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Racconti erotici sull'Incesto

Io e mia madre sull’autobus

By 7 Dicembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Io e mia madre sull’autobus
“Se finisci presto passa a prendermi in ufficio, così torniamo a casa insieme”.
“Dovrei finire le lezioni per le sei se per te va bene”.
“Si…si va bene. Allora ti aspetto in ufficio”
Mia madre non perdeva mai l’occasione per fare il viaggio di ritorno con me.
A suo dire gli autobus che, a quell’ora sono stracolmi, pullulano di maniaci che non perdono l’occasione di appiccicarsi dietro le signore e fare i loro comodi.
Puntuale alle sei passai sotto l’ufficio di madre e l’avvertii con il telefonino che l’aspettavo alla fermata dell’autobus.
Dopo pochi minuti la vidi arrivare tutta sorridente. Era una bella donna, aveva quarant’anni, era alta e asciutta con la carne nei posti giusti, mi riscossi dai miei pensieri meravigliandomi di quegli apprezzamenti un po’ sconvenienti.
“Ce l’hai fatta ad arrivare” le dissi.
“Su non lamentarti. Ecco l’autobus.”
Salimmo e, naturalmente, non c’erano posti a sedere.
“Stammi vicino” mi sussurrò all’orecchio.
Dopo un paio di fermate l’autobus si riempì come un uovo ed io mi ritrovai incollato dietro di lei.
All’inizio non ci feci molto caso ma poi, vuoi per le spinte di quelli dietro di me, vuoi per i movimenti dell’autobus, le sue frenate ed il suo dondolio per le asperità dell’asfalto, cominciai ad avvertire una certa irrequietezza nelle parti basse che, erano a stretto contatto con il culo di mia madre.
Cercai di distogliere l’attenzione ma, in questi casi, la volontà può fare poco e niente.
Dopo poco il mio uccello era in piena erezione ed era posizionato proprio fra le sue chiappe.
Lei non poteva non accorgersene ed infatti, dopo un po’ si girò verso di me e mi lanciò un’occhiata di fuoco. Io feci del mio meglio per fargli capire che non potevo muovermi, ero incastrato in quella posizione.
Mano a mano che il viaggio proseguiva il mio uccello sfregava contro il solco delle sue natiche procurandomi un gran piacere insieme ad un senso d’inquietudine per l’assurdità della situazione.
Ad un certo punto cominciai a preoccuparmi perché la situazione cominciava a sfuggirmi di mano.
Mia madre era inviperita, lo capivo dalla sua espressione e dalle occhiate che mi lanciava.
Poco prima di scendere successe l’irreparabile. Nonostante cercassi di trattenermi il più possibile iniziai ad eiaculare copiosamente.
Quando mi ripresi sarei voluto sprofondare dalla vergogna, sentivo il contatto vischioso nei miei jeans con il leggero vestito di mia madre. La quale, inutile dirlo, era fremente di rabbia.
Arrivati alla fermata scendemmo, io mi coprii alla meglio con il maglioncino mentre la chiazza sul suo vestito era bene in evidenza. Fortuna che abitavamo lì vicino.
Entrati nel portone iniziò a riempirmi d’improperi.
“Disgraziato… e io che volevo che mi proteggessi dai maniaci… sei un porco…”
Io ero ancora frastornato. Mi sentivo completamente svuotato, una volta a casa cercai di difendermi e spiegarle che non avevo potuto fare nulla per evitarlo ma lei continuò a coprirmi d’insulti.
Poi mentre lei si ritirava in camera sua, me n’andai in bagno a risistemarmi.
Non avevo fame ed ero esausto così mi misi a letto.
Sentii mia madre trafficare in cucina, accendere la televisione ecc. Stavo quasi per addormentarmi quando si affacciò alla porta della mia camera.
“Forse ho esagerato un po’… scusami, ma sai quello che &egrave successo &egrave proprio imbarazzante. Capisco che non potevi fare niente… E poi ero anche arrabbiata con me stessa”.
“Tu che c’entri scusa?”
“Beh &egrave che dopo un po’ la cosa a cominciato a non dispiacermi… non so come dire… eravamo entrambi bloccati… non potevamo fare diversamente”
Non seppi cosa risponderle tanta era la mia meraviglia.
“Ora non pensiamoci più. Buona notte”.
“Buona notte”. Le rispose a mezza voce.
Non riuscivo a credere a quello che avevo appena sentito. Mia madre, persona sempre controllata che, dopo la morte di mio padre, sembrava aver rinunciato al sesso, mi confessava di aver provato piacere a sentire il mio uccello sfregare fra le sue chiappe.
Non riuscivo a crederci. Quella notte mi addormentai a fatica.
Nei giorni successivi notai che il suo atteggiamento nei miei confronti era cambiato. Evitava di guardarmi in viso e rispondeva sbrigativamente alle mie domande.
Anch’io la vedevo sotto una luce diversa. Ripensavo spesso a quanto era successo su quell’autobus, a quell’orgasmo che mi aveva letteralmente sfinito di piacere e vergogna.
L’idea che anche a lei fosse piaciuto, che si fosse eccitata, mi aveva completamente scombussolato.
Cominciai ad osservarla con altri occhi, a vederla come una donna. A volte provavo un senso di vergogna perché, era su mia madre che fantasticavo immaginandola nuda.
Ma non potevo farci niente, così come non potevo fare a meno di notare i suoi fuseaux aderenti e i vestitini leggeri e abbottonati davanti che portava per casa.
Stavo andando ai matti, ero in uno stato di perenne eccitazione.
Un sabato mattina mi svegliai con un’erezione che i pantaloni del pigiama nascondevano con difficoltà, in cucina mia madre stava sistemando le stoviglie nello scolapiatti.
Era di buon umore, c’era del caff&egrave caldo nella macchinetta, mi avvicinai a lei per prendere una tazza, non potei fare a meno di guardare il suo fondoschiena fasciato in fuseaux strettissimi, forse sentì il mio sguardo e fece per girarsi, forse fui io che mi avvicinai troppo, fatto sta che mi ritrovai a contatto un’altra volta con il suo culo.
“Che fai…No smettila…” Sentivo però, a dispetto delle parole che il suo corpo si appoggiava al mio.
“Ma sono tua madre…Non possiamo…” Il suo culo premeva sempre più contro il mio uccello accennando ad un movimento ritmico. L’afferrai per i fianchi e iniziai a strusciarmi a lei con movimenti lenti ma decisi, lei si piegò un po’ in avanti per facilitarmi il compito. Sentii l’orgasmo salirmi fino alla punta dell’uccello e poi esplodere. Mi aggrappai a lei. Rimanemmo fermi ed in silenzio per qualche minuto poi si riscosse e mi dette una carezza veloce sulla guancia
“Vado a risistemarmi, tu intanto fai colazione.” Cercò di abbozzare un sorriso ma si capiva che era scombussolata.
Passai quasi tutta la giornata fuori casa cercando di non pensare a quanto accaduto. Quando tornai tutto era normale, cenammo e chiacchierammo tranquillamente.
La mattina successiva mi svegliai presto, mentre preparavo il caff&egrave non potei fare a meno di ripensare quanto successo mentre il mio uccello si rianimava al ricordo.
Decisi di fare una buona azione e portai a colazione a mia madre a letto.
Mi avvicinai alla porta della sua camera, era sveglia.
“Colazione a letto”annunciai.
“Bravo. Hai avuto proprio una bella idea”. Mi sedetti sul letto vicino a lei e cominciai a passarle il vassoio. Indossava una camicia da notte molto leggera e non potei fare a meno di ammirare le sue forme. L’uccello continuava a pulsare e, per quanto cercassi di fare, non poteva passare inosservato molto a lungo. Quando ripresi il vassoio per riportarlo in cucina mi trovai in piedi davanti a lei con il suo viso esattamente all’altezza dei pantaloni del pigiama. Accennò un sorriso poi si ridistese nel letto, lentamente si girò sulla pancia e, con mia grande sorpresa, scostò il lenzuolo, offrendo alla mia vista ciò più desideravo.
Poggiai il vassoio sulla sedia e mi avvicinai, con mano tremante, le alzai la corta camicia da notte e rimasi senza parole quando vidi che non indossava le mutandine. Finalmente potevo vedere ciò che fino ad allora avevo soltanto immaginato.
Mi spogliai velocemente e mi sdraiai su di lei, le sue natiche avvolsero il mio uccello, mentre io mi strofinavo nel suo solco il suo bacino ondeggiava assecondando il mio movimento. Esplosi letteralmente sulla sua schiena e sfinito mi abbandonai sul suo corpo.
“Tutto bene?” mi chiese quando mi fui ripreso
“Sì, certo…” le risposi con un sorriso.
“So a cosa pensi, queste non sono certo cose da fare con la propria madre.”
“Sì &egrave vero. Però non facciamo male a nessuno…”
“Finché la cosa resta fra noi… Ho avuto qualche perplessità in questi giorni però, se la cosa resta fra noi come ti dicevo non vedo che male facciamo.”
“Certo che resterà fra noi, ti puoi fidare di me…”
“Lo so altrimenti non sarebbe successo tutto questo. Sai l’altro giorno sull’autobus all’inizio ero infuriata poi, contro la mia stessa volontà, la cosa &egrave cominciata a piacermi infatti ero arrabbiata con me stessa più che con te. Ero eccitata, all’improvviso, dopo anni avrei fatto qualsiasi cosa per sfogare le mie voglie. Adesso posso dirtelo, quella notte mi sono toccata più volte per calmarmi…”
Quelle parole mi stavano eccitando di nuovo, immaginare mia madre che si masturbava mi mandava ai pazzi.
“Del resto” proseguì “il mio culetto &egrave sempre stato sensibile alle carezze. Ora però basta chiacchierare, vado a farmi una doccia tu riposa un po’.” Mi baciò sulle labbra e con un movimento agile si sottrasse al mio abbraccio e si diresse verso il bagno lasciandomi con un acuto desiderio di ripetere quanto appena fatto.
Passò qualche giorno poi, una sera, mentre ero seduto sul divano a vedere la televisione venne a sedersi vicino a me. Chiacchierammo un po’ poi, con estrema naturalezza posò la mano sui pantaloni della tuta e cominciò ad accarezzarmi l’uccello. La guardai meravigliato ma lei continuò a chiacchierare come se nulla fosse poi, dopo avermi dato un lieve bacio sulle labbra, si alzò e si diresse in camera da letto.
Non stetti a pensarci su molto, mi alzai e la seguii.
La raggiunsi in camera sua era in piedi davanti lo specchio. Mi avvicinai da dietro e l’abbracciai, le carezzai i fianchi poi la mia mano si infilò sotto la maglietta e afferrò il seno. Il capezzolo era turgido, glielo strizzai, le sfilai la maglietta e le infilai una mano dentro le mutande a carezzare la figa umida, lei allora se le sfilò poi, girandosi verso di me con un filo di voce mi disse di spogliarmi. Eseguii in un attimo mentre lei raggiungeva il letto.
Non si sdraiò ma si mise a quattro zampe con le gambe bene aperte. Vedevo il suo ciuffo nero e la zona più scura in mezzo alle gambe. Capii cosa voleva, la raggiunsi e mi inginocchiai dietro di lei. Le natiche erano bene aperte, feci scivolare l’uccello per tutta la lunghezza del solco procurandole gemiti di piacere poi, appoggiai la punta sul buchetto e spinsi.
La sua carne si apriva alla mia pressione poi mi sentii risucchiare dentro. Arrivai in fondo e mi fermai.
“Dai maledetto… vuoi farmi morire…” iniziai a dare colpi e coadiuvato dai movimenti del suo bacino arrivai velocemente al culmine e iniziai a schizzare il mio piacere nella profondità della sua pancia poi accasciai su di lei.
Era durato pochissimo ma fu il piacere più violento della mia vita.

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