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Racconti erotici sull'Incesto

Senza un perché

By 19 Novembre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Neanche sapeva che eravamo nella nostra villetta al mare, non avevamo regolarità nel mantenerci a contatto. Del resto, aveva oltre dieci anni più di me, e questa differenza di età non ha favorito una piena confidenza. Ricordo, però, che avevo un certo senso di amore reverenziale verso mio fratello maggiore, lo vedevo grande, serio, e lo guardavo con ammirazione, lo contemplavo, era una specie di nume.
Quando andò via da casa, per ragioni di studio, avevo solo otto anni. Sì, ogni tanto tornava, in famiglia, ma mai per lunghi periodi.
Poi, avevo poco più di dodici anni, venne a trovarci in divisa di ufficiale. Prestava servizio militare. Com’era bello in divisa, e come era elegante. Mi fece uscire con lui, andammo al caff&egrave, in Piazza del Plebiscito, poi il tradizionale passeggio su e giù per il corso centrale. Ero orgogliosa, rivolgevo lo sguardo alle compagne che incontravo con aria di sufficienza, come a dir loro: ‘guardate un po’ con chi passeggio’!
Quanti anni erano trascorsi da allora.
Quando mi telefonò, sul cellulare, voleva sapere notizie di me, di Ernesto, mio marito, e del piccolo Luca. Lui stava per partire, andava a Sassari per una ‘tavola rotonda’, tre giorni, dal giovedì al sabato, la domenica avrebbe riposato e il lunedì avrebbe ripreso l’aereo, da Fertilia, per Bologna, e poi di lì sarebbe andato dalla famiglia, al mare, a Riccione.
Gli dissi che anche noi stavamo al mare, vicino a Sassari, a Castelsardo, nella nostra piccola villetta, e che lo volevamo con noi, da li avrebbe potuto raggiungere Sassari in auto, gliela davo io, si trattava di poco più di 30 chilometri.
Dapprima esitò, poi, considerando che non ci vedevamo da molto, accettò.
Gli dissi che saremmo andati a rilevarlo all’aeroporto, il mercoledì pomeriggio. Avevo preso nota, sì, a Fertilia, con l’aereo delle 09.45 da Roma. Ci lasciammo lieti che ci saremmo riabbracciati presto.
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Andai io ad accoglierlo, ci voleva poco più di un’ora d’auto, da Castelsardo.
Mattina piena di sole, con un venticello che mitigava la temperatura.
Da quanto non vedevo il mio fratellone. Per me era una persona importantissima, pensate un po’, ‘Rettore’ dell’università’.
Lo vidi sulla scaletta, elegante, con qualche capello grigio, impeccabile.
Ci abbracciammo con infinito affetto, attendemmo la sua valigia, andammo al parcheggio. Ci chiedemmo, reciprocamente, notizie della famiglia Non m’ero mai sentita così affettivamente vicina a lui, ero felice di essere con lui, provavo la necessità di toccarlo fisicamente. Era la prima volta che ciò mi accadeva, a quasi trent’anni.
Giungemmo a casa.
La sua contentezza di essere con noi era evidente, ma traspariva appena dal suo volto, disteso e sereno. Entrò a casa, accolto da Ernesto e da Luca. Si guardò intorno.
‘E’ molto bello’ bellissimo’ e sono veramente contento di essere qui’ mi sento in famiglia”
Lo abbracciai ancora.
‘Certo, sei in famiglia, con tuo cognato, tuo nipote e con quella che chiamavi Carletta, la sorelletta!’
Mi mise una mano sulla spalla, mi strinse a sé, teneramente. Non mi ricordavo che in precedenza l’avesse mai fatto.
Lo condussi nella camera degli ospiti, gli mostrai la biancheria nell’adiacente bagno, dissi che lo aspettavamo giù, nella sala con la veranda dalla quale si ammirava il mare, l’arco di Castelsardo, fino alla roccia dell’Elefante.
Scese poco dopo; shorts, camiciola, sandali, occhiali da sole e’ telefono cellulare!!!
Ringraziò Ernesto che gli aveva proposto di andare in spiaggia, ma disse che preferiva stare un po’ nella discreta intimità e nel silenzio, rotto solo dal rumore del mare, che regnava nella villa.
Ernesto e Luca presero l’auto e andarono in spiaggia, non molto distante. Io, che intanto m’ero messa in libertà, indossando un leggero pareo sul due pezzi, andai a preparare una spremuta per e gliela portai nel soggiorno. S’era seduto nell’ampia terrazza scoperta, a livello, sul dondolo.
Mi guardò compiaciuto, gradì molto la bibita, sedetti accanto a lui e bevvi anche io quella che avevo portato.
Finì di bere, fece un lungo sospiro. Mise il braccio sulla mia spalla, mi accostò a sé.
‘Sto benissimo, ‘sorelletta’, come non mi capitava da tempo, o’ forse’ da mai!’
Alzai un po’ il capo per guardarlo, ero commossa.
‘Sono felice che ti senta a tuo agio’ da quanto tempo non ci vedevamo’ e da quanto tempo’ anzi no’ non siamo mai stati così’.!’
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Solo la sera, dopo la cena da me allestita e che gustò moltissimo, accettò di uscire, andare al caff&egrave a prendere il gelato o qualcosa d’altro.
Mi chiese dove potesse noleggiare un’auto per andare l’indomani a Sassari. Gli dissi che potevo accompagnarlo io o, se voleva sentirsi libero di muoversi, poteva prendere la nostra, quella con la quale ero andata a rilevarlo all’aeroporto. Noi ne avevamo un’altra, una vecchia giardinetta, che tenevamo al mare, nella rimessa, proprio per l’estate.
Mi rispose che non voleva essere di peso fino a privarci dell’auto, ma Ernesto non ammise alcuna obiezione, l’auto grande era a sua disposizione.
Trascorremmo giorni veramente belli. Lui portava sempre qualcosa da Sassari, specie per Luca, era allegro la sera, a cena, al caff&egrave.
Il sabato sera tornò. La tavola rotonda era finita.
Lui avrebbe goduto un po’ di quella pace, dell’atmosfera familiare che così tanto gli piaceva’ diceva che stava profittando ma’ stava bene’ contava di trascorrere una domenica in completo relax ma il lunedì aveva l’aereo, verso le sette della sera, per Bologna.
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Domenica mattino.
Ernesto e Luca dissero che loro, intanto, s’avviavano in spiaggia; quando fossimo pronti, dopo colazione, potevamo raggiungerli. Avremmo chiuso la casa, tanto la donna che veniva per rimettere in ordine e aiutare ad allestire il pranzo, aveva la chiave, ma la domenica si sapeva, giungeva molto tardi, quasi a mezzogiorno. Prima doveva andare a messa e fare tante cose a casa sua.
Erano le nove allorché apparve nel soggiorno. Lo salutai festosamente, anche se sapevo che l’indomani sarebbe partito. Mi ero abituata a lui.
Strano, non che ne avessi bisogno, ma mi sentivo protetta, e quei suoi improvvisi abbracci, quelle strette, mi piacevano. Mi ci ero svegliata di notte, e mi ero sorpresa scoprendo che quel contatto fisico con lui mi era particolarmente gradito’. Forse troppo! Mi accorsi che scrollavo le spalle. Ma che sciocca, mi dicevo, Carla, &egrave la tua fantasia’ Eh, no, altro che fantasia’ Mi piacevano i suoi abbracci e poi lo guardavo con certi occhi, lo baciavo sulla guancia e’ sì, ammettilo Carla, mi strusciavo a lui’ Com’era bello sentire il mio seno sul suo petto, anche se c’era il reggiseno del sue pezzi e la sua camiciola’ Fui percorsa da un brivido, ma non riuscivo a scacciare il pensiero’ Certo, era un gran bell’uomo, tenero, dolce, e sprizzava virilità da ogni poro’ Io la percepivo come un flusso che mi elettrizzava’. Anzi’diciamola tutta’ mi accendeva, eccitava, appassionava’ il suo sex-appeal esercitava su me un fascino irresistibile’ e questo dovevo scacciarlo, ero la sua sorelletta, era il mio fratellone’ ecco questa parola’ ‘fratellone” grosso fratello’ e quel ‘grosso’ mi faceva venire in mente qualcosa che’ no si deve pensare del proprio fratello’ Sì, lo so, d’accordo’. Ma io ci pensavo’.
La notte m’ero dovuto alzar, prendere alcune gocce di sonnifero, non troppe, per riuscire ad addormentarmi anche se sentii di essere agitata durante quello strano sonno’ Per pudore non dico cosa sognai’ la decenza non me lo consente’ e dovrei vergognarmi per quel sogno’.
Quella mattina lui era bellissimo, più attraente che mai. Mi chiese se fosse giunto il giornale, lo presi dal tavolino e glielo porsi. Facemmo colazione. Mi disse che non gradiva recarsi in spiaggia, ma se io volevo andarci non dovevo preoccuparmi per lui, avrebbe letto il giornale, bighellonato per casa, nel piccolo giardino che la circondava’
Prese il giornale a andò a sedere sul divano. Io sparecchiai e portai tutto in cucina. Lui leggeva.
Non so perché, ma quasi automaticamente chiusi la porta veranda, accesi il climatizzatore, andai a sedere anche io sul divano. Ci guardammo, mi sorrise. Mi porse alcuni fogli del giornale, dissi che avevo una rivista da sfogliare. La presi dal porta-riviste e cominciai a leggere.
Non ero usa a sdraiarmi sul divano, ma quella volta fu quasi naturale farlo’ non solo.. ma poggiare la testa sulle sue gambe.
Mi guardò sorridendo e mi carezzò il viso, i capelli. E guardò anche il mio seno che, in quella posizione, era quasi del tutto uscito dalle coppe che lo contenevano. Con una mano cercai di rimetterlo a posto, alla men peggio. scosse la testa come a ricordarmi quando mi diceva ‘sorelletta birichina’.
La mia guancia era sul suo grembo. Sentii chiaramente che quel gonfiore era il suo sesso, forse dovevo alzarmi. Senza muovermi gli chiesi:
‘Ti do fastidio, così?’
Mi carezzò i capelli.
‘No’ anzi”
Pensai, ‘anzi” e cosa voleva significare?
La mia guancia si mosse appena. Sentii che quel gonfiore sembrava aumentare’ non solo’ ma il fatto di rendermi ben conto di cosa fosse e che andava aumentando di dimensione mi stava profondamente turbando. Sentivo qualcosa vellicare tra le mie gambe’
Senza smettere di leggere mi carezzava il volto, la fronte, i capelli’. Passava le dita sulle labbra’. Ecco’ ore le apro, gli afferro un dito e’ e lo ciuccio’ sì’ lo ciuccio’
Ma come mai mi venivano in mente certe assurdità’ non avevo mai pensato di succhiare le dita di nessuno, nemmeno di Ernesto che’ beh, lasciamo andare’
Lui seguitava a carezzarmi’ e quel ‘coso’ a lievitare’
Ecco, ora dovevo alzarmi e con una scusa lasciarlo solo. Magari gli dicevo che andavo a prendere un bicchiere d’acqua..
Sentii che scuotevo il capo. Perché lasciare quel delizioso contatto che stava mettendo in subbuglio il mio grembo?
Anzi, ora mi volto un po” per sentirlo meglio’ con le labbra’
Ancora una cosa inaspettata che mi sbalordiva. Pensavo di ‘sentire’ con le labbra il sesso di mio fratello.
Povero Ernesto, quante volte ci aveva provato, me lo aveva fatto capire, mi aveva supplicato, ma io al solo pensiero che con le labbra avrei toccato un fallo mi sentivo male, mi veniva da vomitare, mi ripugnava, stomacava’ ora’ invece’ mi piaceva sentirlo’ cercai una giustificazione: ‘era negli shorts’. Comunque sentivo che ci stava penosamente, che era ben eretto e’ stava per sgusciare fuori’ Il mio cervello non aveva più padronanza delle mie azioni.
Alzai la testa’ nervosamente ma decisamente mi inginocchiai e nello stesso momento con gesto risoluto e determinato tirai giù di colpo gli shorts di Piero che lasciò cadere il giornale e mi guardò sconcertato’ Accidenti che bello il sesso del mio fratellone’ degno di lui’ E per la prima volta accolsi nella mia bocca, meravigliandomi non solo che lo stavo facendo ma anche per come fossi capace ad ospitarvi cotanta mole’.
Mi afferrò i capelli’
‘Sorelletta”
Ma chi se ne fregava di quello che stava dicendo. Stavo provando una sensazione inimmaginabile e sentivo che anche a lui piaceva’ e come’ Non lo avevo mai fatto, ma forse, senza saperlo, ero una fellatrice nata’ senza saperlo’ Lo sentivo quasi in gola’ ed io, che dovevo vincere le contrazioni di vomito che mi procurava l’abbassalingua del medico, sentivo piacevolmente questo carezzare e attendevo come ambrosia quello che ero capace di provocare a Piero. Sapevo che me ne sarei inebriata.
Sentivo Piero respirare forte, deglutire, pronunciare parole che non comprendevo’ poi un sussulto sempre più forte del suo corpo, un attimo di attesa, e un fiotto caldo e sovrabbondante riempì la mia bocca, scivolò lentamente nella gola. Lo assaporai. Mi piaceva. Succhiai forte, per spremerlo fino all’ultima goccia. Anche il mio sesso si contraeva, e solo allora capii che la mia eccitazione, il mio piacere, erano accresciuti dalle carezze di Carlo, che aveva afferrato le mie tette e le palpeggiava, titillava i capezzoli, li strizzava’
Fui invasa da un’agitazione sconvolgente’ un orgasmo’ ma elevato all’ennesima potenza’ Piero se ne accorse, mi abbracciò’ infilò una mano sotto il pareo, nelle microscopiche mutandine, vellicò sapientemente il clitoride, infilò le dita in me’ ebbi la sensazione che stavo distillando i succhi del mio godimento in copia tale che non avrei mai creduto potesse essere emessa da una femmina’
Quando riuscii a riavermi un po’, mi fece sedere sulle sue gambe’ Mi guardò’ Ero sazia ma non appagata’ non so spiegarmi’ lo presi per mano, con reggiseno fuori posto, la bocca impiastricciata del suo seme, qualcosa che mi colava tra le gambe’ e lo trascinai nella sua camera’ mi spogliai nuda, ero in piedi, di fronte a lui che indossava la camiciola e aveva gli shorts in mano’
Il suo sesso stava rifiorendo’
Non potevo attendere’
Mi sdraiai sul letto, sulla sponda, aprii le gambe, al massimo’
‘Ti voglio ‘ adesso’ subito’ ti prego”
Tolse la camiciola. A me sembrava imponente, o era la mia fantasia’ Vedevo un enorme sesso, quasi più grosso di tutta la sua persona’ come un palo’ un obelisco’ ma forse era un sesso normalissimo’. il mio desiderio, la mia bramosia, la fame della mia vagina erano tali che solo un fallo di quella dimensione avrebbe potuto soddisfarmi’
Alzai le gambe, sempre tenendole divaricate.
Piero si avvicinò.
‘Sorelletta”
‘Dai Piero’ dai’.’
Prese il glande, si accostò, mise i miei talloni sulle sue spalle, portò il suo glande (enorme nella mia fantasia) all’ingresso della vagina. Lo sentivo gigantesco, infatti, e alla prima spinta solo un po’ entrò. Inarcai il bacino, per agevolarlo, abbassai le gambe, le intrecciai sulla sua schiena, lo tirai a me’ ancora un po” poi altre spinte’ sentii che batteva nel fondo della mia vagina’ una cosa mai provata prima’ e poi quel dentro-fuori incalzante che mi stava facendo morire dal piacere’
Io, che non sempre riuscivo a raggiungere il piacere, con Ernesto, prima che lui spargesse il suo seme in me, questa fui sconvolta da due orgasmi lunghi e straordinari, formidabili, che mi lasciarono prostrata, con lui su me e il suo fallo in me’
^^^
L’indomani fui io a riaccompagnarlo a Fertilia.
Ci avviammo per tempo, così potevo guidare piano, senza fretta.
Eravamo taciturni, pensosi. Guardavo la strada’ ad un tratto sentii la sua mano sulla mia gamba, ebbi un forte fremito, ma ripresi subito il controllo dell’auto.
Lo guardai con la coda dell’occhio. Mi fissava. La sua voce era bassa, calda. La sentivo come una carezza.
‘Incredibile, Carla, non riesco a pentirmi di quello che ho fatto”
Scossi lentamente la testa.
‘Io’invece’ sono pentita’ molto pentita’ per non averlo fatto prima, per aver sprecato tutto questo tempo’ Non so cosa abbia provato tu’ ma per me.. &egrave stata una scoperta inattesa’. Ho scoperto perché vale vivere”
Mi strinse la gamba.
Rallentai’ posai la mia mano sulla sua’
Mi guardò con infinita tenerezza. Annuì lentamente.
‘Hai ragione, sorelletta, siamo fatti l’uno per l’altra, ognuno di noi &egrave l’integrazione dell’altro, noi siamo una cosa sola e completa’ nell’universo esistono solo due corpi, e due solamente, che riescono, insieme, a formare un ‘compiuto’ unico e irripetibile”
‘Ed ora?’
‘Ora che abbiamo avuto la rara fortuna di averlo scoperto”
‘Ci stiamo lasciando”
‘No, non ci abbandoniamo’ ci separiamo per un po’ nel tempo e nello spazio’ ma nulla e nessuno potrà dividerci per sempre’.’
‘Staremo ancora insieme?’
‘E’ fatale, predestinato, inevitabile”
‘Me lo prometti?’
‘Anche volendo non potremmo evitarci ”
Guardai l’orologio.
‘Mancano due ore per la partenza dell’aereo e solo un quarto d’ora per l’aeroporto’ c’&egrave un nuraghe disabitato, poco oltre”
‘Vacci!’
Nascondemmo l’auto dietro il nuraghe, aprimmo la vecchia porta di legno, vi entrammo. Non c’era nulla, la nuda terra, ma noi non avevamo bisogno di nulla se non di noi stessi’ e poi’ cosa c’&egrave di più naturale che la terra nuda?
Richiudemmo la porta’ fu spontaneo, per me, togliere subito gonna e mutandine, aprire la blusa, slacciare il reggiseno’ inginocchiarmi’ mani e piedi’ ‘more ovino’, con le natiche ben sporgenti, il sesso infuocato’ e ?
Lui s’era completamente denudato. La sua normalità mi appariva sempre come qualcosa di straordinario, un nume fallico, con una freccia ardente in attesa di essere riposta nella giusta faretra’ Era dietro di me’ si inginocchiò’ carezzo i miei glutei, infilò una mano tra essi, si accorse di quanto palpitante e turgido fosse il mio sesso rorido e impaziente’ mi palpeggiò una tetta’. Stavo morendo’ non ne potevo più’ Con squisita e raffinata lentezza, entrò in me’ mi sembrava che stesse penetrandomi qualcosa di magico, di inebriante’ le pareti della mia vagina parevano impazzite, era quel contatto che mi infiammava mi portava a un piacere rapido e travolgente, sconvolgente, lo sentivo che stavo sculettando sfrenatamente’. Non ci potevo fare nulla’ la mano di Piero che titillava il clito, l’altra stuzzicava i capezzoli’ era troppo’ troppo’ non riuscivo a capire se era un lunghissimo interminabile orgasmo che mi stava sconvolgendo o una serie infinita mi micro-orgasmi che mi squassavano’ comunque era tanto bello che sarebbe stato bello perfino morire in quel momento’ no’ non era ancora finito il mio piacere’ non aveva ancora raggiunto l’acme’ Piero stantuffava energicamente’ si fermò un attimo, profondamente in me’ un solo attimo’ sentii distintamente il suo colpo di reni e poi’ poi’ come una meravigliosa colata di lava che mi invadeva, si spargeva dappertutto’ era un balsamo voluttuoso’ e la mia vagina, golosa, non gliene lasciò neppure una stilla’ Caddi lunga, lui in me’ su me’
Non fu facile ammettere che il tempo trascorreva, inesorabilmente’
Si levò’ sgusciò da me’
Si alzò’ prese un fazzoletto e si asciugò’ me lo porse’ ero in ginocchio’ misi il fazzoletto tra le gambe, mi alzai, infilai le mutandine, col fazzoletto a mo’ di tampone, riuscii a indossare la gonna’ ero frastornata, ubriaca’ mi sorresse per la vita, tornammo all’auto.
‘Guido io, sorelletta, credo sia meglio”
Annuii, salii in auto, misi la cintura di sicurezza. Lui si mise al volante, ritornò sulla strada maestra.
Ad certo punto, senza guardarmi mi chiese se stavo bene.
‘Come può stare una beata in paradiso!’
‘Scusa’ non abbiamo usato alcuna precauzione’ ma tu’ prendi la pillola?’
‘Purtroppo’ purtoppo sì!’
Mi guardò.
‘Purtroppo?’
‘Si, pensa che bello se dal tuo seme, che sento ancora caldo in me, potesse nascere un frutto, il nostro frutto, sarebbe veramente qualcosa di perfetto, irripetibile”
Sospirò senza rispondere.
Giungemmo a Fertilia, solite cose, check-in, poi al bar.
Quando fu l’ora della partenza ogni reciproco accordo di salutarci come fratello e sorella scomparve, eravamo due infiammati amanti che stentavano a separarsi.
‘Quando tornerai dal mare, Piero?’
‘Fra dieci giorni, e tu?’
‘Anche io’ vieni a riprendere il tuo fazzoletto’ lo terrò sempre con me’ lì’ proprio lì’ e fino a quando non sarai con me solo il tuo fazzoletto mi carezzerà’ nessun altra cosa’ nessun altro’.’
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