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Racconti erotici sull'Incesto

Mia sorella Giuseppina – Angela

By 29 Aprile 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Opera del mio grande amico Gianfranco.

Giuseppina, così bella, così innocente, commette un errore. Pensa che sia tutto finito, ma è in agguato il fato..
Lui vede subito la possibilità di poter trarne vantaggio.
La storia si divincola nei giorni che si susseguono. La piccola giovane Giuseppina non sa cosa le accadrà..
Leggete e scoprirete..

Mia sorella Giuseppina Nr. 1
http://www.iomilu.com/viewstory.php?sid=5496

CAPITOLO 1′

Percorre la strada, triste come la pioggerella sottile che bagna ogni cosa, come la penombra della giornata scura che appiattisce le immagini, che rende tutto grigio ed uniforme, quasi privo di vita.

Giuseppina sente l’ombra dentro di sé, ovattata e pesante. Non riesce a vedere nemmeno un barlume di speranza per il futuro. La sua vita procede ormai su strade obbligate, condotta per mano da estranei che la controllano, la obbligano, le imprigionano le idee, i desideri. Ricorda le illusioni che ha nutrito sino a pochissimi mesi orsono: la scuola, i divertimenti con gli amici, una casa accogliente, calda, come una casa dovrebbe essere, sempre. La speranza di un amore. O forse non di uno solo: una ricerca costante, ma senza scosse, in attesa di quell’immagine, l’unica in grado di smuovere il più profondo del suo cuore e delle sue viscere: l’immagine di un viso chiaro, da ragazzo pulito; di due mani capaci di suscitare in lei, con le loro carezze, il più profondo, sconvolgente dei desideri. Una bocca morbida e dura nello stesso tempo, protesa alla ricerca delle sue labbra, e poi del suo collo ed, ancora, dei suoi seni resi dritti e turgidi dalla voglia che avrebbe saputo scatenare in lei. Aveva immaginato tutto, nei suoi sogni ad occhi aperti: aveva sentito, quasi fisicamente, il tocco di dita nervose intente a slacciare il suo reggiseno, ad esplorare sempre più a fondo la parte più segreta del suo corpo; la sensazione tenera ed insieme ardente, delle sue mutandine costrette ad abbassarsi da quelle mani avide ma gentili e delicate, le prime carezze sulla sua fighetta già umida, le dita impazienti tese ad approfondire l’esplorazione sino a penetrare il suo corpo in attesa trepida. E poi, sentire le gambe sempre più molli, cedevoli, incapaci di sorreggerla, costretta a lasciarsi andare su di un giaciglio. Ed ancora, una testa riccioluta che percorre il suo corpo in un’esplorazione lenta, fatta di occhi che fissano, attoniti, le sue meraviglie, a fiutare, a carezzare i seni delicatamente con la lingua, e poi, lungo lo stomaco, sino all’ombelico ed ancora più giù, lungo quel declivio sensibilissimo che reagisce immediatamente al tocco obbligando ad aprirsi le gambe, serrate sino a quel momento in un tentativo solo istintivo di difesa. La lingua che scende ancora, accompagnata dal calore di un respiro accelerato, sino a penetrare tra la massa setosa che protegge il suo pube, vi si infila sino a raggiungere la sua carne più morbida, sino a confondere la saliva con i succhi provenienti dal suo corpo giovane ed entusiasta, soffermandosi ad esplorare con delicatezza iniziale, che pian piano si trasforma in voglia imperiosa, in movimenti sempre più rapidi, nello stringersi delle labbra maschili ad imprigionare quelle che solo una donna possiede, quelle che proteggono il suo fiore più segreto e delicato, il bocciolo profumato di un’orchidea rosa. Sentire il proprio corpo muoversi fuori dal controllo della mente, sempre più rapido, i fianchi che si agitano, il monte di Venere che spinge su quelle labbra di uomo potente alla ricerca di un contatto sempre più intimo, sempre più profondo. E poi l’esplosione, le scintille, le mani che artigliano il lenzuolo stringendolo disperatamente, la testa che sbatte da un lato all’altro alla disperata ricerca di un qualche modo che serva a fronteggiare, a sopportare un piacere che diviene troppo, troppo intenso, le gambe che si avvinghiano attorno al collo per spingere la testa del ragazzo, le sue labbra, la sua lingua, sempre più contro la carne infuocata, quasi a volerla costringere ad entrare dentro, dentro al corpo disteso, dentro alla stessa anima di lei, Giuseppina. E poi la serenità, la dolcezza, i piccoli baci sul viso e sulle orecchie, ma solo per pochi attimi: quelli durante i quali lui riesce ancora a resistere, ancora insoddisfatto, prima di ricominciare. Non più bocca, stavolta, o meglio, non solo: una mano che prende la sua, quella piccola mano di donna giovane per aiutarla a prendere, a stringere l’asta dura, gonfia sino allo spasimo e poi’.

E poi la pioggerella, la nebbia ovattata, la tristezza infinita. Perché tutte quelle cose stupende si sono dissolte nel mondo dei desideri insoddisfatti, quei desideri svaniti per sempre, soverchiati da una dura, durissima realtà. Ora è il mondo reale, a prendere il sopravvento, portandole immagini del tutto diverse: i volti amici di suo fratello e di Tonino che si trasformano in quelli dei suoi più spietati persecutori; un viso privo di lineamenti distinti, quello del Signor X, costantemente nascosto ma sempre vicino a lei, al suo corpo, alle sue azioni. Si chiede, incuriosita, quali sembianze reali possa avere, questa strana ‘maschera di ferro’ i cui lineamenti sono risultati, sinora, per lei, del tutto indistinguibili. Come farà mai, a vederla, a seguire i suoi comportamenti? Gli basteranno le descrizioni di Tonino, i diari giornalieri della sua stessa vittima, a soddisfarlo? O la seguirà a distanza, magari registrandola con una telecamera in un nastro da riguardare poi nel segreto della sua casa? E come userà quei nastri, se di nastri si tratta? Forse per masturbarsi sino all’esaurimento? O forse per guardarli assieme ad una compagna, per aiutarsi a scatenare una violenza sessuale totale e devastante?

Sono tante, ma tante, le domande che si agitano nella mente della ragazza, immerse in quella nebbia confusa ma soffocante. Ed una cosa che turba spaventosamente Giuseppina è la reazione inconsulta del suo corpo: la stessa che si manifesta quando in macchina, in un locale chiuso e maleodorante, in un gabinetto od in uno stanzino, lei viene posseduta da uno, dieci, cento uomini-uomini, o uomini-ragazzi, che esplorano il suo corpo con durezza, del tutto prive di tenerezza, senza concederle nulla, ignorando perfino il suo disperato bisogno di godere: tesi solo ad usarla, letteralmente, per soddisfare solo i loro stessi desideri. Quando ciò succede ‘ ma anche solo se si scatenano i ricordi e le immagini di cose non viste ma possibili, come quelle che nascono ora nella sua mente ‘ malgrado la sua vergogna, il suo imbarazzo, Giuseppina sente la vagina contrarsi, mentre il clitoride pulsa impazzito, le ghiandole segrete emettono succhi abbondantissimi ed a volte basta che una sua mano passi sul seno o sul ventre, per scatenare orgasmi senza limiti, del tutto incontrollabili. Anche durante il sonno. Anche in casa mentre studia, sola nella sua cameretta. Addirittura, anche in strada, come ora, terribilmente preoccupata che un qualsiasi passante la guardi in viso e comprenda ciò che succede.

* * *

Cammina, senza una meta, sperando che almeno la stanchezza la aiuti, prima o poi, a dimenticare, almeno per un momento fugace. Poi dalla nebbia, sente emergere una voce fresca, di ragazza: ‘ Ehi, ma tu non sei Giuseppina?’

Si gira, maledettamente infastidita. Ora le viene perfino negato il
diritto di starsene sola, di tentare di organizzare la propria vita
autonomamente.

Di primo impatto non riconosce quella figuretta snella, il cui viso molto carino e sorridente è incorniciato da riccioli ribelli. Vede un piccolo naso a punta rivolto verso l’insù, in mezzo ad un volto rotondo; le labbra piene e rosse; gli occhi grigioverdi dalle lunghissime ciglia, splendenti di una luce propria; le piccole orecchie schiacciate contro la testina delicata. Il tutto condito da una spruzzata di piccole, deliziose efelidi che le danno un’aria da bambola tutt’altro che smorta, bensì piena di vita, che sprizza una carica di sensualità universale, percepibile non solo da uomini, ma anche dalle donne, come non fatica ad accorgersi Giuseppina. Ed il suo corpicino, per quello che Giusy può vedere, è assolutamente degno della faccetta ingenua e sensuale ad un tempo. Porta una T-shirt bianca, con ricami, ed un paio di jeans strappati sulle ginocchia e sulla coscia destra, un po’ davanti ed anche dietro, proprio sotto l’attaccatura della natica. Tutti rivelano una pelle liscia e di grana finissima. Dal taglio posteriore, che Giuseppina può vedere quando la ragazza si gira di tre quarti, si affaccia appena il bordo di pizzo di un paio di mutandine nere. Sull’ombelico fa mostra di sé un cerchietto d’oro, mentre la vita bassa dei pantaloni risulta talmente bassa da far intuire un profumato spicchio di Paradiso. L’insieme è accattivante ed, almeno a prima vista, simpaticissimo.

‘Forse,’ pensa Giusy, ‘quest’incontro casuale può essere più piacevole di quanto pensassi cinque minuti fa’.

Poi, improvvisamente, la riconosce: quello è il viso che ha visto affacciarsi al finestrino della macchina di Tonino, mentre lei, sul sedile posteriore, nuda, si affannava a succhiare i cazzi dei due che le stavano seduti vicino, uno dei quali era il fratello grande di’.no, forse il suo nome non era mai stato pronunciato. Ma il fratello, questo era certo, l’aveva chiamata ‘Tappo’. Si ricorda,Giusy, quanto si fosse sentita imbarazzata dalla comparsa di quella che, al momento, le era sembrata quasi una bambina. Aveva sperato che nessun estraneo si accorgesse di ciò che stava accadendo in quella macchina. Ed invece, non solo, lei era stata vista da un’altra ragazza: ma si trattava addirittura di una piccolina e per di più sorella di uno di coloro che stavano godendo sotto il tocco voluttuoso della sua lingua. Ricordava che Marco ‘ il nome del fratello le era venuto in mente subito ‘ le aveva chiesto, quasi imposto, di non parlare con alcuno dello spettacolo al quale aveva assistito. C’era stato uno scambio di battute tra Tonino e Marco, il quale aveva detto di non aver mai toccato la sorella, solo perché voleva aspettare ancora un anno o due, per permetterle di aumentare le dimensioni delle tette. Lei si era indignata, ma in maniera abbastanza strana. Se l’era presa con tutti gli altri ragazzi, dicendo che non era più vergine da un pezzo, ed anzi, di aver fatto l’amore con almeno quattro ragazzi.

Giusy aveva preso quest’ultima battuta come una fanfaronata, una vanteria da bambina che volesse tentare di apparire grande. Ma in quel momento era lievemente distratta da una quantità di sensazioni capaci, tutte, di turbarla oltre ogni possibilità di immaginazione. Era girata di fianco, sul sedile della macchina, per poter succhiare meglio il cazzo di Marco; il ragazzo che era seduto dietro di lei, lo Smilzo, le carezzava il culetto sempre più in profondità, spingendo un dito alternativamente, nella sua fighetta bagnata e nel suo piccolo buco posteriore, aiutato dalla scivolosità causata dai succhi che fuoriuscivano abbondanti dalla vagina. Ora, anche se la luce non era particolarmente vivida, si accorgeva di essersi sbagliata: ‘Tappo’ poteva avere al massimo un anno meno di lei. Il suo seno era piccolo, ma certo non piatto, come l’osservazione di Marco avrebbe fatto credere. Era una mania dei ragazzi, pensò, quello delle tette enormi: probabilmente avevano ancora vivo, dentro di sé, il desiderio del seno materno, vasto, caldo e confortante. ‘Tappo’, invece, esibiva due tettine non grandissime, ma certamente neppure del tutto piatte. Anche sotto la T-shirt esse apparivano, grossomodo, di una seconda misura forse un po’ scarsa, ma capace di dare alla loro proprietaria un aspetto tenero e terribilmente delicato. Accoppiate al culetto ben formato e ad un monte di Venere sporgente dai jeans, che sembrava reclamare solo una mano a coppa capace di racchiuderlo, formavano un cocktail che qualsiasi ragazzo normale avrebbe desiderato consumare anche là, in mezzo alla strada, senza indugiare neppure un solo attimo. Tra l’altro, il nomignolo doveva esserle stato affibbiato un bel po’ di tempo prima, perché ora la ragazza mostrava un’altezza tutt’altro che da nana, aiutata anche da un paio di gambe lunghe, certo non grosse e tuttavia capaci di riempire voluttuosamente i jeans.

Tutte queste cose passarono per la mente di Giuseppina in pochi attimi e la decisero a fidarsi, per una volta:

‘Ciao’, disse, aprendo anche lei le labbra ad un sorriso amichevole’ si, mi ricordo di te, anche se avrei preferito conoscerti in una situazione diversa. Dove stai andando?’

‘Sono stata sin’ora a studiare da una compagna di scuola. Adesso sto tornando a casa. E tu, dove vai?’

L’ombra scura tornò ad addensarsi sul viso di Giuseppina:

‘Ah, sto andando così. Non ho una meta precisa’.’

‘Che c’è, sei triste?’ chiese ‘Tappo’, andando subito al sodo, malgrado la scarsissima conoscenza tra loro due. ‘Vuoi parlarmene? C’è di mezzo mio fratello, per caso?’

‘No, lui non c’entra. O perlomeno, non lui solo.’ Una lacrima scese lungo una guancia. ‘Mi sono cacciata in una situazione allucinante, e non so come uscirne. Ma non voglio parlarne: probabilmente non sapresti come aiutarmi. E poi non voglio angosciarti’.’
‘Droga?’ chiese ‘Tappo’ imperterrita, come se Giusy non avesse proprio parlato.

‘No, niente roba. Per fortuna, almeno quella non c’entra. Sesso, direi. Sesso non voluto, non del tutto, perlomeno. E sono costretta a farlo. Mi ricattano.’

L’animo femminista di ‘Tappo’ si accese subito di sacro fuoco:

‘Cosa dici mai?! Chi è, che ti costringe? E come è possibile che tu glielo permetta?’

‘E’ un mio compagno di scuola’ disse Giuseppina, senza ancora rendersi conto che la sua sofferenza era diventata talmente grande da indurla ad aprirsi con chiunque avesse mostrato di volerle tendere una fune di salvataggio, come ora faceva quella ragazzina, ‘ed anche mio fratello, purtroppo. Ed uno grande, che però non conosco.’

‘Ma dai, Giuseppina, non posso crederci. Raccontami dal principio.’

L’altra esitò un momento: poteva fidarsi di una quasi sconosciuta, dirle tutto, col rischio di ritrovarsi in mezzo ad un casino ancora più grande di quello nel quale si sentiva già immersa fino al collo? Poi ricordò una frase che Marco, rispondendo a Tonino, aveva pronunciato quel giorno, in macchina, mentre lei gli succhiava il cazzo dandogli un piacere tale da strozzargli la voce che, infatti, risultava quasi inaudibile. ‘Se Tappo dice che mantiene il segreto, puoi star sicuro che lo farà.’ Questo la decise ad aprirsi. ‘Chissà che il destino,’pensò,’le avesse davvero mandato una specie di Angelo capace di soccorrerla! Tanto, molto peggio di come stavano, le cose non potevano andare!’

‘Sai’ cominciò, ‘l’inizio di questa storia risale ad un po’ di tempo fa. Però, prima di cominciare, mi dici come ti chiami per davvero? Io ti conosco come ‘Tappo’, perché è così, che ti ha chiamata tuo fratello quella sera.’

‘Angela, mi chiamo Angela. Ti piace?’

‘Oh, si, moltissimo! Adesso mi sento davvero quasi un’amica tua. Dunque’..’

Passò per Tonino, per Michele ed, ovviamente, per il Sig.X. Raccontò come, gradatamente, ma senza pietà, essi l’avessero costretta ad umiliazioni sempre più grandi; del modo in cui l’avevano costretta a darsi, non solo ai due ragazzi (X, spiegò, rimaneva sempre nell’ombra), ma anche a compagni di scuola, Professori e – minacciandola di tradire il suo terribile segreto, quello cui loro stessi l’avevano costretta – perfino ad un bidello. Disse della mortificazione provata a stare di fronte a tutta la classe evidentemente nuda, coperta solo da abiti leggerissimi trasparenti, dello schifo provato a succhiare cazzi di ogni genere, pochi puliti, alcuni, come quello del bidello, assolutamente repellenti. Fece balenare le immagini della sua vergogna, nel sentirsi imporre di denudarsi, lei sola in mezzo ad un gruppo di compagni, nel percepire le molte mani che contemporaneamente toccavano il suo corpo, la sua figa, il suo culetto, i suoi capezzoli stretti impietosamente sino a farle sgorgare lacrime di dolore. E trovò anche il coraggio per descrivere la sua eccitazione costante, la sua voglia, incontenibile a volte, di sentirsi penetrare da quei cazzi lunghi, meno lunghi, dritti, un po’ storti, sottili o grossi, fatti come dei paletti fini in testa o dalla cappella enorme, capace di darle un senso di sfondamento. La sua narrazione era talmente vivida e coinvolgente, che Angela potè percepire la terribile frustrazione di Giuseppina, quando i suoi torturatori continuavano per ore, per giorni, a prendersi il proprio piacere, negandole la soddisfazione fisica di goderne anche lei.

Percorre la strada, triste come la pioggerella sottile che bagna ogni cosa, come la penombra della giornata scura che appiattisce le immagini, che rende tutto grigio ed uniforme, quasi privo di vita.

Giuseppina sente l’ombra dentro di sé, ovattata e pesante. Non riesce a vedere nemmeno un barlume di speranza per il futuro. La sua vita procede ormai su strade obbligate, condotta per mano da estranei che la controllano, la obbligano, le imprigionano le idee, i desideri. Ricorda le illusioni che ha nutrito sino a pochissimi mesi orsono: la scuola, i divertimenti con gli amici, una casa accogliente, calda, come una casa dovrebbe essere, sempre. La speranza di un amore. O forse non di uno solo: una ricerca costante, ma senza scosse, in attesa di quell’immagine, l’unica in grado di smuovere il più profondo del suo cuore e delle sue viscere: l’immagine di un viso chiaro, da ragazzo pulito; di due mani capaci di suscitare in lei, con le loro carezze, il più profondo, sconvolgente dei desideri. Una bocca morbida e dura nello stesso tempo, protesa alla ricerca delle sue labbra, e poi del suo collo ed, ancora, dei suoi seni resi dritti e turgidi dalla voglia che avrebbe saputo scatenare in lei. Aveva immaginato tutto, nei suoi sogni ad occhi aperti: aveva sentito, quasi fisicamente, il tocco di dita nervose intente a slacciare il suo reggiseno, ad esplorare sempre più a fondo la parte più segreta del suo corpo; la sensazione tenera ed insieme ardente, delle sue mutandine costrette ad abbassarsi da quelle mani avide ma gentili e delicate, le prime carezze sulla sua fighetta già umida, le dita impazienti tese ad approfondire l’esplorazione sino a penetrare il suo corpo in attesa trepida. E poi, sentire le gambe sempre più molli, cedevoli, incapaci di sorreggerla, costretta a lasciarsi andare su di un giaciglio. Ed ancora, una testa riccioluta che percorre il suo corpo in un’esplorazione lenta, fatta di occhi che fissano, attoniti, le sue meraviglie, a fiutare, a carezzare i seni delicatamente con la lingua, e poi, lungo lo stomaco, sino all’ombelico ed ancora più giù, lungo quel declivio sensibilissimo che reagisce immediatamente al tocco obbligando ad aprirsi le gambe, serrate sino a quel momento in un tentativo solo istintivo di difesa. La lingua che scende ancora, accompagnata dal calore di un respiro accelerato, sino a penetrare tra la massa setosa che protegge il suo pube, vi si infila sino a raggiungere la sua carne più morbida, sino a confondere la saliva con i succhi provenienti dal suo corpo giovane ed entusiasta, soffermandosi ad esplorare con delicatezza iniziale, che pian piano si trasforma in voglia imperiosa, in movimenti sempre più rapidi, nello stringersi delle labbra maschili ad imprigionare quelle che solo una donna possiede, quelle che proteggono il suo fiore più segreto e delicato, il bocciolo profumato di un’orchidea rosa. Sentire il proprio corpo muoversi fuori dal controllo della mente, sempre più rapido, i fianchi che si agitano, il monte di Venere che spinge su quelle labbra di uomo potente alla ricerca di un contatto sempre più intimo, sempre più profondo. E poi l’esplosione, le scintille, le mani che artigliano il lenzuolo stringendolo disperatamente, la testa che sbatte da un lato all’altro alla disperata ricerca di un qualche modo che serva a fronteggiare, a sopportare un piacere che diviene troppo, troppo intenso, le gambe che si avvinghiano attorno al collo per spingere la testa del ragazzo, le sue labbra, la sua lingua, sempre più contro la carne infuocata, quasi a volerla costringere ad entrare dentro, dentro al corpo disteso, dentro alla stessa anima di lei, Giuseppina. E poi la serenità, la dolcezza, i piccoli baci sul viso e sulle orecchie, ma solo per pochi attimi: quelli durante i quali lui riesce ancora a resistere, ancora insoddisfatto, prima di ricominciare. Non più bocca, stavolta, o meglio, non solo: una mano che prende la sua, quella piccola mano di donna giovane per aiutarla a prendere, a stringere l’asta dura, gonfia sino allo spasimo e poi’.

E poi la pioggerella, la nebbia ovattata, la tristezza infinita. Perché tutte quelle cose stupende si sono dissolte nel mondo dei desideri insoddisfatti, quei desideri svaniti per sempre, soverchiati da una dura, durissima realtà. Ora è il mondo reale, a prendere il sopravvento, portandole immagini del tutto diverse: i volti amici di suo fratello e di Tonino che si trasformano in quelli dei suoi più spietati persecutori; un viso privo di lineamenti distinti, quello del Signor X, costantemente nascosto ma sempre vicino a lei, al suo corpo, alle sue azioni. Si chiede, incuriosita, quali sembianze reali possa avere, questa strana ‘maschera di ferro’ i cui lineamenti sono risultati, sinora, per lei, del tutto indistinguibili. Come farà mai, a vederla, a seguire i suoi comportamenti? Gli basteranno le descrizioni di Tonino, i diari giornalieri della sua stessa vittima, a soddisfarlo? O la seguirà a distanza, magari registrandola con una telecamera in un nastro da riguardare poi nel segreto della sua casa? E come userà quei nastri, se di nastri si tratta? Forse per masturbarsi sino all’esaurimento? O forse per guardarli assieme ad una compagna, per aiutarsi a scatenare una violenza sessuale totale e devastante?

Sono tante, ma tante, le domande che si agitano nella mente della ragazza, immerse in quella nebbia confusa ma soffocante. Ed una cosa che turba spaventosamente Giuseppina è la reazione inconsulta del suo corpo: la stessa che si manifesta quando in macchina, in un locale chiuso e maleodorante, in un gabinetto od in uno stanzino, lei viene posseduta da uno, dieci, cento uomini-uomini, o uomini-ragazzi, che esplorano il suo corpo con durezza, del tutto prive di tenerezza, senza concederle nulla, ignorando perfino il suo disperato bisogno di godere: tesi solo ad usarla, letteralmente, per soddisfare solo i loro stessi desideri. Quando ciò succede ‘ ma anche solo se si scatenano i ricordi e le immagini di cose non viste ma possibili, come quelle che nascono ora nella sua mente ‘ malgrado la sua vergogna, il suo imbarazzo, Giuseppina sente la vagina contrarsi, mentre il clitoride pulsa impazzito, le ghiandole segrete emettono succhi abbondantissimi ed a volte basta che una sua mano passi sul seno o sul ventre, per scatenare orgasmi senza limiti, del tutto incontrollabili. Anche durante il sonno. Anche in casa mentre studia, sola nella sua cameretta. Addirittura, anche in strada, come ora, terribilmente preoccupata che un qualsiasi passante la guardi in viso e comprenda ciò che succede.

* * *

Cammina, senza una meta, sperando che almeno la stanchezza la aiuti, prima o poi, a dimenticare, almeno per un momento fugace. Poi dalla nebbia, sente emergere una voce fresca, di ragazza: ‘ Ehi, ma tu non sei Giuseppina?’

Si gira, maledettamente infastidita. Ora le viene perfino negato il diritto di starsene sola, di tentare di organizzare la propria vita autonomamente.

Di primo impatto non riconosce quella figuretta snella, il cui viso molto carino e sorridente è incorniciato da riccioli ribelli. Vede un piccolo naso a punta rivolto verso l’insù, in mezzo ad un volto rotondo; le labbra piene e rosse; gli occhi grigioverdi dalle lunghissime ciglia, splendenti di una luce propria; le piccole orecchie schiacciate contro la testina delicata. Il tutto condito da una spruzzata di piccole, deliziose efelidi che le danno un’aria da bambola tutt’altro che smorta, bensì piena di vita, che sprizza una carica di sensualità universale, percepibile non solo da uomini, ma anche dalle donne, come non fatica ad accorgersi Giuseppina. Ed il suo corpicino, per quello che Giusy può vedere, è assolutamente degno della faccetta ingenua e sensuale ad un tempo. Porta una T-shirt bianca, con ricami, ed un paio di jeans strappati sulle ginocchia e sulla coscia destra, un po’ davanti ed anche dietro, proprio sotto l’attaccatura della natica. Tutti rivelano una pelle liscia e di grana finissima. Dal taglio posteriore, che Giuseppina può vedere quando la ragazza si gira di tre quarti, si affaccia appena il bordo di pizzo di un paio di mutandine nere. Sull’ombelico fa mostra di sé un cerchietto d’oro, mentre la vita bassa dei pantaloni risulta talmente bassa da far intuire un profumato spicchio di Paradiso. L’insieme è accattivante ed, almeno a prima vista, simpaticissimo.
‘Forse,’ pensa Giusy, ‘quest’incontro casuale può essere più piacevole di quanto pensassi cinque minuti fa’.

Poi, improvvisamente, la riconosce: quello è il viso che ha visto affacciarsi al finestrino della macchina di Tonino, mentre lei, sul sedile posteriore, nuda, si affannava a succhiare i cazzi dei due che le stavano seduti vicino, uno dei quali era il fratello grande di’.no, forse il suo nome non era mai stato pronunciato. Ma il fratello, questo era certo, l’aveva chiamata ‘Tappo’. Si ricorda,Giusy, quanto si fosse sentita imbarazzata dalla comparsa di quella che, al momento, le era sembrata quasi una bambina. Aveva sperato che nessun estraneo si accorgesse di ciò che stava accadendo in quella macchina. Ed invece, non solo, lei era stata vista da un’altra ragazza: ma si trattava addirittura di una piccolina e per di più sorella di uno di coloro che stavano godendo sotto il tocco voluttuoso della sua lingua. Ricordava che Marco ‘ il nome del fratello le era venuto in mente subito ‘ le aveva chiesto, quasi imposto, di non parlare con alcuno dello spettacolo al quale aveva assistito. C’era stato uno scambio di battute tra Tonino e Marco, il quale aveva detto di non aver mai toccato la sorella, solo perché voleva aspettare ancora un anno o due, per permetterle di aumentare le dimensioni delle tette. Lei si era indignata, ma in maniera abbastanza strana. Se l’era presa con tutti gli altri ragazzi, dicendo che non era più vergine da un pezzo, ed anzi, di aver fatto l’amore con almeno quattro ragazzi.

Giusy aveva preso quest’ultima battuta come una fanfaronata, una vanteria da bambina che volesse tentare di apparire grande. Ma in quel momento era lievemente distratta da una quantità di sensazioni capaci, tutte, di turbarla oltre ogni possibilità di immaginazione. Era girata di fianco, sul sedile della macchina, per poter succhiare meglio il cazzo di Marco; il ragazzo che era seduto dietro di lei, lo Smilzo, le carezzava il culetto sempre più in profondità, spingendo un dito alternativamente, nella sua fighetta bagnata e nel suo piccolo buco posteriore, aiutato dalla scivolosità causata dai succhi che fuoriuscivano abbondanti dalla vagina. Ora, anche se la luce non era particolarmente vivida, si accorgeva di essersi sbagliata: ‘Tappo’ poteva avere al massimo un anno meno di lei. Il suo seno era piccolo, ma certo non piatto, come l’osservazione di Marco avrebbe fatto credere. Era una mania dei ragazzi, pensò, quello delle tette enormi: probabilmente avevano ancora vivo, dentro di sé, il desiderio del seno materno, vasto, caldo e confortante. ‘Tappo’, invece, esibiva due tettine non grandissime, ma certamente neppure del tutto piatte. Anche sotto la T-shirt esse apparivano, grossomodo, di una seconda misura forse un po’ scarsa, ma capace di dare alla loro proprietaria un aspetto tenero e terribilmente delicato. Accoppiate al culetto ben formato e ad un monte di Venere sporgente dai jeans, che sembrava reclamare solo una mano a coppa capace di racchiuderlo, formavano un cocktail che qualsiasi ragazzo normale avrebbe desiderato consumare anche là, in mezzo alla strada, senza indugiare neppure un solo attimo. Tra l’altro, il nomignolo doveva esserle stato affibbiato un bel po’ di tempo prima, perché ora la ragazza mostrava un’altezza tutt’altro che da nana, aiutata anche da un paio di gambe lunghe, certo non grosse e tuttavia capaci di riempire voluttuosamente i jeans.

Tutte queste cose passarono per la mente di Giuseppina in pochi attimi e la decisero a fidarsi, per una volta:

‘Ciao’, disse, aprendo anche lei le labbra ad un sorriso amichevole’ si, mi ricordo di te, anche se avrei preferito conoscerti in una situazione diversa. Dove stai andando?’

‘Sono stata sinora a studiare da una compagna di scuola. Adesso sto tornando a casa. E tu, dove vai?’

L’ombra scura tornò ad addensarsi sul viso di Giuseppina:

‘Ah, sto andando così. Non ho una meta precisa’.’

‘Che c’è, sei triste?’ chiese ‘Tappo’, andando subito al sodo, malgrado la scarsissima conoscenza tra loro due. ‘Vuoi parlarmene? C’è di mezzo mio fratello, per caso?’

‘No, lui non c’entra. O perlomeno, non lui solo.’ Una lacrima scese lungo una guancia. ‘Mi sono cacciata in una situazione allucinante, e non so come uscirne. Ma non voglio parlarne: probabilmente non sapresti come aiutarmi. E poi non voglio angosciarti’.’

‘Droga?’ chiese ‘Tappo’ imperterrita, come se Giusy non avesse proprio parlato.

‘No, niente roba. Per fortuna, almeno quella non c’entra. Sesso, direi. Sesso non voluto, non del tutto, perlomeno. E sono costretta a farlo. Mi ricattano.’

L’animo femminista di ‘Tappo’ si accese subito di sacro fuoco:

‘Cosa dici mai?! Chi è, che ti costringe? E come è possibile che tu glielo permetta?’

‘E’ un mio compagno di scuola’ disse Giuseppina, senza ancora rendersi conto che la sua sofferenza era diventata talmente grande da indurla ad aprirsi con chiunque avesse mostrato di volerle tendere una fune di salvataggio, come ora faceva quella ragazzina, ‘ed anche mio fratello, purtroppo. Ed uno grande, che però non conosco.’

‘Ma dai, Giuseppina, non posso crederci. Raccontami dal principio.’

L’altra esitò un momento: poteva fidarsi di una quasi sconosciuta, dirle tutto, col rischio di ritrovarsi in mezzo ad un casino ancora più grande di quello nel quale si sentiva già immersa fino al collo? Poi ricordò una frase che Marco, rispondendo a Tonino, aveva pronunciato quel giorno, in macchina, mentre lei gli succhiava il cazzo dandogli un piacere tale da strozzargli la voce che, infatti, risultava quasi inaudibile. ‘Se Tappo dice che mantiene il segreto, puoi star sicuro che lo farà.’ Questo la decise ad aprirsi. ‘Chissà che il destino,’pensò,’le avesse davvero mandato una specie di Angelo capace di soccorrerla! Tanto, molto peggio di come stavano, le cose non potevano andare!’

‘Sai’ cominciò, ‘l’inizio di questa storia risale ad un po’ di tempo fa. Però, prima di cominciare, mi dici come ti chiami per davvero? Io ti conosco come ‘Tappo’, perché è così, che ti ha chiamata tuo fratello quella sera.’

‘Angela, mi chiamo Angela. Ti piace?’

‘Oh, si, moltissimo! Adesso mi sento davvero quasi un’amica tua. Dunque’..’

Passò per Tonino, per Michele ed, ovviamente, per il Sig.X. Raccontò come, gradatamente, ma senza pietà, essi l’avessero costretta ad umiliazioni sempre più grandi; del modo in cui l’avevano costretta a darsi, non solo ai due ragazzi (X, spiegò, rimaneva sempre nell’ombra), ma anche a compagni di scuola, Professori e – minacciandola di tradire il suo terribile segreto, quello cui loro stessi l’avevano costretta – perfino ad un bidello. Disse della mortificazione provata a stare di fronte a tutta la classe evidentemente nuda, coperta solo da abiti leggerissimi trasparenti, dello schifo provato a succhiare cazzi di ogni genere, pochi puliti, alcuni, come quello del bidello, assolutamente repellenti. Fece balenare le immagini della sua vergogna, nel sentirsi imporre di denudarsi, lei sola in mezzo ad un gruppo di compagni, nel percepire le molte mani che contemporaneamente toccavano il suo corpo, la sua figa, il suo culetto, i suoi capezzoli stretti impietosamente sino a farle sgorgare lacrime di dolore. E trovò anche il coraggio per descrivere la sua eccitazione costante, la sua voglia, incontenibile a volte, di sentirsi penetrare da quei cazzi lunghi, meno lunghi, dritti, un po’ storti, sottili o grossi, fatti come dei paletti fini in testa o dalla cappella enorme, capace di darle un senso di sfondamento. La sua narrazione era talmente vivida e coinvolgente, che Angela potè percepire la terribile frustrazione di Giuseppina, quando i suoi torturatori continuavano per ore, per giorni, a prendersi il proprio piacere, negandole la soddisfazione fisica di goderne anche lei.

Gianfranco
Maxtaxi

Aiutatemi a migliorare. Aspetto le vostre critiche.
Sono in attesa delle vostre proposte e suggerimenti da inserire nei prossimi capitoli’

taximassimo@yahoo.it ‘ mail e msg nelle poche volte che sono collegato.

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