassò fino ad incontrare il mio sedere, lo strinse con forza, urlandomi brutta troia nell’orecchio. Uscì fuori e i suoi schizzi raggiunsero il mio viso, chiusi gli occhi appena in tempo. Lui si pulì il cazzo sulle mie tette, ridendo, dicendomi che ero una puttana che aveva appena goduto con suo fratello. Lo fissai ammutolita, feci per alzarmi e picchiarlo ma lui fermò le mie mani. Mi disse che da quel giorno si sarebbe sfogato con me tutte le volte che lo voleva, e uscì dalla mia stanza per entrare nella sua. …continua

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Dopo quella sera, in cui il mio fratellastro mi aveva presa, ci fù un periodo di relativa calma. Mia madre era spesso a casa, anche se nostro padre era fuori per lavoro, ma comunque era difficile che ci trovassimo soli per parecchio tempo. Per lui era come se nulla fosse, continuava a trattarmi come aveva sempre fatto, con un certo distacco. Mia madre ci incoraggiava ad instaurare un qualche tipo di rapporto, e i suoi occhi risplendevano maligni mentre rideva, ogni volta che lei diceva qualcosa in proposito. Dal canto mio cercavo di evitarlo il più possibile, e cercavo di essere in casa il meno possibile, fino a quando nostro padre non mi telefonava urlando che dovevo rientrare. Ebbe la sua occasione per un fine settimana in cui nostro padre decise di portare mia madre fuori per alcuni giorni, sarebbero partiti il venerdì e tornati la domenica sera. Nostro padre disse a mio fratello di fare attenzione a me, e lui rispose ridendo che ero in grado di combinare disastri anche senza il suo aiuto. Così partirono, il venerdì sera andai a letto, ma non dormii. Fissavo il soffitto aspettando che lui tornasse, era fuori con degli amici. Chiusi la porta della mia camera a chiave, e da sola nel letto, esplorai ancora il mio corpo, volevo calmarmi, rilassarmi, stancarmi, per riuscire a riposare al sicuro dietro una porta chiusa a chiave. Ripensai alle sue mani dure sul mio corpo, al suo prendermi così violento, ed irrimediabilmente mi eccitai, pensando che ci fosse qualcosa di sbagliato nella mia testa. Le mie dita affondarono dentro di me, un dito affondò anche nel mio buchetto, freneticamente, ero in un lago, fino a che il piacere non esplose ed io stanca mi addormentai ancora mezza nuda. La mattina successiva mi preparai per andare a scuola e mio fratello non c’era, e non lo trovai neppure quando tornai a casa per pranzo. Ero in cucina quando la porta si aprì, e lui entro allegro chiedendo notizie del pranzo. Lo guardai e scoppiai a ridere, dicendogli che se proprio ci teneva poteva cucinarsi da solo. Era solo questo che aspettava, una mia risposta tagliente. In pochi secondi fu dietro di me, mi girò di spalle e mi spinse contro il frigorifero. Potevo sentire la sua erezione premermi contro il culo, forte e prepotente, mentre lui spingeva con il bacino, ed una mano mi tirava i capelli spingendo la testa sulla fredda superficie del frigorifero. Mi disse che aveva quasi dimenticato che razza di puttana io fossi. Posò la mano libera sulla mia coscia, cominciando a risalire verso l’alto. Era primavera ed indossavo una gonna a metà coscia, non troppo corta, e un perizoma. Mentre la sua mano saliva, ero in preda ad emozioni contrastanti, la rabbia per il fatto che mi stesse costringendo, l’eccitazione che le sue mani addosso mi provocavano, ed il tormento dovuto al fatto che lui era mio fratello, cosa che però non disturbava minimamente lui. La sua mani salì fino ad arrivare alla mia fica, la accarezzò dicendomi che ero già calda, che non c’era più gusto. Quando si rese conto della mia biancheria intima invece scattò spingendomi più forte contro il frigo, colpendomi con uno schiaffo. Sentii che si sbottonava i jeans, mentre mi sussurrava questa volta, che ero una bella troia che andava in giro con il culo da fuori, che lui ci aveva provato a tenersi lontano da me, ma che io proprio non desideravo altro. Urlai di lasciarmi stare, cercai di divincolarmi e per un momento ci riuscii, mi voltai e vidi i suoi occhi lampeggiare di lussuria e cattiveria, mentre di nuovo mi girò con forza facendomi sbattere la testa. Sollevò la gonna e spostò il perizoma, non lo tolse. Con le mani strizzò forte i miei glutei mentre io gridavo. Mi penetrò con forza, di nuovo, questa volta prendendo la mia patata alla pecorina, facendomi piegare tirandomi verso il basso con una mano sulla spalla. Spingeva con forza e io bruciavo di dolore, ero ancora chiusa, non ero bagnata, le pareti erano in fuoco. A mano a mano che la penetrazione procedeva il mio corpo tradì le mie intenzioni di rimanere passiva, e i miei umori cominciarono a colare. Un grugnito secco mi avvisò quasi dello schiaffo sul culo che stavo per ricevere, urlai: porco devi per forza farmi male? In tutta risposta lui mi urlò: troia devi per forza godere? Quelle parole, unite al ritmo di pompata frenetica, aumentarono la mia eccitazione, incurvai la schiena verso di lui offrendo il mio bacino ed abbandonandomi all’orgasmo che inesorabilmente mi stava pervadendo. Lui grugnì più forte, e mentre mi dava della zoccola e della cagna uscì e spruzzò i miei glutei, la mia gonna, spingendomi poi via, lontana da lui. Mi girai fissandolo, cattiva io questa volta, vedendo il suo sguardo un pò perso. Gli chiesi cosa non era stato di suo gradimento, e lui mi fissò parlando in tono duro e quasi sottovoce. Disse che era colpa mia, io lo provocavo camminandogli accanto, guardandolo, anche solo respirando vicino a lui. Mi spinse da parte e andò sotto la doccia, mentre io rimasi in cucina, ancora sporca del suo sperma, e con il sesso fradicio di umori. …continua

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Il fine settimana non era ancora finito, ma dopo quello che era successo in cucina mio fratello rimase nella sua stanza tutto il pomeriggio. Alcune ore più tardi mi stavo truccando davanti allo specchio nella mia stanza. Avevo addosso un paio di jeans aderenti, scarpe con il tacco, un maglioncino rosa. Avevo la bocca aperta nella tipica espressione che hanno le donne quando si applicano il mascara. Non so da quanto tempo mio fratello mi stesse osservando, mi accorsi di lui solo perchè spostò la porta della mia stanza con un piede e disse – dove pensi di andare puttana?- Avanzai e mi fermai a pochi centimetri da lui, guardandolo negli occhi gli dissi che andavo dove mi pareva, senza il suo consenso. Mi fece passare dicendomi che lo sguardo da zoccola gli faceva schifo, ed io uscii di casa un pò sorpresa per il fatto che lui non avesse avuto nessuna reazione. Tornai alcune ore dopo, la casa era avvolta nell’oscurità e pensai che mio fratello stesse già dormendo. Entrai nella mia stanza togliendo il maglione, e lo sentii arrivare proprio dietro di me -Dove sei stata zoccola?- Puzzava di alchool, lo spinsi via dicendo che puzzava da far schifo, e che se aveva bevuto poteva andarsene a letto. Ancora una volta lo schiaffo forte ed in pieno viso che mi tirò mi colse alla sprovvista, mentre mi prendeva per i polsi e mi spingeva sul letto. Mi bloccava le mani mentre mi saliva addosso, annusava il mio collo, i miei capelli, mentre la puzza di alchool lo avvolgeva e adesso avvolgeva anche me. Gridai di togliersi di dosso, ma mi tappò la bocca, mentre con l’altra mano mi toglieva il reggiseno e fugava le mie tette. Con le sue gambe apriva le mie, spingeva il bacino contro il mio e sentii la sua erezione. Cercavo di divincolarmi sotto di lui, di respingerlo, dicendogli che mi faceva schifo, ma lui sussurrava contro il mio orecchio – Dove sei stata puttana?Ti sei divertita a fare la zoccola in giro? Ti piace toccarti nel letto quando sei sola?Ora assaggerai qualcosa di molto buono- Mentre si slacciava i pantaloni riuscii a spingerlo via e mi alzai ma lui fu più veloce, mi prese per i capelli spingendomi e facendomi cadere per terra. Mi spinse il suo cazzo completamente dritto e gonfio in gola, pompava a ritmo frenetico, mentre io a tratti soffocavo, e la mia bocca era piena e violata. Si stancò del gioco, mi tirò su e mi disse di spogliarmi. Lo guardai vogliosa di ferirlo, urlandogli che aveva già fatto abbastanza il porco con la sua sorellina, ma lui aveva altri piani in mente. Mi tirò a sè, e spinse la mia testa indietro prendendomi per i capelli, dicendomi -Ti spogli da sola o devo farti del male io?- Mi spogliai, e quando ebbi finito si prese un lungo momento per osservarmi tutta, dissi -maiale!- E arrivò un secondo schiaffo, mentre mi voltava di scatto. -Adesso si che ti farò male- Capii le sue intenzioni quando sentii la cappella che spingeva contro il mio buchetto, urlai. Lo pregai di non farlo, dissi che da lì non lo avevo mai preso, ma lui non mi credeva, e rideva. Arrivai a piangere, pregandolo di smettere, e lui si convinse. Mi voltò e mise le mie gambe sulle sue spalle, mentre mi penetrava con forza,  cercavo di respingerlo. Bruciavo ma allo stesso tempo la penetrazione forte mi eccitava, mi eccitava averlo su di me con violenza, le sue mani che strizzavano forte i miei seni e lui che mi scopava dicendomi che ero solo una puttana che non voleva lasciarlo in pace. L’orgasmo arrivò puntuale, e la mia fica si allagò di umori. Lui uscì da me di scatto e senza capire cosa stesse succedendo mi trovai il suo cazzo spinto in bocca in profondità, mentre caldi fiotti di sperma inondavano la mia gola. Cercai di trattenerlo in bocca, ma lui spingeva e non smise fino a che non ingoiai tutto. Uscì il cazzo dalle mie labbra e mi disse di pulirlo con la lingua, di leccare tutto da brava cagna, accompagnando il tutto con un sorriso beffardo. Quando finii si alzò, dandomi un colpetto sul culo disse che per questa volta mi era andata bene, ma che la prossima volta che si fosse arrabbiato non sarebbe stato così buono, ed uscì dalla stanza. Mentre io rimasi ancora lì, sul mio letto, sporca e sudata, pensando alla rabbia che tutto questo mi provocava, ma anche all’eccitazione che ogni volta prendeva il sopravvento quando lui si spingeva dentro di me.

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Ero carica di voglia di vendicarmi per quello che era successo, per quello che mio fratello ancora una volta mi aveva fatto. Così quel pomeriggio presi al volo l’occasione ed invitai Luca, mio compagno di scuola che aveva una cotta per me, a studiare a casa. Nostro padre e mia madre lavorano fino a tardi, quindi in casa ci saremmo stati solo io e Luca, e mio fratello. Quando lui tornò a casa, trovò me e Luca a ridere in cucina, con i libri ancora chiusi posati davanti a noi. Dal suo sguardo cupo capii che la cosa lo innervosiva, e sorrisi. Mentre mio fratello ci passava accanto per andare in camera sua posai una mano sulla coscia di Luca, e gli sorrisi. Luca diventò rosso in viso, mentre mio fratello entrò in camera sua sbattendo la porta. Il pomeriggio andò avanti così, tra battute e risate con Luca, ed io non perdevo occasione per toccarlo o accarezzarlo, specialmente se mi rendevo conto che mio fratello ci stava osservando. Divertita lo accompagnai alla porta salutandolo, e mi avviai in camera per andare a fare una doccia, e fu lì che trovai mio fratello in piedi contro la porta. -Passato un bel pomeriggio? Hai studiato molto, sarai stanca…- Gli dissi di andare a brontolare da un’altra parte, perchè ero di buon umore e non volevo che lui me lo guastasse. Mi spinse contro il muro, prendendomi il viso tra le mani e costringendomi a fissarlo -Ti sei divertita a toccarlo? a guardarmi di nascosto ogni volta posavi le mani su quel cretino? volevi farmi arrabbiare?- Lo guardai e risposi nel suo stesso tono -Non volevo farti ingelosire, volevo solo farmi Luca- Sapevo che stavo esagerando, che lo avrei fatto incazzare, ma non riuscivo a fermarmi -Sai, volevo speravo mi avrebbe chiesto di uscire dopo- Mi schiaffeggiò, ma questa stava diventando un’abitudine, risi e continuai a guardarlo con aria di sfida. Non capii la portata del mio errore fino a che pochi secondi dopo la situazione precipitò. Mio fratello non mi insultò, non mi picchiò, mi spinse solo verso il letto, mi ci fece cadere sopra. Provai a rialzarmi ancora ridendo di lui, ma mio fratello era freddo e lucido in quello che stava facendo, so sbottonò i pantaloni, e mi voltò di schiena, sollevandomi la gonna. Non fece commenti sul perizoma di pizzo che avevo addosso, me lo abbassò soltanto, facendolo arrivare a metà coscia. -Che cazzo credi di fare?- Gridai mentre cercavo di liberarmi dalla sua presa. Non mi rispose, ma pochi istanti dopo il dolore più forte che avessi mai provato si fece strada dentro di me, urlai come non avevo mai urlato. Mio fratello mi stava inculando, stava impalando il suo cazzo nel mio culo vergine fino a pochi istanti fa, se non per un dito che ogni tanto ci avevo messo. -Non fai più la spiritosa ora vero?Sei stretta, avevi detto la verità non lo avevi mai preso, sei una zoccola strana- Le lacrime mi scivolavano dagli occhi senza che me ne rendessi conto, lo pregavo di smettere, cercavo di dirgli il dolore forte che stavo provando, mentre lui continuava a entrare ed uscire dal mio culo, con solo un pò della sua saliva a lubrificare. Grugniva mentre affondava l’uccello nel mio culetto dandomi la sensazione di essere spaccata in due, le mani affondate nei miei glutei, spingeva e pompava come un animale. L’eccitazione in lui cresceva sempre di più, aumentava ad ogni mio strillo, ogni volta che lo pregavo di smettere. Arrivarono gli schiaffi, forti e decisi, ad arrossire ed indolenzire il mio sedere, mentre lui era prossimo all’orgasmo. Non mi toccò la fighetta, non cercò di darmi piacere in nessun modo, voleva solo punirmi, punirmi per averlo fatto arrabbiare. Mi chiese se fossi contenta ora, se avevo ancora tanta voglia di farmi Luca oppure se avrei smesso di fare la zoccola. Arrivò quasi al culmine mentre io mi sentivo ormai aperta in due, con un dolore lancinante che mi avvolgeva, ero stremata da tutto, piangevo, e fu in quel momento che sentii caldi fiotti arrivare dentro di me, mi stava venendo nel culo. Quando finì mi voltò per guardarmi in faccia, vide il mio volto rigato dalle lacrime, dal trucco che si era sciolto e colava sulle guance. -Sei un porco bastardo, ti odio- Vidi il suo sguardo ora non più forte e beffardo ma smarrito, mentre mi guardava e guardava quello che aveva fatto, lo sperma che ancora mi colava da dietro. Se ne andò senza dire una parola, entro nella sua stanza sbattendo la porta e chiudendola a chiave. Io rimasi sul letto cercando di riprendermi dal dolore e dal pianto.

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Dopo il nostro ultimo incontro, nel quale mio fratello mi aveva sfondato il culetto, lasciandomi poi dolorante e con le lacrime ancora agli occhi, fece di tutto per evitarmi. Mi camminava lontano, non mi guardava neppure più in faccia, era come se non esistessi. Sapevo che si sentiva in colpa, per avermi fatto così tanto male, e la sensazione di potere che questa consapevolezza mi dava mi spingeva a provocarlo in ogni modo. Se facevo la doccia, avevo cura di lasciare sempre la porta socchiusa, e quando mi accorgevo di lui dietro la porta che mi fissava, iniziavo a far scivolare sensualmente le mani sul mio corpo, mi toccavo i seni, le gambe, aprivo le cosce e facevo scorrere le mani insaponate sulla fichetta. Lo sentivo poco dopo entrare nella sua stanza sbattendo la porta, ed io ridevo compiaciuta. A tavola mentre pranzavamo o cenavamo gli rivolgevo continue battutine, e vedevo il suo volto indurirsi e la mascella serrarsi per evitare di rispondermi. Cercavo in ogni modo di farlo esplodere, volevo dimostrargli che il potere infondo lo avevo io, e devo ammettere che mi mancava sentirlo su di me, dentro di me. Ma non riuscii nel mio intento, mio fratello, che mi aveva presa con la forza in precedenza, ora si teneva lontano da me, si chiudeva nella sua stanza, evitava di guardarmi. Qualche tempo dopo nostro padre e mia madre uscirono fuori a cena, lasciandoci soli. Mi avviai verso la sua stanza sperando di poterlo provocare un po’ e mi accorsi che la porta non era del tutto chiusa, spiai all’interno e lo vidi davanti al suo pc, mentre si menava il cazzo, duro e gonfio come lo ricordavo. Entrai sbattendo la porta, e lui sussultò sulla sedia. Mi guardò con disprezzo, con ancora il cazzo in mano, continuava a menarselo mentre mi diceva di andare via, di lasciarlo in pace. Mi avvicinai e allargai le cosce per sedermi imbraccio a lui. Non mi respinse, mi guardava silenzioso, aveva smesso i movimenti della mano, anche se stringeva ancora il cazzo. Gli chiesi come mai tutta quella lontananza, come mai si svuotava menandoselo da solo, invece di venire a tormentare la sua sorellina. Ancora lui non rispondeva, e la mia eccitazione cresceva. Mi avvicinai con le labbra al suo orecchio, e sussurrai –cosa c’è che non va? Sei pentito per quello che mi hai fatto l’ultima volta?- Sentii le sue mani afferrarmi i glutei, e sapevo che avevo vinto. Gli leccai il collo, mentre lui accarezzava il mio culo, la mia schiena, le mie cosce. Avvicinai le labbra alle sue e per la prima volta assaggiai il suo sapore, leccai e succhiai la sua lingua, la intrecciai con la mia. Lui era semi passivo, si muoveva appena, rispondeva solo alle mie provocazioni. Fino a che non gli tolsi la maglia del pigiama, e non tolsi la mia. Misi le mani dietro al sua nuca, invogliandolo a scendere verso le mie tette, cosa che lui fece. Con una mano massaggiava un seno mentre con la bocca leccava il capezzolo, con piccoli scatti, e poi cominciò a succhiare. Un rantolo d’eccitazione uscì dalla mia bocca, mentre lasciavo andare la testa all’indietro. Sentii la sua presa sulle mie natiche divenire sempre più forte, il suo succhiare i miei capezzoli era diventato un mordere, stavo raggiungendo il mio scopo, stavo risvegliando l’animale che c’è in lui. Mio fratello mi sollevò per i glutei sbattendomi sul suo letto, togliendomi in un colpo il pantalone del pigiama e gli slip, e facendo altrettanto con se stesso. Dopo pochi secondi fu sopra di me, tra le mie cosce, mentre sfregava il suo cazzo contro la mia fichetta bollente e fradicia. Si avvicinò al mio orecchio, sussurrandomi –E’ colpa tua, è sempre colpa tua puttanella. Pensi che non sappia che mentre ti fai la doccia lascia apposta la porta aperta perché io ti guardi? Che ti masturbi e ti ecciti perché sai che ti guardo? Ti ho solo assecondata zoccoletta, sapevo che saresti venuta a cercarmi- Mi penetrò finalmente, e rantoli sempre più forti di godimento uscirono dalla mia bocca, fino a che lui, pompandomi con forza sempre più crescente, mi tappò la bocca con una mano –Troia vuoi farti sentire da tutto il vicinato? Non ho mai trovato una zoccola che urlasse più forte di te. Ti sei meritata tutto, meriti tutto quello che ti ho fatto- Quelle parole, il cazzo che mi scivolava con violenza dentro, la sua bocca che mordeva il mio collo, la presa forte delle sue mani sui miei glutei mentre si spingeva con forza dentro di me, tutto questo provocò il mio orgasmo, forte e bruciante, mi muovevo come una invasata sotto di lui, attirandolo a me con le cosce avvinghiate al suo bacino. –Sei venuta zoccola, sento i muscoli della tua fichetta contrarsi nell’orgasmo, stai grondando liquido, sei proprio una troia in calore. Ti piace provocare tuo fratello? Vuoi che ti faccia del male?- Ancora in preda all’orgasmo non capii a cosa si stesse riferendo, ed un urlo secco mi uscì dalle labbra quando sentii il suo grosso cazzo spingere ed entrare nel mio culetto. –Grida pure, è questo quello che ti meriti- Le pompate divennero violente e gli schiaffi sul mio culo non facevano che aumentare il dolore e l’eccitazione, misi una mano sulla sua nuca tirandogli i capelli scuri, e gridai –Sei un porco, un maniaco, sei un bastardo stai godendo nel farmi male, nell’impalarmi il culo- Lui uscì appena in tempo per schizzarmi sulla faccia, sulle tette, sui capelli, mi aveva sporcata tutta venendomi addosso. Si alzò e andò in bagno a pulirsi, mentre io rimasi sul letto sporca e con il buchetto dolorante, la fica fradicia di umori. Quando tornò mi chiese cosa ci facessi ancora lì, mi prese per un braccio e mi buttò fuori dalla sua stanza, sbattendomi la porta in faccia.

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Dopo l’ultima volta, nella quale ero stata io a cercarlo, mio fratello non mi prese più. Ma non smetteva di tormentarmi, approfittava di ogni istante nel quale nessuno potesse sentirlo per sussurrarmi –Troia- nell’orecchio, mi passava accanto pizzicandomi il culo, o passandoci una manata sopra. Dal canto mio rispondevo gelida ai suoi insulti, definendolo un porco perverso, ma sorridendo con cattiveria beffarda. Quel giochetto cominciava a piacermi, così quando un giorno mi sussurrò –Puttanella ieri sera ti sentivo gemere come una gattina in calore nel tuo letto mentre ti masturbavi- approfittai per strusciare il culo sul suo cazzo, inarcando il bacino. Lessi lo stupore nei suoi occhi per il mio gesto avventato, mi spinse via dicendo che gli facevo schifo. Ma sapevo di aver schiacciato il bottone giusto, fare leva sul suo lato animalesco mi eccitava sempre di più. Un pomeriggio entrai nella sua stanza a prendere un libro, convinta che lui non ci fosse aprii la porta e avanzai tranquilla, sussultai quando invece lo vidi seduto sul suo letto, che se lo menava con forza. Lui non capì che ero entrata per caso, che non sapevo di trovarlo lì e con il cazzo in mano, si alzò e venne verso di me dicendo –Sei proprio puttana nell’anima se ogni volta che mi masturbo vieni a curiosare- e mi schiaffeggiò il culo con violenza. Gli risposi che pensavo non fosse in casa, che mi serviva un libro, lui non mi credette ovviamente. Alzò l’orlo della mia gonna mentre continuava a menarselo sempre più forte, e senza che avessi il tempo di reagire mi sentii il culo spruzzato dai suoi caldi getti di sperma. Mi stavo per voltare e urlare ma lui mi tenne la testa piegata con una mano, mentre infilava con forza due dita nella mia fichetta. Non ero grondante, ma comunque un po’ bagnata, eccitata da lui che si menava il cazzo gonfio che tanto mi faceva godere. Tolse le dita e me le spinse in bocca, costringendomi a leccarle, mentre mi diceva che dovevo lasciarlo in pace, che lui non voleva scoparsi la sua sorellina, che lo faceva perché io ero una troia che andava punita. Lo spinsi via ed uscii di corsa dalla sua stanza, per fiondarmi nella mia chiudendola a chiave. Seguì un periodo di calma, credevo lui stesse vedendo una ragazza, anche se non ne ero sicura. Fino ad un pomeriggio in cui nostro padre chiese a mio fratello di accompagnarmi in un posto, perché lui non poteva. Entrai nella sua auto ed un orecchino sul tappetino attirò la mia attenzione, lo raccolsi e lo feci penzolare davanti alla faccia di mio fratello, chiedendo maliziosa a quale delle sue zoccole appartenesse. Lui me lo strappò di mano, rispondendo che l’unica vera zoccola che conosceva ero io, e che se non la smettevo l’avrei pagata. Risposi che la natura di un porco come lui non poteva cambiare, e che sapevo che prima o dopo sarebbe di nuovo entrato nella mia stanza, spingendo il suo cazzo dentro di me. Ridevo di lui, mentre lo vedevo serio che cercava di trattenersi. Aprii ancora la bocca per parlare ma la sua mano fu più veloce, prese la mia testa spingendola contro la patta dei suoi pantaloni, aveva il cazzo completamente in tiro, gonfio che scalpitava per uscire. Mi disse che l’unico modo per farmi stare zitta era farmelo succhiare, e mentre mi teneva la testa ferma tirandomi i capelli, si sbottonò facendolo uscire, e spingendomelo in gola. Muoveva la mia testa freneticamente al ritmo che voleva io tenessi, mentre le mie labbra scorrevano lungo l’asta, e la mia lingua roteava sulla sua cappella. –Ma come lecchi bene troia che non sei altra, ciucciamelo fino in fondo, voglio che ti arrivi in gola, zoccola- E mentre mi insultava mi spinse la testa contro di lui, facendomi davvero arrivare la cappella in gola, e sentii che mi inondava di fiotti. Ingoiai tutto, mentre lui continuava a ripetere –Ingoia, come la zoccola che sei e che resterai- Quando venne mise finalmente in moto e mi accompagnò silenzioso, quando arrivammo mi disse che dovevo smetterla, o sarebbe finita male per me. Che lui non aveva colpa di nulla se io ero irrimediabilmente puttana, e volevo a tutti i costi che lui mi fottesse da animale, che le violenze che mi aveva fatto in fondo le avevo volute io. Avevo gli occhi rossi, mi allontanai da lui senza rispondergli.

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Il mondo universitario aveva aperto nuovi scenari davanti ai miei occhi, mi sentivo iperstimolata da questo nuovo mondo. Conobbi Davide, un mio compagno di corso. Capivo che voleva “approfondire” la sua relazione con me, e anche lui mi piaceva. Era diverso da mio fratello, un po’ meno alto di lui, biondissimo, occhi chiari. Scelsi un pomeriggio in cui pensavo mio fratello non fosse in casa, quindi dato che nostro padre e mia madre lavorano fino a tardi saremmo stati soli. Gli chiesi se gli andava di ripassare alcune cose da me e lui ovviamente accettò. Non aprimmo neppure i libri, appena Davide si rese conto che eravamo soli in casa mi attirò a se dandomi un lungo e dolce bacio. La sua lingua nella mia bocca mi mandava in estasi, non opposi resistenza quando sentii le sue mani entrare sotto il maglioncino e sganciare il reggiseno. Lo portai in camera e lì mi spogliò completamente, togliendosi a sua volta il maglione lasciando scoperti i suoi addominali scolpiti. Le mie mani scorrevano sul suo petto mentre un’espressione febbrile mi risplendeva negli occhi. Davide mi leccava il collo, palpava con maestria le mie tette. Prese a succhiarmi i capezzoli, mordicchiandoli e leccandoli facendo roteare la lingua sulla punta rosa. Dal canto mio portai le mani sulla sua erezione, sentivo il suo cazzo pronto all’azione, cominciai un po’ a segarlo mentre aveva ancora i pantaloni addosso. Ad un certo punto Davide scese con la lingua sulla mia pancia, e poi sempre più giù. Tuffò la testa sulla mia fighetta tutta bagnata, allargò le labbra con le dita, mentre per la prima volta stavo per ricevere una leccata. Partì stimolando il clitoride con la sua lingua esperta, cominciò a succhiarlo mentre due dita sparivano dentro di me, che grondavo sulla sua mano. Ero in paradiso, provando un’eccitazione più forte che mai, mentre Davide passava alla mia fessurina ed entrava con la lingua, lappando dentro e fuori con energia. Fu in quel momento che lo vidi, mio fratello era rientrato, spiava dalla porta socchiusa. Feci quello che non avrei dovuto fare, lo guardai fisso negli occhi, con espressione di goduria dipinta sul viso, mentre Davide leccava senza sosta e aveva preso ad infilarmi anche tre dita dentro, masturbandomi freneticamente. L’orgasmo mi colse così, mentre spingevo la faccia di Davide contro la mia fichetta e fissavo gli occhi roventi di mio fartello; sapevo avrebbe voluto vendetta. Lo vidi andar via ed entrare nella sua stanza, chiudendo la porta, senza però sbatterla. Davide si accorse del rumore e mi guardò spaventato, gli dissi che era solo mio fratello che era rientrato, ma che era meglio se adesso ci bloccavamo. Lo accompagnai alla porta di casa con addosso solo una vestaglia, e mi avviai verso la mia stanza tremando, ma anche la cosa più brutta che avevo immaginato fu nulla in confronto alla sua reazione. Appena entrai nel corridoio mio fratello mi venne incontro schiaffeggiandomi il viso con violenza. Lo guardai sconvolta, mentre lui urlava –Troia ora te li porti anche a casa? Sotto il mio stesso tetto? E ti fai leccare la fica da questi coglioncelli? Ti è piaciuto urlare come una vacca venendo mentre mi fissavi? Speravi che sarei stato geloso? O che magari mi sarei unito a quel cretino nella leccata che tanto ti stava facendo godere puttana?- Mi prese per un braccio per avvicinarmi a lui mentre un calcio mi colpiva sul culo. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che fosse così violento, urlai di lasciarmi stare, che mi stava facendo davvero male. Lui non sentì ragioni, mi ordinò di togliermi la vestaglia, e quando gli diedi del porco mi schiaffeggiò ancora, la testa mi sbattè contro il muro. Mi strappò la vestaglia di dosso, con un altro calcio finii per terra. Lui mi fece mettere in ginocchio e cominciò a colpirmi il culo con forza, schiaffo dopo schiaffo, mentre mi urlava le cose più crudeli che potessi sentire, mi dava della cagna, vacca, mi diceva che mi avrebbe fatto fare marchette ai suoi amici e lui si sarebbe preso i soldi. Che volevo essere una puttana a tutti i costi e lui mi avrebbe accontentata. Dopo un tempo interminabile nel quale piangevo a dirotto supplicandolo di smettere mi voltò e schiaffeggiò ancora il mio viso in lacrime. Si abbassò i pantaloni e mi disse di succhiarglielo. Mi rifiutai, piangendo, chiamandolo porco, dicendo che questa volta avrei detto tutto a nostro padre. Lui rise della mia minaccia, sapeva non lo avrei fatto, perché altrimenti lui avrebbe raccontato tutto il resto, e sarebbe stato peggio per me. Mi afferrò la testa spingendomi ancora il suo cazzo in bocca. Mi dava istruzioni su cosa volesse, lecca meglio il filetto, prendilo più in fondo, succhia la cappella, muovi l’asta con la tua mano da zoccola. Staccò la mia faccia dal suo cazzo solo per affondare un altro schiaffo sulla mia guancia, e mi disse –Leccami le palle, troia schifosa- Lo guardai attonita, ma allo schiaffo successivo mi rassegnai. Cominciai a leccargli diligentemente le palle e lo scroto, mentre lui si segava ansimando. Allargò le gambe e spinse la mia faccia più sotto, dicendomi di leccargli il culo e così feci, continuando a piangere. Mi prese ancora la testa per i capelli mentre finiva di segarsi e mi schizzava in faccia tutto il suo orgasmo e la sua rabbia. Quando ebbe finito mi colpì ancora con un calcio sul fianco, e mi disse di pulire tutto il suo uccello. Lo feci, ancora scossa dal pianto, mentre lui rideva. Quando ebbi finiti mio fratello mi fece alzare e mi disse di andarmi a lavare, perché puzzavo di troia. Quel giorno non lo dimenticherò.

…continua

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Era iniziato un nuovo capitolo del mio rapporto con mio fratello. Avevo sperimentato a pieno la sua rabbia, e adesso bramavo solo vendetta. La notte nella quale per la prima volta mi aveva picchiata davvero dormii malissimo, ero piena di dolori. Al mattino successivo ci aspettava un altro giorno soli in casa, né io né lui avevamo lezione in facoltà e nostro padre e mia madre sarebbero stati a lavoro fino a sera. Mi alzai e lui era già in piedi, ma lo evitai e mi infilai di corsa in bagno, per fare una doccia. Esaminai il mio corpo allo specchio, notando lividi viola sul bacino e sui glutei, dove i suoi calci e schiaffi mi avevano colpita. Feci la doccia ed andai nella mia stanza in accappatoio per vestirmi, e fu lì che lo trovai, di fianco allo specchio, appoggiato al muro. Impallidii appena lo vidi, fermandomi al centro della stanza, stringendomi addosso l’accappatoio. Ma nei suoi occhi non vidi cattiveria, vidi vergogna. Abbassò lo sguardo e venne verso di me, ma io mi ritrassi con espressione spaventata. Allungò un braccio verso di me tenendosi distante, mi invitò a togliere l’accappatoio, voleva vedere cosa mi aveva fatto. Lo tolsi, per godermi l’espressione di disgusto dipingersi a poco a poco sul suo volto. I suoi occhi scorsero lentamente la mia figura, il mio bacino, il mio fianco. Si avvicinò a me posando delicatamente un dito sui lividi che mi aveva provocato la sera prima, e mi guardò con espressione triste e piena di disgusto, per se stesso questa volta. La rabbia mi stava assalendo prepotente, gli chiesi se era contento o se avesse voluto completare l’opera con qualche altro calcio. Mi guardò, mi disse che lo avevo provocato troppo, che aveva perso il controllo, che gli dispiaceva. Io voltai il viso dalla parte opposta, mentre ero ancora completamente nuda in piedi a pochi centimetri da lui. Allungò una mano sotto il mio mento e mi girò il viso, guardandomi negli occhi. Mi disse che mi avrebbe fatta felice, che si sarebbe fatto perdonare, si avvicinò e io mi ritrassi, lui strinse un mio polso, mi disse di non opporgli resistenza. Debole come mi sentivo in quel momento mi arresi, lasciando che mi prendesse imbraccio e mi posasse sul letto. Si spogliò anche lui, si sdraiò accanto a me annusandomi il collo, prendendo in mano i miei morbidi ricci, dicendomi che il mio profumo lo faceva impazzire, che perdeva il controllo quando lo sentiva, che lo provocavo anche solo restandomene immobile a farmi toccare da lui. Una mano gli scivolò sulla mia fichetta, cominciò a strofinarla piano, ed io allargai un poco le cosce. Lui mi sussurrò che sapeva mi sarebbe piaciuto, che ero la sua piccola dolce puttanella. Con un dito faceva movimenti circolari sul clitoride, mentre con la lingua mi leccava l’orecchio, il collo. Mentre succhiava i miei capezzoli rosa ormai turgidi e gonfi infilava due dita nella mia fichetta sgocciolante, ed io miagolavo di piacere contro di lui. Mi chiese se lo volevo, se avevo voglia del suo cazzo dentro di me, lo guardai con cattiveria e gli dissi che non lo avrei voluto mai più.

 –Nemmeno se ti leccassi io questa volta?-

Mi chiese sorridendo maliziosamente. Non sapevo resistere al suo sorriso, anche da bambini, quando combinava qualche pasticcio, mi convinceva sempre così a prendermi la colpa dei suoi misfatti. Sorrisi, e lui interpretò quel segno come un via libera, si inginocchiò di fronte a me e si menò il cazzo per alcuni secondi, mentre io osservavo la scena rapita. Entrò dentro di me piano, come non aveva mai fatto, sentii la cappella che affondava nelle labbra, e poi a poco a poco l’asta che si faceva strada, che allargava le mie pareti con il suo spessore.

 –Non mi hai leccata…-

gli feci notare, e lui in risposta mi strinse un fianco con la mano

–Smettila di fare la troia adesso, non rovinare tutto-

Mi disse, mentre le pompate prendevano ritmo, ed io chiusi gli occhi, consapevole che per questa volta era meglio non provocarlo ancora. Gemevo e mi godevo la sua immagine in ginocchio di fronte a me che mi pompava stringendomi per i fianchi e direzionando i movimenti del mio bacino. Quando si piegò e mi si stese addosso, ebbi un sussulto per il dolore sul bacino, lui si fece più leggero, distribuendo diversamente il peso, ma l’averlo così addosso mi faceva eccitare come una vera cagna. Alzai le cosce e lo avvolsi, stringendolo a me, leccandogli il collo con bramosia, e sentii la sua cappella ingrossarsi ancora di più e pulsare dentro di me, e a quel punto non riuscii più a resistere e mi abbandonai all’orgasmo forte e scombussolante che mi raggiunse, contraendo i muscoli della fichetta in maniera violenta e quasi involontaria, gemendo, ansimando vicino al suo orecchio, chiedendogli di continuare a pomparmi per farmi venire. Quando anche l’ultimo fremito finì di scuotermi mio fratello mi guardò sussurrandomi

–E così sei venuta mia piccola zoccoletta. Adesso verrò io nel tuo bel culetto, non sai quanto me lo sono sognato dopo l’ultima volta-

Detto questo si leccò un dito e mi aprì il buchetto, un gran passo avanti, visto che le volte precedenti la penetrazione mi aveva colta di sorpresa. Cominciai a muovermi sfregando le labbra della fica con il suo dito nel culo, e quando lui tolse il dito e affondò il cazzo con forza, aprii gli occhi di scatto ed un urletto mi uscì dalle labbra, lo guardai stupita, e lui ancora mi disse

–Devi smetterla di fare la troietta, devi proprio smetterla-

Quelle parole mi infastidivano ed eccitavano al tempo stesso, ma mi lasciai scopare il culo come voleva lui, e accolsi il suo caldo sperma, accarezzandolo mentre se ne liberava spruzzando dentro di me. Quando finì mi baciò sulla fronte e andò in bagno, mentre io mi pulii il culetto e mi rivestii.

…continua

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Arrivò il mio ventunesimo compleanno, mio fratello ne aveva 23. La mattina mi svegliai correndo il cucina, dove nostro padre mi avvolse in un bacio profumato del suo dopobarba, adoravo nostro padre, assomigliava così tanto a mio fratello. Mia madre mi baciò entusiasta, mi disse che Enrico, così si chiama mio fratello, era già uscito. La delusione si dipinse sul mio volto, ma cercai di non darlo a vedere, uscii per andare a lezione. Tornai a casa ad ora di pranzo, credevo di essere sola ma poi lo vidi, seduto sul divano, che mi sorrideva. Mi porse un pacchetto, una collana che ancora oggi porto sempre addosso, con un ciondolo a forma di luna. Mi alzai i capelli e avvicinai a lui il collo, per farmi agganciare la collana, il mio fratellone brontolò, ma lo fece. Portai il mio viso esattamente di fronte al suo, i nostri nasi si toccavano, lasciai uscire la mia linguetta rosa, per andare a leccare il suo labbro inferiore. Le sue labbra avevano una consistenza deliziosa, volevo morderle, invece lui allontanò il mio viso, dicendomi che era il mio compleanno, e non voleva arrabbiarsi con me anche oggi. La giornata proseguì normale, fino a che non andammo tutti a riposare. Nel letto non riuscivo a dormire, pensavo e ripensavo a mio fratello e volevo averlo mio. La mia fichetta era tutta umida, infilai piano un dito dentro, ansimai, non potevo più contenermi, dovevo averlo. Mi spogliai completamente nuda, ed infilai la mia vestaglia preferita, di raso viola scuro, ed entrai nella sua stanza. Nemmeno lui dormiva, mi chiese di uscire, di andare via. La stanza era avvolta nel buio, chiusi a chiave la porta e sollevai le coperte del suo letto. Mi inginocchiai vicino a lui, chiedendogli con una vocina piccola e suadente

-Posso restare con te? E’ il mio compleanno, voglio starti vicino-

-Siamo stati già vicini oggi, adesso smettila con questa vocina da puttanella e torna a dormire-

Ma non mi rassegnai, incassai l’insulto e mi feci più audace, mi infilai nel letto accanto a lui, accarezzandogli l’addome, inalando il suo profumo, strofinando il mio viso sul suo petto. Lui si ritrasse, mi toccò un fianco con la mano per spingermi via. Sentì la pelle nuda sotto la vestaglia, e capì che non indossavo neppure le mutandine.

-Che troia che sei, vieni nuda nel mio letto, vuoi che ti prenda? Perché ti diverti a tormentarmi così, lo sai che io non voglio-

Sorrisi, mentre mi toglievo la vestaglia e restavo completamente nuda sotto le lenzuola, avvicinandomi a lui, mettendo le mie gambe sulle sue.

-Ma oggi è il mio compleanno- dissi –non vuoi fare un bel regalino alla tua sorellina?-

-Il regalo te l’ho già fatto, e il tuo tono di voce non mi piace, mi fai incazzare quando fai la zoccola, lo sai-

Ma farlo arrabbiare era quello che volevo, la mia fichetta era già bollente e fremeva per essere riempita, le labbra mi si erano ingrossate, la mia lingua le leccava e mordeva senza sosta. Mi avvicinai nel letto, portando una mano verso di lui, sentii la sua erezione forte e prorompente, il suo bel cazzo perfettamente in tiro. Cominciai ad accarezzarglielo da sopra i pantaloni del pigiama, leccandogli il collo con la punta della lingua. Un piccolo, eccitante verso, uscì dalla sua bocca, mentre la mia mano si faceva più audace, e lo segava da sopra i boxer, caldi fluidi colavano dalla mia fichetta completamente aperta. Mi portai sopra di lui, lo cavalcai nuda, muovevo il bacino in modo che il suo cazzo mi strofinasse la fica e il culo. Mio fratello continuava a non parlare, mi fissava serio, la mascella serrata.

-Non ti piace? Non mi vuoi più? Sei stato tu il primo a cercarmi…-

– E’ stato solo per farti capire che non devi provocare gli uomini, che devi fare la brava bambina, che le puttane fanno una brutta fine, scendi di dosso, non voglio farti male, e non voglio che le tue urla sveglino papà-

Mi scostò senza dolcezza, ma io fui più insistente di lui e rimasi nel letto, stavolta portai la testa in basso, leccando l’asta, succhiando la stoffa dei boxer, annusando le sue palle, miagolando con la bocca. Afferrò i miei morbidi capelli con le sue mani forti, spingendomi la testa contro il suo membro pulsante, abbassai i boxer e lo presi in mano, iniziando a segarlo.

-Sei il mio tormento mia piccola puttanella, leccami le palle-

E fu quello che feci, un dito posato sul suo buco, le palle in bocca, con la lingua che dava veloci colpi lappando, la mia manina che lo segava forte, il suo cazzo che cominciava a bagnarsi, a sporcarsi, in attesa di essere succhiato. Il suo ansimare forte mi eccitava e inebriava, continuavo a colare umori tra le cosce, mentre con una mano gli massaggiavo palle e scroto, e con l’altra continuavo a muovere l’asta portandomi la cappella in bocca, succhiando e leccando il rosso glande che avevo davanti. Dopo poco mio fratello aveva completamente perso il controllo, mi staccò la bocca vorace dal cazzo per spingermi sotto di lui, e portasi completamente addosso al mio piccolo e morbido corpo. Mi sovrastava completamente pensando su di me, e solo questo bastava a farmi godere.

-Sta zitta, smettila di gemere o sveglierai qualcuno. Sei soddisfatta ora?-

Mi tappò la bocca con una mano, mentre mi penetrava d’un colpo. Aveva l’altra mano stretta sotto il mio gluteo, e spinse con forza, voleva farmi male, e me ne fece, perché lo sentii fino alle ovaie, ma non era solo questo il male che lui si era aspettato.

-Sei bagnatissima e completamente aperta, sono scivolato dentro senza fatica-

Era una constatazione che lo faceva infuriare, sussurrata contro il mio orecchio con tono duro. Mi morse il collo ed io ebbi un fremito, i denti colpirono leggermente la sua mano che ancora serrava le mie labbra.

-Attenta troietta, non vorrai mordermi la mano-

La spostò portandola sulla mia testa, spingendomi in basso mentre mi scopava con tutta la foga di cui era capace, colpendo veloce, facendomi sussultare di dolore per quanto riusciva ad arrivarmi infondo. Gemiti soffocati e piccoli urletti uscivano dalla mia bocca, incapace di restare chiusa. Lo avvicinai a me, cercando le sue labbra, leccandole, succhiando la sua lingua. Strinsi le cosce contro i suoi glutei, spingendolo ancora più forte dentro di me, volevo sempre di più, desideravo sentirlo sempre più a fondo.

-Puttana sposta quelle gambe, decido io il ritmo-

Schiaffo, forte, in pieno viso. E fu troppo per me, mi lasciai travolgere dall’orgasmo pregandolo, scongiurandolo di non smettere, supplicandolo di affondare dentro di me, di farmi godere. Mio fratello era madido di sudore, il mio liquido che scolava fin sotto le sue palle, io stremata ansimavo sotto di lui, scossa dall’orgasmo violento appena provato. Senza una parola mi voltò di spalle, e con una mano sotto la pancia mi fece capire che mi voleva carponi davanti a lui. La sua predilezione per il mio culetto mi era ben nota, così incurvai il bacino offrendomi completamente a lui.

-Non posso schiaffeggiarti forte come meriteresti, farei troppo rumore cagnetta-

Ma questo non gli impedì di strizzarmi forte i glutei con le mani, mentre li allargava quasi aprendomi in due, per permettere al suo cazzo, infoiato dalla scopata violenta e con la cappella durissima e ancora più grossa, di entrare nel mio buchetto ancora così stretto. Male, dolore, fitte acute lungo le pareti, ma uscirono solo piccoli suoni soffocati dalle mie labbra, mentre lui pompava freneticamente. Senza capire neppure io cosa facevo, scossa dal brivido d’eccitazione che stavo vivendo, portai una mano sotto la mia fichetta e sotto il suo cazzo che prepotente pompava il mio culetto. Trovai le sue palle gonfie e dure, che sbattevano freneticamente contro le mie natiche, le toccai, cominciai a massaggiarle, ad afferrarle ogni volta che riuscivo a raggiungerle. Mio fratello perse il controllo, grugniva in modo animalesco, seppure sottovoce, pompava come un toro da monta e le sue mani sapevo mi avrebbero lasciato i lividi sui bianchi glutei morbidi come burro. Esplose così nel mio culo, scosso da mille brividi, accovacciandosi su di me con dei sussulti. Si staccò e mi disse di alzarmi, di non sporcargli il letto.

-Zoccola maledetta come ti è venuto in mente di toccarmi le palle mentre ti pompavo il culo?-

Schiaffo, forte da farmi girare la testa. Non capivo cosa volesse dire.

-A chi lo hai fatto?-

Si avvicinò strizzandomi forte un capezzolo mentre mi rivolgeva quella domanda e allora capii. Era geloso. Aveva paura di essere secondo a qualcuno per me, voleva sapere se mi fottevo qualcun altro.

-Che tu ci creda o no, brutto stronzo, non l’ho mai fatto a nessuno, è stato puro istinto. Sembrava ti piacesse da come avevi rinvigorito il ritmo della pompata. Mi ecciti quando fai il geloso-

Sorriso malizioso, sguardo da puttana, posai le mani sul suo petto.

-Va via, lavati e vai a letto. Non sono geloso, mi interessa solo se mia sorella fa la battona con altra gente.-

Mi spinse fuori dalla sua stanza, ma quella sera andai via soddisfatta, dalla scopata e dalla sensazione di potere che la sua gelosia mi lasciava dentro.

…continua

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Arrivò l’estate e andammo in vacanza al mare, io mio fratello, due suoi amici ed una loro amica. Dormivo in camera con il mio caro fratellone, che aveva cura di fermarsi sempre ad osservarmi mentre mi cambiavo, mentre ero nuda. Il suo sguardo scorreva lussurioso sul mio collo bianco, le coppe piccole e deliziose del mio seno, la curva morbida dei miei fianchi, il mio sedere tondo e sporgente. Spesso accadeva che mi chiedesse di voltarmi su me stessa, per poter ammirare ogni lato del mio corpo. Adoravo avere i suoi occhi addosso. Il lampo di goduria che li attraversava guardandomi bastava a farmi sentire violata ed eccitata. Vedevo il suo membro guizzare dai boxer, vedevo le sue mani che lo toccavano, mentre mi ringhiava poi di rivestirmi, che ero solo una puttana che si faceva osservare e ne godeva. Lui adorava un po’ meno i miei costumini da bagno. In spiaggia prendevo il sole, chiacchieravo con lui ed i suoi amici, notando le occhiate rivolte al mio corpo, e godendo di quegli sguardi eccitati. Di notte invece avevo le mie punizioni, per ogni sguardo, per ogni battuta, per ogni mia frase che non gli fosse piaciuta, che lui avesse considerato lasciva. Sentiva il bisogno patologico di impormi la sua supremazia, di affermare che io ero sua e sua soltanto, che solo lui godeva con me. Più mi puniva, più mi tormentava e mi faceva male, più io mi divertivo a provocarlo, in un gioco perverso senza fine nel quale il reciproco tormento saziava i nostri sensi. Ricordo un giorno, nel quale Marco e Giovanni, i suoi amici, comprarono dei ghiaccioli al limone, e i loro occhi mentre succhiavo il mio parlavano chiaro. Più li vedevo eccitarsi, dilatare le pupille, sorridermi, più leccavo e succhiavo, guardandoli maliziosa, per poi voltarmi appena verso mio fratello, che nel frattempo montava la sua rabbia. Il suo viso si induriva, la cattiveria e la violenza risplendevano nei suoi begli occhi scuri, ed un brivido percorreva le mie spalle. Quella notte andammo a dormire presto, ovviamente lui non vedeva l’ora di insegnare alla sua sorellina come ci si comporta. Non feci in tempo neppure ad entrane nella stanza, mi trovai spinta per terra, sbattendo i gomiti. Alzò la gonna, mi spostò lo slip, si sputò sulla mano menandosi il cazzo per pochi secondi per poi incularmi senza preavviso, senza pietà, mentre la sua mano che mi tappava la bocca mi impediva di urlare una qualsiasi protesta.

-Quanto ti piace fare la zoccola? Quanto ti piace scatenare la mia rabbia?-

Mi sussurrava nell’orecchio, mentre pompava freneticamente, mentre le sue mani mi bloccavano. Alternava grugniti a parolacce sussurrate, mentre l’eccitazione prendeva il sopravvento, ed il suo lato passionale e violento lo dominava. Teneva la mia schiena stretta contro il suo petto, mentre eravamo entrambi in ginocchio sul pavimento, e mi rantolava nell’orecchio. Le sue mani forti e dure lasciarono i segni viola dei polpastrelli sui miei fianchi morbidi e dorati d’abbronzatura, sul mio seno bianco. Nel momento del coito, il suo, io ero piegata dal dolore, mi morse il collo, affondando i denti, più di come faceva di solito. Stava godendo molto, il suo cazzo era gonfio e duro, più duro del solito, la cappella grande e completamente scoperta, sentivo ogni piccolo nodo, ogni minuscola variazione di forma nel suo membro guizzante mentre affondava, usciva e riaffondava nel mio piccolo buchetto. Schizzò dentro di me, con colpi di cazzo decisi e violenti. Schizzava sempre dentro di me quando era arrabbiato, lo considerava parte della mia ‘punizione’. Mi lasciò i segni dei suoi denti sul collo, e mentre mi pulivo il culetto spaccato, pensavo a cosa avrei fatto il giorno dopo, visti i segni che mi aveva lasciato addosso, mentre lui si limitava a dirmi

-Dormi, avrei dovuto farti di peggio, almeno hai avuto il buon gusto di non godere questa sera-

Il mattino seguente, sulla spiaggia, Giovanni non tardò a commentare

-Ehi sembra che la nostra piccolina ieri sera abbia avuto una nottata interessante. Sei sgattaiolata fuori tesoro?-

Fissavo mio fratello imbarazzata, non sapevo cosa dire ed il mio viso avvampò, mentre lui mi fissava serio, sfidandomi a parlare. Giovanni continuò

-Dovresti dire a questo ragazzo di andarci piano bambina, hai un morso sul collo! E si, devo ammettere che ti stavo guardando il sedere, e hai dei segni di manate anche lì-

Marco, che era sempre stato buono e dolce con me, ebbe compassione del mio imbarazzo, e disse

-Lasciatela in pace, non è colpa sua. Enrico mi dispiace avrei dovuto dirtelo prima, tua sorella è stata con me-

Mi voltai verso di lui dilatando le pupille al massimo, non mi ero aspettata nulla del genere. Mio fratello ora era rosso di rabbia, ovviamente sapeva che quei segni erano i suoi, ma un nuovo dubbio si era insinuato nella sua mente. Marco mi passò un braccio attorno alla vita, e guardava mio fratello in attesa di un suo commento. Che non arrivò. Era troppo intento a seguire ogni suo movimento, a sondare ogni mia più piccola reazione, mentre un uragano si scatenava dentro di lui. Così, notando che anche io ero del tutto ammutolita e ancora rossa in viso, Marco mi disse

-Perché non facciamo una passeggiata? Nel frattempo magari Enrico può sbollire un po’-

Ci allontanammo in silenzio, e sentivo che gli occhi di mio fratello stavano facendo dei grossi buchi nella mia schiena, mentre mi osservava andare via. Arrivammo verso una piccola conchetta di scogli, nascosta rispetto al resto della spiaggia, e ci fermammo. Mi appoggia contro uno scoglio e socchiusi gli occhi, sospirai.

-Mi dispiace se ti ho fatta sentire a disagio Lucrezia, vedevo tuo fratello che stava per esplodere ed ho pensato di intervenire, volevo solo toglierti dall’imbarazzo, ho pensato che in questo modo al massimo se la prenderà con me-

Marco non aveva idea del rapporto tra me e mio fratello, ovviamente nessuno ne aveva. Mi resi conto che lo aveva fatto davvero per risparmiarmi un’altra umiliazione, oltre ai commenti di Giovanni, e gli sorrisi.

-Non voglio sapere con chi sei stata ieri sera, ma dai segni che ti ha lasciato addosso non deve essere stato molto gentile con te. Vorrei poter fare altro per farti sentire meglio.-

Non capii subito a cosa si stesse riferendo, ma avrei dovuto leggere in lui i segni di una eccitazione crescente. Mi si avvicinò piano, posandomi una mano delicata sulla pancia, portandosi sempre più vicino al mio corpo, scendendo lungo i miei fianchi con le sue mani. Chiusi ancora gli occhi, mi abbandonai alle sensazioni che un tocco dolce dava sulla mia pelle. Si inginocchiò, davanti alle mie gambe, davanti alla mia fichetta. Mi aprì leggermente le gambe con il suo tocco gentile, spostò lo slip del costume piano, e posò lingua sul mio clitoride, che aveva cominciato a gonfiarsi. Leccava piano, dolcemente, con dei piccoli colpetti. Mi mandava in estasi, cominciai ad ansimare, ad accarezzargli i capelli, spingendo il suo viso contro il mio sesso umido e voglioso. Lui infilò due dita dentro la mia fichetta sgocciolante, calda. Si alzò e cominciò a baciarmi, sempre masturbandomi con le dita, mentre con una mano mi portava la mia sul suo cazzo, gonfio e in attesa. Il ritmo del mio ansimare era diventato frenetico, mentre avevo una mano nel suo costume e gli massaggiavo l’asta, muovendomi piano. Quando l’orgasmo mi travolse, aumentai il ritmo della sega che gli stavo facendo, e dopo qualche colpo lui venne, nella mia mano, quasi non stesse aspettando altro, sporcandosi il costume, mentre io ancora ero scossa dagli ultimi spasmi. Smise di baciarmi succhiandomi le labbra, mi accarezzò una guancia, mi disse che gli dispiaceva avermi sporcato la mano. Sorrisi, ero completamente rilassata, l’orgasmo era stato lento, piacevole, e anche lui era soddisfatto. Mi disse che gli ero sempre piaciuta, che lo eccitavo con il mio piccolo corpicino tenero, con il mio modo di camminare, di parlare, che era attratto da me così tanto da non resistere a più di qualche colpo della mia mano sulla sua asta. Mi disse che non voleva affrontare la gelosia di Enrico, mio fratello, e per questo non mi si era mai avvicinato. Ci tuffammo in acqua per rinfrescarci e tornammo dagli altri. Mio fratello stava parlando con Giovanni ed un gruppo di belle ragazze, quando mi vide tornò verso di me, mi guardò negli occhi e disse

-Hai le guance arrossate tesoro, mi domando cosa tu abbia fatto fino ad ora.-

E poi mi sussurrò nell’orecchio, piano, in modo che nessuno potesse sentirlo

-Quello che ti ho fatto ieri sera, sarà uno scherzetto in confronto a ciò che passerai questa notte, e mi confesserai anche da quanto tempo tu e Marco vi vedete. ‘

Non osai dire nulla, mentre mio fratello andava verso Marco come se nulla fosse e scherzava con lui. Quella da punire ovviamente ero io.

‘ continua

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Appena fummo soli nella nostra stanza mio fratello mi afferrò la gola con una mano sbattendomi contro il muro. Mi sussurrò nell’orecchio

-Spogliato troia, completamente nuda-

Cercai di opporre resistenza ma la sua mano mi strinse ancora di più la gola, mentre con l’altra mano mi sbottonava i pantaloni. In altre occasioni tutto questo non avrebbe fatto altro che accrescere la mia eccitazione, sentire le sue mani così prepotenti sul mio corpo, mentre cercava di violarlo, avrebbe montato in me la passione, ma quella volta no, avevo paura. La rabbia si era impadronita di lui, il suo corpo era attaccato al mio, e sentivo il rigonfiamento nei suoi pantaloni farsi sempre più grosso. Allora feci come lui voleva, mi spogliai, lo guardai in attesa di altre istruzioni, dissetando la mia sete osservando i suoi splendidi occhi scuri brillare di rabbia e gelosia. Mise mano alla cintura dei pantaloni, credevo si stesse solo spogliando, e quando vidi che invece si stava sfilando la cinta ebbi un brivido di paura.

-Cosa vuoi fare? Perché ti stai togliendo la cinta?-

I miei occhi risplendevano di paura, ero completamente scossa da brividi, non avevo mai visto la sua furia e la sua gelosia scatenarsi con quella potenza. Lui mi guardava gelido, facendo scorrere i suoi occhi bramosi sul mio corpo. Non ottenni risposta, quello che ottenni fu un colpo di frusta secco ed improvviso, proprio sul seno. Urlai, e lui mi si avvicinò strattonandomi un braccio, dicendo di fare silenzio, poi accese la TV ad alto volume e tornò a concentrarsi su di me.

-Adesso credi di potermi prendere a frustate? Non ho fatto nulla con il tuo amico-

Altro colpo, e un altro ancora. La cinta lasciava segni viola sul mio corpo e le lacrime cominciavano a rigarmi il viso. Intanto lui non era più mio fratello, era solo eccitato, e desideroso di impartirmi la sua lezione.

-Bugiarda, avevi il viso arrossato quando siete tornati, quindi ti sei lasciata scopare, o comunque hai avuto un orgasmo, e poi che motivo avrebbe avuto di difenderti se non perché davvero scopate? Non mi spiego una cosa, come mai non sia curioso di scoprire chi ti ha morsa, ma d’altronde mi è sempre parso uno senza palle-

-Forse perché voleva solo essere gentile e non abbiamo nessun tipo di relazione?-

-Può essere, ciò non toglie che il tuo modo di dire “grazie” è sempre lo stesso, fare la puttana. Adesso inginocchiati sul pavimento-

Mi rifiutai, e mio fratello mi prese a calci, avendo cura di evitare le braccia o la parte inferiore delle cosce. Mi inginocchiai e mentre ero carponi per terra si divertì con la sua cinta, sulla mia schiena, sui miei glutei. Poi si avvicinò e mi fece allargare le gambe, mi disse di incurvare il bacino esattamente come facevo quando volevo che lui mi scopasse il culo, e io cominciai a singhiozzare senza più alcun ritegno, pregandolo di smetterla, supplicandolo di non fare ciò che era invece fermamente intenzionato a fare. Mi tirò un paio di ceffoni, e mi legò un foulard intorno alla bocca, perché le mie grida suonassero soffocate. Così a quattro zampe per terra, con un bavaglio improvvisato in bocca, le gambe completamente aperte e il sedere incurvato, aspettavo con la fichetta tenera e chiusa che lui cominciasse. Ed i colpi non tardarono ad arrivare, tutti direzionati in un’unica zona, mentre le lacrime solcavano il mio viso. Ad un certo punto non ne potei più e mi accasciai su me stessa, e mio fratello capì che doveva contenersi, sebbene l’ esaltazione del nuovo potere che aveva acquisito ed il mio sesso così esposto alla sua mercè gli avessero provocato un’erezione ed un livello di eccitazione non indifferenti, riuscivo a vederlo dai suoi pantaloni, dai suoi occhi che febbrili brillavano. Avevo la schiena ed i glutei completamente ricoperti da segni viola dei colpi di frusta, alcuni dei quali, specie nella zona della mia intimità, cominciavano a sanguinare appena. Mentre lui era gonfio di potere, una eccitazione fremente si era impadronita di lui.

-Non mi importa del tuo dolore. Ti tratto da puttana esattamente così come ti piace.-

Ed era proprio in quei momenti, dove il dolore e l’umiliazione mi pervadevano, che capivo quanto la mia mente e il mio corpo lo bramassero con ogni fibra, con ogni più piccolo impulso. Più dolore e rabbia mi versava addosso, più io ne bramavo ancora, ed era questo folle desiderio che lui leggeva nei miei occhi, che osservava compiaciuto dipinto sul mio viso. In un attimo lui fu senza pantaloni e io mi trovai stesa sul letto, le sue mani forti presero i miei polsi sottili per legarli insieme alla testata del letto, mentre le parolacce che uscivano dalla mia bocca erano ancora soffocate dal bavaglio ormai pregno di saliva.

-Perché ti lamenti zuccherino? Scommettiamo che ti sta piacendo? Io ti conosco, so quello che piace a quella puttanella della mia sorellina-

Detto questo infilò due dita nella mia fichetta dolorante, ma anche eccitata e calda, io chiusi gli occhi e inarcai la testa all’indietro, tutta quella situazione, il suo contatto, mi stava facendo impazzire.

-Lo sapevo troia, sapevo che in fondo la situazione non ti sta dispiacendo, ti eccita che sfoghi la mia rabbia su di te. Sei una puttana schifosa-

Salì sopra di me, abbassò il foulard che mi aveva stretto attorno alla bocca e mi spinse le due dita ancora pregne dei miei umori nelle labbra. Le muoveva dentro e fuori, costringendomi a leccarle e succhiarle. Mi spalancò le cosce con violenza, prese le mie gambe e le portò sulle sue spalle, e tenendomi forte per i fianci spinse il mio bacino contro il suo, per entrare dentro di me. Sentivo le braccia cominciare a farmi male, gli occhi mi si spalancavano dal dolore ad ogni colpo forte di cazzo dentro di me, guardavo la sua espressione piena di soddisfazione, sentivo goccioline del suo sudore cadere sul mio corpo livido. Sapevo che era tutto sbagliato in quella situazione, il modo, la persona, ma non riuscivo ad immaginare nulla di diverso, nulla che potesse eccitarmi e farmi godere di più. Infatti poco dopo l’orgasmo mi travolse, i brividi scuotevano il mio corpo, il rossore compariva sulle mie guance, chiazze rosse mi si dipingevano sul seno. Mio fratello continuò a fottermi con furia, mentre io gli sputavo in faccia il mio odio, e lui rideva.

Ero ancora scossa dagli ultimi fremiti quando lui uscì da dentro di me, e sempre tenendomi per il bacino ruotò il mio corpo, in modo da avere il mio culo davanti a lui, ma le braccia mi dolevano per la torsione, emisi un soffocato lamento. Schiaffo, e un altro ancora, proprio sul culo, dove sentivo ancora le fitte di dolore provocate dalla sua cinta.

-Smettila di lamentarti, non far finta, mi fai solo incazzare di più. Ma forse è questo che vuoi vero?-

Con le mani mi allargò le natiche, ed in un solo, prepotente e forte colpo, fu dentro di me. Sentii il buchetto che violentemente veniva dilatato, e ancora un suono rauco uscì dalla mia bocca. Allora mio fratello portò una delle sue mani sulla mia testa, e la spinse contro il cuscino, quasi soffocandomi.

-Grida ora, grida quanto ti piace-

Ma in quel momento era solo il dolore a farsi sentire, mentre le sue violente pompate aumentavano sempre più di vigore, e il cuscino premeva forte sul mio viso, e mi era impossibile riprendere fiato. Era silenzioso, aveva smesso di insultarmi, ma la sua mano continuava a premere forte sulla mia testa, sentivo che era vicino ad esplodere, infatti poco dopo uscì dal mio buchetto per non rientrarvi più, voltò ancora il mio corpo, che era completamente in balia del suo desiderio, e schizzò tutta la sua violenza e la sua passione sul mio viso e sui miei capelli. Avevo appena cominciato a riprendere fiato che mi trovai il suo cazzo spinto in bocca, lui era in ginocchio sopra di me, e mi diceva di pulirlo bene. Non capendo nemmeno io il perché lo succhiai e leccai con tutta l’abilità di cui ero capace, ingoiando avidamente ogni traccia di sperma che ancora era sul suo membro. Quando fu soddisfatto si staccò da me, liberandomi le mani. Mi disse che ero libera di far quello che più mi piaceva ora, mentre lui andava verso il bagno. Il giorno dopo e quello dopo ancora dissi che stavo male, e non me la sentivo di andare in spiaggia. Il mio ventre, il mio sedere, la mia schiena, tutto era coperto dai segni viola delle sue cinghiate.

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