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Racconti erotici sull'Incesto

Provincia peccaminosa

By 25 Luglio 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

La provincia. Casa. Chiesa. Lavoro.
Voi direte: nessuna trasgressione. Eppure’ eppure tra (tacchi) alti e bassi, qualche coscia scoperta e qualche sguardo lascivo, anche qui in provincia la trasgressione si muove tra le case come un serpente lussurioso.
Guardate, lei &egrave Rosa, da 25 anni sposata con Adelfio ma da altrettanti innamorata segretamente di Toni. Lei però non ha mai trovato il coraggio di dichiararsi e quando lo incrocia per il paese abbassa lo sguardo e allunga il passo. Passa i suoi pomeriggi a trastullarsi pensando al bel Toni e a fantasticare sulle dimensioni del suo cazzo. Un cazzo che, se mai avesse avuto il coraggio di provare, avrebbe avuto l’amara sorpresa di scoprire piccolo e poco performante.
Certo Adelfio non &egrave mai stato uno stallone ma quando erano giovani la scopava tutte le sere e da fidanzati anche due volte di seguito. Nonostante non abbia mai cambiato posizione, lui sopra e lei sotto, &egrave riuscito a metterla incinta ben tre volte: i due figli maschi copia sputata del padre, corpulenti, pelosi e poco più intelligenti della ferramenta che sistemano sugli scaffali; la figlia, maggiore dei tre, appena appena poco più appariscente di Rosa e con la stessa vergogna congenita, &egrave fidanzata dalle scuole elementari con Luca, figlio del giornalaio. Si pensa che sia figlio suo, visto che l’Enrichetta &egrave sempre stata tutto il contrario di Rosa. Una vita a gambe aperte, si potrebbe dire. Gli habitué dell’edicola non solo sono abbonati al giornale della Provincia ma anche ai servizietti dell’Enrichetta, che pure lei &egrave rimasta incinta tre volte con risultati più casuali delle estrazioni del Lotto. Tre maschi, uno di pelo rosso come le volpi che girano nei pollai e furbo alla stessa maniera; un biondo slavato che sembra essere figlio dell’unico straniero vero passato mai per quelle lande desolate e rimasto due notti per riprendersi dal suo giro ciclistico della campagna italiana; il terzo basso e peloso con gli occhi del mare profondo, gli stessi occhi e lo stesso vello del materassaio.
L’unico che non ci vede nulla di strano in questa varietà &egrave l’Oreste, suo marito, che le comari meglio informate sostengono incapace di scaldare qualsiasi donna tra le lenzuola. Figuriamoci l’Enrichetta!
Ma le migliori fonti per le comari di provincia solo le foreste. Quelle donne che, per le più svariate ragioni, si sono trasferite dalla città o cittadina a questo paese mezzo arroccato e ancorato alle vecchie abitudini. Donne che spesso hanno mariti che se ne vanno di mattina presto e rientrano a sera inoltrata, donne che non hanno figli o ne hanno di grandi, donne che sanno come gira la vita e come far girare le teste.
Donne come quella Cristina, un seno più prosperoso della terra della Buonaria e dei vestiti più leggeri della pasta sfoglia che fa la Maria Pasticcera. &egrave arrivata in paese da quasi un anno nella vecchia casa del signor Bruno. Si dice che l’abbiano comprata per un’inezia dalla figlia che non vuole più avere niente a che vedere col paese. L’hanno rimessa a nuovo e hanno pure fatto la piscina. Questi cittadini pensano di poter comprare tutto quello che vogliono.
Comunque, quella Cristina che, secondo la tagliente lingua di Teresina, se la fa con il Carlo dell’alimentari. Tra un dente e l’altro dice di vederla sempre arrivare a orari strani e farsi aprire il negozio ma poi se ne esce senza nessuna borsa pesante. E una sera, dice sempre la Teresina, ha visto dalle vetrine che non solo la Cristina ha irretito il povero Carlo ma anche la di lui figlia. La Teresina giura e spergiura di averli visti tutti e tre avvinghiati e quando &egrave stato il momento culmine lui ha fatto bere il suo seme a entrambe.
Per non parlare poi del figlio della Luisa’ uh, uh’ se ne &egrave andato in città perché qui ormai era stato bollato come un finocchio. Quando entrava al bar del Pepi era tutto un mormorio di scherno. Quando entrava in Chiesa era tutto un segnarsi 7 volte 7 per scacciare il male da quel povero ragazzo che, se non fosse stato per quello, sarebbe stato anche un bravissimo ragazzo. Sempre gentile, sempre educato. Peccato che fosse dell’altra sponda e purtroppo non s’&egrave ancora trovata una cura.
E vedremo a settembre chi arriva al posto del maestro Donato, trovato nello sgabuzzino delle scope con la Gloria, mamma dei gemelli Olivietti, nonché moglie del sindaco. Certo che la Gloria non &egrave proprio una santerella e che pure lei arriva dalla città e c’&egrave da capirla che non trovi nulla di divertente da fare al di fuori di farsi sbattere da tutti quelli che passano. Certo che al sindaco Olivietti non sta bene essere conosciuto come cornuto, quindi cerca sempre di mettere a tacere tutte le malelingue come può e ogni tanto la porta in vacanza in quel posto dove si sta tutti nudi e si può dare libero sfogo alle proprie passioni.
Peccato perché il maestro Donato, oltre ad essere un bravo insegnante era anche un bel figliolo a modo. E la Gloria aveva visto giusto: ci sapeva fare con le mani, la lingua e il bell’arnese che si ritrova tra la gambe. Adesso mi toccherà farmi bastare mio fratello per spegnere il fuoco del mio sesso eccitato.
Eccolo che arriva. Sento la macchina parcheggiare. La portiera aprirsi e chiudersi. Lo stesso fanno le mie labbra. Schioccano nell’attesa. Chissà se vorrà mangiare prima o dopo. Sorrido a me stessa. Ha mai resistito alle mie moine?
Slaccio il grembiule di un paio di bottoni. Il mio seno, anche se non prominente come quello della Cristina, si fa notare per la sua rotondità. Lo accolgo sulla porta e praticamente mi getto tra le sue braccia.
‘Ho preparato l’insalata di riso.’ gli dico mentre gli faccio girare un dito sul petto. ‘Se vuoi mangiare subito, ma tanto non si fredda più di così, mentre io mi sento un po’ calda.’ Non vado tanto per il sottile. Rimuginare sulle trasgressioni del paese mi ha messo addosso un certo prurito.
Lui non se lo fa ripetere due volte. Mi rifila una palpata al culo mentre con l’altra mano mi stringe la tetta. La sua lingua incontra la mia. Mi sento già bagnata. Lo stringo a me e dimeno il mio bacino contro il suo. Mi aiuta con le mani e gli salto alla vita, cingendolo con le gambe. Le nostre bocche incollate.
Si muove verso la camera da letto e mi lascio cadere sul materasso. Lui solleva il mio grembiule e mette a nudo la mia farfalla allagata. Ci si tuffa con tutto l’ardore e mi lecca fin quasi a farmi svenire. Gli tengo la faccia incollata alla mia figa fintantoché non gli scarico il mio primo orgasmo. Ero troppo eccitata per attendere il suo membro.
Adesso &egrave il mio turno. Gli calo le brache e il suo bel cazzo punta dritto al soffitto. Lo sbatto sul letto e inizio a spompinarlo come so che gli piace. Ha un bel sapore maschio, caldo e lussurioso. Quello di Donato invece era più profumato, come di fieno sul quale ogni tanto ci piaceva andare a consumare.
Il pensiero di Donato mi mette vigore nella tristessa della sua partenza e mi applico maggiormente sul bell’attrezzo di mio fratello Guido. Ha una cappella grossa su un’asta piuttosto sottile. Quando me lo infila in culo fa fatica ad entrare ma poi mi sembra di essere arpionata: non se ne esce fin quando non mi ha riempita ben bene del suo sperma.
Mi toglie la bocca prima che lo faccia venire. Lo so che vuole fottermi e anche io non vedo l’ora di una bella cavalcata di quelle che mi fa fare lui.
Torna a sgrilletarmi e io gli inondo la mano. Sente che sono pronta e punta la sua freccia al mio bersaglio. La sua grossa cappella spinge sul mio fiore aperto. Sono talmente bagnata che entra in due colpi rapidi. Mi tiene le gambe strette al petto. Io lo accarezzo lì dove &egrave bello villoso. Gli stringo le chiappe. Lo voglio dentro fino in fondo. Glielo dico e lui m’impala, fermandosi con tutto l’uccello dentro di me. Strabuzzo gli occhi dal piacere e vengo un’altra volta.
Lui lo capisce e si ferma.
Si sfila e mi dice di girarmi. Vuole anche il secondo canale. Glielo concedo volentieri.
Mi sputa sul buco e lo prepara con un dito, poi con due e quindi &egrave il turno del suo bastone. Sebbene sia avvezza a questo piacere, mi lascia sempre senza fiato.
Attende di aver aperto per bene la strada e poi si lancia nella monta. Sbatte il bacino sullo mia chiappe. Io affogo le urla nel cuscino e lui sbuffa di piacere. Mi tiene per i fianchi e si aiuta con le mani per dare ritmo. Io mi titillo il clitoride e attendo la colata di sborra. Adoro sentire gli schizzi nel culo.
Con voce rotta mi annuncia il suo prossimo orgasmo. ‘Vieni, tesoro, vieni.’ lo incito mentre anche io mi sciolgo nell’ennesimo deliquio.

Sdraiati sul letto a riprenderci dalle nostre fatiche mi rendo conto di aver lasciato la persiana leggermente aperta e mentre il mio sguardo si posa su quel particolare una sagoma fugace sparisce. Qualcuna deve aver visto. Io e Guido saremo in cima alla lista dei pettegolezzi per le prossime settimane.

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