Skip to main content
Racconti erotici sull'Incesto

Martina e papà in vacanza da soli – 1

By 5 Agosto 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono ricordi di un paio di estati fa. Di un uomo, il sottoscritto, che aveva appena compiuto 45 anni, con un lavoro stabile e soddisfacente e una bella famiglia della quale facevano parte una moglie due anni più giovane e una figlia di 19 anni.
Era un’estate che era già iniziata male: un caldo asfissiante e un’umidità insostenibile. In città era praticamente impensabile rimanere e, arrivato agosto, mi affrettai a prendere le ferie e decisi di partire per XXX, una località di mare non lontano da casa dove cercare riparo dal caldo cittadino. Mia moglie non poteva partire, perché impegnata col lavoro, e quindi portai con me solo Martina, mia figlia, felicissima di andare in vacanza in un albergo a 4 stelle sul mare.

I primi giorni a XXX trascorsero sereni, tra bagni, cene fuori, scherzi in acqua e fuori. Martina si divertiva da pazzi e anche io. Inutile negare che il mio divertimento era amplificato dalla vista continua e invadente di ragazze belle dai corpi abbronzati, sudati e oleati a stento coperti dai costumini succinti e a volte mal sistemati, dai quali scappava fuori qualche lembo di pelle più chiaro ed eccitante.
Insomma, i miei ormoni iniziavano a fremere e dopo i primi giorni diventavano quasi incontenibili: le mie erezioni in spiaggia ed in piscina riuscivo a stento a nasconderle – viste anche le dimensioni non indifferenti del mio cazzo – con le mani sui boxer. Tradire mia moglie non era tra le mie idee, quindi mi limitavo a sfogare l’incredibile tensione accumulata durante il giorno, chiudendomi in bagno la sera, prima di scendere a cena, e facendomi una sega forsennata che ogni volta si concludeva con 5 o 6 fiotti di sperma che inondavano la mia mano e il lavandino. Così per alcuni giorni.

Poi una sera qualcosa cambiò. Mi ero chiuso in bagno per la mia sega quotidiana, mi ero sfilato i boxer, massaggiato il pisello fino a farlo bagnare ed indurire, avevo poggiato le palle sul bordo del lavandino e in quella consueta posizione avevo preso a muovere su e giù la mano sempre più veloce, pensando ad una biondina vista qualche ora prima in spiaggia con la frangetta, un corpo da mozzare il fiato e un bikini stretto stretto a righe rosa e bianche. Avevo buttato la testa all’indietro, sentendo l’orgasmo che stava per arrivare, quando gettai un’occhiata allo sgabello posto vicino al water e vidi quel bikini. Era lui. Stoffa poca poca e le righe bianche e rosa. Era come se tutto il desiderio che stavo sfogando su quella sega selvaggia mi avesse concesso quel piccolo regalo. Allora mi fermai e, nudo e col cazzo durissimo e lucido che svettava all’insù, mi avvicinai allo sgabello e afferrai il costume. Era ancora caldo. Lo accarezzai e avvicinai piano al viso il reggiseno. Odorava di sudore e di crema abbronzante. Poi odorai lo slip. Era forse l’odore più selvaggio ed arrapante che avessi mai sentito. Un misto letale di sudore, acqua salata e umore di fica. Una cosa impossibile da spiegare e alla quale è impossibile resistere. Non potei aspettare oltre: tornai al lavandino, tornai nella mia posizione con i coglioni gonfi gonfi poggiati sul bordo e conclusi la mia sega memorabile stringendo il cazzo dentro il reggiseno e aspirando con l’altra mano quell’odore meraviglioso dagli slip.
Inondai di sperma quel reggiseno a righe. Fiotti di sperma che sembravano non volersi fermare, mentre il costume si imbiancava in un grumo caldo e denso. Dovetti raccogliere tutte le mie forze per non gridare, mentre il volto mi si contraeva in una smorfia che sembrava quasi di dolore. Non potevo emettere neanche un sospiro più forte degli altri, perché Martina era nella stanza accanto e avrebbe capito che non ero impegnato a fare la doccia, ma a spararmi la sega più bella della mia vita.
Ma, d’improvviso, mentre ancora l’uccello mi pulsava tra il reggiseno e le mani, facendo uscir fuori gli ultimi tenui getti di sborra, la voce di Martina mi fece sussultare da dietro la porta: “Papà! Scusa, ma ho dimenticato il costume in bagno. E’ un bikini a righe bianche e rosa. Dovrebbe essere lì. Me lo puoi passare, perfavore?!”
Cazzo. Era il costume di Martina. In preda all’eccitazione folle avevo immaginato fosse davvero il costume della biondina e non mi ero accorto che mia figlia ne avesse uno identico. Come avevo fatto ad essere così idiota? E ora? Non potevo passarle certo quel costume così coperto di sborra da non distinguersi neanche una riga rosa!
Balbettai qualcosa, tipo: “Sì… scusa un attimo… te lo passo subito…” e lo misi sotto l’acqua lavandolo disperatamente, mentre l’acqua calda portava via pian piano quel liquido denso dal costume di mia figlia. Cazzo. Non ero arrivato neanche a godermi l’attimo finale della sega. L’uccello mi si stava smosciando pian piano e gocciolava a terra le ultime stille di sperma, mentre con le mani strofinavo veloce il costume con l’acqua corrente e il sapone. Alla fine riuscii a lavarlo, asciugai a terra, mi rimisi i boxer e aprii la porta.
Martina mi aspettava dietro la porta. Le consegnai il costume bagnato. Rosso in volto per la sega appena conclusa e per l’imbarazzo che lei potesse capire qualcosa o che il costume potesse ancora odorare della mia sborra. Lei non sembrò però accorgersi di nulla. Si limitò a dire: “Oh grazie, papà… me l’hai già lavato tu! Allora lo vado a stendere…”. E si allontanò verso il balcone della nostra camera d’albergo. La guardai darmi le spalle e allontanarsi. E per la prima volta mi accorsi che la stavo osservando non esattamente come un padre osserva una figlia. Era scalza. Indossava degli shorts gialli che erano così piccoli da essere praticamente delle culotte. Sopra, una magliettina bianca attillatissima. Niente reggiseno. Mi stupii del fatto che la stessi osservando in questo modo. Che il mio sguardo indugiasse sulle curve morbide di quel culetto stretto nei pantaloncini, su quei fianchi che ondeggiavano, su quei piedi caldi contro il pavimento. Ma, in fondo, mi ero appena fatto una sega col suo costume, inondandoglielo di sborra. Di cosa mi stupivo? Potevo continuare a guardarla come se niente fosse? Potevo continuare a far finta di niente?

Ci provai, per qualche giorno. Cercai di non notare quel corpo sodo dentro a quel costumino che mi aveva fatto sognare. Soprattutto cercai di non far caso a una macchiolina bianca sulla cucitura della coppa sinistra del reggiseno del suo bikini. Una piccola chiazza su una delle righe rose. Una macchia che mi ricordava costantemente la realtà di quello che era successo. Di quella mia sega colpevole sul costume della mia figlia diciannovenne. Mi faceva sentire in colpa. E allo stesso tempo mi eccitava da matti. Mi eccitava l’idea che il reggiseno che lei teneva a contatto con le sue giovani tettine sode qualche giorno prima era irriconoscibile, mischiato alla mia sborra calda. Mi eccitava il fatto che quella piccola chiazza bianca fosse ancora a contatto con la sua pelle. Costantemente.
Basta, non potevo più far finta di nulla. La cosa cominciava a diventare un pensiero fisso. Mia figlia cominciava a diventare un pensiero fisso. Ma Martina non sembrava accorgersi di nulla e continuava a vivere la sua vacanza spensierata e allegra come se niente fosse. Ma io pian piano ero sempre più concentrato su quell’unico corpo costantemente sotto i miei occhi. A volte anche sotto le mie mani, come quando acconsentivo alla sua richiesta di spalmarle addosso la crema solare. Inutile dire che mentre lo facevo, immaginavo che quella fosse tutto tranne che crema solare.

Non resistevo più. La sega della sera ormai era dedicata unicamente a Martina. La immaginavo indossare il reggiseno del costume come se non io non lo avessi mai lavato: ancora sporco del mio sperma. Sperma che le inzuppava i seni, con un odore ed un rumore da impazzire. Altre volte immaginavo che certi ragazzi visti in spiaggia e che avevo notato fossero particolarmente interessati a lei si segassero venendo a spruzzi abbondanti sempre su quel costumino. Altre volte, nella mia fantasia, ero io a farlo ed era il mio uccello a sparare fiotti bianchi su quelle tette a stento nascoste dal bikini.
I miei sensi di colpa pian piano vennero spazzati via dalla consapevolezza: il mio unico desiderio era ormai scopare Martina. Scoparla con tutto me stesso. Scoparla come forse non avevo mai fatto in vita mia con nessuna e come certamente non aveva mai fatto lei. I giorni successivi li avrei trascorsi nel tentativo di mettere in pratica questo desiderio.

10
1

Leave a Reply