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Racconti erotici sull'Incesto

Notte di follia incestuosa

By 28 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Le passioni incestuose sono molto più spiegabili di quanto non si creda. Nella loro naturalezza molte madri spesso non tengono conto dei piccoli ometti che gli girano attorno. Non si accorgono che i bambini diventano ragazzi, e i ragazzi giovanotti. Si spogliano spesso davanti a te, hanno atteggiamenti disinibiti, e finiscono per fartelo venire duro quando meno te lo aspetti. Dimenticano che sono le prime donne che riesci a vedere da vicino nella loro intimità. A vedere da vicino.
Anch’io mi sono sentito impazzire per mia madre. Una mora carnosa e sensuale, anche se con un po’ di pinguedine incipiente, con due chiappe e due mammelle da urlo, tanto arrapante quanto disattenta a se stessa. Del resto, non c’è donna più arrapante di quella che non lo sa e non fa nulla per esserlo.
All’epoca del fatto lei aveva 46 anni ed io quasi 19.
Ricordo che sin da piccolo fantasticavo sulla misura delle sue tettone, sulla circonferenza delle belle coscione, sul volume del culo possente. Disegnavo scarabocchi porno dilatando a più non posso quegli attributi. La spiavo. L’avevo veduta cambiarsi in più di un’occasione, ma sempre di profilo, per pochi secondi. In casa mia non si parlava mai di sesso e mai direttamente coi genitori; però ero ossessionato dai suoi seni prosperosi e dai suoi modi gentili.
Mi masturbavo spesso sognando di toccarla e di possederla sul suo stesso letto. Mi masturbavo furiosamente. Un’altra delle cose che mi arrapava da morire era il fatto che usasse ancora quella biancheria intima anni 70, il reggicalze, le calze color carne, le mutandine di pizzo e quel reggiseno grande, bianco o dai colori poco sgargianti. Vedevo questa roba stesa ad asciugare e toccavo ed annusavo le calze smesse. Quanto avrei volute leccarle i piedi, morderle i polpacci, strizzarle forte le sue rotondità!
Mai che facesse gesti arrapanti, mai che si mettesse calze e reggicalze davanti a me, mai che usasse vestaglie aperte o trasparenti, mai un accenno al sesso. Niente di niente. Certo, le tettone le avevo vedute da sotto il costume al mare, in più di un’occasione, l’avevo veduta in reggiseno nero.
Solo una volta le vidi il seno di sfuggita. Era in piedi, vicino alla porta della camera sua, e si stava slacciando il reggiseno. Io stavo passando di corsa e la vidi dallo spacco della porta accostata. Vidi per una frazione di secondo le mammelle grandi, chiare, mature, coi capezzoli rosa e larghi, ma con le punte ben visibili, da mordere e sbaciucchiare. Rimasi fermo e irrigidito.
‘Beh?….’, disse lei coprendosi il seno con la mano e chiudendo la porta.
Che shock! E che tette stupende, meravigliose. Sembravano impastate col burro, morbide e arrapanti. Poi più nulla. Mi accontentavo di vederle il gonfiore da sotto una canottiera o una camicetta. E la seta delle calze sulla pelle. Immaginavo la mia mano scorrere sulle gambe e massaggiarle, toccarle forte’
Almeno avrei voluto riprenderla o fotografarla in bagno, o in camera sua. Ma il piano, seppur studiato, non era fattibile: non eravamo soli in casa e avevo il terrore tremendo di venir scoperto. Spiarla dal buco della serratura, come nei film di Pierino, neanche da prendere in considerazione. Non si vedeva un tubo.
Una notte, doveva essere l’una passata, torno a casa e scopro le luci accese. Eravamo soli. Vedo i panni in camera sua poggiati sul letto e intuisco che è in bagno. Sento l’acqua della doccia che scende e la sento muovere.
Il mio respiro si fa pesante. Quasi mi appoggio sulla porta del bagno. Vorrei smaterializzarmi e comparire oltre di essa. Vorrei entrare lì dentro e aiutarla nella doccia, insaponarla, toccarla dappertutto.
Sospiro forte e me ne vado in camera. Ho il cazzo duro. Non ce la faccio più. Non credo di averlo mai più avuto così tosto come quella notte. Sembrava di marmo. Lo tasto e lo tocco da sopra il pigiama, mi fa male. Pulsa. Vibra.
Penso a come andare a spiarla appena esce dal bagno. Voglio vederla che si sfila l’accappatoio e si mette la camicia da notte corta, quella celeste un po’ trasparente. Sento che lo devo fare poiché non reggo più la pressione. Stanotte la voglio vedere, la debbo vedere nuda. Le voglio vedere i seni e il culo. E, magari con un po’ di fortuna, la fica. Come sarà? Pelosa?
Attendo in cucina che esca. Sento chiudere l’acqua e un fruscio di asciugamani. Quando la porta si apre ho un sussulto. Sento il profumo del bagnoschiuma e degli aromi da bagno. Non mi muovo.
La luce in corridoio si spegne e si accende in lontananza quella della sua camera. Una vecchia camera umile, modesta, col lettone vecchi tempi.
Non penso ad altro. Voglio solo vederla senza niente addosso. Aspetto da anni questo momento, da quando ero un bambino. Aspetto un paio di minuti e mi muovo furtivo. Sono scalzo. In pigiama. Mi avvicino al buio.
La camera è socchiusa, come d’abitudine da noi, e io ‘ preso il coraggio a due mani ‘ poggio la mano sulla porta per aprirla appena un po’. So che devo farlo, adesso o mai più.
Mia madre è davanti al grande specchio e si asciuga i capelli. Non ha usato il phon per non svegliarmi, sicuramente. Indossa l’accappatoio giallo, che è aperto sul davanti, ma da qui non vedo niente!
Il sangue mi batte sulle tempie, mai provato nulla di simile. Mi appoggio alla porta. Il desiderio mi annebbia la mente. La porta scricchiola lievemente. Lei mi chiama dolcemente per vedere se sono io.
Respiro forte ma non rispondo. Lei fa spallucce e riprende a spazzolarsi. Sta per andare a letto. Tra qualche attimo si toglierà tutto per indossare la camicia da notte. E’ il momento, ora o mai più.
Così entro. Di colpo, con naturalezza. Non so da chi presi il coraggio. Ma non potevo più farne a meno. Lei si stringe l’accappatoio e mi guarda insospettita dallo specchio.
‘Sei tu’? Ti ho chiamato prima!’
Le vado alle spalle.
‘Che hai? Ti senti male?’
Il tono di voce gentile, il profumo. La stringo da dietro. Forte. Lei rimane interdetta, paralizzata. Apre la bocca e alza la testa. Posso stringerla tutta, mia madre, da così. Deve aver sentito il cazzo poggiato sulla schiena, non può non aver capito che quello non è un abbraccio da ‘figlio.’
‘Ah mà”, rantolo.
Lei, al tono concitato e voglioso, spalanca gli occhi e rimane pietrificata. La palpo dove posso, confusamente, sulla pancia sulle gambe.
‘Ma che stai a fare’?’, balbetta frastornata.
Ma ormai non posso più fermarmi. Le bacio il collo, le guance, la testa, come se potesse scapparmi da un momento all’altro, le faccio sentire la cappella ingrossata, come a dirle che è mia, che stanotte è solo mia.
Lei resta ferma immobile, paralizzata. Finalmente sporgo un po’ la faccia e le bacio la bocca.
Ahhhh, da quanto tempo! Da quanto tempo aspettavo! Ha un buon sapore, sa di frutta e di pulito, ha le labbra fresche e ancora umide dalla doccia. Le stringo le braccia sino a farle male.
‘Mà”, mugolo ancora.
La bacio sulle labbra e gliele mordo forte. Lei non fa nulla, è pietrificata dalla sorpresa e un po’ dallo spavento. Mi tiro fuori il cazzo. Stava per scoppiare. Lei deve vederlo con la coda nell’occhio. Ha ancora la bocca aperta. La sua reazione mi galvanizza, mi sarei aspettato una furente scenata, la faccio sedere sul letto e butto quel che c’è sopra per terra. Le infilo le mani sotto l’accappatoio. Quando sento le mammelle mature strizzarsi sotto le mie strette, ho la sensazione di aver toccato il paradiso all’improvviso. Sono toste ma anche morbide, piene, fresche, grandi. Sono tette fantastiche. Impazzisco.
‘Ma cosa vuoi?’, geme lei, ‘ma cosa fai’!’
Io, intanto, le ho preso una mano e me la sono messa sul cazzo. Ho la cappella turgida. Lei non riesce a riprendersi.
‘Ho voglia di te, mà!’, riesco a dirle, ‘ti voglio da quando sono ragazzino!’
Ha gli occhi fuori delle orbite, sembra stia per scoppiare a piangere.
‘Ma come?!…. Ma non è possibile!….’
Io ho ripreso a strizzarle le mammelle, è una sensazione unica, appagante. Le palpo, le soppeso, le strizzo in ogni modo, passo le dita sui capezzoloni. La bacio sul collo e le abbasso l’accappatoio. Mi sorprende come si faccia tirare fuori le braccia docilmente. Mentre lo faccio le bacio la schiena e gliela massaggio.
Ha le tette completamente scoperte, ed io farfuglio qualcosa senza senso, accarezzandole la nuca come a convincerla. Torno a toccarle le zinnone, gliele premo sino a farle male, sento che accenna a gemere.
Mi abbasso un po’ con la testa e inizio a baciargliele, a succhiargliele, a leccargli i capezzoli e le aureole con colpetti di lingua. Sto per venire solo a fare quello. Le comprimo le mammelle lateralmente, con le due mani, così ho i capezzoli vicini e riesco a baciarli, succhiarli e leccarli insieme.
Lei guarda in avanti, balbetta che non riesce a capire, è ancora seduta sull’accappatoio. Starei tutta la notte a baciargli le zinne e i capezzoli perfetti, ma ho voglia di farle di tutto. E la sua reazione ‘composta’ mi invita ad andare avanti.
Non so cosa sta pensando di me, in quel momento, del figlio che la sta leccando e baciando, e neanche me ne importa un cazzo. Ormai è andata. Un’altra occasione così non mi capita più.
Mi metto in ginocchio, le tengo con una mano dietro la nuca e la guido verso il mio cazzo che ha la presborra. E’ come inebetita.
‘Bacialo, mamma, succhialo!’, le dico quasi pregandola.
‘Sei tutto matto!… sei un maniaco!’, protesta lei, ma in tono rassegnato.
Le infilo il glande in bocca, l’immagine di mia madre che mi spompina con un filo di presborra che le scende dalle labbra è la visione più estasiante che mi sia rimasta nella memoria.
Ero eccitato come una bestia. Mi basta il contatto della lingua sul prepuzio, sul buchino, per farmi venire abbondantemente. Lei si scosta, si ripara con la mano, ma fiotti di sperma la raggiungono sulla mano, sulle braccia, sulle tette. Ma sono fuori di me, volevo venirle in bocca, così la riprendo per la testa e glielo infilo di nuovo.
Mi spompina meglio, stavolta, anche se tiene le mani giù. Non mi tocca. Scarico il residuo dei coglioni.
Ora reagisce furente:
‘Vattene subito in camera tua e finiamola qui!’
La sua reazione mi arrapa di più. La stendo sul letto e la bacio dappertutto; lei scosta il viso, ma io la bacio in bocca, sulle guance sul collo, le faccio potenti succhiotti, mi fa impazzire. Faccio scorrere le mani su e giù sulle cosce, mentre la bacio, e di tanto in tanto le tocco la fica. Ha grandi labbra, è bollente. Ha una peluria scura, folta ma non invadente, rivolta all’insù.
Vado giù e la tengo ferma per le spalle. Raggiungo la fica e gliela mordo, le succhio il clitoride ben pronunciato, le metto la lingua dentro. Lei mi tira per la testa, ma sono scatenato. Le mordo e le bacio il polpaccio, la coscia. Ogni tanto, con la mano, torno su a palparle una zinna.
Mi accorgo di essere ancora in pigiama. Quasi me lo strappo via. Vedo che alza preoccupata le sopracciglia. Ora sa che andrò sino in fondo. Che voglio possederla.
Salgo infatti sul letto e tento di metterla lateralmente, la voglio scopare di lato, sul suo bel lettone morbido. Fa poca resistenza. Non si è mai ripresa del tutto dallo shock iniziale.
Una volta stesa su un fianco, noto le tettone adagiarsi morbide di lato, ed io inizio a massaggiargli il solco della fica con le mani, come a prepararla. Il cazzo mi tira ancora. Lei dice di no. Io le allargo la fica con le dita. Le sono dietro. Le alzo una gamba e ho tutto il solco per me. La penetro.
Lei manda un gridolino, io sono in estasi. La scopo così, con una mano che le tiene la gamba in alto e i reni che pompano possenti. E’ fantastica. Ha la fica abbastanza stretta e bollente, ed inoltre è bagnata. Non so se perché sotto sotto le piace, o per altri insondabili meccanismi fisici.
La scopo forte. Vedo le tette sobbalzare ad ogni colpo di cazzo. Mi piace chiamarla mamma mentre la fotto, e allungo una mano per strizzarle le tette. Lei mugola, gliele strizzo forte.
‘Piano!’, fa lei, ‘piano, porca miseria!’
Dopo un po’ sento la contrazione e so che sto per venire. Se ne accorge anche lei e mi spinge con la mano sulla pancia. Resta sdraiata ed io le vengo finalmente sulle tette, sulla faccia. Godo moltissimo e di più godo nel vederla così, inondata e quasi umiliata dalla mia sborra.
Le rientro quasi subito in fica. Lei è attonita. Stavolta la prendo alla maniera classica, le tiro su una gamba e le lecco la coscia, il polpaccio. Intanto la stantuffo per bene. Sento la sua carne ammortizzare i miei colpi. Le mammelle sono adagiate e cadono un po’ a destra e a sinistra. Ogni tanto gliele tocco. Non mi sembra vero che siano mie, finalmente mie!
Ho gli occhi chiusi. Faccio scorrere la lingua sul tallone, sul piede, la lecco tra le dita profumate dei piedi, le succhio l’alluce e le ultime due dita, vedo a sprazzi che lei si copre per la vergogna, esco da lei per succhiarle meglio le estremità. Quanto è bona!, penso. Le lecco le piante dei piedi, intanto cerco di masturbarla con le dita.
‘Che fica!”, mi lascio sfuggire, ‘che fica che sei!”
Ha una reazione facciale che non colgo bene. Non so se piange o ride. Mi stendo sul letto e la prendo sui fianchi. La faccio mettere sopra di me. Tutti questi movimenti, la preparazione, mi rendono fuori di testa. E’ morbidissima. Ho intenzione di fare tutto quello che sognavo mentre mi masturbavo. Me la metto sopra, a smorzacandela, e la scopo. Posso muovere le mani sui fianchi, sulla schiena, sulle tette. Posso strizzarle mentre la scopo su e giù. La tengo stretta e la scopo forte. Lei ha le mani dietro per reggersi, poggiate sul materasso. La sento gridare e gemere:
‘Sei un bastardo!’, si lamenta, ” ma come ho potuto fare un figlio così degenere!’
Ma mi sento padrone della situazione e decido di andare sino in fondo. Se non ora, quando? Mi sfilo da lei. Ho ancora un’erezione da paura. Ma la mia nuova sborrata voglio godermela soddisfacendo le mie ossessioni. Senza starle troppo lontano afferro le calze che sono rotolate più in là e le ordino di metterle. Lei è rossa in volto.
‘Eh’?’, chiede disorientata.
‘Mettile, dai’ con le calze e il reggicalze mi fai andar fuori di testa”, e gliele porgo.
Lei scuote il capo, ancora incredula e attonita, ma forse anche un po’ intimorita, mentre io le lecco il collo e finalmente riesco a baciarla con la lingua. Gliela faccio arrivare in gola. Lei fa sempre meno resistenza. Ho l’impressione che ricambi il bacio, ma non so dirlo se lo fa con convinzione o solo per rabbonirmi un pò.
Comunque, vederla tremolante e sconvolta che si infila le calze arrotolandole dalle punte in su, è ancora oggi un altro ricordo che mi fa masturbare. Anche perché, mentre lo fa, io posso ancora baciarla, stuzzicarla, morderla, palparla. Le strizzo i capezzoli con le mani, sono duri e arrossati, come la mia cappella.
‘Mi fai male!’, geme a voce alta.
Allora io li bacio e li succhio senza strizzarli. Il fatto che non possa protestare perché intenta a mettersi le calze e il reggicalze, mi dà l’idea che ormai accetta di farsi scopare. E’ nuda, tra le mie mani, con addosso soltanto calze e reggicalze color carne. Come l’ho sempre immaginata, come l’ho sempre sognata.
Mi scappa:
‘Troia’sembri proprio la mia troia!’
A quelle parole reagisce, tenta di darmi uno schiaffo. Ripreso vigore la volto e la metto a pecora, lei mi schiaffeggia le mani.
‘Che fai?’, grida un po’, ” adesso che fai?’
Non glielo dico, ma credo che è chiaro anche a lei che voglio sprofondarglielo nel culo. La tengo stretta sui fianchi e inizio a leccarle il buco del culo, tutto intorno, anche in profondità.
Lei protesta, non vuole, dice che lì non l’ha mai preso. Non sa la dolce mia mamma che sentirle dire ‘lì non l’ho mai preso’ mi arrapa come una bestia.
Salto in ginocchio e glielo pianto nel culo senza troppi complimenti. Ha il buco del culo tenero, non devo spingere troppo per farlo entrare. Lei grida, ma son sicuro che non è indifferente a questa posizione. La tengo un po’ sollevata dal letto perché voglio vederle le tette dondolare sotto le mie inculate, e così faccio. La inculo con energia e vigore, alle volte alterno la stretta classica ai fianchi con tenaci strizzate di tette, e mi piace anche allargarle la fica con le mani mentre la inculo.
Poco dopo la rivolto, mi piace poterla strapazzare, ha gli occhi sgranati, la metto pancia in su, le sollevo le gambe e glielo rimetto in culo. Sono sudatissimo. Inculandola così posso aprirle la fica e masturbarla. Anche lei ha una mano sopra la mia, il solito tocco gentile di sempre. La sbatto con forza. Dopo un po’ ho voglia di cambiare ancora. Sentirla gemere e lamentare è musica per me. La rimetto di fianco e guido la mia cappella verso il buco del culo, abbastanza aperto. Lei geme, ha appoggiato le mani sul materasso. La sodomizzo di nuovo, gridando dalla goduria, prendendola dal retto così, di lato, posso baciarle il seno e palparle le mammelle. E’ fantastico, delirante.
‘Mamma sei una troia, una puttana!’, le dico come per farle un complimento.
Lei geme e protesta, ma mi sembra che cominci a godersi l’inculata. Dopo un po’ scarico tutta la mia energia dentro l’ano slabbrato. Mentre sborro la sento comprimere le chiappe e abbassarsi distrutta sul letto, io le massaggio e le accarezzo la schiena. Alla fine, esausto, le metto la testa sul seno; lei respira pesante, quasi singhiozza, ma non dice nulla.
Dopo una decina di minuti, mi rialzo, lascio la camera di mia madre e mi ritiro nella mia. Finalmente realizzo la follia che ho appena compiuto ed ho una specie di crisi di panico. Come potrò guardare in faccia domattina mia madre? Cosa sarà d’ora in poi dei nostri rapporti? Prendo sonno a fatica. Mi sa ce l’ho combinata grossa.
E invece mia madre si dimostra una gran donna. Considera l’episodio come un momento di pazzia che conviene mettere tra parentesi. Fa finta che non è successo nulla, nessun accenno, nessuna allusione, nessun risentimento. Semmai sono io che ho difficoltà a far finta di niente e ad evitare di guardarla negli occhi.
A distanza di tanti anni, provo ancora vergogna per la follia di quella notte, ma sono ancora grato a mia madre della sua grande lezione di vita.

roki_rae@hotmail.it

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