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Racconti erotici sull'Incesto

Mia sorella Giuseppina – Angela 4

By 9 Maggio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Opera del mio grande amico Gianfranco.

Giuseppina, così bella, così innocente, commette un errore. Pensa che sia tutto finito, ma è in agguato il fato..
Lui vede subito la possibilità di poter trarne vantaggio.
La storia si divincola nei giorni che si susseguono. La piccola giovane Giuseppina non sa cosa le accadrà..
Leggete e scoprirete..

Mia sorella Giuseppina Nr. 1
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=5496

Angela saga
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=11308
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Angela cap 4

Nel bagno c’erano due cabine da doccia, per cui potemmo lavarci contemporaneamente. C’erano anche due teli da bagno molto grandi e profumati, ma nessun accappatoio. Per cui, una volta terminato, dovemmo rimetterci i nostri vestiti.

Andrea, senza che ci fosse un qualsiasi legame con ciò di cui stavamo parlando, disse:
– Adesso alzatevi. –

Rimasi immobilizzata, priva di forza nelle gambe. Quell’invito, secco ed immediato, mi aveva fatto comprendere che il gioco stava iniziando.

– Su, Angela, ora è troppo tardi, per tornare indietro. Puoi farlo da sola o per forza. Ma devi farlo. Qualsiasi cosa succeda ai tuoi vestiti, alla fine sarai ricompensata. Quindi non preoccuparti. –

Mi tirai su, in piedi, in qualche modo, e mi avvicinai a Paola che invece aveva obbedito prontamente all’ordine del fratello.

– Mettetevi di fianco, una ad un metro dall’altra. – La voce di Andrea era pacata ma decisa.

Ero là, in una casa praticamente sconosciuta, una ragazza vicino a me e suo fratello, seduto, che ci guardava ambedue con uno sguardo che aveva perduta la serenità ostentata sino a pochi momenti prima, per somigliare a quello di un duro, freddo predatore. Ora avevo paura.

Giorgio ed altri tre si alzarono dalle loro sedie e vennero a piazzarsi dietro di noi.
– Forza, ragazzi! – incitò la voce del Capo.

Uno dei ragazzi mi prese da dietro per le braccia, serrandomele sopra i gomiti e tirandole verso l’indietro. Sia pure nel terrore che mi aveva invaso, mi accorsi che anche Paola subiva lo stesso trattamento. Un altro dei quattro, venne davanti a me, tirò fuori da una tasca un coltellino e tagliò le bretelline della mia T-shirt. Poi tirò giù la maglietta, scoprendomi del tutto i seni.’

***(Angela si fermò, perdendosi dietro al ricordo di quei momenti. Sentiva la contrazione ben nota della sua vagina che, incredibilmente, impazziva di eccitazione.
‘Vuoi fermarti?’ le chiese Giuseppina, fraintendendo quel silenzio che attribuiva ad un rigurgito di paura, ‘Se preferisci, non ne parliamo più.’
Angela scosse la testa:
‘No,’ disse, ‘ora voglio rivivere sino in fondo quella cosa che mi ha
cambiato la vita.)***

‘I ragazzi tenevano tutti gli occhi addosso al mio petto ed a quello di Paola, ugualmente scoperto da Giorgio che si era dedicato prevalentemente a lei: probabilmente provava almeno un pochino di vergogna per avermi ingannato in quel modo, e perciò non mi si avvicinava più di tanto, nel timore, forse, di essere costretto ad incrociare il suo sguardo col mio. Le tette della mia compagna erano un po’ più grosse delle mie, ma ugualmente dritte, come potei notare confusamente, attraverso il velo della vergogna che mi sopraffaceva, al pensiero di essere stata denudata davanti a tutti quei ragazzi. Su due sode collinette se ne innalzavano altrettante, più piccole e scure. I capezzoli ne sporgevano dritti e gonfi. Guardai i volti di un paio dei ragazzi: erano tesi ed eccitati dallo spettacolo che noi due ragazze offrivamo ai loro occhi, lucidi di desiderio. Uno strano movimento attirò il mio sguardo verso il basso dei loro pantaloni: erano inequivocabilmente i loro cazzi, compressi negli slip, che si contraevano ritmicamente. Quasi tutti avevano infilato una mano dentro la patta.

Poi Renzo ‘ era il nome di colui che mi stava di fronte, come seppi il giorno dopo ‘ si curvò, aprì la zip dei miei jeans e me li abbassò sino alle caviglie. Le mie gambe si scoprirono progressivamente, durante un tempo che mi sembrò interminabile. Mi vennero tolti i pantaloni, le scarpe e le calzette, lasciandomi con addosso le sole mutandine Erano delle culottes di raso bianco che coprivano anche parte della coscia. Non c’entravano niente, col resto dell’abbigliamento, ma le avevo viste in un negozio e me ne ero innamorata. Avevo conservato i soldi della paghetta che mi passavano i miei, sino a metter insieme i soldi che servivano per comprarle, una piccola fortuna, per me. Quando me le ero viste addosso per la prima volta, non avrei mai pensato che sarebbero servite per far arrapare in quel modo ben sette ragazzi tutti assieme.

L’ultimo indumento mi venne lasciato addosso. Anzi, le stesse mani che ci avevano spogliato quasi del tutto, ci allacciarono dei reggiseno di almeno due misure inferiori alle nostre, che lasciavano intravedere i capezzoli attraverso il merletto sintetico che ornava le coppe stringendoli sino a farci male, per riuscire ad allacciarli.
‘Chissà perché ci avranno messo addosso ‘sta roba!’ mi chiesi. Ma a questo avrei avuto presto una risposta completa. Intanto, però, quell’indumento tanto ridotto mi si infilava nella carne, procurandomi un dolore crescente. Guardai nuovamente Paola, vicino a me: anche la sua espressione tradiva la sofferenza, forse anche maggiore della mia, per via delle maggiori dimensioni dei suoi seni. Però la sua bocca era semiaperta, in un sorriso eccitato.

– Su, ragazzi, un primo assaggio’ – disse la voce di Andrea. Subito, i sette ci circondarono. Quelli che ci tenevano le braccia non mollarono la presa. In questo modo eravamo tese all’indietro ed i nostri seni risultavano provocatoriamente spinti verso avanti, mentre i ventri arretravano e, di conseguenza, i nostri culetti premevano contro il pube dei due ragazzi.

Cominciammo a sentire una selva di mani che ci toccavano, carezzavano, solleticavano lungo i fianchi, la pancia ed il petto, l’interno delle cosce. Non potevamo divincolarci, perché la presa sulle braccia era decisamente ferma ed impediva i nostri movimenti. La mia bocca venne baciata e penetrata dalle lingue di diversi dei nostri compagni. All’inizio provai a tenere le labbra serrate, ma dovetti mollare quando una mano mi afferrò le due guance in una stretta dolorosa che mi costrinse ad aprirle e ad accettare l’ingresso delle lingue, alcune delle quali erano gradevoli, mentre altre, nel penetrarmi la bocca, portavano con sé l’alito pesante del loro proprietario. Avevo il seno dolente per colpa di quel reggiseno strettissimo, ed il solo tocco della prima mano che si era avventurata su di esso, acuì il dolore fino a renderlo quasi insopportabile. Soffrivo: ma, incredibilmente, mi accorsi di avere le mutandine completamente bagnate. Tentai di imporre al mio corpo la massima indifferenza alle sensazioni che lo agitavano in maniera perfino illogica, ma senza alcun risultato. Ero eccitata come una gatta in calore. Desideravo altro, sempre di più.

Passò così una decina di minuti. Poi Andrea richiamò all’ordine i suoi compagni, certamente ‘giovani’, ed altrettanto certamente ‘esploratori’: del mio corpo e di quello di Paola:
– Fermi, adesso! – disse, – dobbiamo finire di prepararle. ‘

I ragazzi si allontanarono quasi tutti. I due che ci tenevano ci costrinsero ad avvicinarci a quell’enorme lettone, una per ciascun lato.
– Tendi il braccio, – mi ordinò Andrea, – e tu, Paola, mostrale ciò che deve fare. ‘

Mi accorsi delle funi che giacevano sul letto solo quando vidi Paola prenderne una, facendosela scivolare poi sul polso, sul quale la strinse con un nodo scorsoio già pronto. Poi fece lo stesso con l’altra mano. Il mio cuore saltava impazzito:
– No, – dissi, – cosa volete farmi? ‘

– Ricordi, Angie, che te ne avevo parlato? Dobbiamo legarvi al letto, per impedire che siate tentate di scappare. Sarebbe molto pericoloso, sia per noi che per voi. Nel bosco qua intorno si aggirano spesso cani randagi morti dalla fame. Ed anche gentaglia che non vede l’ora di mettere le mani su delle ragazzine come voi. ‘

Un attimo di paura per ciò che aveva detto Andrea mi indusse quasi a cedere ed a porgere il braccio. Poi un altro timore, più immediato, prese il sopravvento e lo tirai indietro bruscamente, tentando di voltarmi per fuggire. Venni presa immediatamente, prima ancora di riuscire a fare tre passi. Quattro ragazzi mi afferrarono per le braccia e per le gambe, e mi tennero ferma mentre gli altri mi legavano sia i polsi che, aumentando il mio terrore, le caviglie. Cercai di oppormi ma dovetti cedere quando uno di loro mi afferrò un capezzolo con due dita di ferro, stringendolo sino a farmi sommergere da un velo di dolore atroce.

In un attimo, mi trovai distesa sul letto. Le braccia e le gambe vennero legate alla testata ed ai piedi del letto, ed io mi sentii completamente aperta. Mi salvavano solo i due indumenti che mi erano stati lasciati addosso. Senza creare i miei stessi problemi, Paola era stata legata allo stesso modo, sulla parte del letto di fianco alla mia. Le nostre mani, una destra ed una sinistra, potevano sfiorarsi, e lo fecero subito, alla ricerca di un qualche conforto.

Andrea si sedette a fianco a me. Io non potevo fermare le lacrime, ma lui cominciò a carezzarmi dolcemente:
– Vedi, Angie, avresti potuto risparmiarti buona parte di ciò che è avvenuto, se solo ti fossi lasciata andare un po’. Paola ha collaborato e, come vedi, è tranquilla. ‘

Doveva essere uno splendido spettacolo, per lui, per loro, quello di due corpi femminili belli e giovani, distesi uno vicino all’altro in attesa di venir usati.

– Adesso state buone, – disse ancora Andrea, – fra un po’ vi portiamo da angiare e poi… Beh, poi vedremo che succede. Andiamo, ragazzi. –

Si mossero tutti e scomparirono attraverso la porta. Gli altri, che erano rimasti fuori, entrarono e rimasero per un po’ a guardarci ed a carezzarci, scambiandosi opinioni e commenti sui nostri corpi. C’era chi apprezzava di più il mio seno e le mie gambe; chi, invece, si estasiava a rimirare il corpo di Paola. Continuarono così per una decina di minuti; poi, lentamente, se ne andarono anche loro.

Sentii Paola mormorare:
– Dai, Angela, non fare così. Smettila di piangere e rassegnati. Vedrai che sarà anche bello e che avrai anche tu la tua porzione di piacere. –

– Ma come posso?! Siamo qui, legate, a disposizione di chiunque voglia scoparci, senza poterci muovere’.. E poi questo reggiseno mi fa sempre più male. Voglio andare a casa miaaaaa’. ‘

– Angie, è inutile che ti ribelli. Certo, per te è la prima volta e capisco che tu abbia paura. Io ci sono passata già, in più di un’occasione, ed ormai ho imparato a prendermi il bello, poco o molto, che osso ricavare da situazioni di questo genere. ‘

Non le risposi più, ma continuai a singhiozzare per almeno una mezz’ora. Poi si aprì la porta e comparve uno dei ragazzi con in mano un vassoio colmo di roba da mangiare. Paola non si fece pregare, ma io rifiutai ogni cosa, anche quando il ragazzo cercò di imboccarmi per forza. Per fortuna dopo due o tre tentativi, smise di provare e se ne andò. Sul muro di fronte al letto era appeso un televisore piatto sul quale passavano le immagini di un telefilm qualsiasi. Probabilmente era stato acceso perché potessimo distrarci un po’, ma l’unica cosa che ricordi di quei momenti è il fastidiosissimo audio che raccontava una storia di cui non mi importava proprio niente.

Si sentivano rumori e voci provenire dal basso. I toni sembravano eccitati e le risate un po’ troppo alte. Paola tentò di dirmi qualcosa, ma io ero troppo spaventata per risponderle e così, dopo pochi minuti restò in silenzio.

Continuavo a rimuginare pensieri ed ipotesi sulla mia situazione e su ciò che mi sarebbe accaduto. Mi guardavo attorno. Stavo là, praticamente nuda, su di un letto sul quale giaceva anche un altro corpo. Per fortuna, qualcuno aveva acceso una pompa di calore, e perlomeno non avevo freddo. Mi vergognavo terribilmente, mi sentivo, in qualche modo, già violata. I polsi e le caviglie legate mi consentivano solo piccoli movimenti. Abbastanza, comunque, da evitare i dolori che vengono alla schiena quando si stia distesi per lungo tempo. Cercando di non farmi notare, guardai obliquamente Paola: i suoi seni, costretti in una specie di gabbia strettissima, sembravano prossimi a scoppiare. Portava delle mutandine di pizzo trasparenti, che lasciavano vedere quasi interamente il suo pelo pubico. La sua espressione non lasciava trasparire alcun sentimento: sembrava che la mia compagna fosse sprofondata in una specie di attesa fuori dal tempo.

Guardai verso i miei piedi e li vidi legati ai piedi del letto con due pezzi di fune che tenevano le gambe spalancate. Altre funi, legate vicino alle prime, andavano verso l’alto, scomparendo tra i veli che formavano il baldacchino. Non ne capivo il possibile uso, ma non era certo quello, il pensiero prevalente nella mia mente.

I rumori esterni tacquero improvvisamente. Si sentiva una sola voce che mi parve quella di Andrea. E difatti, riconoscendola, Paola pronunciò il nome del fratello mentre le compariva sul volto un sorriso fiducioso. Dopo una decina di minuti, tacque anche la voce di Andrea e quasi contemporaneamente il televisore e le luci della camera si spensero tutte, all’infuori di due flebili abat-jour piazzate sul muro, vicino al letto. Pensai che quella casa era stata organizzata molto bene, se poteva usufruire di comandi a distanza: non poteva certamente essere stato il nonno di Andrea, ad installare meccanismi del genere. Evidentemente non doveva essere la prima volta, che Andrea usava la villa per le sue presunte riunioni-scout Sentii dei piedi che stropicciavano salendo le scale. Dovevano essere almeno quattro, a giudicare dal ritmo.

La maniglia si abbassò e nella penombra vidi entrare, come avevo immaginato, due ragazzi, che subito dopo riconobbi come Andrea e Giorgio. Richiusero la porta dietro le spalle e si avvicinarono al letto, restando poi immobili a guardarci. Mi resi conto che sino a quel momento ero riuscita a restare abbastanza tranquilla, anche in una situazione tutt’altro che facile. In quel momento, invece, sotto lo sguardo dei due ragazzi che percorrevano incessantemente i nostri corpi soffermandosi sui punti strategici, fui sommersa da mille timori e da un’irrefrenabile senso di vergogna. Mi venne in mente che quella era la prima volta che avrei sentito dentro di me il cazzo di un uomo. Sarei stata sverginata, non come avevo sempre sognato, da un compagno tenero e delicato, ma da più ragazzi che si sarebbero alternati senza interruzione, sino alla sazietà. Stranamente temevo i momenti successivi più che se si fosse trattato di uno stupro di gruppo, improvviso ed anche violento, ma che non mi avrebbe lasciato il tempo di pensare. Io avevo avuto molto tempo, da quando Andrea mi aveva spiegato cosa sarebbe accaduto, ed ora non riuscivo a liberarmi dall’incombente sensazione di vivere un incubo.
– Siamo venuti noi per primi. ‘ disse Andrea, che chiaramente conservava il controllo della situazione, – Gli altri hanno riconosciuto il nostro diritto allo ‘jus primae scopatae’, – disse con un risolino condiviso con l’altro ragazzo ‘ perché io sono il Capo e Giorgio è colui che ci ha fatto questo gran bel regalo. ‘

Gianfranco
Maxtaxi

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Sono in attesa delle vostre proposte e suggerimenti da inserire nei prossimi capitoli’

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