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Racconti erotici sull'Incesto

rosso scarlatto

By 22 Luglio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Rosso scarlatto

La sveglia suonò alle 7:00 in punto, mi alzai e andai in bagno che stavo ancora dormendo.
Dal risveglio avvertivo come una strana sensazione che mi prendeva allo stomaco – sarà un po di stress accumulato – pensai. Poco male, una doccia e sarei nuovamente sbocciata come una rosa.
Mi presento, mi chiamo Andrea Barbini, ho ventinove anni, una laurea in architettura e attualmente lavoro presso uno studio associato di Milano.
La storia che sto per raccontare farà storcere il naso a qualcuno, ma bisogna comprendere che a volte la vita ti riserva delle amare sorprese, ti schiaffa in faccia una cruda realtà che ti rende l’esistenza così dura e difficile da sentire l’assoluta necessità di parlarne con qualcuno, ma chi? Verrebbe in mente Elisa, la mia migliore amica, ma si sa poi come andrebbe a finire, ad ogni occasione ti guarderebbe con quello sguardo di biasimo e compassione che alla lunga diverrebbe una situazione penosa e deprimente. No, no per carità ! Meglio farlo con qualcuno di sconosciuto, qualcuno che possa sapere senza conoscere, qualcuno che possa ascoltare senza chiedere e, sopratutto, qualcuno che non si abbia mai l’occasione di incontrare poiché, come lo specchio riflette l’incessante trascorrere degl’anni costui, anche se inconsapevolmente, manterrebbe vivo e nitido il riflesso di una rosa appassita, quello che accadde alla mia anima quella tragica notte. No, non voglio commettere lo stesso fatale errore del Dorian di Wilde, è meglio che quella’ immagine rimanga celata.
Ma ora, ritorniamo alla storia.
Indossato l’ accappatoio andai in cucina per completare l’ opera di risveglio con un buon caffè al termine del quale mi sarei infilata nel mio nuovo vestitino, già consapevole dell’invidia che avrebbe suscitato fra tutte le colleghe ed evitato, cosi, le loro continue e pungenti battutine – Andrea, certo che sei proprio affezionata a questo vecchio vestito; Andrea, ma che ammorbidente usi? una vita che ti vedo con questo pullover ed è ancora come nuovo –
befane.
Uscendo di casa notai che una delle rose, ricevute appena due giorni appresso, era appassita. Mia nonna avrebbe detto che è un segno di cattivo presagio, ma si sa come sono fatte le persone anziane, aggrappate alle loro credenze popolari sono scaramantiche e propiziatorie nella loro vita quotidiana.
Ad ogni modo, mi dispiaceva per quella rosa poiché è un fiore particolare coltivato in una serra in svizzera alle porte della capitale. Particolare inquanto, a coronamento dei bianchi boccioli, vi è una bordatura di un rosso molto acceso il quale sembra quasi contaminare la purezza espressa dal candore dei bianchi petali. Infatti, a pensarci bene, questa bordatura di color rosso scarlatto denota il discutibile motivo per cui mi erano state recapitate, si trattava di un invito ad una festa in maschera del tutto fuori dai canoni tradizionali dove le persone, garantite nell’ anonimato dalla maschera indossata, smettevano i panni di cittadini borghesi per indossare quelli di una aristocrazia passata, licenziosa e libertina dove i nobili davano luogo a feste in cui si concedevano a ogni sorta di vizio e capriccio. Non so fino a che punto si spingessero questo genere di incontri, io ero solo alla mia seconda esperienza, alla prima, forse un po inebriata dal vino e coinvolta dalla situazione mi lasciai baciare da uno sconosciuto di cui ne porto ancora lo stuzzicante ricordo, dopo di che, scappai in tutta fretta con quel senso di colpa che si può provare da ragazzine quando, dopo aver accettato una caramella da uno sconosciuto, si rimembrano le imperative raccomandazioni materne.
Ora, dopo una prima esperienza fatta mi apprestavo a vivere questa nuova serata che si sarebbe svolta presso una villa vicentina, il luogo cambiava ogni volta, la precedente si svolse nei pressi della valle di susa a Torino.
Non so perché mi lasciai coinvolgere in queste situazioni so solo che fin da bambina sono sempre stata ingenuamente attratta da esperienze che in qualche modo mortificassero la mia personalità. Ad aggravare il tutto c’è l’attaccamento morboso che ho sempre nutrito nei confronti di mio fratello Riccardo, assieme abbiamo passato situazioni che farebbero preoccupare anche i genitori più emancipati e liberali.

A mezzogiorno e mezzo esco dall’ ufficio e scendo a prendere l’ auto per andare a pranzo dai miei, come di solito faccio il venerdì.
La signora Elsa mi accoglie a braccia aperte – ciao tesoro, come sta la mia bambina? – mentre con le sue mani prende e contempla il mio viso come quando si osserva in controluce un cristallo di Boemia. – bene mami e tu? dov’ è papà? – tuo padre è a Stoccolma per un seminario sulle cellule staminali, almeno la, dice lui, non ci sono quei corvacci dal colletto bianco che ti additano con sguardo inquisitorio accusandoti di attività che vanno contro natura e perciò contro dio, intralciando così il progresso della scienza. – Papà…cosa avrà mai contro i preti!? -.
Mia madre Elsa è una donna di cinquant’ anni ben curata e dai modi gentili, è sempre stata una moglie e una madre perfette, non ha mai trascurato i suoi piccoli e mai ostacolato la passione e la dedizione di mio padre per il proprio lavoro. Insomma, una vera manna dal cielo per mio padre Alvise.
Lui, invece, è uno di quegli instancabili studiosi che, dietro il vessillo della laicità, lotta contro chiunque voglia ostacolare il progresso della scienza. Grande sostenitore della cultura e del liberismo anglosassone, ascolta musica classica ma non disdegna quella jazz, ha una vera passione per il romanticismo tedesco, ha persino imparato la loro lingua per carpirne meglio le sfumature ed il senso della loro letteratura.
A tavola, dopo qualche valzer di parole, mamma mi introduce il solito discorso sul quanto sarebbe felice di vedere qualche piccoletto scorazzare per casa e di come si sentirebbe definitivamente realizzata come donna nel viziare i nipotini come fa ogni nonna che si rispetti. Io, con particolare destrezza, eludo la provocazione dicendogli che prima dovrebbe fare pressione su Riccardo, così… per un principio di anzianità.
Riccardo più vecchio di me di 4 anni, é un’ avvocato specializzato nel ramo bancario e perciò di soldi ne fa a palate. Lui e mio padre sono agli antipodi, alla letteratura e alla musica preferisce: serata con gli amici o notte di puro sesso davanti al caminetto con la sua Giulia. Giulia, la sua compagna, è socia di uno studio di architetti e vorrebbe a tutti i costi assumermi nel loro staff. Sinceramente non so che fare, ho paura che eventuali problemi che si incontrerebbero nel lavoro finirebbero col creare dei dissapori anche nella vita privata e perciò…penso che continuerò a farmi la gavetta dove sono.
La povera Elsa, allora, declina con un semplice invito per la serata nel farle compagnia, ma, purtroppo, le dico che avevo già un impegno e che sarei passata la sera successiva. Fa una piccola smorfia di delusione e poi mi dice – va bene tesoro – .
Intanto, quella strana sensazione che avevo dal mattino non smetteva di tormentarmi.

Alla festa c’erano approssimativamente una cinquantina di persone, io indossavo un meraviglioso abito rosso da gala che mi aveva regalato il paparino per il mio compleanno, se solo sapesse per quale occasione lo stavo utilizzando!
Ad un certo punto, stavo cercando Riccardo nell’immenso e dedaelico giardino della villa quando, all’improvviso, sentii due mani forti e possenti toccarmi le spalle. Feci per girarmi ma lo sconosciuto blocco il movimento, iniziando al contempo ad accarezzarmi le spalle, in quel contatto avvertivo come uno strano presentimento, come se quelle mani mi avessero toccata più e più volte. Non diedi molta importanza alla cosa e, già confusa da qualche bicchiere di vino, stetti al gioco e lo lasciai fare. Mi fece poggiare le mani su una statua, riproduzione in gesso della galatea di pigmalione, lentamente fece scivolare le mani sui fianchi, giù, sempre più giù fino a raccogliere la base del vestito per poi sollevarlo all’altezza dei fianchi lasciandomi completamente scoperto il fondo schiena. Mi sentivo stordita e confusa, e quella strana sensazione che avevo dal mattino, mescolata ad un insieme di emozioni e sensazioni che non saprei descrivere, mi gettarono in una sorta di nirvana nel quale stavo perdendo ogni contegno e inibizione. Quando iniziò ad accarezzarmi tra le cosce il sangue mi fluì alla testa così rapidamente da farmi venir meno le gambe ma il suo robusto braccio avvolse il mio addome sostenendomi in modo così fermo e deciso da non far trasparire alcuna possibilità di fuga. Il mio corpo era come impazzito, secretava umori in modo incontenibile. Baciandomi la schiena delicatamente scese giù seguendo il rilievo della spina dorsale per poi indugiare tra i glutei fino ad arrivare nella mia intimità più profonda dove, con fare esperto, lambiva i miei orifizi con la sua lingua sapiente. Con le cosce accarezzavo il suo viso ed il contatto con la sua barba mi recava ancor maggiore spasimo. Spinta dallo stato di eccitamento che mi stava avvolgendo inarcai la schiena quanto più potevo cercando con avidità il piacere della sua bocca. Terminata la fase preliminare abbassò i pantaloni, mi prese una mano e la posò sul suo membro. Era incredibilmente grosso e turgido, vigoroso come il nerbo di una quercia; mi spaventava l’idea di averlo dentro il mio corpo ma non feci a tempo di fare molte considerazioni che lo fece scivolare all’ interno con fare deciso ed imperioso. Da principio provai un dolore lancinante, tanto che, stavo per emettere un urlo di dolore quando mi portò una mano alla bocca cercando poi con le dita la compiacenza della mia lingua. Andava su e giù in modo lento ma deciso, non capivo più nulla, ero in preda ad uno stato di estatica confusione, i miei sensi erano convulsi ed il mio stomaco si contorceva in una strana sensazione che mi provocava senso di nausea. Al culmine dell’ amplesso ebbi un orgasmo da cui persi completamente ogni residuo di forza e di cognizione, persi i sensi.
Ricordo solo che mi ripresi nell’ auto di Giulia, chiesi dove fosse Riccardo e lei mi rispose che non era potuto venire alla festa a causa di un imprevisto. Mi chiese cosa era accaduto, non risposi. Mi portò a casa sua dove dormii profondamente fino al pomeriggio del giorno seguente.

La sera andai a cena dai miei, mio padre era rientrato dal suo viaggio e sembrava alquanto contento. Mia madre mi accolse come al solito tra baci e bacetti; a tavola discutemmo come al solito del più e del meno, anche se lei si accorse che non ero del mio solito umore e mi chiese – cosa c’è tesoro, hai un’aria così’ stralunata oggi? – ma, non feci in tempo a rispondere che mio padre replicò – non ti preoccupare cara, nella vita ci sono giorni di sole e giornate grigie, vedrai che domani tornerà ad essere raggiante come sempre la nostra piccola – . Preferii non continuare l’argomento e finsi un mal di testa.
Terminata la cena, spossata da quanto accaduto la sera prima, dissi ai miei che preferivo andare a casa presto e così li salutai; nell’avviarmi verso la porta d’uscita, però, feci la terribile scoperta, subito un turbinio di ricordi mi avvolse: quella stretta possente, la sua barba, quel profumo così familiare e il tutto accompagnato dal suo incomprensibile silenzio. Mi sentii sprofondare in quel torbido inferno che a volte la vita ci riserva. La, vicino all’ingresso nella penombra del pesante portone in noce, c’era il tavolino in stile Vittoriano con sopra un bellissimo vaso di ceramica contenente un mazzo di rose, un mazzo di rose con la bordatura rosso scarlatto.

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