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Racconti erotici sull'Incesto

Stanza

By 10 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Ricordo che rientrai a casa presto, quella sera, molto prima del solito. Il vento soffiava impetuoso e faceva sbattere le finestre della vecchia stamberga, ululava, penetrando attraverso i vetri rotti e metteva davvero paura.

Appena richiusi l’uscio sconnesso, mi giunsero delle grida dalla taverna, scesi le scale di legno facendo scricchiolare i gradini al mio passaggio, e trovai mia sorella in un atteggiamento mai visto prima.

Seduta su uno sgabello di faggio, teneva le gambe divaricate e, la mano sulla fica, si toccava, lasciando fuggire dalle rosse labbra socchiuse delle grida di piacere.

La bionda Valkiria portava un grande cappello nero in testa, a falde larghe, simile a quello di una strega. Un mantello nero, di pelle, le copriva la schiena e le spalle. Indossava un paio di stivali di cuoio neri, a fregi d’oro, con i tacchi a spillo. In mano aveva una frusta, altro, addosso, non aveva.

>le usciva dalle labbra.

Per un attimo, rabbrividii.

‘ Guardami, fratellino, su’ Guardami mentre faccio questo nuovo gioco!

E continuava, provocandomi:

Allora mi accorsi che in mano teneva una bacchetta di legno, e se la andava infilando nella vagina, strofinando ritmicamente, come se fosse stato un pene di frassino.

La guardai impietrito.

Mai mia sorella aveva osato tanto.

>

Ad un tratto, dalle sue labbra coperte di rossetto fuggì un grido più forte degli altri: era l’orgasmo, che la travolse.

E mi mostrò le sue mani, infradiciate di umori, sì, perché stavolta la bella aveva eiaculato come un uomo.

Si alzò in piedi ridendo.

Buttò da parte il cappellaccio nero, la bacchetta, si tolse il mantello e gli stivaloni ornati con fregi d’oro, sì, si spogliò nuda davanti a me, per poi indossare qualcosa di più sobrio.

E mentre guardavo le sue labbra rosse come il corallo, mentre accarezzavo i suoi lunghi boccoli biondi, che scendevano fin sulle sue spalle, mentre guardavo le sue mani bianche, dalle lunghissime unghie dipinte di rosso, rabbrividii.

Era così alta, così soda e abbondante in quelle curve sinuose, che si sarebbe detto che il suo corpo fosse stato disegnato da Venere.

gridai.

risposi, pazzamente.

Lei non si era mai masturbata davanti a me.

Vivevamo tutti soli in quella periferia di una città qualsiasi, i nostri genitori erano morti, e avevo l’impressione che le loro voci vagassero nel vento di bufera di quel giorno senza nome.

La Valkiria cominciò a baciarmi, a baciarmi, a baciarmi.

Faceva scendere le sue labbra sul mio collo, mentre le sue mani cercavano pazze il mio’ah!

Eppure, mi dicevo, era una fanciulla che aveva appena compiuto vent’anni, nonostante il suo metro e ottantatr&egrave di statura e i suoi capelli da strega.

le dissi.

E finalmente, quasi rinvenendo da un sogno, mi accorsi che quelle labbra madide di rossetto avevano preso il mio membro virile, e lo andavano succhiando con forza. Lo spinsi dentro la sua bocca, istintivamente, mentre lei, con la lingua, andava movendo a destra e a sinistra il frenulo.

Smise.

Eppure, nessuno, credo, avrebbe mai potuto scoprirci, lì, soli, mentre consumavamo un fuoco che nessuna forza avrebbe potuto spegnere.

Saliva la tormenta.

Era inverno.

Mi addormentai. Quando riaprii gli occhi, mi accorsi che mia sorella aveva preso qualcosa da fumare. Si era tinta i capelli di rosso, si era messa una gonna corta, nera, e le calze a rete, i tacchi a spillo’ Teneva una gamba sullo sgabello di legno, ritta, in piedi, e mi si mostrava, mi tentava, facendo ben vedere le cosce perfette, ma faceva paura, perché, mi accorsi, si era rimessa di nuovo quel mantello color di carbone, e lo lasciava spalancato e cascante, in modo che le potessi guardare le gambe.

E fumava, sghignazzando.

Ma quello non era fumo di sigaretta, no, era oppio, oppio, oppio’ Me ne accorsi dall’odore e dall’atmosfera terribile che si stava creando intorno a noi.

Allora, visto che non mi muovevo, prese lei l’iniziativa, e, dopo aver preso una bella boccata di canna, venne a darmi un bacio sulla bocca, ma non un bacio normale, perché mi inondò del suo fumo grigiastro e sottile.

Ma non si stancò.

E mi baciò ancora, ancora e ancora, sempre in quel modo.

diceva.

Le diedi uno schiaffo.

Ma lei, allora, pianse.

E capii che le sue lacrime erano sincere, nonostante l’oppio che ci avvolgeva nei suoi sogni ardenti.

La strinsi tra le braccia. Oh, sorellina, anch’io ti amavo!

Mentre accarezzavo quei lunghi capelli rossi, e guardavo quegli occhi azzurri pieni di lacrime, che si aprivano e si chiudevano chiedendo nient’altro che tenerezza, la bufera faceva sentire la sua voce di gelo, come se dicesse i nomi di coloro che dovevano morire nella notte.

Eravamo soltanto due infelici ragazzi che si amavano’ Questo pensavo, mentre la mia mano toccava affettuosamente quelle spalle, quei capelli color fuoco, che scendevano fin sul suo mantello, e le mie labbra toccavano le sue, rosse e tremanti. Avevo tra le mie braccia una bambina.

Lei allora cominciò a sussurrare una poesia di Goethe, in un tedesco arcaico’

Non la capii, ma compresi che doveva parlare di morte e di tempesta, di passione e di tombe, di inverni eterni e immensi.

Il vento sbatteva furioso alle finestre, ma non riusciva a toccarci.

La stamberga tremava, come quelle labbra.

mi disse, piena di tristezza.

Le mie mani stringevano le sue, tanto, tanto forte. Fratello e sorella erano diventati una cosa sola.

La sua mano portava la mia verso il suo pube, voleva che glielo facessi, voleva che glielo facessi, che glielo facessi’ Un sospiro fuggì dalla sua bocca, mentre le toccavo i capelli.

diceva.

Il rumore più forte era il muggito della tormenta, e l’anelito folle di quelle labbra.

Alla fine, ci addormentammo.

Al risveglio, capii che forse era stato solo un sogno.

Perché mi accorsi che la strega era di nuovo strega, e mi sorrideva in un modo terribile.

Si era fatta di nuovo bionda.

disse, spudoratamente.

risposi.

E si andava mettendo un paio di calze nere davanti a me, badando bene di mostrarmi i suoi bei piedi dalle unghie tinte di rosso, la gamba leggermente piegata e tesa in avanti, onde far vedere tutte le sue belle curve. Tendeva il tessuto con grande maestria, su, in alto, fin sulla coscia, poi si passava le mani dal basso verso l’alto, dalla punta dei piedi fin sopra il ginocchio, per accertarsi che le calze fossero ben tese.

Anche il mio cazzo era teso.

E mentre stava curva, ovviamente mostrava le sue grandi tette prosperose, dalla ammirevole scollatura del suo vestito aderentissimo.

Si lasciò sfuggire un grido’ Ahhhhh’. Come se stesse orgasmando in quell’istante!

mi disse, negligentemente.

risposi.

Si era anche messa il braccialetto dorato alla caviglia. Era irresistibile in quel body aderente, nero, decorato con pizzi e frange.

E mi accennava di avvicinarmi col dito.

Lo feci.

Non le diedi il tempo di dire altro.

Me la volevo scopare mezza vestita. Le sollevai la gonna fin quasi alla vita e mi accorsi che portava degli slip neri che sembravano di gomma. Allora la portai sotto la doccia e la infradiciai tutta.

I suoi vestiti bagnati aderivano alla pelle bianca e liscia, era fradicia, fradicia, fradicia, gocce d’acqua le scendevano lungo le gambe fino alle caviglie.

Mentre ansimava il mio corpo nudo si intrecciava al suo, e toccavo con le mani il suo davanzale madido e bianco, lasciato completamente scoperto da quel vestito nero, attillatissimo e bagnatissimo.

Ci mettemmo sulle scale.

> si lasciava sfuggire.

Il rumore più forte era il gommoso sfregamento del mio cazzo che entrava e usciva dalla sua fica bagnata, senza sosta, senza sosta, senza sosta.

E le sue dita dalle lunghe unghie rosse, che sembravano artigli fatti per regalare orgasmo, stringevano sempre più forte le mie membra.

Le sue braccia nude e carnose si torcevano attorno alle mie, grosse e muscolose.

Il suo corpo e la sua testa andavano su e giù ritmicamente, teneva la bocca dalle labbra tinte di rosso sempre aperta, mostrandomi i suoi grandi denti bianchi’

Era tutta sudata e bagnata.

La povera ragazza era carne, nient’altro che carne, la vita, la morte non importavano più.

diceva.

Le eiaculai sulle mani un fiume di sborra bianca e gialla, e ancora attorcigliato a mia sorella rotolai insieme a lei giù per le scale.

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