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Racconti erotici sull'Incesto

LA MATRIGNA

By 8 Aprile 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

In una campagna della pennsylvania, ove &egrave sito un gran dicastro, una dimora di quelle da fare invidia a tutti, vi abita una famiglia, di quelle da dirsi ‘felice’ all’apparenza, composta dal padre, 48enne, grosso imprenditore di moto che per raggiungere il lavoro doveva raggiungere una città che distava 2 ore dal luogo, di quelli con l’aria tranquilla finanziariamente e ammirato dalle donne del quartiere per quel suo certo non so che, che lo caratterizza, ma un tipo al contrario stupido e invadente, la sua compagna, una donna incontrata per caso, giù al motel, in una sera di vento e di pioggia, quando al padre gli si era spenta la macchina che non voleva saperne di ripartire; un incontro ove scattò subito una simpatia reciproca, il classico colpo di fulmine. Stavano assieme da soli 2 anni e mezzo, la prima moglie era morta in un incidente stradale. Lei ha sempre dato a tutti l’impressione d’essere un po’ strana, ‘Miss boo!’ le diceva sempre lui, con tono ironico e talvolta pungente, soprattutto quando, camminando a braccetto per le piccole vie affollate, si soffermava ad ammirare alcune coppiette che passavano, assorte e mollemente, ‘ma cosa guardi?’ domandava sempre lui, con le sue classiche facce a punto interrogativo, ma malgrado l’apparenza tranquilla, era un tipo alquanto nervoso e irascibile, credeva che ammirasse i mariti altrui, e se ne ingelosiva parecchio, non poteva spiegargli il perché di quegli sguardi e rispondeva quasi sempre, ricambiando sguardi sorridenti e sfuggenti, si, ‘miss boo’, era divenuto quasi un’abitudine, che la chiamavano così anche tutti i nipotini; una donna di un grande fascino e intelligenza, una scrittrice abile ed elevata, che era riuscita ad incantare Jenny, la figliastra di 29anni, una ragazza bella e statuaria, dai capelli castani e lisci, dall’animo sensibile e inquieto, in rottura col padre per motivi vari, dalla personalità arcana, che nascondeva anch’essa un’irrimediabile segreto.
I rapporti erano sempre stati sinceri e tranquilli da parte della consorte, anche se il compagno non le credeva sino in fondo, temeva gli facesse le corna alle spalle, nelle ore del giorno in cui lui andava a lavoro, ma le cose non stavano affatto così.
La moglie, di 40anni non riusciva ad avere un atteggiamento materno verso Jenny, ne Jenny di figlia verso lei, Clara, così si chiamava la compagna, non l’aveva vista crescere tra le sue mani, non le era stata accanto nei momenti d’infanzia, ma entrambe, in quei 2 anni e mezzo, avevano instaurato un profondissimo rapporto d’amicizia, che di rado, trascendeva in strani comportamenti tra entrambe, ma ciò passava inosservato agli occhi del marito, che lo vedeva come ‘tipico comportamento di affinità femminile’; ma un giorno il padre non sopportò più le ambiguità di Clarissa, che continuava a dirgli che stava esagerando e che non era giusto litigare per cavolate simili, soprattutto davanti a Jenny, ma egli sembrava intestardirsi, quella fu una tra le diverse sfuriate, dopo una prima più tenue, che lo portò addirittura a passare la notte fuori, nello stesso motel nel quale conobbe lei. Fu una notte di tempesta quella, e come sempre, la nebbia era scesa fitta a rendere tetra l’atmosfera. La matrigna, dopo un forte schiaffo, rimase, con gli occhi lucidi sull’uscio della porta:’Ma dove vaii! Stupido &egrave pericoloso! Ma non pensi a Jenny?!’ gli gridava con quel filo di voce che le era rimasto per via del mal di gola, non entrò, finche non lo vide scomparire del tutto sulla vecchia stradina di campagna, inghiottito dalla notte: ‘Non potrai mai capirmi..’ borbottò piano, e piano chiuse la porta, sommessa e infastidita, si voltò e tra il chiaro scuro della luce vide Jenny, irta sulle scale, col suo pigiama di coniglietti rosa, aveva uno sguardo turbato, la sua spazzola bianca in mano, e i lisci capelli arruffati: ‘Jenny, tesoro, papa torna, una lite può succedere a tutti, non ti preoccupare di nulla..’ gli diceva, passandosi le mani tra i rossi capelli, sapeva che quella notte, avrebbe forse avuto difficoltà a prendere sonno, ma lei non riusciva quasi più a vederlo con gli occhi d’una volta, erano terminati l’ardore, la passione, il desiderio, si sentiva più soggiogata, costretta, anche se in fondo, si mise con lui solo per paura di stare sola, guardò di nuovo Jenny e, battendo più volte le ciglia per asciugare il lucido degli occhi le sussurrò: ‘Sai che facciamo? Prendiamo uno dei miei vecchi romanzi, di quelli adatti alla serata, paurosi, e lo leggiamo davanti al camino, tu e io, al diavolo i maschi!!’. La ragazza malgrado pensierosa e sorpresa rispose deglutendo: ‘O.. ok..’, fin fondo, gli piacque di poter passare la notte sola soletta in libertà.
Come detto, Clara cercò, con il suo classico ordine e la sua delicatezza, tra le svariate collezioni, lo trovò e mollemente, si sedette sul divano accanto a Jenny, che la guardava silenziosa e attenta. Iniziò a leggere, assorta e accattivante, mentre la pioggia e la nebbia, continuavano ad essere fitte, il fuoco ardeva il vecchio ceppo consumato, che sfavillava di sfumature rosso vive e le faille, schizzavano per aria, sfuggenti; l’atmosfera era perfetta ed irresistibile per Clara che non riusciva a non leggere, senza volgere lo sguardo verso le medesime.
Leggeva e leggeva e Jenny, poggiò piano la testa sulla sua spalla, non parlava, di tanto in tanto sospirava e d’improvviso, la sua mano prese a carezzarle la coscia, con quel fare suadente di ragazza, lieve, delicato, dolcemente, avanti e indietro, avanti e nuovamente indietro, Clara la guardò, deglutì e sorpresa voltò nuovamente gli occhi sulla lettura, non la fermò, era uno di quei tanti gesti in cui spesso capitavano e sui quali, non riusciva a dire di no. Jenny non si fermava sino a quando la carezza non si fece sempre più profonda ed intensa, ‘J.. Jenny, la mano..’ bisbigliò Clara, e mentre la mano stava scendendo lungo l’inaspettato, un tuono risuonò improvviso e forte nella stanza soffusa, facendo risaltare entrambe, Jenny si ricompose: ‘Che.. che ne dici di andarcene a letto? Domani ci dobbiamo alzare presto!’, disse Clarissa distogliendola da quell’azione, la guardava intensamente, tale che la mise in imbarazzo, le sarebbe piaciuto se avesse continuato, ma come tutte le volte, cercava una scusa per evitare la situazione ‘Va bene! Sei stata bravissima, mi hai fatto immedesimare in quel libro, non smetterò mai di dire che sei un genio nella tua arte, davvero! A domani!’ rispose Jenny sospirando dandole poi un bacio sulla guancia, se ne andò, la donna rimase in piedi, accanto al divano di pelle, con entrambe le braccia poggiate sulle spalle, totalmente in silenzio, sbuffò, poi sussurrò tra se e se ‘Mi sa che mi ci vuole proprio una bella doccia!’. Malgrado il benessere di quel bagno, il suo volto si riempì di pianto, non sarebbe bastata una semplice doccia a reprimere quelle lacrime: ‘Ma cosa mi prende, perché piango, non devo, che sono stupida!’ borbottava; Nel silenzio della stanza, il rumore dell’acqua, si confondeva con il crosciare della pioggia, e con le sue lacrime. Malgrado i suoi sorrisi, si sentiva triste dentro, ebbe l’impressione di sentirsi solo l’oggetto del marito, non più l’amante, tutto nato in una settimana di litigi, tutto nato da quelle gelosie, da quella non fiducia, che più la segnava e per di più il marito se ne fece quasi un problema personale.
La ragazza nella sua stanza, pensava ancora alla carezza di quegl’attimi, passandosi lieve, un dito tra le labbra.
Arrivò l’alba, il terreno emanava un forte odore di terra bagnata, e come nella quiete dopo la tempesta, gli uccellini cantavano l’allegria del nuovo giorno e la salute dei prati rinverditi. Il sole era una dolce carezza estiva che penetrava calda e soffice, lungo i corridoi silenziosi del palazzo, Jenny si svegliò e allegra del fatto di non trovare il padre che come tutte le mattine seguitava a svegliarla prima di andarsene a lavoro, non lo dava mai a vedere, ma la infastidiva parecchio essere svegliata sempre così presto, voltò i suoi occhi grandi e verdi verso la finestra e sbadigliando, si alzò dondolante a cercare Clara; aprì piano la porta, salendo scalza le fredde scale che conducevano alla sua stanza, vi giunse di fronte, era socchiusa, scosse la testa buttando un sospiro ‘Che faccio, entro?’ bisbigliò tra se e se, sbirciò tra la fessura della porta e la vide lì, ancora dormiente, tra il morbido lenzuolo bianco raggomitolato ai piedi del letto, entrò piano e li rimase, a bocca aperta, senza fiato, il suo corpo giaceva seminudo, come una Dea, perfetta e sinuosa; Jenny si rendeva conto che i suoi sentimenti, sconfinavano al di là della normalità già da un bel po’ di tempo, ma era più forte di lei, se ne innamorò. ‘Dio mio, quant’&egrave bella!’ continuava a sussurrare, si avvicinò al bordo del letto e li restava ad ammirarla, come un angelo pronto a proteggerla; Clara aprì gli occhi, se la trovò di fronte, li sgranò: ‘Buongiorno signorina.. che succede, sembri un fantasmino..’ rispose ridendo, con la voce ancora impastata dalla notte: ‘Si, scusami Clara &egrave che, volevo svegliarti io! Ma forse, sono stata troppo silenziosa!’ rispose imbarazzata: ‘Ma no dai, ansi, un risveglio così, &egrave insolito e dolce!’: ‘Aaa.. troppo buona, e allora? Facciamo colazione con quei biscottini irresistibili?’ domandò Jenny sorridente: ‘Certo! Ma dovrai fare a gara con me, perché non riuscirai a mangiarli tutti!!’ rispose ridendo, e mentre Jenny scappava giù per le scale raggiungendo la cucina, Clara schizzò dal letto seguendola, ancora addormentata.
Giunse l’ora di pranzo e l’uomo, non si decideva ancora a far ritorno, malgrado il pessimo rapporto, la figlia iniziò a stare in pensiero e con essa la donna; aspettarono sino a che la fame non si fece più forte: ‘Dio mio, non vorrei abbia combinato qualche sciocchezza!’ mugugnò Jenny con le guance poggiate sulle mani: ‘Aaa.. impossibile, non sarebbe mai così stupido da rovinarsi da solo!’, rispose Clara, si guardarono e, cercando di non pensare, iniziarono a dilettarsi in cucina, le mani di Clara avvolgevano con ritmo la morbida pasta, uno dei tanti dolci che si gustavano dopo pranzo, quando entrambe si sentivano giù di corda; la televisione era quasi sempre spenta, amavano entrambe gustarsi i profumi ed i silenzi delle prime ore pomeridiane, ‘le ore più belle’ le chiamava sempre Jenny.
La cucina, risuonava sempre di quella fragranza antica ch’&egrave tipica delle vecchie case d’una volta, una fragranza che rilassa e che riportava sempre indietro nel tempo le due donne, spingendole a fantasticare su episodi avventurosi e mai esistiti. Jenny la guardava, mentre preparava la tavola, i suoi occhi si posavano sui suoi capelli cominciando a scendere lungo la schiena, le gambe, le caviglie e risalivano poi lungo i glutei e li si fermavano assorti, lei se ne accorse: ‘Hey! Ti sei incantata!’ sussurrò con quel suo classico sorriso sulle labbra, Jenny distolse lo sguardo: ‘No scusami, riflettevo!’ rispose continuando a sistemare le forchette, ma di colpo le lasciò perdere sul tavolo e prese ad avvicinarsi alle sue spalle: ‘Che c’&egrave, vuoi aiutarmi?’ domandò Clara: ‘Si, mi piacciono i dolci.. e lo sai benissimo..’ sussurrò con un lieve sorriso, prese le mani e le posò lungo i gomiti di Clara sino a raggiungere le sue, il corpo di Jenny le stava vicino, ora più unito, ora più passionale, la donna deglutì, buttando un sospiro: ‘Che .. fai..’ domandò, con voce tremante: ‘Ti aiuto.’ Rispose Jenny tutta di colpo, ma con una certa rilassatezza ‘Si, no .. io intendevo..- si interruppe, poi riprese, quasi spaventata da quell’azzardo- ma che stai facendo!’, la allontanò dolcemente: ‘Scusami.. forse ho esagerato! Clara, scusa!’ borbottò veloce, l’aria era tesa e imbarazzante, la donna scosse la testa, e come se non fosse successo niente, tolse l’imbarazzo abbracciandola calorosamente: ‘Dai, prendimi il cioccolato in polvere e lo zucchero!’ continuò, con ancora un lieve cenno di emozione, Jenny lo sapeva che le piaceva, lo sentiva nel suo profondo, l’avvertiva nell’aria che entrambe provavano attrazione reciproca, lo avvertiva dai battiti intensi del suo cuore, da come veniva guardata dai suoi occhi languidi, anche se Clara faceva finta di nulla levando sempre tutte le occasioni, sapeva anche che era spaventata da quei gesti arditi, lontani dalla normale etica, forse per paura dell’amante, forse per paura della società o forse per paura di se stessa.
Giunte le cinque, mentre entrambe passavano tempo assorte ognuno nei suoi hobby, il portone di casa s’aprì, Jenny s’affacciò dalla sua camera e li lo vide, fermo sull’uscio della porta, come se attendesse qualcosa: ‘Papà..’ esclamò sotto voce Jenny, mentre Clara gli andava in contro e lo guardava come se temesse un’altra lite e se ne stava zitta, aspettando da lui le parole, l’uomo la guardò, aveva un aspetto trasandato e la barba non curata da due giorni e gettandosi in ginocchio, le chiese scusa: ‘Io sono un pezzente.. e ti faccio schifo lo so, perché non ti ho dimostrato fiducia, e lo so che questa.. &egrave la cosa che più ti butta a terra.. io ti amo Clara, non posso stare senza di te, ti prego di perdonarmi per questi giorni che ti ho mancata di rispetto!!! Io ti amo con tutto me stesso!’ esclamò tutto d’un fiato, la donna rimase interdetta, priva di parole, con lo sguardo fisso sui suoi occhi di uomo-bambino, non pot&egrave fare a meno di non abbracciarlo, ma erano gesti che chiunque avrebbe fatto, gesti di tenerezza e compassione, non più da amante quale era, ma lei non volle dirgli nulla, non volle ritoccare tasti che avrebbero portato le cose a peggiorarsi e se ne stava zitta, ripromettendosi di chiarire le cose, di dirgli che tutto era finito, il più presto possibile, quando le acque si sarebbero calmate.
Lui come se nulla fosse, salì nei piani superiori a godersi una doccia fresca, come a meritarsela per lo sforzo compiuto e si sentiva soddisfatto, come tutti i maschi che si sentono forti e unici, anche quando sanno d’avere sbagliato.
La sera scese veloce, e tra i lamenti inquieti dell’assiuolo, la luna era un lampadario tondo in cielo, così grande come non lo era stata mai. Dalla cucina giungevano profumi intensi di salse e arrosto, l’aria era serena, malgrado Clara gli fosse indifferente, ma lui sorvolava su ciò, credeva che gli servisse semplicemente del tempo per ricucire le piccole ferite nate, e sdrammatizzava con battutine piccanti e auto ironiche, Jenny lo tollerava, e portava il cibo alla bocca con quel classico fare rassegnato di chi pensa ‘tanto non cambierà mai’, non poteva darlo a vedere ch’ era gelosa della matrigna,
e continuava a ridergli dietro assecondandolo. ‘Ti amo’, gli ripeteva stringendole le mani, Jenny li guardava con due occhioni, poi aggiunse: ‘Mi prometti che non ti soffermerai più ad ammirare gli altri uomini?’, le sussurrò il marito, la donna fece una smorfia con la bocca e portandosi i ricci capelli dietro le orecchie: ‘Ancora con questa storia, non ho mai fissato altri uomini io..’ ‘Suvvia Miss boo.. non nascondere a me i tuoi occhietti libertini!’ ‘Senti, adesso basta, se avessi tentato di farti le corna, non ero qui in questo momento.. sei fissato! Non mi piacciono queste battutine davanti a Jenny e non ti deve interessare assolutamente dove guardano i miei occhi, come io dei tuoi, soprattutto quando ti trovai accidentalmente a fissare attento il posteriore della tua bella segretaria giù in mensa!’, detto ciò l’uomo non fiatò più e abbassando lo sguardo, riprese a mangiare, mollemente, non se lo aspettò di certo quella contro battuta; Jenny non pot&egrave’ fare a meno di uscire un sorriso che coprì poi con un tovagliolo di carta: ‘Vado a letto, domani mi aspetta una giornata di straordinari.. chiariamo di la più tardi?’ disse ancora interdetto e imbarazzato il padre ‘Non ho sonno, e quando andrò a nanna, mi addormenterò subito, non preoccuparti dei chiarimenti!’ rispose con tono fermo e pungente, la guardò e piano fece per andarsene. ‘Aa Clara.. come non lo sopporto quando ti chiama in quel modo.. &egrave un assurdo!’ le disse Jenny andandole vicino, la donna la guardò e l’abbraccio forte: ‘Non lo sopporto più tesoro mio..- si interruppe, le vennero i goccioloni sugli occhi, poi riprese – mi mette con le spalle al muro!’, lei era troppo sensibile e sfogava col pianto le emozioni d’ogni tipo, non avrebbe mai potuto confessare il suo segreto al marito, per nulla al mondo, ne tanto meno alla ragazza, per vergogna, malgrado tra le due, ci fossero intimi comportamenti d’uguale natura. ‘Ci sono io accanto a te.. figuriamoci, dovrebbe solo provare a metterti le mani a dosso! Ti voglio troppo bene, non ti voglio vedere così debole!!’, continuò Jenny, il suo modo di fare le dava sempre tanta fiducia: ‘Grazie, mi infondi sempre tanta grinta! Anch’io te ne voglio, non sai quanto!’, concluse poggiandole la mano sulla guancia, la baciò poi sulla fronte.
Ma Jenny aveva ben altro per la testa, cercava l’affetto appena dimostrato, in tutt’altra maniera, in quei modi che solo una donna, con la sua sensualità, con il suo corpo, con la sua delicatezza poteva donare, in quelle dolci movenze che sperava tutte le notti potessero trovare realtà.
Clara si ritirò in una seconda camera da letto, non avrebbe mai passato la notte accanto a lui, dopo un comportamento simile, ne lui, codardo com’era, avrebbe avuto la faccia di scendere a cercarla, lo capiva quanto era stupido, ma era più forte di lui perdersi in tali fissazioni. Jenny restò in cucina a sparecchiare, mentre sulla finestra della veranda i rami dell’albero di pesco presero a picchiettare, li guardò colta in un primo momento da un attimo di ansia, ma dopo un po’ sentì accendersi la radio dalla camera di Clara, le venne un lieve sorriso e terminando le ultime cose, prese a percorrere il corridoio oscuro con le mani ancora gocciolanti che seguitò ad asciugare lungo la gonnellina marrone, s’avvicinava in modo furtivo, quasi divertita, come una bambina che gioca alla scoperta di qualcosa, una bambina però, alla ricerca di cose proibite, di piaceri nascosti..
il corridoio sapeva ancora degli odori della cena, e ciò la eccitava parecchio. Arrivata alla sua porta, notò che era socchiusa e sforzando l’occhio per vedere dentro, la notò di spalle vicino al letto, mentre si preparava per la notte, piano entrò senza farsi vedere, la grandezza della stanza lo permetteva, andandosi a nascondere dietro la grande tenda rosa avvolta sulla destra, la fissava come non mai, e più le sue mani seguitavano a sfilare i vestiti caldi dall’estate, e più s’accorgeva di quanto era bella ed eccitante, restò così talmente a bocca aperta, che per l’emozione mosse col piede un piccolo sgabello posto avanti a se, si portò le mani alla bocca; Clara si voltò di colpo spaventata, aveva gli occhi sgranati, di chi cerca di mettere subito a fuoco le figure poste in fondo, nell’oscurità della stanza, aveva i capelli legati con una molletta e l’aspetto stanco, la notò, poggiata al muro silenziosamente.” che succede? Jenny, stai bene? Mi preoccupi così” le domandò con voce un po’ tesa, “nulla.. ti guardavo.” sussurrò Jenny timida come non lo era stata mai “vuoi che me ne vada?” continuò,
La matrigna non rispose, non si fermò, continuò a sfilare dalla sua caviglia la morbida calza color carne e, come se fosse sempre stato usuale, guardò la ragazza con fare più seducente ed intrigante, Jenny deglutì e facendosi coraggio: ‘Sei davvero molto bella, bellissima!!’ le disse tutto d’un fiato, Clara la guardò più sorpresa, ‘Grazie! Anche tu non sei.. da meno’; in quelle poche ore, sembrò aver cambiato atteggiamento.
Jenny le si avvicinò e, prendendosi di coraggio, pose avanti a se la mano destra, poggiandola insicura e timida sulla sua coscia, calda, vellutata, l’atmosfera diveniva sempre più erotica e scabra, ‘Jenny.. non.. non possiamo..’ sospirò Clara eccitata ‘Non possiamo o, non vuoi.. sai.. quante volte ho sognato questa scena, tutte le notti ho immaginato di stare innanzi a te, proprio come ora e.. spogliarti con le mie mani’, bisbigliava Jenny, con gli occhi fissi sui suoi mentre con l’indice lo carezzava il decollet&egrave, la donna prese a guardarla più intensamente, lo sapeva che no sarebbe riuscita a resistere a quella tentazione da tempo repressa, a quel richiamo naturale a cui aveva sempre chiuso la porta, per paura dei pregiudizi, per paura del peccato, ma malgrado ciò tentava di resistere, d’essere forte, di non cadere in quella tentazione fatta di femminilità e passione, Jenny portò la sua mano dietro la testa e dolcemente le sfilò la pinza dai capelli: ‘Come sono morbidi.. e profumati..’ continuava a bisbigliare più eccitata, la donna cercava ancora di porre un freno a se stessa ‘Tesoro, se entra lui, non so come andrà a finire..’ Jenny la guardò dritta negli occhi e senza risponderle la spinse sul letto ponendo le cosce tra le sue, la donna non parlava più, tra le due erano solo sguardi profondi e innamorati, quell’amore da tempo celato e finalmente uscito allo scoperto, le mani di Jenny, iniziarono a salire lungo il corpo accaldato dall’estate, sulla sua sottoveste color perla, lungo i seni languidi e maturi, prese a massaggiarli mentre la bocca, scendeva lenta a raggiungere la sua, entrambi i respiri si facevano più intensi, ancora nessuna parola, un sorriso sulle labbra della ragazza che continuava a baciare Clara e viceversa, mentre tremavano di desiderio, finché il tremore non divenne rigo di pura passione, la sua lingua scendeva lungo il collo sottile, le sfilò la sottoveste continuando lungo i seni e gli addominali ben tenuti, mentre Clara le poneva la mano sul fondoschiena e poi sui glutei e così via a leccarla, lungo gli intimi abissi di donna, erano così belle unite insieme, così sublimi, due corpi in una sola anima, due note d’uno stesso spartito, due fuochi dello stesso ceppo, raggi suadenti d’una stessa luna.
Ma improvvisamente, accadde l’inatteso e il prevedibile i sospiri e i gemiti, malgrado frenati da entrambe, si avvertivano comunque, lungo il corridoio silenzioso, il padre, che, al contrario di come pensavano le due donne, non riusciva a prendere sonno per via del nervosismo che gli attanagliava lo stomaco, s’alzò, col suo classico pigiamone di seta pura, andando ad affacciarsi nella grande terrazza spalancata per il caldo a cercare di schiarirsi le idee ma nell’avvicinarsi ad essa, avvertì qualcosa provenire dal corridoio, uno strano sibilo di cui non seppe capacitarsi ad impatto, grattandosi la testa e notando che la compagna non seguitava a ritirarsi nella stanza con lui, cominciò a scendere incuriosito le scale, mentre quei sospiri aleggiavano involontari e puri, ora lenti ora veloci, sino a che tutte e due, non consumarono l’amore su quel letto ormai di purpureo peccato..
Sul volto dell’uomo, cominciarono a sorgere smorfie e stupore e, col passo incerto avanzava quatto, cercando di far il meno rumore possibile con le ciabatte da camera, una volta più vicino alla stanza, capì subito la natura di ciò che sentiva e angosciato, pensò subito che la donna avesse approfittato del sonno dell’uomo, per trastullarsi tra le braccia d’un altro amante; i suoi gesti divennero più nervosi ed inquieti, giunse di fronte la porta, era chiusa: ‘Lo dicevo io.. che era un troia, io lo dicevo!!!’ mugugnava stringendo i pugni come a volerlo picchiare a sangue, prese un sospiro e senza nemmeno sbirciare dalla serratura, aprì piano la porta.
La scena che si trovò di fronte, urtava inesorabilmente contro la sua educazione, contro i suoi canoni di uomo, contro la sua concezione di natura; Clara stava sotto il corpo atletico della ragazza, che dolcemente si donava ad essa, le loro mani si sfioravano reciproche, andandosi a posare nei luoghi più proibiti, e così via, nella loro danza erotica e sicura, ignare dei suoi sguardi,
Rimase impietrito ed attonito, sconvolto e fulminato, senza parole; era convinto di trovarsi un altro uomo, non certo il sangue del suo sangue, che fece fatica a mettere a fuoco la scena, sulle sue pupille sgranate, le donne godevano ancora assieme, ignare della sua presenza, avvolte in quelle coperte rosse che furono dapprima il giaciglio di entrambi, lo disprezzò profondamente, poi esclamò, con le mani rigide lungo i fianchi: ‘E così, la miss boo &egrave una.. una..’ -deglutì- una lesbica, una schifosa lesbica???!!!’, la voce tuonò possente che le donne balzarono sul letto come gatte, con i capelli arruffati ed il sudore addosso: ‘..Francesco’, farfugliò confusa Clara, con il fiatone in gola e gli occhi socchiusi ancora dal piacere, la figlia stava zitta e immobile dietro la matrigna, stava a guardare la scena quasi come un spettatrice più che la protagonista quale era, ma la cosa ancor più strana &egrave che non lo temeva, non fece un minimo gesto di paura, ne un moto d’animo, solo Clara, iniziò a temere il peggio: ‘Francesco parlami.. mi spaventi se stai in silenzio!’, esclamò la donna con tono sommesso, cercando di far finta di nulla, ma egli le guardava sdegnato, rigido su se stesso come un palo, quasi con le lacrime agl’occhi, si fece più brutto in viso e senza pensarci due volte, prese lo sgabello che precedentemente Jenny urtò col piede e lo lanciò su entrambe con violenza, riuscì a non prenderle, ma questo balzò sul vetro rompendolo; scesero dal letto infilandosi la prima cosa che gli capitasse per coprirsi, Clara tremava: ‘Smettila! Stai esagerando, sei un pazzo!! Che ci vuoi ammazzare?! parli come uno che non si &egrave mai eccitato a vedere due donne assieme, ma tanto lo so che non &egrave così, voi maschi siete tutti uguali, tutti schifosamente uguali!!!, gridò Jenny: ‘Come hai detto?? Eri mia figliaa, non una puttana venuta chissà dove!! Non hai più la possibilità di parlare con me.. mi fai schifo.. levati davanti gli occhi miei.. troia più troia di lei!!!’ controbatt&egrave il padre innervosito andando per picchiarla: ‘Fermo noo!! Non la toccare &egrave tua figliaa prenditela con me!!’ gli gridava Clara d’appresso: ‘Cosa?? Si può considerare ripudiata! Io non ho mai avuto figlie!!’ rispose irato, aveva perso il senno, Clara lasciò cadere molli le braccia lungo i fianchi, arrivò a schiaffeggiarla e mentre si partì con addirittura l’impulso di dare un pugno alla figlia, questa lo spinse violentemente indietro, facendolo cadere accanto alla cassapanca in legno posta sotto il grande specchio, prese lo spigolo tanto che spaventato, cominciò a controllarsi la testa con i palmi delle mani pensando al peggio: ‘O Dio mio!!’ esclamò tutto d’un fiato la donna, era tramortita, l’uomo si rialzò barcollante, gli tramavano di paura le mani a causa della ferita un po’profonda, sanguinava; Sembrò essersi fermato il tempo, persino l’orologio a cucù col suo ticchettio, pareva stregato, le guardò un ultima volta con due occhi seri e lugubri, mentre queste più vicine, indietreggiavano quasi paurose che compisse un omicidio, asciugò la sua saliva dalle labbra e volgendo poi lo sguardo a terra, s’allontanò piano, barcollando, come senza meta, si soffermò poi sulla porta e poggiando la mano destra su di essa, le guardò ancora, con la coda dell’occhio per poi andarsene; ci fu silenzio per ancora un minuto, un minuto che sembrò non finire mai, mentre il tempo riprese piano a camminare per entrambe; si guardarono in viso, serie come non lo erano mai state, i cocci di vetro giacevano a terra, immobili, vestiti d’ansia e con impresso per sempre quel lembo di tempo fermatosi sui loro occhi, e con le lenzuola rosse a dosso s’avvicinarono, stando attente a non tagliarsi, alla bianca porta facendovi lentamente capolino, pensavano fosse salito nella sua camera, ma nel silenzio statico del corridoio, il grande portone di casa aveva un’ anta spalancata, il profumo dell’estate penetrava intenso, di fiori e di campagna, di gelsi e di notturno, il lieve vento che aleggiava percuoteva le foglie che cadevano leggere sui mattoni, andandosi a posare sugli scalini innanzi la porta, qualcuna entrò dentro; s’avvicinarono quatte, la luna era alta in cielo, grande come prima e l’assiuolo continuava a donare il suo triste canto.
Quella fu l’ultima volta che lo videro, assolutamente l’ultima, ne una traccia di lui in macchina all’orizzonte, non portò nulla con se, soltanto le chiavi della macchina, il portafoglio e qualche effetto personale, nemmeno una valigia, si seppe successivamente per voci altrui che si trasferì nella città nella quale lavorava e li vi rimase, solo.
Le donne rientrarono in casa e cercando di dimenticare tutto malgrado le difficoltà, ritrovarono quella serenità mai provata prima d’allora.
Jenny pochi mesi dopo si laureò, lavorando sin da subito come medico presso l’ospedale della città e Clara divenne un’affermata scrittrice al pari d’ Agata Cristhie.
comprarono un cavallo, con il quale passavano ogni tanto i pomeriggi a passeggiare per i prati ed i viottoli della campagna; nessuno seppe della loro storia, celandosi anche nei confronti dei familiari con i quali perdurarono sereni i rapporti, credevano si fossero divisi semplicemente per problemi di convivenza, ne’ Francesco stranamente parlò mai male di loro a nessuno; chissà perché non lo fece, forse per rispetto dell’amante, o per farsi perdonare forse per il suo carattere difficile, forse per rispetto della figlia, che amava tanto malgrado le indifferenze, o forse, per amore di entrambe.

scritto da me e la mia amica Rika

nb:spunto preso da una storia vero.
Tutti gli accenni, i luoghi, le circostanze, i nomi e il contesto elencati in questa lezione, sono espressamente di fantasia delle autrici, tranne l’ispirazione alla storia

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