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Racconti erotici sull'Incesto

Mi ha cresciuta e addomesticata mio zio

By 25 Settembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Vivo con uno zio che mi ha cresciuta, il resto della famiglia è stato irrilevante nella mia vita.

Da quando avevo compiuto 13 anni non ero più potuta uscire se non completamente coperta, ma a me non pesava particolarmente. Nemmeno quando ero arrivata ai 18 si rassegnava facilmente al fatto che mi truccassi per uscire di casa.
Ma non era fondamentale, comunque sapevo che ero stata cresciuta per essere sua.
Arrivai nella sua casa quando avevo10 anni e lui ne aveva 35 e non me ne sono più andata.

Non mi ha mai fatto mancare niente e mi ha fatta crescere bene credo, e fin dai primi tempi dopo il mio arrivo alla sera veniva nel mio letto, si sdraiava dietro a me che stavo su un fianco e mi toccava piano piano la linea del bacino, le braccia, poi mi dava la buonanotte.
Lo faceva ogni sera, a meno che io non mi fossi comportata male e anche se non volevo ammetterlo poi mi mancava. Ma normalmente ogni sera passava da me e nonostante la mia iniziale diffidenza mi stava lentamente addomesticando, Iniziavo a odiare gli impegni di lavoro che ogni tanto lo tenevano lontano e le donne che capivo avesse saltuariamente.
Era mio zio ma eravamo solo io e lui e dimostrava di avere cura di me, quando questo fu certo per me fu automatico pensare che poteva far di me quello che preferiva.

Sapevo che non era una cosa normale, ma non mi dava fastidio e io crescevo con un desiderio costante di lui senza però capire bene che volesse dire.

Con gli anni le visite dello zio nel mio letto diventavano più lunghe e le carezze cambiavano e io ero felice di poter essere sua e che lui mi volesse.

Generalmente mi stendevo a pancia basse, coperta fino alla vita con la lampada accesa.
Lui arrivava, spegneva la luce e si sedeva sul bordo del letto, abbassava la coperta e infilava lentamente la grossa mano sotto la corta camicia da notte.
Sentivo quella mano calda coprirmi il culetto e scostando gli slip avvicinarsi al buchetto, poi scendeva in avanti e accarezzava l’ingresso della mia figa che non era ancora stata violata.

Tenevo sempre gli occhi chiusi, anche quando a volte mi faceva girare verso di lui e con pollice e indice disegnava sul mio pube i bordi della peluria. Poi infilava l’altra mano sotto alla maglietta e stringeva le mie piccole tette scuotendole un po’.

Ogni volta che usciva dalla stanza non vedevo l’ora arrivasse la notte successiva. Mi lasciava bagnata e con voglia di fare qualcosa che non sapevo cosa fosse.

Mio zio è un uomo altp e solido, con una barba folta e occhi scuri molto seri.Non ama chiaccherare e io lo intendo soprattutto grazie ai movimenti.

Compiuti 16 anni il suo atteggiamento cambiò anche in casa, dove fino a quel momento non aveva cercato contatti durante la giornata.

Quando non andavo a scuola, alla domenica o nei giorni di festa, mi faceva sedere in braccio a lui sulla poltrona scura e grande, di pelle dopo pranzo. Io gli davo le spalle e sentivo il suo respiro calmo dietro la nuca e guardavo la sua mano scendere sotto l’elastico della mia biancheria e iniziare a toccarmi. All’inizio palpava, poi incontrava i miei umori nei quali si inumidiva le dita prima di portarle al mio clitoride. I primi tempi mi toccava quel tanto che bastava a riempirmi di sussulti, senza farmi venire. Smetteva di toccarmi a un certo punto e con un gonfiore duro nei pantaloni, che fino al momento prima premeva sulla mia schiena, si dirigeva in bagno e io non sapevo bene che facesse, non avevo mai visto che c’era sotto quei pantaloni.
Io restavo per un minuto nella poltrona poi mi alzavo per andare in camera mia.

Passato qualche mese, in una giornata come tante, mentre come al solito mi faceva sedere sulle sue gambe mi disse -Cerca di non essere indecorosa oggi- e sul momento non capii che intendesse ma come al solito risposi con un cenno di assenso e un basso -Sì-.

Iniziò a toccarmi e con fare più deciso, una mano sulla figa con le dita che strizzavano e accarezzavano il mio clitoride e una sotto alla maglietta, che torturava le mie tette mentre il suo respiro affondava sul mio collo.
Sentivo il gonfiore nei suoi pantaloni farsi più duro e grande.
A un certo punto i miei trempori iniziarono a farsi più forti, non riuscivo più a controllarmi e gemendo godetti per la prima volta in vita mia.
Non mi toccavo da sola, non mi permettevo senza che mio zio fosse lì e non ne avevo il desiderio perchè volevo fosse lui.

Mi vergognavo per essere venuta sulla sue gambe e non sapevo che dire. Mi fece girare: dovevo sedermi a gambe aperte su di lui e guardarlo dritto in faccia, negli occhi neri e seri, nella barba scura e nei capelli curati.

– Chiara- mi disse, ed era strano che mi chiamasse per nome e che iniziasse un discorso lui che era così silenzioso -Mi sembra chiaro che tu sia mia- Io annuii. – Quello che fai con me, oltre a rimanere tra noi, non dovrai farlo con nessun altro- e nemmeno serviva che lui me lo dicesse.
– Sei abbastanza grande per renderti conto che appartieni a me, ti ho presa in casa per questa ragione, e senza il mio permesso non potrai andartene.

Mentre parlava aveva ricominciato a toccarmi e mentre lo faceva mi guardava negli occhi e mi sentivo terribilmente imbarazzata, così aperta davanti a lui che mi guardava ora la figa ora gli occhi. Mi misi a piangere mentre mi toccava e lui iniziò a toccarmi con entrambe le mani e ai singhiozzi si sostituirono sommessi gemiti di piacere.

Episodi come questo si ripeterono più volte e lo zio andava sempre in bagno alla fine, e non riuscivo bene a capire cosa facesse perchè non avevo ricevuto nessun tipo di educazione sessuale: avevo fatto le scuole nel collegio religioso del paese vicino e non avevamo televisione o riviste in casa. Avevo compagne che non erano amiche e si parlava solo di compiti. Ero completamente inesperta.

Voleva essere lo zio a insegnarmi tutto.

Quando arrivai ai 17 anni mi vennero insegnate cose nuove. Ero tornata a casa da scuola e lo zio stava ancora lavorando, Come solito mi infilai in camera mia a studiare quello che ci era stato dato. Dopo nemmeno un’ora lui stava entrando nella mia stanza. -Bene, Chiara adesso sei abbastanza grande per soddisfare alcune mie richieste-. Ero spaventata e curiosa, non sapevo che volesse farmi fare mentre mi faceva sedere sul letto, magari non sarei stata all’altezza.
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Se per qualche ragione voleste scrivermi potete inviare email a ederaverde2@yahoo.com Da quando era entrato in camera per annunciarmi che le cose sarebbero cambiate fremevo al pensiero di cosa sarebbe accaduto, e non ne avevo idea. Un tardo pomeriggio di domenica in novembre, con la pioggia che batteva i muri della casa, mi disse di avvicinarmi.
Era seduto sulla sua grande poltrona di pelle marrone scuro, mi misi in piedi di fronte a lui, con lo sguardo basso. -Eccomi.

Indossavo un abito al ginocchio di lana sottile blu che stava bene con i miei capelli biondi, poco scollato con le maniche lunghe. A mio zio è sempre piaciuto che mi vestissi bene, senza fronzoli o esagerazioni ma in modo delicato e sceglieva lui i miei indumenti e io li adoravo tutti. A volte lui, così serio, si apriva in un moderato sorriso nel vedermi con qualcosa che gli piaceva particolarmente e adoravo che scegliesse vestiti e sorridesse nel vedermeli indossare. Per quel vestito aveva sorriso.

Mi prese sulle ginocchia e mi accostò a se, come si tiene in braccio una donna e iniziò a parlarmi ‘ Chiara sei davvero bella-. Non so se fosse vero ma in quel momento provavo sentimenti così enormi che non capivo più dove fossi, mi girava la testa e tremavo debolmente.

– Adesso sei diventata quasi una donna, e ti voglio per me. Resterai qui ancora, e per questo dovrai imparare come starmi accanto.

Parlava con la sua voce bassa e ferma, mi guardava serio e rilassato, un po’ solenne come sempre nei modi. Mentre continuava a parlare lasciava che la sua mano scivolasse discreta tra le mie cosce comunicandomi di allargarle. Faticavo a respirare dal misto di paura ed emozione.

– Ti insegnerò io tutto quello che ti serve sapere e saper fare.

Dicendo questo concluse il discorso e mi sfilò il vestito lasciandomi con il piccolo slip di cotone azzurro e il reggiseno dello stesso colore un poco trasparente. Come tutto quello che avevo, erano stati scelti da lui.

Alzati, andiamo in camera tua.

Mi faceva camminare avanti a sé, e sentivo il suo sguardo immobile puntare sulla mia nuca.
Arrivati in camera mi fece sedere sul bordo del letto e si mise in piedi di fronte a me, slacciò la cintura e la cerniera dei pantaloni scuri morbidi con la piega di stiratura e dai boxer estrasse il suo membro.
Non ne avevo mai visto uno. Ero tesa con i sensi completamente accesi e non capivo che dovevo fare, con quel pezzo di carne grande e pulsante. Non sapevo che significasse e mi sembrava così grande.. Mio zio, alto e imponente, mi disse ‘ Toccalo.

Avvicinai una mano e la poggiai sull’asta, lui mi prese l’altra e la portò alla borsa. Con la sua guida iniziai a muovere piano le mani, con movimenti lenti, ancora stupita da quella parte anatomica che non avevo mai visto ma del tutto inebriata dal contatto con quell’uomo. Si gonfiava ancora e continuavo ad accarezzarlo rispettosamente.

-Bene Chiara, adesso alzati e sfilati la biancheria, poi sdraiati sul letto e rimani buona, cercherò di non farti troppo male.

Non capivo bene che sarebbe successo, mi distesi con la testa poggiata sul cuscino cercando di guardare che stesse per fare lo zio senza mostrarmi sfacciata.
Mi vergognavo a stare completamente nuda davanti ai suoi occhi.

Lui si sedette al bordo del letto, vicino al mio fianco e con una mano mi allargò di nuovo le cosce. – Rilassati, respira piano.

Il mio cuore batteva così forte da assordarmi. L’altra mano prese ad accarezzarmi pacatamente il viso per poi scendere verso i seni. Era snervante, non ero più padrona di me, ero solo una ragazzina all’apice dell’eccitazione e del terrore.
La mano che era arrivata tra le gambe prese a esplorare il mio buco stretto, inserì la punta dell’indice in quella fessura che non ero certa di sapere di avere e si fermò a quello che pareva un ostacolo.
Mi accorsi che mio zio stava sorridendo e il dolore che già iniziavo a provare avevo smesso improvvisamente di sentirlo.

Salì sul letto e si fermò ai miei piedi, con i pantaloni slacciati e la camicia marrone scuro profumata ancora addosso mi allargò le gambe, mi massaggiò delicatamente muovendo piano la mano per un minuto circa facendomi inumidire completamente, poi mi calò sopra.

– Metti le braccia attorno al mio collo e stai tranquilla, allarga le gambe e lasciami spazio.

Avevo intuito cosa sarebbe successo e la cosa mi aveva sconvolta ancora di più, ma ormai ero tramortita da quegli avvenimenti e non risposi. Mi limitavo a eseguire, solo il respiro mi tradiva, lo zio se ne accorse e sorrise in maniera strana e mi sentii un altro po’ più felice.

La sua mano guidò la cappella (questa e altre parole mi vennero insegnate solo dopo) all’ingresso del mio sesso e sentivo bruciare terribilmente e nascondevo il viso nelle pieghe della camicia mentre lui iniziava a premere contro di me.

Sentivo dolore, quel grosso pezzo di carne spingeva per entrare , sentivo che avanzava prepotentemente anche se in maniera lenta e non ero nemmeno certe di sapere dove mi trovassi tanto era lo stordimento. La mano di mio zio premuta sulla testa mi dava un senso di intrappolamento completo, l’altra stava scivolando sotto al sedere per insegnarmi a sollevare il bacino aiutandolo in quello che mi stava facendo.

Avevo appena sentito come una piccola rottura interna che ,al dolore al quale lentamente iniziavo ad abituarmi, si sommò quello di una spinta decisa che mi spezzò il respiro. Di colpo era entrato del tutto in me.
Le pareti contro cui mio zio premeva diventavano a loro volta pulsanti e mi facevano male e lui mi riempiva completamente. Una volta penetrato rimase fermo per un poco e quasi pensai che fosse finita ma mi sbagliavo.

Inizia a piangere sommessamente, ero sopraffatta.

Mio zio ignorò le mie lacrime e iniziò a entrare e uscire, prima lentamente poi sempre più forte e il mio dolore non sembrava diminuire, anzi mi pareva che mi stesse aprendo in due parti. I bottoni della sua camicia strofinavano contro i miei piccoli seni , la sua barba abradeva la pelle delle mie guance e piano piano, come per magia, il dolore iniziò a scendere, diminuiva finalmente!

Lui probabilmente se ne accorse, allora, senza uscire da me si sollevò posizionandosi in ginocchio tra le mie gambe, che imbracciò distese sopra le sue piegate e continuò a spingere fissandomi negli occhi. La sua espressione era seria ma assente, concentrata su quello che mi faceva.
Mi sentii morire dalla vergogna, ma non riuscivo a distogliere gli occhi dai suoi se non per chiuderli in una smorfia dovuta alla fatica di accoglierlo dentro a ogni colpo. I colpi variavano di intensità e di frequenza e non riuscivo ad abituarmici mai del tutto: entrava e indugiava dentro di me, poi usciva a prendere rincorsa e rientrava più violentemente. Più tardi, nel tempo, avrei capito che voleva prolungare quel momento appositamente: dovevo capire che significa stare con lui, appartenergli e dovevo desiderare di compiacerlo.

Dalla sua posizione poteva invadermi ancora di più con gli occhi. Portò le mani sul mio addome e una proseguì dietro disegnando il profilo del mio fianco, a sostenermi perchè potesse usarmi meglio continuando a sollevarmi, l’altra arrivò al mio pube e scendendo le sue dita iniziarono a torturare il mio clitoride stringendolo e lasciandolo, premendolo forte e facendomi male. Capii però che mio zio iniziava a cambiare: il suo controllo non diminuiva di certo ma il respiro si accorciava e la fronte si stava imperlando rapidamente di sudore.

Mi accorsi che anche il suo tocco sul clitoride stava cambiando: le dita, più delicate, lo solleticavano provocandomi ondate di benessere. Avevo i brividi, e nonostante il dolore che quella penetrazione inevitabile continuava a provocarmi, il piacere diventava crescente e i movimenti delle dita di mio zio più rapidi ne sostenevano l’aumento.

Cercai con le mani qualcosa a cui aggrapparmi, strinsi il lenzuolo e con un gemito mi trovai tremante a provare una sensazione incontrollabile che non avevo mai provato prima e mi sentivo esplodere.
Venni per la prima volte, con il membro di mio zio che sembrava spaccarmi da dentro e le sue dita che mi concedevano di provare piacere, a gambe aperte di fronte a lui che lì in alto aveva cambiato espressione.
Il mio corpo stava smettendo di vibrare quando lui prese a spingere sempre più in fretta facendomi di nuovo soffrire fino a che,dopo pochi colpi, un fiotto caldo mi riempì ancora di più.

Lui ansimò per pochi secondi, poi senza una parola si alzò e uscì dalla stanza.
Io, con gli occhi di nuovo pieni di lacrime, la mente confusa e il corpo indebolito persi i sensi così: nuda sul letto, con il liquido che mi aveva depositato all’interno che colava dalla mia fessura.

Per commenti o consigli potete contattarmi ederaverde2@yahoo.com
Ero rimasta incosciente per un po’. Al risveglio era ormai sera inoltrata e mi trovavo disorientata dall’accaduto, dolorante, non riuscivo a pensare.
Sotto agli slip che avevo infilato tutto pulsava, i miei piccoli seni erano gonfi e arrossati.
Sentivo l’odore di mio zio su di me.

Come intontita mi diressi in bagno e mi lavai, e sotto la doccia sembrava che l’acqua scorresse su un corpo che non era il mio: ero passata dall’essere la bambina diffidente cacciata a vivere dallo zio alla preadolescente adorante ma non sapevo bene cosa fossi diventata in quel momento.

Una volta ricomposta scesi al piano di sotto, mio zio fumava sulla sua poltrona a fianco della finestra guardando fuori. Da lì mi dava le spalle.

Non sono e non ero rumorosa ma lui si accorse subito della mia presenza, sollevò la mano in un saluto, senza scomporsi o senza distogliere lo sguardo, che indovinavo concentrato, da quello che stava guardando.

Mi diressi verso la cucina, l’ambiente adiacente, per bere un bicchiere d’acqua.
Stavo versandomela quando mi accorsi che lui mi era arrivato silenziosamente alle spalle.Sentivo il suo odore di pulito e tabacco, di poco diverso da qualche ora prima.

Non riuscivo più a muovermi nè a respirare, non sapevo che pensasse di me, non sapevo se mi ero comportata bene, non sapevo niente di niente.
Rimasi ferma con la bottiglia a mezz’aria.

Con un gesto quieto poggiò una mano sulla mia spalla. La sua mano era grande e calda e quel tepore scioglieva le mie tensioni.

La mano, salendo lungo la linea della mia sagoma arrivò al collo, prese una ciocca di capelli mossi e chiari che cadevano verso la scollatura della mia camicia e li scostò portandoli dietro al collo.

Poi, senza dire una parola, se ne andò.
Ascoltavo i suoi passi uscire dalla cucina, attraversare il salotto scuro e solenne come lui, arrivare alle scale.
Il suo odore mi era rimasto un’altra volta addosso.

Rimasi immobile qualche altro secondo, poi finalmente versai l’acqua e bevvi.
Finalmente sapevo come dovevo sentirmi: soddisfatta. Mi ero comportata in maniera positiva e mio zio ne era rimasto soddisfatto, quindi dovevo esserlo anche io. Così mi sentivo.

Andai a dormire.

Non bisogna pensare che mio zio si limitasse a questo, o a toccarmi negli anni precedenti: a modo suo mi accudiva.

Oltre a comprare tutto quello che mi serviva (non so se fosse lui a indovinare ogni mio bisogno o io a sentire la necessità esclusivamente di ciò che mi forniva), lasciava per me libri da leggere sulla mia scrivania, si interessava all’andamento scolastico, e osservandomi al mattino si assicurava che il timido sorriso che gli mandavo attestasse che mi sentivo bene.

Se non sorridevo, perchè a scuola non mi ero trovata bene il giorno prima o perchè mi assaliva a volte la malinconia pensando ai miei genitori, portava un fiore nella mia camera e lo trovavo al ritorno dalle lezioni.

A volte faceva cucinare alla signora che veniva a ora di pranzo a servizio, qualcosa che mi piaceva particolarmente, per rallegrarmi.

Mi portava a visitare posti nuovi, lasciava sul tavolo del soggiorno opuscoli di destinazioni che approvava dove poter andare insieme o con qualche conoscente.

Non riuscivo a pensarlo mentre effettivamente faceva qualcosa di esplicitamente dolce per me, semplicemente godevo delle sue attenzioni, del fatto che mi considerasse.
O forse non voleva vedere qualcuno di infastidito aggirarsi per casa…ad ogni modo mi curava.
Come ringraziamento gli bastava che tornassi serena.

Per questo per me non era concepibile non fare qualunque cosa lui desiderasse da me.
Ero felice di poter ricambiare quello che mi dava.

Le cose erano destinate a cambiare ancora.
Una sera di pochi giorni dopo iniziammo a cenare prima del solito.

Funzionava così: la signora di servizio ci cucinava qualcosa a pranzo e lasciava quasi pronto prima di andarsene anche il pasto serale,in modo che io lo potessi facilmente terminare.
Mio zio entrando in salotto disse come se niente fosse – Chiara penso che finito il capitolo potresti preparare il tavolo.

Insolito pensai: lui è un uomo estremamente rigido in fatto di orari.
– Certo.

Posai subito il libro, e mentre lasciavo che la carne finisse di cuocere, apparecchiai.
Lo zio prese dalla credenza di legno una bottiglia di vino e la mise in tavola con due bicchieri in più.

Durante la cena poi venne versato un bicchiere di vino anche per me, non era mai successo.
Mangiavamo rilassati.
Al suo secondo bicchiere mi chiese -Ti piace?
Si riferiva al vino.

Ne avevo bevuti solo un paio di sorsi, era scuro e pastoso, più consistente dell’acqua e con un sapore forte che non riuscivo ancora a giudicare del tutto – Non lo so.. ero imbarazzata nel dare quella risposta, lo dissi piano guardando in basso.

Lui si aprì in una bella e posata risata breve, non potevo crederci!

– Ti abituerai
Rabboccò il bicchiere, iniziai a berlo.

– Tutto bene alle lezioni?
– Sì grazie, la professoressa di letteratura è brava, mi piace come legge per noi.

Curiosamente parlammo, sempre in tono tranquillo e sempre con lo zio che decideva di cosa si dovesse o no trattare, intanto avevo finito il mio bicchiere e sentivo un po’ di stranezza nella testa, ero particolarmente sorridente.

Mi versò un altro bicchiere senza prenderne per sè, e io continuai a berlo e a rispondere alle sue domande. Iniziavo a prendere gusto per quella bevanda.

Quando la bottiglia era quasi finita si alzò da tavola e prese due piccoli bicchieri freddi e una bottiglia gelata dalla cucina.

– Prova.

Non sapevo cosa fosse ma non mi piaceva: era un liquido trasparente con un odore cattivo, me ne versò mezzo bicchierino suggerendomi di buttarlo giù tutto d’un fiato.

– Questo ti piace?

– ..No
Non riuscivo a mascherare una piccola smorfia, che mi fece guadagnare un’altra sua breve risata.

Però mi sentivo leggera, stavo molto bene e il viso lo sentivo caldo.

– Chiara non importa che sistemi per questa sera, ci penserà domani Marisa. Seguimi.

Mi alzai per seguirlo e barcollai debolmente, ma mi sentivo così bene: era stata una cena piacevole e inaspettata.
Lo zio si sedette sulla sua poltrona e mi fece cenno di accomodarmi sulle sue gambe.

Mi fece sedere di spalle poggiata al suo petto, cinse con le braccia il mio ventre, poi risalì a slacciare i bottoni della camicetta lilla.

Sentivo le sue dita calde insinuarsi sotto al reggiseno bianco ricamato, scendere lungo la mia pancia e sfiorare l’orlo degli slip sotto alla gonna scura accarezzandomi il basso ventre, sfiorando il mio triangolino di pelo.
In mezzo alle mie gambe, con una rapidità insolita, sentivo arrivare calore e umido.

Intanto quelle mani salivano e scendevano toccando tutto quello che la camicia aveva lasciato scoperto, premendo sulla mia pelle.

Il respiro di mio zio era regolare e profondo e il suo viso affondava nei miei capelli.
Contro alla base della schiena, sotto i pantaloni seri che portava, sentivo crescere la sua voglia.
Si gonfiava rapidamente.

Sapevo che anche i bottoni della gonna non avrebbero resistito per molto alla sua mano.

Credevo che sarei stata pronta a quello che mi aspettava e l’ebbrezza dovuta al vino anzichè abbandonarmi gradualmente cresceva e inspiegabilmente mi faceva venire voglia di subire di nuovo il trattamento che rischiava di essere come quello della volta precedente.

Sbagliavo.
Lui non aveva neppure iniziato a istruirmi e il trattamento che mi aveva riservato era di riguardo.
Mi sarebbe stato chiaro di lì a poco.

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