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Racconti erotici sull'Incesto

In famiglia

By 4 Luglio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Mamma e zia

Da quando io e mia madre abbiamo cominciato ad amarci, la mia vita e’ cambiata, eccome!
Uno di questi giorni vi raccontero’ come e’ successo.

Stavolta voglio invece raccontarvi di quando la zia Clara venne a trovarci dopo uno dei suoi viaggi. Prese immediatamente possesso della stanza degli ospiti e, irruente com’era, anche del resto della casa. Quando rientrai, verso sera, le trovai, lei e mia madre, parlando fitte fitte, sedute sul divano. La zia teneva le mani di mamma nelle sue. Appena mi vide venne ad abbracciarmi, stringendomi con forza sul suo seno abbondante.
“Giorgio, caro! Fatti abbracciare” e giu’ bacioni umidi “Ma come sei cresciuto! Vero Maura che e’ cresciuto parecchio?” non lasciava mai parlare nessuno. Mi trascino’ vicino a lei sul divano continuando a raccontare del suo ultimo viaggio. Ogni tanto mi strizzava un ginocchio o mi dava una gomitatina nelle costole quando voleva sottolineare qualcosa. Dopo un po’ si alzo’ dicendo che si sarebbe fatta un bagno prima di cena.Io ne aprofittai per andare in camera mia. Avessi saputo che mia madre le aveva raccontato tutto di noi, non mi sarei certo messo in questa situazione ma io non lo sapevo e la zia era una gran figa. Il saperla nuda in bagno mi stimolava. La porta del bagno non aveva chiave, noi non lo chiudevamo mai. Aveva pero’ un bel buco della serratura. Cosa non avevo pensato era che lei potesse accorgersi della mia ombra atraverso la porta a vetri. Il vetro era smerigliato ed io ero al buio ma, in qualche modo, si accorse di me. Quando non lo so, con il senno del poi penso si sia accorta di me ma mi abbia concesso lo spettacolo per poi arrivare a fare quello che successe. Comunque mi godetti la vista della zia nuda che si sciaquava e poi si asciugava massaggiandosi tettone e chiappone. La zia aveva tutto abbondante, anche il pelo rosso scuro tra le cosce. Giro’ la schiena e si curvo’ ad asciugarsi le gambe, mostrandomi tutta la bellezza del suo culone con l’occho scuro in mezzo alle chiappe, anche lui contornato di peletti rossi. Come pelose erano le labbrone del ficone che si mostrava al di sotto. Naturalmente mi venne duro e sempre naturalmente cominciai a menarmelo. Ero talmente preso che non mi resi conto che, indossata la vestaglia, sarebbe uscita. Lo fece talmente rapida che riuscii appena a reinfilare l’uccello nei pantaloni e lei era gia’ fuori.
Mi acchiappo’ per un orecchio e mi trascino’ di la’ facendo una scenata.
“Brutto porco…cosa facevi dietro la porta? Mi spiavi vero? Forza, dillo cosa facevi? Maura l’ho beccato a spiarmi dal buco della serratura. No, non provare a negare…” mi torceva l’orecchio con una certa forza. Allora credevo che facesse sul serio. Non notai neanche lo sguardo divertito di mia madre che cercava di rimanere seria. Naturalmente la zia non lasciava parlare nessuno.
“….porco, spiare la zia nel bagno! Dillo su….dai dillo cosa facevi. Tanto lo so che facevi lo sporcaccione…siete tutti uguali voi ragazzi. Avanti..!!
Ammettilo…cosa stavi facendo?”

“Beh… ecco… io … veramente … io mi facevo una sega …”
“Allora adesso mi devi far vedere cosa facevi. Tu hai visto me, ma io non ho visto te!!”
Cosi dicendo mollo’ l’orecchio e allungo’ le mani sulla mia cerniera, mentre io mi divincolavo, senza avere nessuna voglia di sfuggirle. Avevo capito tutto! Stetti al gioco. Naturalmente il mio affare aveva già preso una certa consistenza e non era facile tirarlo fuori cosi. Lei non si perse certo d’animo. Mi fece alzare in piedi ed in un sol colpo mi abbassò pantaloni e mutande lasciandomi lì, mezzo nudo, l’uccello teso di fronte a loro che sghignazzavano.
“Forza! Cosa aspetti? Brutto segaiolo! Fatti un segone di fronte alla tua zietta che ti mostra le tettone. Vedi come sono belle?” Se le sollevava pizzicandosi i capezzoli “Dai che se sei bravo ti faccio vedere qualcos’altro! Che ne dici di vedere la mia ficona a quattr’occhi?” Guardai mia madre con aria disperata. Lei mi strizzò l’occhio mentre la zia scoppiava in una risata rauca. Cominciai a menarmelo lentamente mentre la zia si faceva ancora più rossa in faccia. Guardando fisso il mio uccello si massaggiava le tettone poi, come se avesse preso una decisione improvvisa, si slacciò la vestaglia e spalancò le gambe, mettendo in mostra la ficona rorida di umori.
“Guarda, tesorino di zietta tua! Guarda che roba!” disse cominciando a palparsi. Con una mano se la teneva aperta, mentre con l’altra si sgrillettava. “Mi è sempre piaciuto un mondo guardare i ragazzi menarsi il pisello. Pensa che da ragazzina spiavo già mio fratello, tuo padre, che aveva solo un paio d’anni più di me, ma un pisellone già bello grosso, quando si faceva le seghe in bagno. Un giorno si dimenticò di chiudere la porta. Entrai e gli chiesi se potevo fargliela io. Mi accontentò. Chiusi la porta, mi sedetti sul water e glielo presi in mano. In pochi minuti facevo spruzzare il mio primo cazzo. Non vi dico come mi sentivo! Già allora provai una sensazione simile ad un orgasmo. Da quella volta gliene feci almeno due al giorno. Poi lui mi insegnò a fare i bocchini. Mi piacquero talmente che lo tormentavo perché se lo facesse succhiare. Ci mettevamo tutti e due nudi, e mentre lo succhiavo lui mi toccava la patatina ed il culetto. Alla notte spiavamo i nostri genitori che facevano l’amore. Lui da dietro me lo infilava tra le cosce, come se stessimo scopando. Qualche tempo dopo Gianni mi portò a giocare con lui ed i sui amichetti preferiti. Facevo da arbitro nelle loro gare a chi sborrava più lontano. Naturalmente ero io a menare i tre uccelli. Per premio il vincitore aveva diritto a leccarmi la patatina. Ah che bei tempi!”
Intanto si menava il grilletto, mentre mia madre aveva portato anche lei la mano tra le cosce e assunto quell’aria da porcona che conoscevo bene.
“Maura, tesoro! Vieni qua a leccarmela un po’!”
Mia madre si alzò obbediente e si accoccolò tra le sue gambe aperte, tuffando la testa nella spacca, testa che la zia strinse tra le mani. Continuando a menarmelo mi avvicinai a loro. La zia aveva gli occhi chiusi.
“Oooh! Cosi, brava! Dunque …. dicevo ..? ..Ah, si! E poi ho avuto la mia prima amichetta. Ho leccato la mia prima fichetta, le prime lesbicate, le prime orgette. Gianni ci ruppe prima il culetto, poi ci fece la patatine nuove, a tutte due. Passavamo giornate intere a scopare e succhiarci. Fu una giornata in campagna. Avevamo invitato la mia amica a passare il fine settimana da noi. Fu l’occasione giusta per presentarle l’uccello di Gianni. Lei era una gran vogliosa, ma aveva sempre avuto paura dei ragazzi. Colpa dell’educazione famigliare. Uscimmo nel bosco ed appena arrivammo al posto giusto dissi a semplicemente a Gianni di spogliarsi, che lei non aveva mai visto un uomo nudo. Un attimo e Gianni si presentava nudo e in tiro. Lei non di fece certo pregare e si lancio’ nel suo primo bocchino. Messeci nude anche noi fu tutto un toccarci e leccarci per un po’. Poi io e Gianni decidemmo che era venuto il momento e, mentre io e lei facevamo un sessantanove, Gianni ci apri’ il culo ad entrambe. Il giorno dopo in una cascina, in mezzo al fieno profumato, ci fece donne. Fu come la rottura di una diga. Mi accorsi che potevo avere tutti gli uomini che volevo. Anche le donne erano facili. Mi diedi alla pazza gioia, e continuo ancora adesso, sfruttando tutte le occasioni. Prima compagni di scuola, poi colleghi di lavoro, mi cadevano tutti tra le cosce come mosche, uomini e donne. Forse sono ninfomane, ma preferisco considerarmi oversexed, un piccolo problema di ormoni. Ti ricordi, Maura quando ci siamo realmente conosciute?
Tu uscivi già con Gianni che era diventato quasi monogamo. Una sera ad una festa ti si rovesciò del liquore addosso ed io offrii di aiutarti. Fu come mettere assieme il fuoco e la benzina. Ci trovammo invischiate in una lesbicata incandescente. Gianni ci trovò e non esitò a farci la festa. Mmmm… solo a pensarci… mmmm … oooh …mmmm, mi viene da godere…! Più svelta, Maura! Mmmm …dacci dentro!… Mmmm… Giorgio presto!… Vieni qui… Mmmm… Presto… dammelo in bocca! Presto!”
Spalancò gli occhi e mi afferrò per l’uccello.
“Mmmm… Mio Dio!…Mmmm…” Me lo succhiava e menava con foga.
“Mmmm…Dio!…Sto godendo!…Mmmm..” mugolava menando e succhiando.
Sentii anch’io l’orgasmo raggiungermi, l’afferrai per la testa e glielo spinsi tutto in bocca, spruzzandole in gola. Senti le gambe che mi cedevano, gli urli soffocati della zia che godeva anche lei. Con la vista ancora un po’ appannata vidi mia madre seduta per terra, sollevare la testa e leccarsi le labbra, la zia scosciata sul divano che si succhiava le dita, due goccioline di sborra le colavano dagli angoli della bocca, sorridevano beate.
“Ragazzi che goduta!” esclamò “Penso proprio che noi tre facciamo un trio perfetto! Che musica!”
“Lo penso anch’io, mia cara!” disse mia madre “Ma cosa ne direste ora di dare una bella ripassata pure a me? Ho la fica in fiamme.” Cosi dicendo si sdraiò a terra, le gambe spalancate, la mano sfruculiando il pelo nero.
“Tesoro! Perdonami! Che egoista che sono! Ma ora rimedio subito!” E si tuffò tra le cosce aperte della mamma, lappando come una cagna tra i sui urletti e gemiti. Per far ciò si era inginocchiata per terra, il suo culone per aria. Mi avvicinai per ispezionarlo meglio. Mi sentivo sempre più attratto dai culi. Mi inginocchiai dietro di lei palpandole le chiappe. Le infilai una mano nel solco, giù fino alla ficona gonfia come una spugna. Strusciai, pastrugnai, poi mi misi a leccare abbeverandomi del suo sugo denso. Spostai la mia attenzione sul bersaglio originale di quella escursione. La slargai ben bene e presi a slinguarle il buco che cominciò a pulsare come un cuoricino. Un forte mugolio soffocato accolse la mia iniziativa.
“Siii! Cosi! Succhiamelo tutto…!” uggiolò la zia e si rituffò a leccare e mordere la fica di mia madre. Succhiavo e slinguavo, la mia lingua le entrava tutta nello sfintere rilassato, accompagnata da scrollate di culo. Lentamente, tra un gemito ed un mugolio avevano cambiato posizione. Me ne accorsi quando una lingua venne a raggiungere la mia. Guardai giu. Mia madre si stava lappando la ficona sugosa. Risentii vita risalire il mio cazzo morto fino ad allora. Una sua mano lo raggiunse e me lo accarezzò dolcemente. Un attimo ed era duro come una pietra Si succhiavano come cagne in calore. Guidato dalla sua mano mi misi in posizione dietro la zia. Me lo faceva scivolare su e giù tra culo e fica, ogni tanto le infilava la cappella per poi farsela scivolare in bocca, poi la appoggiò al buco che tenevo sempre spalancato con le dita. Velocemente inserì la cappella. Il buco si dilatò prontamente, senza sforzo. Diedi un colpo di reni e l’infilzai fino all’elsa. Tutto dentro! Un urletto accolse la mia penetrazione, i suoi fianchi cominciarono a muoversi al ritmo delle mie cappellate. La lingua di mia madre correva dalle mie palle al mio culo, alla fica grondante della zia, nella quale stantuffava due dita.
I gemiti si fecero più forti e pressanti, i movimenti più veloci, urletti, grugniti, mugolii li accompagnavano. La mamma urlò per prima il suo piacere mordendomi una coscia, seguita dalla zia che mi afferrò le palle come se volesse mettersi dentro anche quelle. Mentre si accasciava diedi un paio di colpi a fondo e venni anch’io grugnendo come un maiale. Mia madre mi ripulì dai residui del mio orgasmo e si gettò a succhiare il liquido gocciolante del culo sfondato.
“Ragazzi che goduta!” esclamò la zia appena ritrovata la voce, dirigendosi carponi verso il divano, dove si stravaccò. “Mio caro..” disse poi rivolta a me “.. sembra proprio che tu stia imboccando la strada giusta. O almeno il buco giusto!!” Sghignazzarono.
“Per forza!” risposi “Con maestre come voi… chi non imparerebbe!?”

Gianni e Dorina

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Io e mia madre

Avevo promesso che ve l’avrei raccontato come era incominciata….ecco qua!
Mio padre era morto in mare da un paio d’anni, ma grazie all’assicurazione ed ai suoi investimenti oculati, io e mia madre conducevamo un’esistenza tranquilla nella nostra casetta.

Era primavera, la stagione degli amori. A scuola, noi ragazzi non facevamo altro che tormentare le ragazzine, che si sarebbero disperate se non lo avessimo fatto. I nostri discorsi vertevano soprattutto su donne misteriose che, segretamente, soddisfacevano i nostri più ardenti desideri. La notte, solo nel mio letto, esse prendevano corpo e forme, mentre la mia mano scendeva ad accarezzare il mio desiderio tumescente, fino a scioglierlo in un caldo e liquido orgasmo. Spesso avevano un volto dolce, incorniciato da lunghi capelli neri, due labbra rosse e morbide, gli occhi verdi e lucenti: il suo volto.
I rapporti con mia madre erano molto aperti, non turbati da falsi pudori, con grande rispetto, confidenza e fiducia reciproca. Io le raccontavo le mie avventure ed i miei sogni, giravo nudo per casa e lei quasi; se facevamo il bagno assieme lei indossava solo un ridottissimo bikini. Mi aveva insegnato tutto quello che sapevo, tutto quello che potevo capire allora. La nostra esistenza scorreva cosi: tranquilla.
Un giorno, tutto questo io lo seppi in un secondo tempo, venne a trovarla sua cognata, la zia Clara. Loro erano molto legate e la zia veniva spesso quando non era in viaggio. In poche parole la zia le ricordo’ che era ancora una bellissima donna e che non poteva passare il resto della sua vita a ricordare qualcosa che non c’era piu’. Doveva farsi forza e ricominciare. Trovarsi un uomo, vivere di nuovo. Quello stesso giorno, quando tornai a casa lei era fuori. Trovai un biglietto: “Vado ad accompagnare la zia. Stasera a cena una sorpresa. Mamma” Ero solo in casa per un po’. Proprio quel giorno un’amico mi aveava passato una rivista porno. Ne avrei aprofittato subito per tirarmi un bel segone in santa pace. Nudo, mi sdraiai sul divano. Mi ero steso un fazzoletto sullo stomaco per raccogliere l’evidenza. Sfogliando la rivista cominciai a menarmelo, lentamente, con lunghe segate che facevano scorrere la mia mano da cima a fondo. Senza accorgermi del tempo che passava sfogliavo riempiendomi gli occhi e la mente di fiche spalancate, culi oscenamente aperti, bocche fameliche, cazzi sbrodolanti. Aumentai il ritmo lentamente com il crescere dell’eccitazione fino a raggiungere l’apice in un parossismo di manate velocissime. Arcuandomi spruzzai tutto il mio piacere nel fazoletto. Stavo ancora riprendendo fiato che seniti il ruggito del motore della macchina di mia madre. Feci giusto a tempo ad infilarmi un paio di calzoncini, nascondere la rivista sotto il cuscino, accendere la televisione e sedermi con l’aria piu’ tranquilla del mondo.
“Cosa stai facendo?” disse lei entrando
“Niente, un po’ di tv.” Cazzo..!! Avevo ancora in mano il fazzoletto zeppo di sborra. “Cos’hai portato per cena?”
“Vediamo se indovini..!!”
La seguii in cucina infilando il fazzoletto nel portaombrelli. L’avrei recuperato alla prima occasione.
“Mmmm,…. visto che sei andata alla stazione…li vicino c’e’ la macelleria…..cavallo!!” esclamai “Il mio preferito!!” adoravo la carne cruda di cavallo.
“Bravo…! E una bella insalatina fresca.”
Mentre lei preparava mi infilai in bagno per darmi una sciacquata. Mi sentivo un po’ apiccicoso. Dopo cena passammo la serata di fronte alla tv. Sul divano del peccato. Io sdraiato con la testa sulle sue gambe, lei che mi arruffava i capelli. Poi ce ne andammo a letto.

Il giorno dopo, nel pomeriggio me ne stavo in giardino a leggere, sdraiato al sole primaverile.
“Tesoro!” chiamò mia mamma “Vieni un attimo qui.”
“Arrivo subito.” Risposi.
Entrai in camera. Era seduta in poltrona. Indossava la vestaglia azzurra che le lasciava scoperte buona parte delle gambe accavallate.
“Siediti qui!’ disse battendosi la mano sul ginocchio “Ti devo dire delle cose importanti.”
Mi sedetti, un braccio intorno al suo collo, domandandomi cosa diavolo fosse successo. Lei mi coccolò un po’ facendomi appoggiare la testa sulla sua spalla, massaggiandomi il petto nudo, scendendo con la punta delle dita sotto la cintura dei calzoncini. Quando mi sentì rilassato cominciò con voce calma, dolce e suadente.
” Sai, ho deciso che da oggi non sarò più solo una madre, ma anche una compagna, un’amica, una maestra…”
” Mamma!” la interruppi “Lo sei sempre stata!”
“No!” riprese lei “Lasciami finire. Sarò una maestra, amica e compagna speciale. Io credo che tu sia un ragazzo maturo abbastanza da capirmi. Io stessa ti ho spiegato molte cose. L’altro giorno, parlando con la zia, ho capito che non potevo più andare avanti così, che avevo bisogno di ricominciare a vivere. Tuo padre è morto, non cesserò mai di amarlo e mi mancherà per sempre, ma la vita continua e, per il mio ed il tuo bene devo girare l’angolo ed ho bisogno del tuo aiuto.”
La sua voce si era arrochita per l’emozione che quelle parole le causavano. Anch’io sentivo un nodo alla gola.
“Quello che mi ha definitivamente convinto” riprese “è quello che è successo ieri!…Capisci?”
Si interruppe e mi sollevò il volto verso il suo, continuando ad accarezzarmi la schiena.
“Stamattina sotto il cuscino del divano ho trovato questo..” e mi mostro’ la rivista porno, che teneva dietro la schiena “…e poi ho trovato questo nel portaombrelli…” Oddio mi ero dimenticato di tutto, anche del fazzoletto sporco di…
Mi guardò fisso negli occhi. Mi sentii infiammare dalla vergogna, se avessi potuto avrei scavato un buco profondo per nascondermi e non uscirne più. Assentii e nascosi il volto contro la sua spalla abbracciandola forte.
Mi accarezzava di nuovo la testa.
“Dai ora…lo so che non sei piu’ un bambino…solo non mi ero resa conto di quanto fossi cresciuto…! Una madre e’ sempre l’ultima a rendersene conto..”
Cominciai a singhiozzare contro la sua spalla. Lei mi sollevò il viso, mi baciò sulle guance bagnate dicendo:
“Non piangere! Tutti i ragazzi della tue eta’ fanno certe cose. Voi giovanotti siete sempre eccitati e non sempre ci sono delle ragazze in giro pronte ad aiutarvi. Dai raccontami un po’ delle tue amichette.” Mi rinfrancai un poco al suono della sua voce. Dapprima con voce rotta, poi sempre piu’ calmo le raccontai delle poche avventurette che avevo avuto. Mentre raccontavo le sue mani si introdussero nei miei pantaloncini, dapprima accarezzandomi la parte alta delle natiche, poi le cosce, fino ad arrivare ai peli del pube. Quando terminai, accrezzandomi l’uccello duro attraverso la stoffa disse:
“Giorgio! Guarda come ti è diventato duro..!!” Esclamo’ ” Fai vedere…” E con una mossa tanto rapida quanto imprevista, mi abbassò i calzoncini ed il mio cazzo svettò eretto e libero. Rimasi bloccato, rigido, senza parole. Con mano delicata ne accarezzò i contorni e la punta. Cingendolo con forza lo scappellò e fece scorrere la mano fino a toccarmi le palle, poi ripetè il movimento in senso inverso, aumentando gradatamente il ritmo. Mia madre mi stava facendo una sega! Ero ancora tutto scombussolato, l’eco delle sue parole mi rintronava ancora in testa. Finalmente le sensazioni che ricevevo dalla sua carezza divennero più forti, un’ancora, un punto su cui fare riferimento, su cui costruire. All’improvviso tutto mi apparve chiaro e semplice, avevo capito! Aveva bisogno di me, del mio aiuto. Come potevo negarglielo? Chinai lo sguardo e vidi la sua mano che saliva e scendeva, la mia cappella coprirsi e scoprirsi ritmicamente. Le sorrisi facendole capire che avevo capito. Non riuscivo ancora a parlare. Il piacere era troppo grande. Lo sentii risalirmi dai lombi…
“Mammaaa! Oooh! Mammaaaaaaa!”…gemetti esplodendo in un copioso getto che le inondò la mano e si posò sul mio ventre. La strinsi forte , ci sorridemmo felici, cercavo qualche cosa da dire, senza riuscirci. Mi strinse forte e abbasso’ la bocca sulla mia, le nostre labbra si incontrarono, poi le nostre lingue. Non era il primo ma certo fu il più bel bacio della mia vita. Mentre le nostre lingue si intrecciavano guizzanti, lacrime di gioia rigavano le nostre guance. L’istinto aveva preso il comando. Lasciavo vagare la mia lingua tra le sue labbra, mentre la sua mi riempiva la bocca ed il cervello di sensazioni paradisiache.
Quando ci staccammo eravamo senza fiato.
“Ora siediti.” Disse alzandosi e spingendomi verso il letto. “Dobbiamo fare le cose con calma se vogliamo farle bene. Siamo come una coppia in luna di miele, con te nella parte del partner vergine. Il tempo non ci manca.” Era di fronte a me, le mani sui fianchi. “Ora ti farò vedere come è fatta una donna, tutti i piccoli e grandi segreti di un corpo femminile; ti insegnerò a conoscere il mio corpo e tu mi insegnerai a conoscere il tuo.”
Cosi dicendo slacciò la cintura della vestaglia e, voltandomi le spalle, la lasciò cadere. Apparvero cosi alla luce la sua schiena liscia, le sue natiche rotonde e sode, le sue cosce affusolate. Si girò coprendosi il pube con le mani. Fece due passi lasciandomi ammirare i fianchi snelli ed il ventre che appena cominciava ad arrotondarsi. Scoprì i seni e li accarezzò con una mano. Erano belli grossi, svettanti verso l’alto, con due capezzoloni bruni in mezzo a due piccole aureole leggermente più chiare. Dopo quella che mi parve un’attesa lunghissima, scoprì il pube, coperto da un rigoglio di pelo nero. Cercavo di ignorare l’erezione imperiosa che comandava attenzione. Fece ancora due passi, lasciandosi rimirare da tutte le parti.. Si fermò di fronte a me, le gambe leggermente divaricate, accarezzandosi i seni, tormentandosi i capezzoli.
“Vedi?” disse “I capezzoli sono la prima cosa che si nota in una donna eccitata. Si irrigidiscono, si allungano, arrivano al punto di dolere se vengono trascurati.” Allungò una mano sul mio uccello duro. “Proprio come questo.” Mi accarezzò per un attimo, poi si sdraiò accanto a me che continuavo a guardarla, immobile, la bocca socchiusa, il cazzo dritto e vibrante, attento a non perdere un gesto, una parola.
“Se poi la donna la puoi avere vicino, basta posare la mano qui.” Disse accarezzandosi leggermente l’inguine, le gambe ancora chiuse. Qui una donna eccitata si bagna, più è calda e più si bagna. Io sono tutta inzuppata.” Sorride mostrandomi la mano umida. ” Basta aprire un po’ le gambe perché anche lei si apra come una conchiglia vogliosa di essere penetrata dal mare.”
E cosi fece. Dischiuse le gambe lentamente, fino ad averle mezze aperte. Lentamente vidi la sua vulva schiudersi, aprirsi, mostrare le grandi labbra carnose ed ornate di peli, le piccole tenere e rosee, infine la coppa del piacere dove infinite goccioline mostravano la sua eccitazione. Appoggiò l’indice su di un punto nella parte più alta. Si accarezzò dolcemente con la punta del dito.
“Questo” disse con voce arrochita ” è il mio grillettino!”
Continuavo a guardarla senza parole, la bocca aperta, la mano aveva inconsciamente raggiunto il cazzo bisognoso di sollievo.
“Questo” continuo’ lei sempre accarezzandosi “è il centro del piacere. Da qui ogni donna parte per raggiungere l’orgasmo.”
Smise di toccarsela ed allungò la mano per fermare la mia ormai lanciata.
“Aspetta!” disse “Aspetta!”
Divaricò le gambe al massimo, le sollevò mentre con le mani si apriva ancora di più la fica, facendomela ammirare in tutta la sua bellezza. Più sotto vedevo occhieggiare il suo ano piccolo, bruno, chiuso e rugoso, circondato da una corona di peletti neri.
Mi prese le mani, diede due colpetti sul mio uccello gocciolante, poi, guardandomi dritto negli occhi, disse con voce dolce ma sempre roca:
“Oggi sto cercando di tornare donna! Ci provo oggi, con te! Sai, stamattina mi sono messa davanti allo specchio come non facevo da molto tempo, mi sono aperta tutta, mi sono guardata e qualcosa si è aperto nella mia mente, una porta chiusa da quando tuo padre è morto. Mi sono toccata e….. come una pazza…… ho goduto! Ora….” disse con la sua voce sempre piu’ roca e sensuale “..ora accarezzami! Fammi godere!!”
Condusse le mie mani sui suoi seni e ve le abbandonò. Mentre cercavo di trovare il coraggio di muovermi, spinto dai miei sensi in fiamme, lei prese a giocare con il mio inguine infuocato, le palle indurite, fino a scendere a grattare con l’unghia il mio forellino posteriore. Non ero ancora sicuro che non fosse un sogno. Era davvero mia! Sentivo i sui seni morbidi sotto le mie mani, i sui capezzoli turgidi tra le dita. Un istinto ancestrale mi spinse a posare la bocca su quelle colline ansimanti e a succhiare, succhiare e leccare, leccare e mordicchiare quei seni che anni prima mi avevano nutrito. Mentre la mia testa si perdeva, le mie mani, munite di volontà propria, scesero lungo i fianchi, sul ventre liscio, s’inanellarono le dita di peli morbidi. Lei con una mano mi accarezzava la schiena, la nuca; l’altra si trastullava con il mio bastone di carne. Una delle mie mani risalì a giocare con i seni, l’altra si infilò lentamente, delicatamente, nella fessura bruciante. Appoggiai una guancia sul suo vello, inalando a pieni polmoni l’afrore muschiato della sua femminilità. Introdussi le dita tra le grandi labbra che si dischiusero al mio tocco. Le feci scorrere su e giù, da cima a fondo, poi mi impadronii del suo clitoride. Strinsi tra le dita la piccola bacca, la lambii con la lingua, la presi tra le labbra, succhiandola come se fosse una caramella e introdussi un dito in profondità nella sua vulva rorida di umori. Prima uno, poi due, mentre lei aumentava il ritmo del saliscendi sul mio cazzo. Cercai di muovere le dita al suo stesso ritmo, succhiandole famelicamente il grilletto. I nostri respiri si fecero ansanti, rantolanti. I suoi gemiti divennero mugolii frenetici, sentivo il piacere salire, salire da tutti i punti del mio corpo per concentrarsi in uno solo, pompato dalla sua mano instancabile. Ed esplosi! Mi irrigidii, spinsi le dita più a fondo che potevo, le morsi il grilletto, fiottando tra le sue dita. Immediatamente dopo anche lei si inarcò gemendo forte. Mi inondò la mano di un liquido caldo e vischioso.
“Aah! Tesoro! Godo! Bambino mio! Godo! Godo!”
Mossi ancora un po’ le dita accompagnando il pulsare della fica. Sollevai la testa e la guardai. Era più bella che mai. I sui occhi brillavano di una pace immensa, le sue labbra socchiuse scintillavano. Mi cinse il collo attirandomi a sé. Le nostre bocche si unirono in un bacio che esprimeva tutto quello che sentivamo l’uno per l’altra. Mi appisolai appoggiato al suo seno.

Quando mi svegliai lei non c’era. Mi sentivo tutto illanguidito. Una doccia mi rimise in sesto e la raggiunsi in cucina. Stava sfaccendando sui fornelli, canticchiando una vecchia canzone. Indossava solamente un grembiule che la copriva, a malapena, davanti. Dio! Come era eccitante! Mi sembrava ancora più bella. Andai subito in tiro.
Si girò e mi vide.
“Ehi! Bene alzato!” e indicando il mio cazzo duro “Brutto porcello! Non mi dirai che ne hai ancora voglia? Guarda che devi farci l’abitudine a vedermi girare nuda! Sono sicura che tra qualche giorno preferirai andare a fare il bagno invece di giocare con la mamma!” Ridacchiando si avvicino, mi diede un bacino ed un buffetto sul paletto.
“Forza, a tavola! La cena è pronta!” Mi accorsi di avere una fame da cavallo.
Aveva preparato una cena robusta. Non c’é come il sesso a mettere appetito.
Mangiando parlammo del nostro pomeriggio, scambiandoci impressioni e sensazioni.
Mi sentivo improvvisamente adulto, libero e felice. Dopo cena sedemmo in salotto a guardare la tele come facevamo tutte le sere. Certo che la mia mente era da tutt’altra parte. Ero sdraiato sul divano, la testa sulla sua coscia, mi accarezzava la fronte ed io la gamba. Naturalmente eravamo nudi e naturalmente l’avevo duro, ma lei l’ignorava.
Passammo alcuni minuti in silenzio, ma sentivo che era agitata. Improvvisamente si mosse e mi allungò una sigaretta.
“Teh! Fumatene una! Cazzo! Se hai l’età per scopare puoi anche fumare!”
La presi in silenzio. L’accesi insieme a lei. Fumammo. Quel suo accenno a scopare mi aveva messo in subbuglio. Ci guardammo. Il suo sguardo luccicante mi confermò che i suoi pensieri corrispondevano ai miei. I sensi mi si infiammarono. Mi resi conto che ce l’avevo duro come una pietra. Il suo respiro si fece affannoso, i capezzoli se le erano irrigiditi, le guance arrossate. Restai seduto mentre si alzava e spegneva la televisione, i miei occhi sulle sue chiappe sode. Si girò verso di me.
“Vieni! Andiamo! Ti devo insegnare qualcos’altro.”
La raggiunsi, la presi per mano e la seguii in camera. Si girò e mi abbracciò, abbassando la testa per baciarmi. Allora ero più basso di lei. Il mio uccello duro si perdeva tra le sue cosce. Solo alzandomi in punta di piedi riuscivo a sfiorarle il nido peloso. Sempre baciandomi mi spinse sul letto. Mi fece sdraiare e si inginocchiò al mio fianco.
“Chiudi gli occhi. Rilassati!” disse con voce suadente e sensuale “Non pensare a niente e soprattutto stai zitto!” mi ordinò.
Si stese sopra di me, le tettone morbide schiacciate sul mio torace, il mio uccello che spingeva contro il suo ventre. La sua bocca si poso’ sulla mia, la lingua forzò le labbra socchiuse rovistando dappertutto. Mi baciò su tutto il volto, violò le mie orecchie con rapidi colpi di lingua facendomi rabbrividire di piacere. Cominciavo a sussultare ad ogni nuovo guizzo del muscoletto umido. Mi mordicchiò sul collo, sui bottoncini ancora implumi che subito si raggrinzirono, scese più in basso lasciando una scia di saliva sul mio stomaco. Le sue mani scorrevano sui miei fianchi, l’uccello fu forzato a passare nella stretta valle tra i suoi seni. La lingua si insinuò nell’ombelico, lo stuzzicò e scese ancora. Mi si strisce lo stomaco in attesa, ma lei aveva altri piani. Evitando di toccarmi nella zona che più l’attendeva, mi mordicchiò un po’ le cosce torturandomi con i suoi capelli, poi mi chiese di girarmi. Obbedii. Le sue mani ricominciarono ad accarezzarmi, la sua lingua a tormentarmi lasciando fresche scie sulla mia pelle rovente. Mi morse le chiappe, me le apri, fece scorrere la lingua la in mezzo sfiorettando sul buchetto.
“Voltati ancora.” La voce se le era arrochita, si era fatta impaziente. Inginocchiata tra le mie gambe mi costrinse ad aprirle, mi accarezzò il ventre con tutte e due le mani, le palle indurite, finalmente afferrò il cazzo scappellandolo decisamente. Trattenni il respiro. Me lo slinguò tutto, chiudendolo poi tra le labbra in un cerchio di fuoco, suggendo le goccioline che lacrimavano dalla boccuccia infiammata. Mi sollevò le gambe sulle spalle per meglio succhiarmi le palle. Mi apri le chiappe, la sua bocca si applicò sul mio forellino, succhiandolo, lambendolo, forzandolo con la punta della lingua. Me lo lavorò a lungo, fino ad ammorbidirlo, poi, dolcemente vi infilò un dito.
Una scarica, come una scossa, mi attraversò, facendomi uscire tutta l’aria che avevo dentro. Gemetti forte.
“Ti piace tesoro?” mi chiese impugnando nuovamente l’uccello e cominciando a menarmelo velocemente con la mano libera.
“Oooh! Siii! Da morire!!!”
Abbassò la testa e mi inghiottì. Vidi il mio cazzo sparire tutto tra le sue labbra mentre la mano passava a massaggiarmi le palle, poi ricomparve, scomparve nuovamente. La sua testa si alzava ed abbassava sempre più veloce, il suo dito implacabile mi torturava piacevolmente l’ano. Rantolavo stringendo il lenzuolo tra le mani, rigido, sbattendo le testa da una parte all’altra. Ero tutto un fremito.
“Mammmmmaaaaa!!!!!” urlai sborrandole in bocca in un’esplosione pirotecnica.
Mugolò in risposta tenendomi stretto tra le sue labbra per non perderne neppure una goccia. Quando mi calmai sollevò la testa e si sdraiò al mio fianco, una mano a strofinarsi tra le cosce.
“A me ora! Non ce la faccio più!” ansimò.
Ripetei le sue mosse, leccandola tutta da capo a piedi, evitando di toccarla sulla fica gonfia, sostando a lungo sul suo seno, torturandole i capezzoli. E l’ombelico. Anch’io la feci girare, leccandola lungo la spina dorsale riempiendomi le mani delle sue chiappe, mordicchiandole. Come le aprii prese un cuscino e se lo mise sotto il ventre per offrisi meglio alla mia bocca. Il suo culetto palpitava davanti ai miei occhi, più sotto la fica grondava tumefatta. Assaggiai il buchino con la punta della lingua, lo aprii con due dita, vi applicai le labbra a ventosa forzando, spingendo con la lingua. Contemporaneamente le infilai due dita nella fregna fradicia. Gemeva e mugolava, roteava i fianchi, rivoli di umori le scorrevano sulle cosce. La feci rovesciare di colpo ficcandole un dito a fondo nel culo, tuffando la faccia nel pozzo fremente. Alzò le gambe e aiutandosi con le mani la aprì al massimo. Potevo infilarle la lingua nel più profondo. Mi impadronii del suo grilletto tormendandolo con forza. La mordevo, lappavo, indurivo la lingua cacciandola più a fondo possibile suggendone gli umori come un assetato. Si contorceva sul letto gemendo, sbavando, pronunciando frasi sconnesse fino a che:
“Siiiii! Godo! Vengo! Bambino mio vengo! Bevi….Figliolo….Bevi! Tieni tesoro! Siii bevi! Godo! Godo!”
Continuai a lappare sempre più svelto. Mi afferrò la testa tra le mani traendola con forza quasi volesse farsela entrare nel ventre, e venne con un fiotto di liquido caldo e vischioso, ululando ad ogni contrazione in un orgasmo senza fine.
Eventualmente si calmò e mollò la presa sulla mia testa. Ricominciai a respirare Il volto luccicante di sugo di fica.
“Mio Dio! Dio! Erano anni!” mormorava mentre la morsa delle sue mani si trasformava in una tenera carezza “Era una vita che non godevo cosi!”
Continuai a leccarla, dolcemente, dal grilletto al buchetto martoriato dalle mie dita, aiutandola a rilassarsi. Mi attiro nuovamente verso di lei. Ci mettemmo di fianco, le sue gambe attorno al mio collo, le mie intorno al suo. Le mordicchiavo le piccole labbra, trastullandomi con il suo grilletto; lei giocava con il mio uccello non ancora ripresosi. Lo prese tutto in bocca, colpendolo con la lingua intorno alla cappella. Lentamente rispose alle sue sollecitazioni. Cominciò a succhiarmelo piano ed io ricominciai a leccarla in profondità. Aumento’ il ritmo ed io la seguii. Rispondendo colpo su colpo, succhiata su succhiata, leccata su leccata, mugolando, ansimando, gemendo, le bocche incollate ai reciproci sessi non si staccavano un attimo. Con sussulti di piacere godemmo all’unisono, l’orgasmo dell’uno detonando l’altro. Ci baciammo scambiandoci i nostri sapori, ripulendoci dei residui del piacere. Ci addormentammo con la sua testa sulla mia spalla.

Gianni & Dory

Continuate a scriverci. Thorex56@hotmail.com

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