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Racconti erotici sull'Incesto

Il Rubicone

By 19 Gennaio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Svetonio narra che Cesare non si fermò dinanzi al Rubicone, (C. Suetoni Tranquilli De vita Caesarum liber I capitulum XXXII).
Rubicone simbolo del divieto, della proibizione, un tassativo ‘nec plus ultra’ come, si diceva, era scritto sulle colonne d’Ercole: non andare oltre!
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Quando Piero si era allontanato da casa, a poco più di diciotto anni, io ne avevo quasi otto.
Lui andava all’Università, io iniziavo la seconda elementare.
Mi sarebbe mancato, Piero.
Solo lui sapeva consolarmi per le mie piccole e inconsistenti pene, mi prendeva sulle sue ginocchia, mi faceva fare ‘cavallucci’, mi asciugava le lacrime, mi cullava, vezzeggiava e anche mi viziava. Sapeva quali caramelle mi piacevano, quali fiabe desideravo ascoltare. Era stato lui ad insegnarmi a leggere, a farmi tracciare le prime insicure asticciole, sul quaderno a quadretti. E fu lui ad accompagnarmi a scuola, il primo giorno, col mio grembiulino bianco e il grosso fiocco rosa.
Io andavo contenta, a scuola, perché sapevo che poi, a casa, avrei incontrato di nuovo Piero.
Quando lui partì fu, per me, come se si fosse oscurato il sole.
Mi aveva insegnato tanto cose. Chi lo avrebbe fatto più?
Quando tentennavo, non sapendo cosa scegliere, un po’ in tutto, anche su quale cerchietto mettere nei capelli, mi diceva sempre che dovevo decidere, e poi non tornare più sulla decisione. E bisognava decidere in piena coscienza, e con coraggio.
Aveva sempre un motto latino da citare,
‘Electa una via ad altera non dat recursus’, scelta una strada non ricorrere ad altra.
‘Alea jacta est’, il dado &egrave tratto, non si può più tornare indietro.
‘Memento audere semper’, ricordati di osare sempre.
Quante volte ricordavo e mi ripetevo i suoi proverbi.
Nei primi tempi gli scrivevo una lettera al giorno, una specie di diario, e finivo sempre con chiedergli quando sarebbe tornato.
E quando tornava, in occasione delle feste, era una gioia indescrivibile, lo avrei voluto tutto per me, solo per me.
Per il mio diciottesimo compleanno, mi regalò un magnifico vestito e un braccialetto con tanti diamanti.
Era difficile staccarmi da quel monile, spesso lo tenevo anche quando dormivo.
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Piero si era sistemato abbastanza bene. Aveva un lavoro importante e ben remunerato. Del resto il suo curriculum scolastico e le sue doti’
Gli raccontai le mie prime simpatie. Solo simpatie. Leggére, superficiali, perché il mio ‘ideale’ era Piero. In tutto e per tutto.
Poi venne a farci conoscere Irma, la sua fidanzata.
Niente male, ma niente di eccezionale.
Un po’ con la puzza sotto al naso.
Cinque anni meno di lui, cinque più di me.
La sera mi guardai allo specchio.
Cosa aveva Irma più di me?
Niente!
Mi spogliai, tornai a scrutare lo specchio, attentamente. Conferma: ero meglio io!
La mattina dopo trovai un momento per parlarne con Piero.
‘Tu che dici, Piero, Irma &egrave più bella di me?’
Piero mi abbracciò, stretta.
‘Certo che no, sciocchina, tu sei la più bella di tutte!’
Anche se stavo per compiere venti anni, volli crederlo.
Più perché ciò rientra nella norma, che non per irresistibili sentimenti, ho sposato Giulio, subito dopo la laurea in lettere. Lui sta proseguendo la lusinghiera carriera universitaria: matematica!
E sono passati altri cinque anni.
^^^ Noi, Giulio ed io, siamo a Roma, senza figli. Piero ed Irma sono in Francia da oltre sei mesi, a Parigi, al Committee On Space Research, Cospar, perché lui si interessa di un nuovo progetto, che durerà almeno un anno.
Piero ci ha telefonato, qualche giorno fa. Ha detto che si propone di trascorrere un paio di settimane a Milano Marittima, al Waldorf.
‘Perché non venite anche voi?’
Io ho accettato con entusiasmo, ancor prima di parlarne a Giulio, e la sera, dopo cena, gli ho accennato la telefonata di Piero, gli ho detto che loro andavano a Milano marittima, ho aggiunto che a me sarebbe piaciuto trascorrere qualche giorno il compagnia di mio fratello.
‘Andiamo, cara, &egrave tempo di vacanze?’
‘Posso dirglielo? Prenotare? Non ti secca?’
‘A parte che la compagnia di Piero mi &egrave piacevolissima, io avrò il tempo di rivedere qualcosa al portatile, e, tra l’altro, a Forlì c’&egrave un importante Centro di Calcolo, distaccato da Bologna, che mi potrà essere molto utile nelle ricerche che sto conducendo.’
‘Allora, prenoto? Glielo dico?’
‘Certo, cara.’
Telefonai a Piero, poi al Waldorf.
Un quarto d’ora dopo era tutto sistemato.
La vacanza sarebbe iniziata tra pochi giorni: sabato.
Appena il tempo di qualche acquisto, di preparare il bagaglio.
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Partimmo abbastanza presto, al mattino.
Autostrada fino ad Orte, poi la E45, deviammo, prendemmo la E14.
Ci fermammo al posto di ristoro del Rubicone, prima di uscire per Cervia-Milano Marittima.
Il Rubicone.
‘Mai fermarsi al Rubicone!’
Diceva Piero.
Noi proseguimmo.
Giungemmo al Waldorf.
Piero e Irma erano arrivati un’ora prima, dall’aeroporto di Rimini, dove erano atterrati col volo da Parigi.
Baci e abbracci, poi ognuno nella propria camera (erano di fronte) per disfare le valige e rinfrescarsi.
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Ero pervasa da una sorprendente sensazione, ma, se ci pensavo bene, era qualcosa che la mia mente fantasticava da tempo; in modo vago, confuso, indeterminato, nebuloso, ma ricorrente.
Essere abbracciata da Piero, sentirmi stretta al suo petto, il mio seno strofinarsi a lui, percepire le sue labbra sul mio volto, ardenti, come suggelli di fuoco, mi conturbava, piacevolmente, mi emozionava in un modo particolare: mi eccitava!
In quel momento non era Piero, ma un uomo, aitante, piacente, attraente, sensuale, provocante. Un maschio. Si, un maschio dal quale mi sentivo irresistibilmente affascinata. Un maschio che volevo. Per me’ in me!
E sentivo una sorda invidia per Irma, che poteva goderselo. Quasi la odiavo, come se avesse usurpato un posto che era mio.
Mi era capitato, e da parecchio, di pensare a Piero più o meno languidamente. Ma in questi ultimi tempi ne ero quasi ossessionata, era l’essere della mia concupiscenza, della mia cupidigia, avidità, bramosia.
Giulio era tenero, premuroso, e cercava di mettercela tutta, anche quando ci accoppiavamo, ma per raggiungere l’estasi, l’orgasmo pieno e appagante, placante, dovevo pensare a Piero mentre Giulio si prodigava appassionatamente, e solo allora lo stringevo in me, quasi a non volermene staccare, perché non era Giulio, ma Piero.
Quel contatto, sia pure rapido, quasi sfuggente, mi aveva accesa, mi sentivo pervasa da una foia della quali mi vergognavo, ma era più forte di me, ero animalescamente in fregola, irresistibile, pressante’
Giulio era in maniche di camicia e stava vicino alla sua valigia che aveva deposto sull’apposito sgabello.
Andai nel bagno, mi spogliai’ quasi strappandomi gli indumenti, riapparvi nella camera completamente nuda, il seno eretto, i capezzoli turgidi, anche i peli del pube s’erano increspati, e sentivo il turgore delle grandi labbra, il palpitare delle piccole, il sussultare ingordo della vagina’
Giulio mi guardò, sorpreso.
Le mie nari erano frementi, ero avvolta dal calore, come da una fiamma che partiva dal mio grembo e stava distruggendomi’
Le mie mani tremavano mentre cercavo di spogliarlo.
Quando fu nudo anche lui, ed anche lui eccitato, lo trascinai sul letto, mi sdraiai sulla sponda, lo accolsi in me, impaziente e smaniosa’
E mi abbandonai a quella che, fino allora, era la più bella scopata della mia vita’ sentivo che mugolavo’. Gorgogliavo mentre lo mungevo in trepidante attesa che spegnesse il mio fuoco interno’ mormoravo, cercavo di emettere suoni incomprensibili, mentre stavo raggiungendo il più alto dei cieli del piacere, sussurravo, piano, un nome, quasi storpiandolo’ oooooh ”.ooooooh ed era la finale di Piero’ non di Giulio!
Giacqui a lungo, con gli occhi chiusi, e cercavo di pensare che quelle mani che mi carezzavano fossero quelle di Piero.
Forse non avevo fatto bene ad accettare di trascorrere tutti insieme un periodo di ferie. O no?
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Pranzammo insieme, raccontando qualcosa delle nostre vite presenti, accennando alle speranze per il futuro.
Piero, al termine, mentre prendevamo il caffé, intorno al tavolino sulla rotonda coperta, mi chiese se avessi un desiderio da realizzare, in futuro.
‘Certo che ce l’ho!’
‘Posso sapere qual’&egrave?’
‘Mi auguro di potertelo far sapere, al più presto possibile.’
Tutto sommato, eravamo un po’ stanchi, decidemmo di andare a riposare. Non prendemmo impegni per il pomeriggio. Ci saremmo rincontrati a cena, e allora avremmo deciso come trascorrere la serata.
Scegliemmo di andare in un locale dove non ci sarebbe stata musica assordante, il ‘Tomorrow’.
Luci soffuse, musica in sottofondo, ognuno parlava a bassa voce, i camerieri sembravano scivolare, non camminare. Al centro della sala grande si ballava, in genere musica melodica, quella d’un tempo, anche con tango, slow-fox, cose del genere. Le coppie, però, non erano anziane. Noi eravamo nella media. Pochi al di sotto dei trenta (gli anni miei), e pochi oltre i cinquanta. Piero ne aveva quaranta, ed era certamente il più bello di tutti-
‘Tomorrow’, nell’ingresso una specie di pergamena:
‘.
Awkward feeling in my heart difficile sentimento nel mio cuore
Shapeless identity in my future confusa prospettiva nel mio futuro ‘ Tomorrow, another day’ ”Domani’, un altro giorno’
A day to hope and pray’ Giorno di speranza e preghiera’
‘.Tomorrow will never be the same Domani non sarà mai lo stesso
Expectations is always fragile ‘ Attese sempre fragili..
Does he know I’m wondering? Lo sa quel che mi domando?
Does he know I’m hoping? Lo sa quell che io spero?
‘.
Il ‘domani’ di Rossella, in Via col Vento: ‘domani é un altro giorno!’
Fummo accompagnati in un tavolo d’angolo, da dove si poteva veder tutto, ma non si era esposti a sguardi indiscreti. Piero, forse per confermare che veniva da Parigi, chiese champagne. Giulio mi sussurrò nell’orecchio, io assentii, e lui invitò Irma a ballare. ‘Allora, sorellina, cosa mi racconti?’ Prese la mia mano tra le sue. Mi sarebbe tanto piaciuto poter sedere sulle sue ginocchia, come una volta. Alzai le spalle, gli sorrisi dolcemente, strinsi le sue mani. ‘Nulla di speciale, Piero. Sono tanto felice di rivederti’ forse non lo puoi neppure immaginare’ quando sei con me io sono estasiata, mi sento come esaltata’ se tu sapessi quanto mi manchi’ quanto ti adoro” ‘Anche io ti voglio bene, bambina bella, anche tu mi manchi.’ Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Lui prese il suo fazzoletto, le asciugò. ‘Su, pupa, andiamo a ballare. Ricordi, &egrave I have a dream, lo slow degli Abba’.’ Mi alzai, cercai di sorridergli. Ci avviammo verso il centro della sala dove erano altre coppie. ‘In effetti io ho un sogno, I have e dream’.’ E mi strinsi a lui, aspirando il suo profumo. Sapeva di buono. Il mio grembo si muoveva perché voleva essere carezzato da lui, e ‘lo’ sentì. Un languore delizioso mi invase, annebbiava la mente, accelerava i battiti del cuore, mi infiammava, sentivo il tumulto interiore, le contrazioni del mio sesso, lo stillare della voluttà. Ed ancor più mi strinsi e mi strofinai a lui. Avevo il capo poggiato alla sua spalla. Ad un certo momento lo alzai, lo guardai, intensamente. Avevo sentito chiaramente che quella vicinanza non lo lasciava indifferente. Che bello! Forse, presa dal piacere, non ero stata capace di controllarmi, ma era una cosa deliziosa: percepivo la sempre più evidente eccitazione di Piero’. ‘Piccola’ ti dispiace se torniamo a posto?’ Mi accompagnò al tavolo. ‘Scusa, torno subito.’ Si allontanò verso la toletta. Quella notte Giulio, piacevolmente sorpreso, ma anche un po’ assonnato, non riusciva a comprendere quella improvvisa e inusuale focosità di sua moglie. ‘Potenza del clima marino’, pensò. E tornò a dormire.
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Iniziarono giorni di estasi, per me, ma anche di pena. Piero era lì, vicino a me, sulla spiaggia, sulla sdraia, nell’acqua, nell’incanto del succinto vestiario, solo lo slip. Ogni scusa era buona per toccarlo, per farmi toccare. La mia pelle non aveva mai richiesto tanta crema solare. E pregavo sempre Piero di spalmarla dolcemente sul riarso insaziabile della mia epidermide. Gli chiedevo di non limitarsi solo a quanto non era coperto dal pur microscopico due pezzi. E la sua mano, dapprima titubante e timida, quasi imbarazzata, divenne sempre più decisa e audace, intraprendente, indugiava sui capezzoli, s’intrufolava tra i riccioli del pube che certamente non sarebbero stati colpiti direttamente dai raggi del sole. Così, per caso, le mie esigenze sorgevano non appena Giulio e Irma andavano a fare il bagno, a tuffarsi in mare, e sempre accidentalmente dimenticavo sempre la crema in cabina, luogo ideale per quella bisogna, a porta chiusa! Io mi eccitavo pazzamente a quel contatto, ma gli slip di Piero mi dicevano che altrettanto avveniva a lui. Ogni volta ero sul punto di infilare la mano, in quelle mutandine, e’.. afferrarglielo’. Ed ecco la ‘pena’: non lo facevo, e rimanevo con l’amaro in bocca e il grembo dolorosamente contratto. Neanche quella mattina andammo con loro, Giulio e Irma, in moscone. Sapevamo cosa ci attendeva in cabina. Ma quando Piero entrò con la mano nel reggiseno, quasi me lo strappò e si chino a suggermi i capezzoli, mentre io sentivo mancarmi le forze. Poi mi afferrò, mi baciò furiosamente, gettò il reggiseno per terra e uscì dalla cabina, correndo, fino all’onda, nella quale si gettò.
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Le nostre camere erano sullo stesso corridoio, una di fronte all’altra. Corridoio di porfido rosso. A tavola Giulio osservò che eravamo divisi da un ‘andron rubicundus’. ‘Scusa, Giulio, ma rubicundus significa rubicondo, no?’ Era Irma la saccente che con quella sua aria pseudo-professorale cercava sempre di correggere le persone. Non aveva fatto i conti con Piero.
‘Si, cara, anche rubicondo, ma viene da ‘rubeo’, rosso, tanto che Priapo, dio della vegetazione e della fecondità, era rappresentato con un grande pene dipinto di rosso, simbolo della potenza generatrice della natura, ed era detto Priapus rubicondus. Rosso, forse come il colore dell’acqua del fiume che conosciamo come Rubicone, l’antico Rubico.’ Irma sorrise a labbra strette. In me era una ridda di pensieri che si accavallavano, confusamenre: il corridoio rosso , il Rubicone, Priapo col suo fallo eretto, la camera di Piero al di là del corridoio, del Rubicone’ ancora’ Priapo’ Piero’ e il corridoio rosso, il Rubicone che ci divideva’ Venni strappata da questo arzigogolo sconclusionato dalla voce di Giulio. ‘Domani conto di andare al Centro del Calcolo, a Forlì.’ Irma poggiò la mano sul braccio del marito. ‘Perché non ci andiamo tutti? Mentre lui &egrave al Centro, noi potremmo visitare la città, Forl’, l’antica Forum Livii, fondata, si dice, da Livio Salinatore. Potremmo andare al museo, a San Mercuriale, e poi al ‘Vecchia Forlì’ a mangiare il pasticcio alla romagnola” Si infervorava. Piero non era affatto entusiasta di quella che chiamava una ‘inutile faticata’. Preferiva restare al mare. Anche io non vedevo il motivo, con quel caldo, di lasciare le comodità del Waldorf. Irma era visibilmente stizzita. ‘Vuol dire che andrò io con Giulio!’ Piero alzò le spalle. ‘Divertiti!’ S’era formata una certa intesa tra Giulio ed Irma: sulla spiaggia, al ballo, ed ora a Forlì. Chissà se se la intendevano. Strano, ma non ero gelosa di mio marito, anche perché non ritenevo che si sentisse attratto da quella invadente fastidiosa.
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Ero dietro i vetri del balcone, nella corta e trasparente camicia da notte. Giulio e Irma erano saliti in auto, stavano uscendo lentamente dal parcheggio. Andai a sedere sulla sponda del letto, guardai l’orologio. Le otto, abbastanza presto, chissà cosa stava facendo Piero. Piero, dall’altra parte del corridoio, al di là’ trans’ transrubiconem! Aprii appena l’uscio della sua camera, così com’ero, mi gettai sulle spalle una vestaglia, andai a bussare alla porta del fratellino. Nessuna risposta. Afferrai la maniglia. Si abbassò, la porta si aprì, entrai in punta di piedi: letto vuoto, il lenzuolo semiripiegato. Dalla doccia perveniva lo scroscio dell’acqua. Piero, sicuramente, era lì, sotto la doccia. Mi avvicinai al letto. Odore di lui, di Piero. Sedetti, misi la testa sul cuscino che recava ancora i segni del suo calore. Mi sdraiai. Avevo varcato il Rubicone! Gettai per terra vestaglia e camicia, tirai il lenzuolo sul capo, rimasi così, nascosta, col cuore che mi squassava il petto. Sentii che lo scroscio dell’acqua era cessato, che la porta della doccia si apriva, spiai, sollevando cautamente un lembo. Piero, appena avvolto in un asciugamano, bello come una statua greca. Si avvicinò lentamente al letto, alzò il lenzuolo. Spalancò gli occhi, sbalordito. ‘Tu? E cosa ci fai qui?’ ‘Ti aspettavo, Piero’. Ti aspetto da una vita’!’ Afferrai la sua mano, lo tirai con forza, cadde su di me. L’asciugamano che gli cingeva i fianchi s’aprì. Carne contro carne, pelle contro pelle’ Ebbe un momento di confusione, di imbarazzo’ mi guardava stupefatto sbalordito, disorientato, turbato’ ma quel contatto, la mia nudità’ non so’ certo &egrave che stava rapidamente ed evidentemente eccitandosi’ allungò timidamente una mano, mi carezzò il volto, i capelli’ poggiò il capo sul mio seno’ lambì un capezzolo’ sempre più insistentemente’ lo prese tra le labbra’. Cominciò a suggerlo’ sempre più golosamente’ dischiusi le gambe’. Una sua mano le raggiunse, vi si intrufolò, curiosa, fremente’. Senti quanto rorido fosse il mio sesso, io, lentamente, ma inesorabilmente, lo attiravo su me, gli presi il fallo, lo portai dove volevo, inarcai il bacino’. Entrò in me’. Finalmente! Finalmente! Restò un attimo fermo, gli andai ancora incontro, e sentii che mi stava possedendo, con impeto, con voluttà” Finalmente! Qualcosa m’invadeva la mente. I sensi, il respiro’. Sentivo che mugolavo, roca, gorgogliavo non so ché’. Ecco’ stava sopraggiungendo sconvolgente’ ecco’. Si’. Siiiiiiiiiiiiiiii’.Piero’. Pieroooooooooo’. Amore, amoreeeee’. Eccoooooooooooooo! Forse, anche se per un istante, dovetti perdere conoscenza, ma mi riebbi subito, non potevo, non dovevo perdere quei momenti di ebbrezza sconosciuta, inimmaginata’. Era la prima volta che il seme d’un maschio’.. No! Quello di Piero’ quello di Piero’ si spandeva in me nello stesso attimo che il mio grembo deliziosamente sconvolto distillava e gli testimoniava il piacere che sapeva donarmi e che volevo donargli. Rimanemmo così, a lungo. Momenti che valgono una vita. Piero mi guardò. Era bellissimo. Che occhi, che sguardo: piacere, ebbrezza, tenerezza e come un dolce senso di preoccupazione. ‘Cosa abbiamo combinato, bambina mia’ cosa’.’ Era ancora in me, profondamente, e’. pulsava’. ‘E’ stato bellissimo, Piero’. Meraviglioso’.’ ‘Si, amore mio’ sublime, splendido, divino, inarrivabile’ ma’. Ci rendiamo conto di cosa abbiamo fatto?’ ‘Pentito?’ Scosse il capo, pensosamente, assorto, sperduto in chissà quali pensieri. ‘No, non posso dire pentito, ma sbalordito’ qualcosa di imprevisto ‘ Tu?’ ‘Amaramente’. pentita” Mi fissò quasi con spavento. Contrassi le pareti vaginali, lo strinsi, lo munsi. ”.sì’. pentita’. pentita di aver atteso tanto’.!’ Piero deglutì, più volte. Mi strinse forte a sé, e così abbracciati fece in modo di mettersi supino, senza lasciarmi, senza uscire da me.
Una cosa meravigliosa.
Rubico transgressus est.
Il Rubicone é stato attraversato. Non c’é più. Non esiste più
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