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Racconti erotici sull'Incesto

La Sbandata

By 6 Aprile 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Il titolo richiama alla memoria una celebre commedia erotica italiana degli anni 70.
A distanza di tanti anni la storia, come dice l’esimio filosofo Vico, si ripete.
In questo caso c’è solo una piccola differenza che lo zio incestuoso non è americano ma francese.
Prima di iniziare il racconto, che si è intrecciato in un piccolo paese della Calabria, è bene che vi narri il prologo.
Mi chiamo Antonio, ma dopo una vita trascorsa nel paese di Napoleone, tutti mi conoscono con il nome francese Antoine (Antuane).
Alla fine degli anni sessanta, a soli venticinque anni, lasciai il mio piccolo paese della costa ionica calabrese.
Mi presentai alla frontiera di Ventimiglia, con una valigia di cartone sgangherata, fermandomi infine a Nizza. La bella e ridente cittadina del midì (mezzogiorno) Francese. A tutti nota come la costa azzurra.
I primi tempi furono duri. Dovetti scontrarmi con la diffidenza Francese e la concorrenza spietata degli immigrati arabi. A quel tempo non c’era la protezione garantita dagli accordi della comunità economica europea. Quindi, ogni iniziativa richiedeva l’autorizzazione delle autorità Transalpine ed era soggetta a controlli rigorosi da parte della Gendarmeria. Inoltre, per il solo fatto che ero Italiano fui costantemente controllato, notte e giorno.

Dopo anni di gavetta in un piccolo salone (barbiere) di periferia, Marius, il vecchio gestore, si ritirò in pensione lasciandomi in gestione l’esercizio.
In tutti questi anni di sacrifici non sono mai riuscito a risparmiare neanche un centesimo. I soldi li ho sperperati nel divertimento totale.
Il fatto di essere italiano in un paese di donne bellissime, incantate dal fascino latino, era come spegnere un incendio con la benzina.
In più di quaranta anni di permanenza nel paese dello champagne ho soddisfatto tutte le voglie che una mente perversa possa immaginare.
Sono stato fidanzato, convivente, e poi amante di tantissime donne, di tutte le età, fino alla soglia dei sessantacinque anni.

Alla fine venne il giorno della pensione. Una volta a riposo iniziai a riflettere sul mio futuro immediato. Ero vecchio e non avevo nessun parente vicino.
Così, una mattina, preso dalla nostalgia, decisi di telefonare a Vincenzo, il mio fratellino. Chissà come l’avrebbe presa visto che non mi aveva sentito da circa trenta anni.

‘Pronto?
‘Vincenzo? Sei tu?
‘Si! con chi sto parlando?
‘Sono Antonio! Chiamo dalla Francia!
‘Antonio? Antonioooooooo! Siii! Mamma mia!
‘Si! Sono Antonio! Mamma mia! Come stai?

Continuò a parlare con voce rotta dall’emozione, forse stava piangendo dalla felicità. Lo sentivo gridare dalla contentezza. Chiamava ad alta voce il nome di Rosanna, Teresa ed Alessio, ed altri, a tutti diceva che stava parlando con suo fratello Antonio. Sembrava impazzito dalla gioia. L’emozione aveva contagiato anche me, ed il dialogo andò avanti in un caos incredibile, poi, quando gli animi si sono calmati:

‘Come stai?
‘Così! Così! La vecchiaia comincia a farsi sentire! E gli acciacchi pure!
‘Vincè! a sessantatre anni si è ancora giovani!
‘E’ una parola! Il dottore mi ha detto che devo controllarmi!
‘Per cosa?
‘Lo sai come è morta la povera mamma?
‘Si me lo ricordo! Fu colpa del diabete!
‘Appunto! Devo fare attenzione a tutto!
‘Ma tu stai bene?
‘Diciamo di si!
‘Meno male! Mi hai messo una paura addosso!

Mia madre morì due anni dopo che ero andato via. Papà morì di crepacuore un anno dopo.
Non avevo nessun al mondo oltre a Vicenzo.

‘Antonio perché non ci viene a trovare? Così conosci le tue nipoti: Antonietta e Teresa, e miei nipotini: Marika ed Alessio, che non hai mai visto!
‘Ci sto proprio pensando! Oramai sono in pensione!
‘Ma perché non vieni a vivere qui? in paese? Vedessi come è cresciuto! Ora è diventata una cittadina di villeggiatura, come la costa azzurra! L’estate è piena di tedeschi!
‘ahahah! Lo so! Ci devo pensare! Se mi decido ti avverto, così magari mi aiuti a cercare una casa!
‘Scordatelo! Non lascio mio fratello sulla strada! Tu vivrai con me! La casa è grande abbastanza!

Grande? La casa di famiglia, se mi ricordo bene, era formata da due stanze. Una cucina ed una camera da letto per tutti; il bagno non c’era.

‘Non vivi nella casa di mamma e papà?
‘No! Mi sono costruito una casetta, è grande! Vedrai che sarai comodo!
‘Vincenzo! Lo sai dopo tanti anni! Non vorrei disturbare!
‘Antonio! Non dirlo neanche per scherzo! Sei mio fratello e basta! Antonietta e Teresa non vedono l’ora di vederti!
‘Teresa! Sono contento che le hai dato il nome della mamma!
‘Vedessi come le somiglia! è identica a lei!

La mamma era un donna bellissima. Papà l’aveva conosciuta in Dalmazia.
In paesi dicevano che era una zingara, perché sapeva leggere le carte e le linee della mano. Papà ricordava sempre il giorno in cui l’aveva incontrata. Lui faceva il servizio militare a Ragusa, e lei era li, con la sua classe liceale, per studiare l’arte Veneziana. Fu amore a prima vista. Dopo due anni si sposarono. Lei venne a vivere in Italia. Io nacqui durante la guerra.

‘Antonietta?
‘è nata l’anno dopo che sei partito! La mamma ha voluto che la chiamassi come te!
‘E Rosanna come sta!
‘Rosanna sta bene! Mi ha fatto cenno di salutarti!

E già sta bene, alla fine si è rassegnata, accettando di diventare la moglie di Vincenzo.

Rosanna è stata la mia ragazza, l’unica donna che abbia mai amato.
Non so se Vincenzo era a conoscenza della verità, ma alcuni mesi prima di lasciare il paese, ci siamo amati come folli e incontrati di nascosto, nella stalla di suo zio Nicola, e lì, in mezzo al fienile, abbiamo scopato senza alcun limite.
Era una bella ragazza, capelli biondi ed occhi azzurri. I primi tempi in Francia mi è mancata moltissimo. Forse, in fondo, se non mi sono mai sposato è perché sono sempre rimasto legato emotivamente a lei.

‘Antonio! Mi raccomando! Non far passare troppo tempo! Oramai siamo vecchi ed il tempo è ladro!
‘Non ti preoccupare Vincenzo! Ci penserò su!
‘Ti manderò qualcosa che ti farà piacere e forse ti convincerà a venire, perchè qui c’è la tua famiglia! Ricordalo!

Alcuni giorni dopo arrivò una lettera dall’Italia, molto corpulenta. L’aveva mandata Vincenzo. Il gesto, dopo tanti anni, mi commosse come un ragazzino.
Dopo averla aperta fui ancora più felice perché conteneva le foto di Vincenzo e la sua famiglia. Ma la foto che più di tutti mi colpi nel profondo del cuore fu quella di Teresa. Accidenti! Vincenzo aveva ragione. Era la copia esatta della mamma. Alta, mora, avvenente. Se si fosse vestita come le ragazze degli anni Trenta sarebbe stata esattamente identica a lei.

Anche Antonietta era un bella ragazza, anzi una donna visto che aveva circa quaranta anni. Somigliava tantissimo a sua madre. Nella lettera c’era scritto che era sposata ed aveva due figli, Marika ed Alessio, di diciotto e sedici anni. Teresa invece aveva circa trentatre anni, lei invece non si è mai sposata. Chissà perché? eppure è una bellissima donna.

Poi c’era lei, Rosanna, molto invecchiata, conservava ancora sul corpo i tratti della bellezza giovanile. Devo ammettere che nonostante l’età ostentava ancora un figura piacente. Sedute a terra, con le gambe incrociate c’erano i due ragazzi, Marika ed Alessio.
Fui colpito dalla somiglianza che c’era tra Marika con Rosanna, sembrava lei da giovane. La guardai e non potei fare a meno di tornare indietro nel tempo, al giorno in cui”

’20 Agosto 1969, l’aria era arsa dalla canicola estiva. Avevo appena litigato con la mamma, dopo che le avevo riferito l’intenzione di andarmene via dal paese verso il Nord, in Francia. Lei non era d’accordo. Dopo la sfuriata le girai le spalle, sbattei forte la porta, presi la bicicletta e cominciai a pedalare come un folle per le campagne.
Dopo alcuni minuti mi accorsi che c’era qualcuno che mi stava seguendo. Mi fermai e da dietro il tornante si materializzò la figura snella di Rosanna, che a bordo della sua bicicletta cercava di tenere il mio passo.
Appena mi ha raggiunto, dopo aver respirato con affanno, a bocca aperta:

‘Mamma mia! Antò! Meno male che ti sei fermato!
‘Rosa! Che ci fai qua da sola? Se ti vedono i tuoi parenti ti ammazzano!
‘Ti sto seguendo!
‘ Perché mi stai seguendo?
‘Ebbè! Non ti posso seguire?
‘Si! se c’è un motivo! Quale è?
‘Volevo fare una passeggiata! E’ vietato?
‘No! Vabbè Rosa! Ora togliamoci dalla strada che se ci vedono insieme chissà cosa pensano!
‘Io me ne frego della gente!
‘Tu te ne freghi della gente! Ma io ho paura che i tuoi fratelli prima mi ammazzano e poi mi chiedono cosa ti ho fatto!

Ci siamo lasciati alle spalle la strada sterrata, infilandoci in una via nascosta dagli alberi. Abbiamo imboscato le bici in mezzo ad un canneto ed a piedi ci siamo avviati verso la rocca dei re. Una fontana d’acqua sorgiva, situata in una zona impervia.

‘Allora mi dici che vuoi?
‘Io non voglio niente! Te lo detto volevo fare una passeggiata!
‘ahahahah questa è buona! E tu le passeggiate le fai seguendo la gente?
‘E chi ti dice che ti stavo seguendo?

La guardai con una espressione canzonatoria, era bellissima, i capelli biondi erano raccolti dietro la nuca e gli occhi azzurri le brillavano sotto il riflesso dei raggi del sole. Le labbra carnose e rosse come fragole erano provocanti. Mi venne una gran voglia di baciarle.
Così, d’istinto le afferrai le spella costringendola a guardarmi. Restò muta come un statua di marmo. Il suo petto si sollevava freneticamente, segno che era emozionata.
Quindi, in silenzio totale, la strinsi tra le braccia, serrandola forte al petto, e quando la mia bocca fu quasi a contatto con la sua, la fissai intensamente ed appoggiai le labbra alle sue, baciandola con grande passione. Lei non fece nessuna opposizione, aprì la bocca lasciandomi entrare con la lingua.
Mentre la baciavo faci scivolare le mani sui fianchi e poi sul fondo schiena. Accidenti, sotto quella gonna larga e lunga, si celava un culo sodo e ben tornito.
Ero molto eccitato, per cui, lentamente, la costrinsi ad adagiarsi sull’erba. Una volta per terra, continuai a baciarla, mentre le mani, infilate sotto la gonna, erano già a contatto con lo scoscio.

‘Antò! No!
‘Perché? Non ti piaccio?
‘Si! Non voglio che succeda qui! Non così! In mezzo alla campagna!

Guardai con espressione dubbiosa.

‘E dove andiamo?
‘Laggiù! Dietro quegli alberi! C’è la stalla di zio Nicola!
‘Non è rischioso? Se arrivano i tuoi cugini?
‘No! No! La stalla non la usano da tanto tempo! Devono buttarla giù!

Facemmo la strada velocemente, con la bicicletta in spalle, per evitare di essere notati da qualche passante occasionale. La porta era già aperta. Una volta entrati raccolsi tutta la paglia che c’era per terra ed approntai un giaciglio di fortuna.
Iniziammo immediatamente a baciarci come folli.
Rosa spogliava me ed io lei. Respirava veloce e fremeva come una foglia al vento. Percepivo le sue emozioni che poi erano simili alle mie.
Era da tanto tempo oramai che ci guardavamo in paese. Ogni occhiata che lei mi dava significava molto per me, perché ero follemente innamorato e lei lo aveva capito.
Quel giorno, nel mio castello incantato, finalmente, stavo coronando il sogno della mia vita. La mia principessa era lì, con me, disponibile a fare qualsiasi pazzia.
Appena la vidi nuda mi venne un colpo. Sembrava la venere di Botticelli uscita come una dea dalla schiuma del mare.
I lunghi capelli sciolti sulle spalle, colpiti dai raggi di sole che filtravano attraverso le tavole, brillavano come l’oro. L’alone di luce la faceva sembrare una divinità. Il monte di venere riverberava i bagliori sul vello biondo e morbido.
Il desiderio di abbracciarla divenne una necessità incontrollabile. Appena ci unimmo il mio cazzo duro sbatté contro il suo ventre. Quel contatto gli fece venire la pelle d’oca.

Dopo averla baciata, la presi in braccio e dolcemente la posai sulla paglia. Mi distesi al suo fianco e, lentamente, iniziai ad accarezzarle il ventre ed il seno. La pelle era vellutata e candida come le neve, morbida come le piume di un cigno.
Continuai a baciarla mentre una mano si faceva strada nell’interno coscia. Mi sembrava di impazzire dalla gioia.
In quella situazione divaricò le gambe per permettere alla mano di andare oltre. Il contatto delle dita con le labbra della figa la fecero sobbalzare, come se fosse stata colpita da un brivido di freddo.
Ero il primo uomo che profanava quel santuario sacro.
In quei momenti concitati, non parlava, si limitava ad ansimare lievemente con la gola.

Le mie labbra, lentamente iniziarono a spostarsi verso il basso. Le sfiorai la pelle fragrante e tonica del seno, poi, come un poppante, chiusi la bocca sui capezzoli turgidi e scuri, quindi seguendo quelle linee fantastiche, continuai a baciarla sul ventre, per arrivare finalmente al vello riccio e profumato del monte di venere.
Appena toccai il clitoride con la punta della lingua, lei iniziò ad emettere dei singulti di piacere.
Alla fine ficcai la bocca nello scoscio ed iniziai a leccarle la figa avido.
Non ero molto esperto ma facevo del mio meglio per essere dolce ed all’altezza della situazione, come avevo visto al cinema.

A quei tempi non era facile avere una ragazza. Prima di allora non avevo mai fatto alcun preliminare con donne normali. Mi ero scopato solo la puttana del paese.
I rapporti avveniva dove capitava. Appena entravi in casa sua, si faceva prima pagare, poi alzava la gonna, e mettendosi a pecorina si faceva penetrare velocemente, anche alla presenza dei figli.

Mentre le stavo raspando la figa mi accorsi che con una mano mi aveva afferrato il cazzo, ed in modo maldestro stava tentando di masturbarmi.
Lentamente mi spostai in mezzo alle sue gambe. Poi, completamente piegato sulle ginocchia, tenni la faccia schiacciata tre le sue cosce.
Per poter penetrare più a fondo la figa con la bocca le sollevai le gambe in aria, tenendole spalancate al massimo.
Alla fine di quella sublime maratona linguistica la guardai impaziente, quindi le feci un cenno con gli occhi e lei capì che era arrivato il momento del battesimo del fuoco.
Girò il volto verso la mangiatoia, aprì la bocca ed addentò la fibbia dei mie pantaloni. A modo suo mi stava dicendo che era pronta.
Mi distesi sopra di lei, con il bacino in mezzo alle gambe spalancate. Quindi afferrai il cazzo come l’elsa di una spada e puntai la cappella, dura e lucida come una biglia, contro la vulva vaginale. Inizialmente incontrai un po’ di resistenza.
Tenendo fermo il cazzo continuai a spingere fino a quando la cappella cominciò a farsi strada tre le labbra interne, ormai separate. Non appena percepì il caldo delle pareti vaginali diedi una spinta più forte, favorito dagli umori secreti in abbondanza, in un attimo sprofondai dentro di lei.

Haaaaaaaaaaaaaaaaaaggg mmmmmmmmmmmmmm!

I sui denti si erano attaccati alla cintura dei pantaloni.
Prima di iniziare a scoparla di brutto mi fermai un attimo, accarezzandola e baciandola con passione, quindi iniziai a muovermi lentamente dentro di lei.
Il suo corpo cominciò subito a distendersi. Appena divenne più morbido, gli affondi diventarono più veloci, quindi lei mollò la presa della fibbia, e guardandomi colsi nei suoi occhi un segno intenso di piacere. Stava godendo.

‘Siiii mi piaceeeee è bellissimooooooooo mmmmm mmmm mmmm
‘Dio quando sei bellaaaaaaaaaaa sembri un angelooooo ! ti amo tantissimooo!
‘Anche io ti amo! E ti voglio per sempreeeeeeeeee mmmmm

Oramai il dato era stato tratto. Quel giorno fu l’inizio di una splendida avventura. Giorno dopo giorno imparammo nuove cose. Un giorno si volle cimentare nel pompino. Dopo aver vomitato l’anima, ricominciò nuovamente. In poco tempo divenne molto brava. In quel fienile ci siamo dati l’uno all’altro, senza risparmiare energie. Ogni attimo d’amore era vissuto intensamente. Scopavamo con foga ed in tutte le posizioni possibili ed immaginabile. Il desiderio di lei mi era penetrata nel profondo dell’anima. Una volta per scherzo gli dissi che certe donne amavano prenderlo anche nel culo. Lei ci rise sopra. Ma un giorno mi disse che tra noi non ci dovevano essere dei limiti perché ci amavamo tantissimo e per sempre. Mi chiese di prenderla da dietro.

‘Sei sicura?
Antò! Ho capito che a te piace! Se non lo fai con me poi finisci che vai da quella puttana! Lo so che tutti gli uomini del paese ci vanno! Anche mio padre!

Lei, forse non lo sapeva ma avevo già fatto una tale esperienza. Proprio con quella puttana.

Il suo culo era molto stretto. Ci volle molta pazienza e saliva per lubrificarlo. Ma alla fine, dopo averlo lavorato a dovere, il buco del culo fu battezzato. Da quel giorno mi accorsi che gli piaceva di più prenderlo da dietro che nella figa.

Il 18 settembre del 1969, dopo una bella galoppata di sesso, gli annunciai che avevo preparato la valigia e che il giorno dopo sarei partito per il nord.

‘Antò! A me non ci pensi? Ormai sono compromessa!
‘Come faccio! Non ti posso portare con me!
‘Ma tu mi vuoi sposare?
‘Si! ma prima devo sistemarmi!
‘Ho paura che se parti non torni più!
‘Questo mai! Ti ho compromessa! Sono un uomo d’onore!

Piangendo si attacco al mio petto.

‘Si ma tu vai via! E io che faccio?
‘Mi aspetti!
‘Perché non ci fidanziamo ufficialmente?
‘Lo sai che poi i tuoi fratelli non mi fanno più partire! Ed io in questo paese di merda non ci voglio ammuffire!

Era disperata.

‘Antò ti prego resta! Vedrai che insieme ce la faremo!

La lasciai in lacrime.
La mattina seguente, prima che sorgesse il sole, con la valigia in spalle, partì verso il Nord! Verso l’ignoto.

Ritornai due anni dopo, per partecipare ai funerali della mamma. Lei intanto si era sposata con Vincenzo ed aveva partorito una bambina: Antonia.
Era diventata una donna, ed era ancora più bella di come la ricordavo. Non mi rivolse mai la parola.
Un anno dopo ritornai per i funerali di papà. Anche in quella circostanza si rifiutò di parlarmi.

Adesso dopo tanti anni la rivedrò di nuovo’.

Continua’

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