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Racconti erotici sull'Incesto

Pazzi

By 9 Giugno 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Andrea e Gioia

Quarantadue anni, vedovo e senza lavoro. Questo era Andrea in quella primavera di fuoco. Un uomo finito, almeno secondo gli standard di questa società grottesca. Dentro invece un fuoco inestinguibile e la folle sensazione che tutto era a una svolta. Spesso gli capitava di guardarsi addietro a pensare ai propri attivi e l’unico, grande successo era Gioia, sua figlia, diciotto anni e una tristezza profonda nel cuore.

Era finita la scuola e davanti c’erano gli esami di maturità per cui lui, con gli ultimi soldi rimasti, decise di portare la figlia fuori a mangiare. Il viaggio in macchina fino al mare era stato piacevole e il pranzo ancora meglio anche a causa del vino. Di ritorno lui s’era reso conto di non esser proprio lucido e, seguendo il consiglio della figlia, decise di fermarsi a bordo strada a riposare. Visto un viottolo sterrato, nascosto da una folta vegetazione svoltò strisciando con la fiancata su un albero massiccio. Dopo una curva si fermarono a una radura. Andrea scese dalla macchina, ormai la sua unica proprietà, e guardò l’enorme segno sulle due portiere. Gioia seguiva il padre con lo sguardo. Avvilito e confuso, ritornò in macchina, reclinò il sedile e si sdraiò. Un semplice sussurro: ‘Ho perso il lavoro’ che stronzi!’. Gioia si mise a piangere. Andrea guardò sua figlia e gli si strinse il cuore. Le cose non stavano andando come pensava e si sentì profondamente fallito. Guardò il tettuccio della macchina e chiuse gli occhi. Un leggero mal di pancia preannunciava un dolore più forte. Gioia rimase un po’ in silenzio, tirando su col naso, poi reclinò il sedile anche lei e si mise a guardare il padre, che stava sempre peggio. Andrea faceva piccoli rutti e aveva voglia di scorreggiare, voglia che però trattenne. Si slacciò la cintura e si aprì i pantaloni. Sudava. Aprì il finestrino e respirò l’aria dolce e umida del primo pomeriggio. Gioia prese a carezzargli il braccio e sussurrò ‘Ti voglio bene, papà!’. Andrea sorrise mentre il dolore diminuiva e un torpore dolce l’avvolgeva.

Gioia avrebbe voluto distruggere il mondo. Tutto gli sembrava terribilmente ingiusto. Però suo padre era lì con lei e questo era un bene. Il respiro di lui si fece più lento e profondo. Rimase a guardarlo con la testa poggiata sullo schienale, piena d’amore mentre le lacrime gli si seccavano sul viso. Guardò quel corpo ancora giovanile e lo sguardo si posò sui pantaloni leggermente abbassati e sulla patta aperta. Dai boxer aperti si intravedeva il pene sempre più turgido. Un’idea la fulminò: aveva voglia di succhiarlo. Provò un brivido. Aveva fatto già parecchi pompini e l’ebbrezza provata le fece venire ancora più voglia. Sempre più eccitata si alzò poggiandosi col gomito sullo schienale e con la massima cura possibile spostò il tessuto, scoprendo il pene del padre. Bello, non grandissimo. Lo carezzò leggermente. Venne scossa da un brivido potente: la pelle era morbidissima. Lo prese tra le dita e cominciò a masturbarlo lentamente. Il padre sembrava morto, non respirava neanche più. Lei capì che era sveglio e che stava lasciando fare. Si chinò, mentre lo scappellava e gli diede una leggera leccata sul frenulo. Che sapore delizioso. Decise di tenerlo in bocca e lo avvolse con le labbra. Chiuse gli occhi mentre iniziò a succhiarlo andando giù e su. Il pene si ingrossò. Lei si fece prendere dalla foga e iniziò a mugolare mentre lo spompinava, leccava, succhiava. Dalla punta incominciò a sentire il classico liquido e il pene s’indurì ulteriormente. A quel punto lei aumentò il ritmo aiutandosi con la mano e succhiò ancora più forte fino a che il padre le venne in bocca. Tanto. Il sapore dolcissimo. Il padre mugolava mentre scaricava nella bocca della figlia una quantità di sperma incredibile.

Andrea non s’era addormentato. Aveva lasciato fare e nel momento dell’orgasmo si ritrovò a piegarsi su se stesso, guardando le labbra della figlia serrate sul pene. Sembrava non smettere mai. Col fiato strozzato disse ‘Oddio” e poi, dopo infiniti fiotti, si abbandonò sullo schienale, riprendendo finalmente a respirare. La figlia ancora intenta a succhiare.

Gioia bevve tutto e continuò a succhiare con la testa appoggiata alla pancia del padre, mentre il pene si ritraeva. Non le interessava se il padre era stato sveglio. Sentiva il fuoco in mezzo alle gambe e la testa le girava. Rimase con gli occhi socchiusi per un tempo infinito. Infine si rimise al suo posto.

Andrea era in estasi. Le disse ‘Pazza’ e sua figlia gli rispose ‘Si! Pazzo!’.

E, finalmente, risero.

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Primo contatto

Quel che era successo in una traversa sterrata della statale che porta al mare aveva dell’incredibile. Gioia aveva fatto godere il padre succhiandogli il pene. Consenzienti erano tornati a casa non ne avevano più parlato.

Ma quel fatto era avvenuto ed era impossibile ignorarlo. Lei s’era masturbata più volte pensando a quel pomeriggio e altrettanto aveva fatto Andrea, suo padre.

A volte, di notte, Gioia scivolava silenziosa nella stanza del padre e infilata la testa sotto le lenzuola gli succhiava il pene fino a farsi venire in bocca. Una volta bevuto tutto tornava nella sua stanza e si masturbava impietosamente.

Così durò per due mesi. Finiti gli esami di maturità e promossa con successo un giorno Gioia si ritrovò a casa da sola quando qualcuno bussò alla porta. Gioia, chiesto chi fosse, scoprì che era il vicino di casa, un signore di sessant’anni, padre di una sua amica coetanea, che aveva bisogno d’un cacciavite a stella, essendogli si rotto il proprio. Gioia gli aprì e lo fece entrare. Lei indossava pantaloncini corti e una maglietta aderente. A piedi nudi precedette il vicino fino allo sgabuzzino dove si mise a cercare il cacciavite. L’uomo, dopo essersi chiuso la porta alle spalle, la seguì e si mise dietro a lei, vicinissimo senza toccarla. Gioia aveva sentito la porta chiudersi e si sentiva eccitata a trovarsi da sola a casa con uno sconosciuto. Avvertendo la sua presenza indietreggiò leggermente il culetto indietro, poggiandosi al pacco dell’uomo in evidente eccitazione. Rimase in estasi, ferma. Disse solo ‘Mi spiace’ non lo trovo”. L’uomo rimase zitto, come a pensare il da farsi, poi mise una mano sul fianco e iniziò a carezzarla salendo fino a raggiungere il seno. Gioia era immobile e chiuse gli occhi. L’uomo la girò e la fece inginocchiare. Gioia sapeva cosa lui volesse e gli aprì la patta, facendogli uscire un cazzo veramente notevole. Lui le mise una mano sulla nuca e la spinse leggermente verso di se. Lei, che non vedeva l’ora, iniziò a fargli un pompino. Era grosso e lei faceva fatica ma continuò lo stesso, il cuore che le andava a mille. Continuò per due minuti soltanto, quando sentì l’orgasmo dell’uomo arrivare. Lui le sfilò dolcemente il cazzo dalla bocca e le venne sul viso e sulla maglietta. Gioia era estasiata e accolse sorridendo la pioggia di sperma. Si dedicò con piacere alla pulizia del pene e constatò con sorpresa che era ancora duro e che non accennava a ritrarsi. Lui, consapevole, la aiutò al alzarsi e la accompagnò in sala dove la fece poggiare con la pancia sul tavolo mettendola a novanta gradi e le abbassò d’un colpo i pantaloncini. Lei provò a divincolarsi dicendo ‘NO!’ ma lui, con una mano sulla schiena, la premette giù e le impedì di muoversi. La toccò in mezzo alle gambe e scoprì la sua eccitazione. Perse ogni remora e iniziò a penetrarla, ignorando i vari ‘no’ di Gioia. La sverginò con dolcezza e si mise a stantuffarla, prima lentamente e poi sempre più velocemente. Gioia iniziò a godere come mai le era successo e si ritrovò poggiata sui gomiti, a pugni chiusi e occhi socchiusi, a ricevere i colpi clamorosi dell’uomo che in silenzio la scopava. I capelli a caschetto e la frangia le oscillavano davanti agli occhi. L’uomo si ancorò alle sue tette da sotto la maglietta, la girò più volte finché, dopo quasi venti minuti senza mai fermarsi, le venne dentro. Gioia, sentendo gli spruzzi bollenti nel ventre, venne spalancando gli occhi. Un orgasmo devastante. L’uomo si accasciò su di lei ansimando. Poi si riprese, si ricompose e uscì. Nell’uscire incrociò Andrea che, perplesso, entrò in casa e vide sua figlia ancora piegata sul tavolo, travolta dai brividi, con sperma e sangue che le colavano dalla figa.

Andrea chiuse la porta, mentre lei lentamente si riprendeva e si tirava su i pantaloncini. Sudata guardò il padre vergognandosi e scappò in bagno.

Andrea la raggiunse mentre lei si infilava sotto la doccia. Eccitato e arrabbiato attese che uscisse.
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Si, papà

Andrea era sconvolto. Gioia, sua figlia, s’era fatta scopare dal vicino, un porco sessantenne noto per i suoi appostamenti nascosti per spiare le coppiette appartate in macchina. Nonostante questo, nel guardarla attraverso il vetro smerigliato della doccia, gli riusciva difficile pensarla come una troia. Il rumore della doccia e le curve perfette di quel corpo turbavano profondamente Andrea che cercava scampo nell’idea che in fondo sua figlia era una donna. Improvvisamente Gioia si fermò e si portò le mani alla faccia: Andrea udì sua figlia piangere e, comprendendo il suo dolore, uscì dal bagno e pulì le tracce della scopata in sala, dopodiché si mise a guardare la televisione lasciandosi abbracciare della comodo poltrona che fu di sua moglie. S’addormentò.

Si sveglio improvvisamente quando Gioia gli chiese ‘Dormi?’. Indossava una maglietta lunga e un paio di slip. Era chinata su di lui e gli dava dolci baci sulla faccia. Andrea, ripresosi dal risveglio brusco, sospirò e le disse ‘Sono molto arrabbiato’ lasciami perdere’. mi passa, stai tranquilla” e aggiunse, come per cambiare discorso mentre l’allontanava delicatamente ‘Sai’ oggi ho fatto un colloquio di lavoro’ rappresentante di macchine industriali’ mi faranno sapere.’ Gioia sorrise abbassando lo sguardo e gli chiese scusa per quanto era avvenuto. Si mise a sedere ai piedi del padre e guardò la televisione. Anche Andrea si mise a guardare lo schermo ma nessuno dei due era interessato e tutti e due erano travolti dalle medesime sensazioni forti. Si desideravano. Follemente. Rimasero così per qualche minuto fino a che Gioia non si stiracchiò, lasciando cadere i capelli bagnati sulle cosce del padre. Inclinò il viso fino al punto di guardare suo padre che si mise a osservare le forme del seno e i capezzoli turgidi sporgere dalla maglietta. Sorrise. Il padre le iniziò a carezzare la testa. Gioia allora si voltò e guardò il padre in un modo che mai aveva guardato. Si tirò su leggermente e gli guardò la cerniera dei pantaloni. Lo riguardò un attimo. Andrea non aveva smesso di carezzarle la testa. Gioia notò l’eccitazione del padre e molto lentamente si mise ad aprirgli la cerniera. Andrea volle godersi ogni secondo. Quando il pene fu libero Gioia lo iniziò a leccare e a succhiare. Il padre, una mano sulla nuca, le diede il ritmo. Gioia si mise una mano tra le gambe e iniziò a masturbarsi. Lei aveva imparato bene come far godere il padre e non ci volle molto: Andrea le venne in bocca copiosamente, al punto che lei non riuscì a ingoiare tutto lo sperma che in parte le colò sul mento e venne a sua volta. Lui non aveva smesso di carezzarle la testa e di guardarla. L’immagine aveva una forza terribile su di lui. Questo, complice il fatto che lei continuava a gustarsi il pene succhiandolo, lo riportò immediatamente a uno stato d’eccitazione. Gioia lo guardò soddisfatta ma allo stesso tempo imbarazzata per il pensiero che le venne in mente in quel momento.

In quello sguardo Andrea vide che la figlia condivideva i suoi stessi desideri.

Gioia si alzò e si sfilò gli indumenti, rimanendo in piedi e nuda davanti al padre. Andrea si alzò anche lui e iniziò a carezzarle il corpo. Con una mano le carezzava i seni e con l’altra prese a masturbarla. Gioia, a occhi chiusi, si godette quelle dolci coccole. Mise le mani attorno al cazzo del padre e iniziò a masturbarlo. Rimasero a carezzarsi per un po’ fino a quando lei venne a occhi chiusi. Dopo l’orgasmo si buttò sul padre cercando le sue labbra. Si baciarono a lungo e dolcemente fino a quando Gioia non iniziò a spogliarlo. Una volta vistolo nudo provò un brivido. Non era perfetto ma per lei era bellissimo. Si voltò verso il divano e si mise in ginocchio su di esso con i gomiti poggiati allo schienale, le gambe aperte. Il messaggio era chiaro. Andrea le si avvicinò e cominciò a leccarle le labbra della vagina non più vergine e poi un po’ più su, nel buchetto di quel culetto perfetto e sodo. Poi, inumiditolo per bene, puntò il suo cazzo e iniziò a penetrarlo. Gioia resistette in silenzio al dolore lancinante fino a quando il pene non fu tutto dentro. Solo allora Andrea cominciò a muoversi, prima lentamente, poi sempre più velocemente guardando le proprie mani sui fianchi della figlia e il cazzo scomparire dentro quel culo magnifico, il ritmo sempre più frenetico. Gioia si sentiva morire dal piacere e venne due volte. Quando sentì il pene del padre indurirsi cominciò a dirgli ‘Si, papà, inculami. Ti prego continua. Vienimi dentro. Quanto ti voglio papà. Inculami e vienimi dentro’. A sentir queste parole Andrea riversò nell’intestino della figlia tutto il suo sperma, mentre con le mani le stringeva i seni. Gioia godeva come una pazza e teneva le sue mani strette su quelle del padre. Rimasero così ansimanti, uno dentro l’altra, fino a quando lei non si girò e lo guardò sorridendo. Lui, sudato, la guardò mentre lei cominciava a dargli baci delicati sul pene e le disse ‘Sono ancora arrabbiato’. Lei, senza distrarsi dalla sua opera di pulizia, gli disse ‘Sarà meglio’.

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Ancora!!!

A volte Andrea sognava cose assolutamente folli ma, partendo dal presupposto che lui folle si sentiva da quando s’era lasciato andare al rapporto incestuoso con sua figlia, tutto rientrava in una sorta di normalità. Aveva trovato un lavoro, non quello per cui aveva studiato, ma era meglio di niente e nel suo pellegrinare da una provincia all’altra nel tentativo di piazzare questa o quella macchina industriale, pensava spesso a sua figlia e a tutto quanto facevano escluso che scopare.
L’idea di scopare sua figlia lo riempiva di paura e di un’eccitazione travolgente. Un sogno ormai ricorrente era allattarsi al seno della figlia o di fare sesso con lei ormai adulta e la loro figlia. Nel sogno la nipote era sempre adulta e aveva i tratti della moglie scomparsa. Tutto si mischiava in un turbinio di cambi e scambi di ruoli. Pazzia. Meravigliosa pazzia.

Così passavano i giorni e l’estate era ormai finita. Gioia aveva respinto i ripetuti attacchi del vicino di casa che andava raccontando l’accaduto senza però essere creduto. Questo, ovviamente, rendeva molto felici Andrea e Gioia. Ciononostante iniziò a circolare la voce che Gioia fosse piuttosto generose nelle prestazioni sessuali e nonostante lei avesse deciso di dedicarsi completamente al padre, iniziò ad attirare le attenzioni di tutti gli uomini del circondario, complice anche la sua bellezza che aumentava di giorno in giorno.

Tutto quel guardare con occhi bramosi e tutti gli apprezzamenti più o meno pesanti che Gioia riceveva, scatenavano in lei una libido sempre più difficile da contenere. E lei era sempre sola in casa.

Fu un pomeriggio di settembre che Gioia ricevette la visita inaspettata di un suo ex compagno di scuola, Massimo, noto per la sua insaziabile fame sessuale e per il suo discreto savoir faire. Lui le aveva prestato un libro, un anno addietro, e con la scusa di farselo restituire si presentò a casa di lei con ben altre intenzioni.

Lei, dopo averlo fatto entrare e averlo salutato con allegria, lo invitò in cucina dove iniziò a preparargli un caffè. Indossava un delizioso vestitino verde con disegni floreali abbottonato sul davanti. Sotto solo le mutandine come biancheria intima. Mentre lei riempiva la caffettiera lui non perse tempo. Le si mise di dietro e le afferrò i seni stringendoli forte. Gioia trasalì e cercò di divincolarsi ma lui era più forte e iniziò a cercare di baciarle il collo. Lei non voleva e si dimenò ancora di più fino a che, con uno strattone, non riuscì a liberarsi.

‘Ma sei impazzito?’ gli chiese ansimando.
‘Impazzito? Son sicuro che ti piace scopare’ te lo leggo negli occhi!’ rispose lui, sicuro come il lupo nel pollaio. Lei non sapeva cosa dire. L’approccio violento le era piaciuto e sentiva l’eccitazione aumentare. Sapeva che di lì a poco avrebbe ceduto e sarebbe venuta meno al suo segreto voto di fedeltà nei confronti del padre. ‘Lasciami in pace, per favore” disse con voce tremante, guardando il pavimento. Si teneva appoggiata al mobile pieno di caffè caduto. L’odore era forte e tutti e due lo sentirono mischiarsi con quello dell’eccitazione di lei. Massimo sorrise vittorioso. Aveva una sorpresa. Le disse ‘Vado giù in macchina a prendere una cosa!’ e senza aspettar risposta uscì di casa per ribussare alla porta dopo una manciata di minuti. Lei aprì di nuovo e rimase sbalordita: con Massimo c’erano altri quattro suoi compagni di classe. Gioia era pietrificata. Il gruppo entrò in silenzio e Massimo, l’ultimo a entrare, chiuse la porta dietro di se. Gioia arretrò sbalordita chiedendosi se Massimo poteva essere così stronzo da dare per scontato che lei si sarebbe concessa a tutti e cinque senza problemi. Gli sguardi dei ragazzi non lasciavano adito a interpretazioni.

Tutto si svolse in silenzio.

La circondarono e con molta delicatezza iniziarono a toccarla. Il luogo era quella sala dove lei aveva perso la verginità. Si sentiva profondamente umiliata ma l’eccitazione ormai stava prendendo il sopravvento. Dieci mani presero a palparla e a sbottonarle l’abito che presto cadde a terra. Le fu imposto di inginocchiarsi. Deglutendo per la salivazione aprì le patte dei pantaloni e iniziò a spampinarli alternandosi da uno all’altro, segandone quanti più poteva e lasciando che le mani si alternassero sui suoi seni, nella sua vagina grondante, sulle sue natiche. Iniziò a venire molto prima dei ragazzi ma si impose di non emettere neanche un mugolio. Poi iniziarono anche loro. Il primo, Luca, suo compagno di classe per cinque anni, le disse mentre le veniva in bocca e lei beveva ‘Non’ sai’ quante seghe’ mi son sparato’ pensando a teee!’. Giovanni, a vederla bere lo sperma dell’amico, le venne in faccia. A quella scena Massimo esclamò ‘Basta’ la voglio scopare!’. La prese e la trascinò sul divano dove le tirò via a forza gli slip e la penetrò senza tante attenzioni. Iniziò a scoparla e le disse ‘Ti vengo nella figa, troia!’. Gioia, a occhi chiusi, lasciava fare: godeva troppo. Sentì dita delicate farle voltare il viso e un pene sfiorarle le labbra. Aprì la bocca e lasciò che le scopassero anche quella. I due vennero assieme rantolando il loro piacere e si staccarono da lei che rimase inerte a occhi chiusi sul divano. A turno le vennero in bocca e nella figa mentre bocche voraci le succhiavano i capezzoli. Lei, sudata e trasognata, era squassata dai propri orgasmi che si succedevano senza sosta. I cinque si presero una pausa e andarono in cucina a bere. Li sentiva ridere e parlare di argomenti che non c’entravano nulla con quanto era appena accaduto. Lentamente spostò la mano sulla vagina da cui usciva una quantità di sperma che non pensava possibile e iniziò a masturbarsi. La clitoride era talmente sensibile che venne istantaneamente stringendo le gambe e generando una fuoriuscita di umori impressionante. Luigi, il più vicino alla porta che dava sulla sala, vide la cosa e disse ridendo ‘Ragazzi’ Gioia ne vuole ancora’ è lì che si sta sparando un ditalino’ pazzesco!’. I cinque si affacciarono e Gioia diede loro le spalle accucciandosi col viso allo schienale del divano. Massimo, ispiratissimo, propose ‘Ragazzi’ è necessario fare un regalo a Gioia, che s’è rivelata un’autentica professionista. Scopiamola contemporaneamente in tutti i buchi possibili!’. Gioia, non vista, sorrise. I cinque si avvicinarono e la accompagnarono con delicatezza nella camera da letto del padre dove Luigi si sdraiò e fece in modo che lei si impalasse su di lui, Massimo iniziò a sodomizzarla senza tanti complimenti, Luca glielo mise in bocca e con le mani lei masturbò gli altri due. Vennero in lei in tutti i modi e lei godette ancora. Non finiva mai. Erano già le sette di sera quando i ragazzi se ne andarono lasciandola stanchissima e piena di sperma ovunque sdraiata sul letto del padre.

E fu così che Andrea la trovò dopo mezz’ora’ ancora sudata, sporca e tremante di piacere. Lui aprì la finestra per far uscire il fortissimo odore di sesso. Aveva la nausea. Lei, sentendolo, disse ‘Sono pazza, papà’ mi spiace, completamente pazza’ e spero che tu sia arrabbiato con me’ e che mi scopi stanotte.’ Lo guardò con lo sguardo carico di follia e continuò ‘I cinque ragazzini che m’hanno scopata oggi m’hanno fatto godere ma nulla a che vedere col piacere che provo con te! Voglio rimanere incinta di te! Voglio un nostro figlio, papà!’. Andrea non la riconosceva più, cosa che invece faceva il suo cazzo, durissimo nelle mutande. Uscì dalla camera per non vederla in quello stato dicendo ‘Puttana!’. Gioia scattò a sedere sul letto e urlò con tutta la sua forza ‘PROPRIO COME PIACE TE, STRONZO!’ e si buttò sul letto a piangere.

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Pioggia

Autunno e acqua cadevano su Gioia e sui colori caldi che precedono l’inverno. Era ormai sera e lei, incurante della pioggia che le inzuppava gli abiti, girovagava per la città senza una meta precisa. La mattina sarebbe dovuta andare a iscriversi all’Università, cosa che non fece. Non era una questione di soldi in quanto Andrea, suo padre, finalmente lavorava. Da quando Massimo e i suoi amici la erano andata a trovare lei viveva l’inferno. Era rimasta incastrata tra il desiderio folle nei confronti di una padre che non aveva più voluto contatti con lei e la nostalgia di quell’incontro a sei. Semplicemente non voleva più nulla se non suo padre. Le poche volte che lo aveva cercato lui l’aveva respinta come se si fosse macchiata di chissà quale crimine. Eppure in cuor suo sapeva cosa era successo. Suo padre l’amava. Non solo come un uomo ama la figlia ma soprattutto come un uomo ama una donna. E lei ricambiava, certo che ricambiava, ma la passione dovuta al suo giovane corpo prendeva il sopravvento e lei proprio non era riuscita a respingere gli attacchi degli uomini più spregiudicati. Anzi quegli atteggiamenti sicuri le avevano fatto conoscere una parte del proprio essere che proprio non immaginava. Spesso la sera si masturbava pensando d’essere posseduta in vari modi da una folla indistinta di persone ma l’orgasmo lo raggiungeva solo quando pensava al padre e per questo era distrutta. Si sentiva a metà, impossibile progettare alcunché.

Quella sera di pioggia e disperazione il suo cellulare aveva preso a suonare a ripetizione: a casa Andrea era preoccupato. Non aveva sue notizie da parecchie ore e un disagio crescente lo aveva portato a fare i pensieri più incredibili. Per settimane aveva visto lo sguardo della figlia spegnersi sempre più ma la rabbia e la gelosia gli avevano imposto un disprezzo tale che era impossibile per lui nasconderlo. Anzi a volte lo ostentava proprio per ferirla. Voleva farle male e ci riusciva. Ma quella sera, non vedendola arrivare e comprendendo che il cellulare di Gioia era acceso, un turbinio di cattivi pensieri lo costrinse a prendere la macchina e cominciare a girovagare, chiamando parenti e amici per avere notizie, aiuto e incoraggiamento.

Erano ormai le nove e Gioia s’era infilata in un parco dove spesso veniva portata quando sua madre era ancora viva. Le altalene e le giostre erano le stesse. Il castello in legno coi ponti di corda invece non lo conosceva. Come un automa si arrampicò su di esso e si nascose in una delle torri. La pioggia aumentava e lei sentì il torpore dovuto all’enorme stanchezza prendere il sopravvento. Iniziava ad avere freddo quando sentì la voce d’un uomo che diceva ‘T’ho detto che l’ho vista infilarsi qui! Vieni!’. Gioia, lasciandosi andare, credette fosse la voce del padre.

Nel frattempo Andrea s’era fatto prendere dalla disperazione più cupa e girovagava in macchina chiamandola a ripetizione come se lei fosse lì a fianco e potesse sentirlo. Al suo fianco c’era invece Gianni, suo fratello, che ascoltava attonito e triste. Istintivamente s’erano diretto verso il quartiere in cui Andrea e Gioia avevano abitato quando ancora le cose andavano bene, cioè quando, Lara, la moglie di Andrea, era ancora viva. La pioggia era talmente intensa che facevano fatica a vedere attraverso il parabrezza. Andrea pensò che forse erano le lacrime. Arrivati all’altezza del parco Gianni colse un movimento con la coda dell’occhio e urlò ‘Fermati!’: un uomo si stava infilando dentro un castello di legno dai ponti di corda. Andrea accostò la macchina e uscì, poggiando un braccio sul tettuccio, cercando di capire cosa stesse succedendo. Gianni abbassò il finestrino.

L’uomo carezzava Gioia tra le gambe e lei lo lasciava fare. Per nulla eccitata semplicemente non le importava più di nulla e altrettanto semplicemente non voleva più esserci. L’uomo rideva e continuava a chiamare l’altro che, con una certa fatica, s’era intrufolato dentro il castello. Ormai la mano dell’uomo era sotto gli slip e con difficoltà cercava di penetrarla con le dita. Gioia non c’era, come il suo corpo. L’altro uomo, vedendola così in stato catatonico, tirò fuori il suo cazzo e lo poggiò sulle labbra di lei, che non aprì la bocca. Vedendo ciò l’uomo disse al compagno che cominciava ad esser contrariato del fatto di avere a che fare con un fantoccio per nulla reattivo ‘Ehi… questa è completamente andata. Forse è una matta fuggita da chissà dove’ è pulita e profumata’ Scopiamocela e andiamocene, dai!’. L’altro uomo annuì e la sdraiarono. Alzatale la gonna le tirarono giù gli slip e quando il primo si fece sotto l’altro lo bloccò ‘Ehi, stronzo’ voglio essere il primo. Mettiglielo in bocca se vuoi ma voglio essere il primo io!’. L’altro, che già si vedeva intento a scoparsi quella bellissima ragazza cominciò a gridare ‘MA VAFFANCULO! PRIMA IO!’. Ne seguì una discussione animata che scosse leggermente Gioia dal suo stato di torpore.

Andrea, sentendo le voci e comprendendo l’argomento, urlò ‘Gioia? GIOIA?’ e si mise a correre verso il castello seguito da suo fratello.

Udendo la voce d’Andrea i due, braghe calate, saltarono giù dal castelletto e scapparono nella direzione opposta. Se non fosse stata per l’orrenda sensazione che Andrea provava nel vedere i due uomini correre mezzi nudi sotto la pioggia, gli sarebbe potuta sembrare una cosa folle e demenziale, da morir dalle risate. Andrea corse ancora più forte. Quando s’affacciò nell’entrata della torre vide sua figlia rannicchiata che piangeva. Il cuore d’Andrea, che andava a mille, si fermò. Si infilò dentro la torre continuando a urlare il nome della figlia. Gianni si affacciò e preso da una rabbia incontenibile si mise a inseguire i due balordi. Gioia, vedendo il padre, cominciò a dire ‘Se mi ami’ perché? Perché tutto questo schifo?’. S’abbracciarono e piansero. Così li trovò Gianni quando tornò indietro.

In macchina Andrea e Gioia si misero dietro mentre Gianni guidava lentamente. La pioggia batteva furiosa sulla carrozzeria producendo uno scroscio assordante. Gioia, la testa poggiata sulle gambe del padre, ogni tanto era scossa da singhiozzi. Andrea guardava fuori si teneva il viso con una mano e con l’altra carezzava la testa della figlia. Gioia cambiò posizione e, continuando a poggiare la testa sulle gambe del padre, ora aveva il viso rivolto verso la fibbia della cintura. Andrea la guardò con tenerezza e cominciò a spostarle le ciocche di capelli inzuppati dal viso. ‘Mi spiace’ ‘ disse sottovoce. Gioia chiuse gli occhi. Un altro singhiozzo e mise la mano sotto la testa, sulla patta dei pantaloni. Lo sguardo ancora spento. Lentamente prese a massaggiare il pene floscio del padre, che cominciò a reagire divenendo sempre più duro. Andrea guardò allarmato Gianni ma, essendo esattamente dietro di lui, vide che nulla di ciò che succedeva poteva essere visto. Gioia, come in trance, abbassò la zip e gli slip di Andrea e prese a succhiare dolcemente il pene ancora parzialmente floscio. Se lo fece venire duro in bocca. Andrea era terrorizzato dalla possibilità che Gianni si potesse voltare e scoprire quel rapporto proibito. Si mise una mano davanti agli occhi. Ma forse, proprio a causa del rischio, venne immediatamente nella bocca della figlia che bevve tutto e improvvisamente s’addormentò. Andrea, lentamente, si ricompose.

Arrivarono a casa dopo pochi minuti e Andrea abbracciò il fratello mentre Gioia rimaneva ancora appoggiata al padre.

Una volta a casa Andrea staccò tutti i cellulari e spogliò la figlia. Le asciugò i capelli e la aiutò a sdraiarsi nel letto matrimoniale. Gioia s’addormentò di nuovo istantaneamente. Andrea si fece una doccia veloce, prese un ansiolitico e la raggiunse in tutti i modi possibili, addormentandosi di botto accanto a lei.

Tutti e due dormirono il sonno migliore, quello senza sogni.

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‘Sono ancora una puttana?’

Gioia guardava suo padre negli occhi come se lo stare nuda davanti a lui fosse la cosa più naturale. Lui le guardò i piccoli capezzoli e i seni sodi e perfetti e deglutì. Gioia si avvicinò a lui e gli chiese ‘Sono ancora una puttana?”. Andrea aveva voglia di prenderla lì dove si trovavano. Gioia lo vide nel suo sguardo e gli chiese ‘Sono ancora una puttana?’. Si avvicinò ancora e quando gli fu vicino lo prese per mano e lo portò verso il letto. Lei si sdraiò e si mise a gambe aperte come fosse dal ginecologo e sorrise con uno sguardo malizioso pieno di libidine. ‘Allora? Dimmi’ ‘. Andrea si chinò e mise la testa tra le gambe della figlia. Avvicinata la bocca alle labbra calde della vagina gli diede un piccolo bacio e sussurrò ‘Ti amo!’. Gioia percepì appena quel sussurro e si chiese se il padre lo stesse dicendo a lei o alla sua vagina e, per questo, chiese ‘Sono ancora una puttana?’. Andrea cominciò leccare la clitoride. Gioia chiuse gli occhi e gli sussurrò ‘Sono ancora una puttana? Dimmelo!’. Andrea iniziò a roteare la lingua e dopo due minuti di mugolii Gioia venne contraendo l’addome e ringhiando il proprio orgasmo. Finita l’ondata di piacere si rilassò sul letto e guardò il padre che nel frattempo aveva cominciato a baciarla risalendo quel corpo giovane e meraviglioso. Sorridendo gli chiese ‘Allora papà? Sono ancora una puttana?’ Andrea arrivò ai seni e succhiando i capezzoli si aprì i pantaloni lasciando uscire il pene ormai durissimo. Con la bocca arrivò alle labbra della figlia e la baciò mentre lei prese il cazzo e lo indirizzò nell’apertura della vagina. Andrea la penetrò facilmente e si mise a scoparla baciandola. Lei sotto i colpi del padre intercalava i baci penetranti alle parole ‘Dimmelo papà’ mentre mi scopi ‘ dimmelo’ sono ancora’ una’ puttana?’ Il padre a queste parole staccò il viso da quello della figlia e guardandola negli occhi con una furia che lei non aveva mai visto, le venne dentro urlando, senza mai smettere di scoparla. Lei era travolta dall’estasi e ricambiava lo sguardo con un amore difficile da descrivere. Finito l’orgasmo Andrea le crollò addosso ansimando, sprofondando con la testa nel cuscino. Lei, lo sguardo fisso sul soffitto, assaporava il momento e il cuore le sembrò scoppiare dalla gioia. Chiuse gli occhi e disse ‘Allora papà? Dimmi’ sono”. Andrea la interruppe ‘Si, Gioia’ sei ancora una puttana’ la mia puttana”. Gioia abbracciò il padre colma di felicità e sussurrò ‘Si’ la tua puttana!’.

Andrea scese nuovamente tra le sue gambe e si mise a leccare il nettare che usciva copioso.

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