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Racconti erotici sull'Incesto

Stelle cadenti – Il peccato di Alice

By 10 Dicembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Stelle cadenti : serie di racconti estivi
Il peccato di Alice

Mia sorella Alice ed io non avevamo rapporti particolarmente buoni, come capita a molti altri fratelli del resto. Certo non ci odiavamo, ma non andavamo proprio d’accordo.

Sebbene la differenza di età fosse minima, eravamo estremamente diversi: amici differenti, interessi differenti, caratteri differenti, valori differenti.

Io ero un esile ragazzo piuttosto introverso e timido, ero molto più che impacciato con le ragazze e non curavo troppo il mio aspetto, adoravo il rock, ma ero troppo pigro per imparare a suonare uno strumento ed entrare in una boy band, i miei capelli spettinati e il mio modo di vestire trasandato sarebbero risultati opportuni e forse sarei anche piaciuto a qualcuna. Invece ero un ragazzo insignificante che con il sesso debole non aveva un gran successo. Ero convinto che prima o poi avrei incontrato l’amore della mia vita, una principessa che mi avrebbe trasformato da rospo a suo principe, nell’attesa credevo fosse giusto coltivare l’amicizia come unico e grande valore alternativo.

Vedevo mia sorella maggiore, Alice, come una persona molto superficiale, in realtà non credevo che realmente lo fosse, ma in tale modo si atteggiava perdendo di vista, a mio parere, le cose che maggiormente contavano. In pochi anni l’avevo vista mutare, la sciatta zecca era divenuta una delle ragazze più ammirate della scuola’ o forse dovrei dire una delle più desiderate.

Di famiglia eravamo non certo ricchi, forse nemmeno poveri, ma non potevamo permetterci troppe spese, quindi niente vestiti firmati o gadget di tendenza.

Per Alice ciò era terribile, il castigo peggiore, ma non era certo una ragazza che si dava per vinta piangendosi addosso, così con qualche lavoretto extra riuscì a mettere da parte un po’ di soldi suoi, con orgoglio arrivò a vestirsi di tendenza e a curare il suo aspetto investendo in prodotti spesso di seconda mano, ma che alla fine risultarono efficaci.

Non fu poi un’impresa troppo difficile perché mia sorella non era affatto una brutta ragazza: snella, non alta, ma molto ben proporzionata, le sue forme erano minute, ma toniche, i suoi capelli neri come i miei, erano, a differenza dei miei, setosi e lisci, i grandi occhi scurissimi, come tutti in famiglia, se ben valorizzati dal trucco divenivano ammalianti come il buio della notte più scura, ammalianti e spaventosi.

Per fare il salto aveva poi cominciato a frequentare le compagnie giuste, ebbe difficoltà nel farsi accettare’ sì, forse alla fine non fu così semplice come a quei tempi a me parve.

Io non l’appoggiavo, anzi criticavo i suoi amici, il suo modo di comportarsi e di vestirsi. Forse ero anche un po’ invidioso di quello che era riuscita a raggiungere, a volte geloso e seccato per gli apprezzamenti maschili a lei rivolti che arrivavano alle mie orecchie, in particolare non sopportavo quelli dei miei amici che senza ritegno mi confidavano che se la sarebbero fatta volentieri una così.

Di fatto io ero un fratello minore sfigato con una sorella maggiore figa.

Questo non aiutava il nostro rapporto, tutt’altro che sereno, spesso litigavamo e a volte piuttosto pesantemente.

Un giorno però il nostro rapporto cominciò a cambiare, cambiò come mai nessuno potrebbe prevedere. Ricordo bene come cominciò.

Era un pomeriggio di una calda primavera che preannunciava una torrida estate. Avevo finito di studiare presto e mi misi sul divano a guardare la televisione.

Avevamo da anni in casa un lungo divano ereditato da chissà quale parente, comparve in salotto che io ancora andavo all’asilo. Era vecchio. Il tessuto, ruvido e logoro, pareva juta, tuttavia la seduta era comoda, e, a parte i due cuscini rossi di piume d’oca fatti da mia madre, aveva il suo fascino. Io adoravo sdraiarmi su quel divano quando potevo starci solo, mettevo entrambe i cuscini sotto la testa e potevo allungarmi senza problemi, rimaneva addirittura posto ancora per una seduta.

Quando mio padre non c’era, mia sorella invece preferiva la poltrona, non meno logora, ma di tessuto più fine.

Quel giorno Alice venne a sedersi ai miei piedi, sul lato opposto del divano. Io lo trovai strano, fastidioso più del normale. Forse era un presentimento.

– Che fai Luca?

– Non vedi? Sto guardando la tivu.

– Ma hai già finito di studiare?

La domanda fu posta in tono palesemente incredulo.

– Certo.

– Non ci credo. Guarda che lo dico a mamma che non studi.

Mi arrabbiai’ perdevo sempre la staffe facilmente, ma il mio modo di essere arrabbiato mi faceva piuttosto apparire villano e spazientito. Non sono mai stato collerico. Quando si litigava pesante era mia sorella ad urlare, invece io ero quello che diceva le parole peggiori.

– Sei la solita stronza! Ti ho detto che ho già finito.

Alice rise.

– Ma che cazzo c’è da ridere?

– Nulla’ nulla’ è solo che se hai il pomeriggio libero sei uno sfigato a sprecartelo chiuso in casa da solo.

Dal trucco e dall’odore di vestiti puliti intuii che stava per uscire.

– E tu sei una troietta che va in giro a farsi vedere con le sue amiche troiette.

A quella età non ero certo un galantuomo, misurare le parole non era il mio forte. Pensai subito di avere esagerato, mi aspettavo una reazione violenta’ che non arrivò.

– Vado fuori col mio ragazzo.

Niente urla.

Alessandro, il suo fidanzato, mi era simpatico, suonava la tastiera in un gruppo abbastanza famoso a scuola ed era diverso dagli altri amici di mia sorella, non mi prendeva in giro e cercava sempre di darmi consigli senza essere troppo invadente.

Non me la sentii di inveire contro di lui, quindi la diedi persa e stetti zitto.

Alice rimase lì sul lato opposto del divano senza aggiungere altro e per diversi minuti rimanemmo in silenzio fissando la televisione.

La sua presenza mi imbarazzava, dopo le nostre discussioni, anche le più brevi, mi dava sempre fastidio averla attorno, quel giorno in particolare, come se tutto fosse fuori posto.

– Allora? Non dovevi uscire con Alex?

– Mi deve passare a prendere appena finisce con alcune faccende, immagino che sarà qui da un momento all’altro.

Tornai nel mio silenzio. Percepivo però che Alice a differenza di me non guardava più la televisione, lei mi fissava.

Innervosito mi girai di scatto verso di lei.

– Che vuoi? Stupida.

– Nulla’ nulla’ è solo che se ti curassi di più potresti anche essere un ragazzo carino e trovarti una ragazza.

Non mi aspettavo una osservazione del genere, così di punto in bianco. Non seppi rispondere. Probabilmente aveva ragione, ma io oltre essere pigro ero piuttosto testardo e in qualche modo orgoglioso del mio modo di essere.

– Alle ragazze devo piacere per come sono.

– Luca’ sei il solito. Non devi cambiare’ devi solo mettere in risalto le tue qualità’ non è che pettinandoti, lavandoti e magari curandoti il viso che perderai te stesso.

– Sono cazzate.

Non erano parole senza un significato, ma non le avrei mai accettate da mia sorella’ e poi pettinarmi, tagliarmi i capelli, costava tempo’ cosa serviva passare il tempo davanti allo specchio a combattere l’acne che tanto non sarebbe scomparsa’ perché poi lavarsi di continuo quando ero solo in casa o se dovevo uscire solo per poco’ se avessi cominciato a fare tutte queste cose forse non avrei perso me stesso, ma sicuramente avrei perso tempo. Questo pensavo’ a quei tempi.

– C’è una ragazza che ti piace?

– Che ti importa?

– Mi interessa. Sono tua sorella.

Trovavo fuori luogo che puntasse sul nostro legame di parentela per estorcermi risposte. Però le risposi.

– C’è una.

– Lei lo sa?

– No’ non credo’

– Non hai provato a farglielo capire? Hai paura di essere rifiutato? Ma non lo saprai mai se non ci provi’ perché non ci provi? Devi curarti di più e’

– Hey, hey! Frena.

Forse mi andava di parlarne con qualcuno, perché in fondo non lo sapeva proprio nessuno del mio amore segreto, a volte sentivo quel peso tremendamente insopportabile.

– E’ una mia compagna di classe’ ma non sa niente, lei ha già il ragazzo e siamo amici.

Alice parve meravigliata.

– Amici?! Non esiste amicizia tra maschietti e femminucce.

– Cazzate! Io e Francesca lo siamo.

Alice rise fragorosamente.

– Cosa c’è di tanto divertente adesso?

– Nulla’ nulla’ ma dato che tu te la vorresti fare e lei nemmeno lo sa, non mi pare che ci siano le basi giuste per una bella e sincera amicizia.

Aveva ragione, almeno in parte, però mi aveva ferito mettendo a nudo una situazione che già di per se mi provocava sofferenza.

– Dai retta a me! Fatti bello e trovatene una libera.

– Tu non capisci. Sei una cretina e basta.

Così dicendo tornai a chiudermi nel mio silenzio fissando la televisione. Avevo sbagliato a parlarle di Francesca.

– Fratellino’ non è che mi nascondi qualcosa?

Nemmeno le risposi. Non sarei più ricaduto nella trappola.

– Sei per caso omosessuale?

Aveva la capacità di farmi perdere le staffe!

– No! Che cazzo!!!

Alzai la voce un po’ più del solito. Lei era molto tranquilla invece.

– Mmm’ infatti neppure io lo credo.

Mi squadrava.

– Ti senti insicuro perché hai il pisello piccolo?

Ero fuori di me.

– Io non ho il pene piccolo!

– Mmmm.

Non mi sembrava convinta. Prese una rivista e cominciò a sfogliarla distrattamente.

– Alice! Io non ho il pene piccolo. Hai capito?

Nemmeno alzò gli occhi.

– Ho capito. Ho capito.

Non la trovai particolarmente convinta.

– Guarda che io ho un pene perfettamente normale! Anzi!

Continuava a non darmi attenzione sfogliando la rivista. Rispose con negligenza.

– Come fai a dirlo? Te lo confronti con i tuoi amichetti?

Non era così, ma diventai rosso per la sua supposizione.

– No’ no’

– Allora come fai a dire che non è piccolo? Anzi’

– Lo so.

Sbuffando chiuse la rivista e la ripose.

– Allora fammelo vedere.

Rimasi basito per la sua presuntuosa provocazione.

– Noooo!

Negai costernato.

– Forse ti vergogni perché lo hai’ piccolo.

Alice calcò particolarmente la voce su quell’ultima parola, la più fastidiosa.

– Non posso farti vedere il pene! Sei mia sorella!

– Però tu nuda mi hai vista!

– Quando mai?

Feci il finto tonto.

– Lo so che mi spii quando faccio la doccia o mi cambio o’

– No, no’ non è vero, non l’ho mai fatto.

In effetti forse un paio di volte era successo, però non potevo ammetterlo.

– E’ inutile che neghi. Lo so bene.

– Ti sbagli ti dico!

Piuttosto’ come poteva averlo scoperto? Volevo saperlo, ma non volevo rivelare la verità.

– Come fai a dire una cosa del genere Alice? Non ha senso.

– Lo hai fatto tante di quelle volte. Poco a poco me ne sono accorta.

Forse in effetti era capitato un po’ più di un paio di volte, potremmo dire che era capitato un paio di volte nell’ultimo periodo, insomma circa nelle ultime due settimane. Però ero sempre stato molto attento e avevo solo dato qualche sbirciatina dalla serratura. Nemmeno si vedeva bene. Come era riuscita ad accorgersene?

– Non è possibile.

– Infine lo ammetti.

– No’ no’ dicevo che è impossibile perché non l’ho mai fatto.

Alice si alzò sdegnata, pensai che se ne volesse finalmente andare lasciandomi libero.

Non fu così.

Oltre alla maglietta attillata indossava un paio di jeans a vita bassa e gamba larga: quando li slacciò le caddero ai piedi in un istante.

– Che vuoi fare?

Ero tra l’allibito e lo spaventato. Il cuore cominciò ad accelerare il suo battito senza ritegno. Deglutii un ondata di saliva proprio appena in tempo, prima di rimanere a bocca aperta e perdere bava per lo spettacolo.

Alice si abbassò i minuscoli slip di cotone rosa, li accompagnò fino a mezza coscia, poi incrociò le braccia’ in attesa.

– Allora Luca? Adesso me lo fai vedere o no?

Il suo tesoro completamente glabro mi catturò totalmente e non riuscii a rispondere.

– Ci sei rimasto secco? Sembra proprio la prima volta che la vedi.

Non era la prima, ma mai avevo avuto il piacere così da vicino’ e così chiaramente. Riuscii a mettere insieme qualche parola solo grazie al dubbio che da sempre mi tormentava.

– Come mai’ come mai’ non hai il pelo?

– Non lo so. Lo trovavo preoccupante qualche anno fa. Sono sana comunque’ e ho scoperto che piace anche parecchio ai ragazzi. A te non piace?

Deglutii ancora per la salivazione intensa.

– Beh’ cioè’ io non saprei’ tu’ che’

– Va bene. Ho capito.

Si ricoprì con la sua minuscola biancheria.

– Adesso tocca a te! Forza!

Mi vergognavo. Mi era venuta persino una mezza erezione. Poi pensai che malgrado tutto in questo modo il mio pene sarebbe sembrato bello grosso. Però’ no’ non era il caso.

– Mi imbarazza!

– Dai! Sono tua sorella! Conta fino a tre e abbassa tutto.

– Non ce la faccio.

Afferrai uno dei cuscini di piuma e mi coprii la faccia, istintivamente, non per un motivo preciso. Incerto sul da farsi cercavo di prender tempo’ poi sentii le mani di mia sorella sui miei fianchi.

Indossavo una tuta e dei boxer, le sue dita afferrarono i lembi dei pantaloni insinuandosi sin sotto l’elastico dei boxer.

– Conto fino a tre, ok?

Non risposi. Solo attesi.

Rimasi in un secondo spoglio dalla vita in giù. Non contò nemmeno fino a uno!

Rise.

Senza uscire col viso dal mio nascondiglio le domandai snervato cosa c’era mai da ridere.

– Nulla’ nulla’ in tiro me lo aspettavo più grande.

Buttai di lato il cuscino per osservare preoccupato la mia stessa nudità.

– Guarda che non è duro!

Non era nemmeno del tutto flaccido. Comunque non mi sembrava poi piccolo.

Senza smettere di fissarlo Alice si sedette al mio fianco sul bordo del divano.

– Allora fallo diventare duro e vediamo cosa succede.

– Alice! Non posso.

– Perché? Sei impotente?

Intanto per l’agitazione il mio pene si stava afflosciando del tutto, cominciai a temere di fare davvero brutta figura.

– Sono normalissimo.

– Se questo è il tuo massimo non sei proprio normale.

In un impeto di orgoglio osai risponderle.

– Non è il massimo, ti giuro che quando è duro è bello grosso.

– Bene! Allora fatti un po’ zin zin con la manina. Forza!

– Non posso.

– Fratellino, non dirmi che non ti sei mai fatto una sega?

– Non è questo. E’ che’

Mi vergognavo. Era troppo imbarazzante.

– Sei proprio impedito! Lascia fare a me.

Prima che potessi capire cosa insinuasse me lo dimostrò con i fatti. Afferrò il mio membro tra il pollice e il dito medio, poi muovendo il polso lentamente prese a manipolarlo con dovizia.

– Alice! Non puoi!

Però non la fermai.

– Zitto un secondo. Chiudi gli occhi e pensa alla tua amichetta.

– Cazzo!

– Zitto!

Chiusi gli occhi… però non pensai a Francesca.

– Ecco bravo. Rilassati così vediamo quanto ti diventa grosso.

Era la prima volta che una donna mi toccava, seppur fosse mia sorella. Sensazioni incredibili mi travolsero, faticavo a respirare, mi era impossibile pensare.

– Non essere così nervoso.

Sentii l’altra sua mano raggiungermi i testicoli e massaggiarli delicatamente.

– Bravo. Sta cominciando a funzionare.

Aprii gli occhi proprio mentre cambiava impugnatura: prese il mio pene con tutta la mano, delicatamente, aumentò il ritmo lasciando scorrere la pelle sul glande. Non ci volle molto per farmi raggiungere le mie dimensioni massime.

– Ecco’ è così.

Si fermò, ma senza mollarmi.

– Avevi ragione. Così è abbastanza grosso.

Si voltò verso di me e mi sorrise compiaciuta. In qualche modo ricambiai il sorriso cercando di nascondere maldestramente il mio impaccio. Sebbene fossi eccitato anche l’imbarazzo era davvero tanto.

– E’ la prima volta che una ragazza ti tocca?

Lo chiese con estrema dolcezza.

– Sì.

– Vuoi che continui ancora un poco?

Abbassai lo sguardo. Lo prese come un sì e riprese a muovere la mano, lentamente.

Ansimavo.

– Ti piace?

Mi sussurrò. Io annui sommessamente.

– Non lo devi dire a nessuno questa cosa che è successa. Capito?

Io annui ancora senza aprire bocca.

Improvvisamente aumentò il ritmo. La guardai, lei mi sorrise tranquilla. Non capivo cosa stava accadendo, ma non riuscivo a sottrarmi. Mi scappò un verso di compiacimento.

Il cellulare di mia sorella suonò riportandomi per un istante alla realtà. Fu solo un istante in cui mi resi conto che era una pazzia, Alice però non mi permise di rinsavire.

Rallentò con la mano e con l’altra prese il telefonino.

– Fai piano adesso. Zitto.

Ammonendomi rispose alla chiamata.

– Sì’ ciao’ ok’ allora adesso scendo’ sì’ finisco una cosa’ solo un minuto. Ciao.

Appena chiuse la telefonata prese a masturbarmi con decisione.

– Alessandro mi aspetta qui sotto’ sbrigati che devo andare.

Io silenzioso annui ancora accondiscendente e succube.

– Ecco. Bravo’ dai che ci sei! Falla tutta per la tua sorellina.

Il primo schizzo volò in aria per un istante che sembrò interminabile, seguito dal secondo poco più basso, mi atterrarono addosso imbrattandomi la maglia della tuta. Altro seme colò sulla mano di Alice che intanto rideva divertita.

– Per Bacco quanto ne hai fatto! Bravo.

Poi di corsa fuggì via. Io ansimante rimasi disteso senza forze. Sentii scorrere dell’acqua, si stava lavando le mani. Ricomparve poco dopo per recuperare i suoi jeans. In fretta e furia se li infilò.

– Io torno verso l’ora di cena. Ciao ciao.

Le erano bastati un po’ di acqua e sapone per cancellare tutto?

Il peccato di Alice – capitolo secondo

Per ben due settimane mia sorella Alice non mi degnò di uno sguardo e non mi rivolse parola.
In casa sembravamo due sconosciuti, mi evitava e dopo i primi giorni anche io cominciai a farlo.
L’imbarazzo mi divorava ed ero convinto che la vergogna manipolasse mia sorella.
La situazione era al limite del paranormale a tavola, tutti assieme, eppure era come se io e lei ci trovassimo in due tavoli separati: uno con lei, mamma e papà, l’altro con me, mamma e papà.
Una sera eravamo a cena con mamma, nostro padre rientrava tardi dal lavoro. Fradici di silenzio con gli occhi bassi sul piatto non eravamo in grado di gestire la circostanza.
Fu la mamma ad intervenire.
– Luca. Alice. Adesso mi spiegate per cosa avete litigato. Saranno almeno dieci giorni che non vi parlate, se non di più.
Io e mia sorella incrociammo gli sguardi per un brevissimo istante. Mi sentii arrabbiato, colpevole, insignificante, addolorato, diffidente, insicuro’ tutto insieme.
Nostra madre guardava me. Dovevo parlare io? Cosa avrei potuto dire?
– No, no’ è tutto normale.
Alice mi fissò sbalordita e infuriata.
– Come fai a dire che è tutto normale? Sei uno stronzo insensibile. Dopo quello che hai fatto.
Io? Non avevo fatto nulla’ se non stare zitto e subire il suo trattamento. La mia colpa era proprio quella di non essermi tirato indietro’ era stata lei a cominciare, la responsabilità era sua. Non poteva scaricare tutto si di me!
– Luca cosa hai fatto a tua sorella?
La domanda della mamma mi fece tremare. Il cuore batteva tanto forte da dolermi per l’affanno. A fatica controllai il respiro.
– Forza diglielo!
Intervenne Alice.
– Io’
Era la fine, ne ero certo.
Mia sorella non mi diede il tempo di provare a trovare la parole adatte.
– Mamma, Luca mi ha rovinato i sandalini che mi ero comprata. Che stronzo! Avevo messo i soldi da parte e ora che li ho comprati’ micca me li cambiano al negozio.
Dopo un attimo di silenzio la mamma si rivolse a me con i suoi minacciosi occhi scuri.
– Luca! Come diavolo hai fatto a rovinare le scarpe di tua sorella?
Era una bella domanda.
– Non lo so.
– Come? Non lo sai?
All’unisono si sorpresero mia sorella e mia madre.
Il più sorpreso ero io però. Certo Alice stava raccontando una frottola per venirne fuori’ ma la bugia era la sua e io non avevo idea di come si sarebbe conclusa quella storia. In particolare non sapevo come io ne sarei venuto fuori.
– Mamma’ lui ha’ lui ha provato i sandali mentre non c’ero.
Lo sguardo di mia madre si fece sospettoso, non per la frottola’ voleva sapere perché avevo fatto una cosa del genere.
– Luca mi vuoi spiegare?
– Io’ non lo so. Volevo’ vedere come mi stavano e’
Alice ancora intervenne.
– Sei gay.
– Io non sono un frocio!!!
– Luca non usare certi termini!
– Scusa mamma’ scusa. Però’ vedi io’ volevo solo capire come le ragazze fanno a stare sui tacchi.
Quasi cominciavo a crederci.
– Mamy’ questo stupido è caduto e mi si è rovinato un tacco.
– Alice portamele a far vedere’ vediamo se si può fare qualcosa.
Con sorpresa e terrore rimasi ad aspettare mia sorella che uscita dalla stanza dava proprio l’impressione di voler andare a prendere quei sandali.
– Luca. E’ importante che tu capisca una cosa.
Mia madre stava per farmi la predica per qualcosa che non avevo fatto. Stranamente però non sembrava più di tanto convinta. Infatti mentre parlava sparecchiava la tavola e il suo tono di voce era piuttosto blando mentre mi spiegava che sebbene fossi curioso delle questioni delle ragazze era opportuno che lasciassi le cose di mia sorella al loro posto.
– ‘ magari più tardi ne parli con tuo padre.
Io non avevo fatto nulla di male! Non li avevo toccati quei maledetti sandalini.
Rientrò Alice con una scarpa in una mano e quello che sembrava un pezzo di tacco nell’altra.
– Vedi mamy’
La mamma scrutò per interminabili secondi quell’oggetto.
– Se li porti dal calzolaio te li aggiusterà.
– Non saranno più come prima!
– Alice non fare i capricci. Te li aggiusterà benissimo e chiederà poco. I soldi te li do io. Però voi due’
Più o meno tutti ci scambiammo occhiate.
– ‘ voi due fate la pace. Che anche vostro padre era preoccupato.
Io mi alzai e porsi la mano a mia sorella.
– Pace?
Con sufficienza mi squadrò.
– Non c’è bisogno che ci diamo la mano. Dimenticherò quanto sei bamboccio e torneremo a parlare facendo finta che non sia successo niente.
Si riveriva a quello che era realmente accaduto o ai fatti scaturiti dalla sua immaginazione?
Me ne andai in camera mia lasciando le due donne di casa a disquisire sulle abilità del mastro calzolaio.
Mi misi a studiare. Avevo un ultima interrogazione prima della fine della scuola. In realtà non avevo necessità di ripassare ancora’ ma era un modo come un altro per stare da solo ed essere lasciato in pace. Invece poco dopo mi raggiunse Alice.
Io ero sul letto sdraiato, lei mi si sedette a fianco. La ignorai.
– Sei arrabbiato?
Non risposi.
– Dai! Ci ho tirati fuori dai pasticci. No?
Continuai ad ignorarla.
– E’ stata la prima cosa che mi è venuta in mente.
Alla fine cedetti.
– Quando torna mi becco uno ramanzina pure da papà!
– Preferivi forse che le rivelassi che ti ho fatto una seghetta sul divano? Le sarebbe venuto un colpo!
Mi concessi qualche secondo di riflessione.
– Allora Luca? Lo preferivi?
Mi rassegnai.
– No’ no’ dimmi solo una cosa.
– Che cosa?
– Perché lo hai fatto?
Alice mi sembrò seccata.
– Uffa! Ti ho detto che è stata la prima scusa che mi è passata per la mente!
– Nooo. Intendevo dire perché hai fatto quell’altra cosa l’altro giorno.
– Ahhhh.
Finalmente c’era arrivata! Potevo prendermi anche la sgridata da papà, però almeno avevo diritto di capire.
– L’ho fatto perché mi sembrava che tu lo volessi.
– Io non te l’ho chiesto.
– Però nemmeno mi hai pregato di smettere.
– Beh’ però nemmeno ti ho comandato di farlo.
Mia sorella rise sommessamente.
– Perché ora ridi?
– Nulla’ nulla’ è solo che ci mancherebbe solo che mi ordinassi una cosa del genere. Io faccio solo quello che mi va. Capito?
In un certo senso per me quella frase significò il massimo grado di accettazione di responsabilità che Alice potesse ammettere in quel momento. Mi bastò.
Non mi era comunque chiaro come avevamo fatto ad arrivare a quel punto.
– Va bene sorellona.
Mi mise una mano sulla spalla per poi rincuorarmi.
– Comunque grazie per esserti preso la colpa con la mamma.
– Dai’ fa lo stesso.
Tornai con la testa sul libro. Alice non accennava ad andarsene.
Mi sentivo osservato e a disagio.
– Cosa hai ora?
– Nulla’ nulla’ però stavo pensando che dovrò farmi perdonare in qualche modo.
Non ero affatto sicuro di come intendere quelle parole, tuttavia una delle possibili interpretazioni mi procurò un’erezione istantanea. Mi agitai, ma cercai di controllarmi per non darlo a vedere.
– Bene’ prima o poi riuscirai a sdebitarti.
Mi ero masturbato ogni giorno tra il desiderio e il senso di colpa fantasticando su mia sorella e le sue intime attenzioni. Il fattaccio non mi aveva lasciato indifferente, però non volevo che trasparisse.
– Non mi piace lasciare affari in sospeso’ ti potrei aiutare per l’interrogazione.
La mia delusione smontò tutta la mia eccitazione.
– Ah.
Commentai amareggiato.
– Forza. Dammi quel libro e mettiti seduto.
Obbedii. In realtà ero già stufo e avevo già pensato di leggermi dei fumetti una volta che Alice se ne fosse andata. Ora oltre che aspettarmi la ramanzina di mio padre dovevo ripassare la lezione con mia sorella in modo che lei si sentisse la coscienza a posto.
Mi sedetti sul bordo del letto, annoiato visibilmente. Alice prese il libro, lo chiuse, poi si inginocchiò di fronte a me. Aveva uno strano sogghigno.
Mi mormorò una proposta che mi fece comprendere.
– Non ti togli i pantaloncini?
– Come?
– Shhhh!
Mi zitti con l’indice sulle labbra. Bisbigliando fu più esplicita.
– Ti faccio rilassare per l’interrogazione di domani. Forza. Facciamo presto mentre la mamma lava i piatti’ zin zin’
Intanto mimò con la mano a pugno cosa intendeva.
Mi adattai e le risposi anche io a bassa voce.
– Non possiamo! Se ci becca non troverai un’altra valida scusa!
– Sta lavando i piatti. Sarà impegnata per un po’. Quando finisce lo sentiamo.
Qualora il rumore di piatti e posate e lo scroscio d’acqua sarebbero cessati, sarebbe stato il segnale d’allarme. Non potevo negare che quella viziosa proposta mi stuzzicasse. L’erezione era tornata ed ero più che pronto. Però ero anche impaurito.
– Se torna papà?
– Se arriva lo sentiamo, c’è il garage qui sotto.
Ci accorgevamo sempre di quando papà rincasava. La porta del nostro garage cigolava, era impossibile non riconoscere quel suono. Non avevo molte altre obiezioni.
– Però non mi terrai il muso per altre due settimane, vero?
– Se tu parlerai a me io parlerò con te’ ora sbrigati’ fuori il pisello!
Mi convinse definitivamente. Tirai fuori il mio gingillo bello pronto in gran spolvero.
Notai come Alice lo guardò rapita, quasi famelica.
Lo afferrò subito con la mano facendosi largo tra le mie ginocchia, con molta meno dolcezza della volta precedente iniziò a lavorarmelo con accanimento tenendolo ben saldo nella mano destra.
Sorrideva compiaciuta.
– Non fare rumore.
Continuava a sussurrare. Quella era una specie di birbonata di nascosto dalla mamma.
Sebbene in me non fosse ancora maturo il senso della trasgressione, il mio corpo reagiva a quella sensazione conturbante di quella incredibile situazione.
Respiravo a fatica trattenendo gemiti di piacere, i testicoli mi dolevano leggermente e un senso di nausea mi attanagliava il ventre.
– Non lo devi dire a nessuno. Capito?
Ansimando accennai un sì con la testa.
Alice si avvicinò ulteriormente, con il braccio liberò si avvinghiò a me, con le cosce riconoscevo le forme dei suoi seni sodi, impercettibilmente strinsi le gambe per carpire a pieno quel contatto, il suo soddisfatto viso sorridente era a pochi centimetri dal mio pene, sentivo il suo respiro stuzzicarmi il glande mentre convulsamente scompariva nel suo palmo per sgusciare fuori immediatamente dopo.
Mi guardò negli occhi, sembrava impazzita, presa da chissà quale frenesia.
Il suo sorriso svanì all’istante quando il famigerato cigolio annunciò l’arrivo di papà. Si apprestava a mettere l’automobile in rimessa. Il tempo a nostra disposizione era ormai al termine’ eppure mia sorella non voleva saperne di fermarsi.
– Stai per venire, vero?
– Sì’ sì’
Si guardò in torno come bisognosa di aiuto. Capii che cercava un fazzoletto o qualcosa del genere, o almeno così pensai, ma non me ne volli preoccupare, l’idea di venirle sul viso mi stava guidando verso un fantastico orgasmo. Poteva sempre correre in bagno a ripulirsi prima che papà entrasse in casa.
Il secondo cigolio seguito da un urto ci comunicò che papà aveva chiuso il garage e si accingeva a salire le scale.
– Giurami’ che’ non lo dirai a nessuno!
Anche Alice ora ansimava.
– Sì’ ahhh’ sì’
– Giuramelo!
– Sì’ te lo giur’oohh’
Per sorprendermi aspettò solo la mia conferma.
La vidi abbassare il capo, poi una sensazione umida e coinvolgente permeò le mie percezioni. Non compresi subito il significato di quel piacere, poi udii quei rumori che la bocca di Alice ritmicamente produceva e infine mi fu chiaro che non sarei riuscito a sporcarle il suo bel viso.
Un pizzicore mi percorse la schiena e infine il mio intero corpo si irrigidì, strinsi gli occhi e spalancai le labbra esplodendo il mio sperma nella gola di mia sorella.
Non ne rimase neppure una goccia. Sazia si alzò e dopo essersi pulita i lati delle labbra col pollice mi sorrise contenta.
– Hai anche un buon gusto.
Mi fece l’occhiolino e si girò di scatto. Prima di uscire mi scosse con un inequivocabile consiglio.
– Copriti che arriva papà!
Feci appena in tempo a risistemarmi.
Mia sorella gli corse in contro sulla porta.
– Papino! Ben tornato. Ti devo parlare. Luca mi ha rovinato i sandalini nuovi!
Il peccato di Alice – capitolo terzo

Dopo il secondo fattaccio dall’aroma incestuoso, mia sorella cambiò completamente atteggiamento nei miei confronti. La trovai molto gentile e disponibile verso di me, spesso mi sorrideva anche senza motivo, poi quando arrivavo a casa o quando tornava lei mi veniva a salutare con un bacio sulla guancia.
Stava esagerando in senso opposto. Mi chiedevo se lo facesse per nascondere la verità o perché realmente aveva cambiato predisposizione nei miei confronti. Tuttavia questi erano i dubbi che meno mi tormentavano. Ero infatti profondamente turbato per l’accaduto.
Avevo piena coscienza che non avremmo mai dovuto spingerci fino a quel punto, certo l’iniziativa era sempre stata sua, ma io non mi ero certo tirato indietro.
La maggior parte del tempo però, non senza un forte senso di colpa, fantasticavo su nuovi possibili scenari, ovviamente mi masturbavo furiosamente ed ogni volta mi rimaneva un senso di vuoto, un vuoto che poteva essere colmato solo con la risposta ad un’unica e semplice domanda: Perché?
Cercai qualche volta di affrontare il problema con Alice, volevo capire’ in realtà anche sperando di ottenere qualche altra attenzione particolare. Ogni mio tentativo era vano, lei finiva per irritarsi senza concedermi soddisfacenti risposte.
Ero in preda all’ansia e dovevo sfogarmi. Consideravo Francesca la mia migliore amica, pensai però che non era il caso di confessarmi con lei, sarebbe stato davvero imbarazzante e inadeguato.
Decisi di parlare col mio amico Carlo, detto Carletto perché era basso e smilzo. Rosso di capelli, lentigginoso e munito di due fondi di bottiglia al posto degli occhiali, non era certo l’immagine dell’uomo perfetto, però era un ragazzo serio e sensibile, molto intelligente, lo conoscevo sin dalle elementari, contavo sulla sua riservatezza.
Era l’ultimo giorno di scuola. Oramai nessuno stava più in classe, i corridoi erano pieni di ragazzi che in preda all’euforia ridevano e scherzavano.
Parlai a Carletto negli spogliatoi della palestra, erano poco frequentati. Gli raccontai praticamente tutto, fermandomi solo all’avvicinarsi di potenziali orecchie indiscrete di passaggio. Carletto mi ascoltò senza proferire parola aggiustandosi gli occhiali sul naso di tanto in tanto e sbattendo gli occhi per abituare la vista.
– Dimmi. Cosa ne pensi?
– Mmmm’ Luca’ noi siamo amici da un bel po’ ormai.
– Certo.
– Allora perché vieni da me con queste baggianate? A quale scopo? Cosa vorresti ottenere?
Carletto era sempre calmo. La pacatezza con cui emise il suo verdetto mi smontò totalmente. Non mi credeva.
– Carlo! Te lo giuro! E’ vero! E’ successo realmente!
– Mmm’ tua sorella è una bella tipa ed ha un ragazzo fico’ che ragioni avrebbe di venire da te?
– Appunto! Non lo so. Non lo capisco’ e non so cosa fare!
Si sistemò di nuovo gli occhiali assorto nei suoi pensieri.
Se il suo primo verdetto era stato terribile, il secondo non fu da meno.
– Non ti credo.
– Carletto. Cazzooooo. Ti dico che è così.
– Tu e qualcuno mi state facendo uno scherzo. Dove volete arrivare? Non è affatto divertente e io non ci casco. Da te proprio non me lo aspettavo, che delusione.
Stava diventando realmente imbarazzante. Era l’ultima reazione che mi sarei aspettato dal mio amico. Mentre cercavo le parole per convincerlo della mia buona fede, arrivò Franco, un altro del nostro giro di sfigati.
Anche con Franco mi trovavo bene, ma era un tipo piuttosto scanzonato e nel scegliere un confessore lo avevo scartato, anche se somigliava maggiormente a me e condivideva il mio modo di essere molto più di Carlo. Franco aveva folti capelli castani, lunghi oltre le spalle, spesso li portava raccolti in una coda di cavallo, sebbene di famiglia fosse benestante, pur potendo permettersi anche capi firmati, come me era invece trasandato nel vestire, pigro quanto me, non faceva alcuno sport, eppure fisicamente era abbastanza atletico. Arrivò con il solito sornione sorriso stampato sulla faccia.
– Allora? Che si dice?
Avrei voluto mandarlo via in qualche modo per continuare la conversazione con Carlo, non fu possibile, proprio per la reazione del mio confidente.
– Franco. Sei venuto a vedere come procede lo scherzo?
– Quale scherzo?
Si sedette con noi.
– Quello che state facendo a me! Vi ho scoperti. Chi è coinvolto ancora? Guido? Marco? Lo Zanzi? Chi ha avuto questa idea del cazzo?
Ora Carletto si stava un po’ alterando. La situazione mi stava sfuggendo di mano.
– Ma che scherzo?
Intervenni.
– No, no nulla’ è Carletto che ti scherza?
– Aaah. Ma che scherzo?
Fu così che il mio amico Carletto su cui tanto contavo per la sua discrezione si rivelò il peggior confessore che potessi scegliere.
– Franco’ allora non lo sai’ Luca qui’ vuole farmi credere che sua sorella gli fa le seghe!
Subito l’attenzione di Franco si accese.
– Davvero?!
Era il caso di correre ai ripari.
– No, no, no’ ormai Carletto mi ha beccato. Cazzo! Era uno scherzo.
– Alla fine quindi lo ammetti!
– Beh sì! Dai’ lo volevo dire a tutti e due per vedere come reagivate e poi prendervi in giro una volta che ne aveste parlato tra di voi.
Risi. O almeno ci provai. I miei amici non ridevano affatto e mi fissavano.
– Che scherzo del cazzo.
Esordì Franco.
– Insomma io non è che sono mai stato bravo a fare gli scherzi. E’ la prima cosa che mi è venuta in mente’ era per l’ultimo giorno di scuola’ insomma’ uno scherzo’ uno scherzo del cazzo.
Forse li avevo convinti. Risero e mi presero in giro per quanto ero maldestro. Ormai me la ero cavata, ma poi rovinai tutto.
– Ragazzi! Però pensandoci non ditelo in giro’ magari qualcuno ci crede’ e se arrivano a mia sorella queste voci’ sono cazzi acidi poi!
Franco scoppiò in una fragorosa risata.
– Ah! Ah! Dai! Chi vuoi che ci creda? Alice che fa le seghe a te? Se racconto che le fa a me, allora sì, forse ci credono! Ah! Ah!
– Luca’ sei troppo forte! Adesso ti caghi sotto perché hai paura che ti sputtaniamo raccontando del tuo scherzo del cazzo!
Passai più di un’ora nel tentativo di convincerli al silenzio, velando ogni premura con risate e battute, accettando ogni presa in giro a me diretta senza arrabbiarmi.
L’avevo fatta grossa. Tornai a casa abbattuto e depresso.
Cosa sarebbe successo se mia sorella fosse venuta a saperlo?
Mi avrebbe ucciso certamente.
Pensai così che l’unica soluzione possibile era rivelarle la verità di persona.
Cercai di nascondere la mia insicurezza per tutto il pranzo. Mamma mi chiese un paio di volte se sentissi bene. Dopo averla tranquillizzata si decise a lasciarmi stare.
Nel pomeriggio presto mamma uscì per fare alcune compere. Sarebbe poi passata da nonna per tornare in serata e preparare la cena a tutta la famiglia.
Io guardavo la televisione sul divano, Alice mi raggiunse in salotto, mi parve in ansia per me. Se lo fosse realmente per me o per il nostro segreto non mi era concesso saperlo. In ogni caso quelle premure non mi dispiacevano affatto.
– Fratellino. Tutto a posto? Ti è successo qualcosa a scuola?
– No’
– Guarda che a me puoi dirlo.
Più che altro poterglielo dire’ dovevo dirglielo.
– Beh’ una certa cosa è successa’ in realtà.
– Raccontami.
Si sedette accanto a me passandomi un braccio sulla spalla. Il suo contatto e il suo profumo mi inebriarono. Dalla sera in cui mi regalò per la seconda volta attenzioni particolari erano passati meno di dieci giorni. Lei si era avvicinata a me spesso e come mai era successo prima io avevo goduto anche dei più brevi contatti rapito dal suo profumo.
Mi ero masturbato tutti i giorni pensandola e in un paio di occasioni avevo abilmente saccheggiato il cesto della biancheria sporca, odorando i suoi slip usati fantasticavo. Negli ultimi giorni non mi ero limitato a sognare la sua mano e le sue labbra, pur sentendomi poi estremamente sporco dentro, avevo osato immaginarla sotto e sopra di me appassionata ed eccitata.
– Alice’ ho fatto una cazzata.
– Cosa mai avrai fatto? Sfogati.
Inutile tergiversare.
– Devi capire che io avevo bisogno’ sì’ cazzo’ è difficile starsene zitto senza nessuno con cui parlare’ tu non me ne hai dato modo’ devi capire che’
Alice cominciò a comprendere, prese le distanze, tolse il braccio dalla mia spalla, il suo sorriso scomparve e io percepii che con esso anche la sua disponibilità si stava dissolvendo.
– Cosa’ cosa’ hai combinato? Non avrai parlato del nostro segreto con qualcuno, vero?
– Nooo’ non potrei.
– Ahhhh’ per un attimo mi sono preoccupata.
Intravidi un nuovo sorriso. Il sole sorge sempre ogni nuovo giorno. Forse una speranza di sopravvivere l’avevo.
– Ne ho parlato solo con un caro amico.
No, non potevo proprio sperare che Alice non si arrabbiasse.
– Cosa hai fatto?
Urlò tutti gli insulti di sua conoscenza. Io me li presi tutti e quando si calmò un poco, solo un poco, senza più urlare mi interrogò sull’accaduto.
– Con chi lo hai detto?
– Un amico’
– Lo conosco?
– Beh’ Carletto.
– Quello sfigato di Carletto’ cosa gli hai detto?
– Più o meno quello che è successo.
– Più o meno?
– Meno’ direi’
– E questo tuo amico che reazione ha avuto?
– Mmm’ buona credo.
– Credi?
Mi arrivò uno scappellotto da mia sorella. Normalmente non ero solito subirli passivamente, però forse me lo meritavo.
– Che cosa vuol dire buona?
– Non ci ha creduto.
Alice emise un profondo sospiro. Non era affatto tranquilla e ancora gli dovevo dire il peggio.
– Come è finita?
– Ecco’ questo è il punto’ infatti’ dato che lui non ci ha creduto’ diciamo che’
– Cosa diciamo? Cosa diciamo? Cosa diciamo?
– Cosa diciamo’ diciamo che lui lo ha detto ad un altro mio amico’
Mia sorella prese tutto il fiato che aveva e cominciò ad insultarmi ininterrottamente tirandomi manate e pizzicandomi ogni dove. Cercai solo di ripararmi con uno dei cuscini in attesa che si sfogasse.
– Ti rendi conto di cosa hai combinato?
– Però’ però credono che sia uno scherzo’ non dovrebbero dirlo a nessuno’ gli ho chiesto di non dirlo.
– Sei un deficiente! Ora lo diranno proprio perché gli hai detto di non dirlo e non gli daranno peso perché credono che sia una stronzata tua!
Si mise le mani sulla faccia nascondendomi la sua collera. Rimanemmo così forse per una dozzina di minuti, zitti e immobili.
Provai io a rompere il ghiaccio.
– Se credono tutti che è uno scherzo’ insomma’ anche se lo dicono’ nessuno ci crederà’
– Nessuno? Nessuno? Tu non sai che’
Le parole le morirono in bocca. Sbuffò e ricadde nel silenzio.
– Cosa non so?
– Nulla’ nulla’
Di solito dopo quel suo intercalare Alice si apriva’ e invece non lo fece. Così la incalzai ancora, sentivo che era l’occasione giusta per comprendere.
– Mi vuoi dire tutto?
– Se queste voci arrivano ad Alessandro lui ci crederà’ e mi lascerà, ne sono certa. Sei un idiota!
– Ma dai! Lui più degli altri non ci crederà.
– E invece sì! Perché con lui’
Non poteva fermarsi di nuovo!
– Dai Alice! Cosa cazzo mi nascondi.
Mi resi conto di essere stato un po’ brusco, però funzionò.
– Questa strampalata idea di farti zin zin è saltata fuori in certi nostri momenti di intimità’ insomma è una specie di fantasia che ci siamo creati assieme’ ma doveva rimanere tale.
– Ah.
Ci rimasi un po’ male, ma lasciai perdere.
Non avevo ancora compreso bene, però almeno capivo un po’ meglio sebbene la spiegazione non mi facesse piacere.
– Lui ovviamente non lo sa che io ho’ come dire’ messo in pratica’ però se lo venisse a sapere’ di certo ci crederebbe’ perché ne abbiamo parlato.
– Mmm’ allora cosa possiamo fare?
Mia sorella si alzò di scatto. Come presa da un improvviso lampo di genio. Guardava nel vuoto come accade nei film di azione quando il protagonista decide di compiere un impresa impossibile. Strinse pure i pugni.
– Chiamali.
– Chi?
– I tuoi amici’ Carletto e’ l’altro’ chi è?
– Franco.
– Bene. Un altro sfigato’ chiamali qui tutti e due’ ci voglio parlare.
– E che cazzo gli dirai?
Mi fissò con lo sguardo duro.
– Non lo so, mi inventerò qualcosa’ tu digli che mi hai detto dello scherzo che hai fatto loro e che sono molto arrabbiata con te. Se sono tuoi amici’ e tu li implori’ verranno.
– Non so’
– Fa come ti pare’ ma tu portameli qui!
Ebbi un deja vu. Forse ero finito davvero dentro un film.

I miei due amici spifferoni accettarono di venire, anche se di mala voglia.
Non bastò implorarli, dovetti promettere che sarei stato grato loro tutta la vita! Che amici!
Vollero sapere cosa mai mia sorella aveva da dire loro. Nemmeno io conoscevo la risposta.
Così infine accettarono forse sperando di assistere ad una scena dove mia sorella mi umiliava di fronte ai loro occhi, oppure avevano voglia di vedere mia sorella.
Di fatto tra le telefonate mie e quelle fra loro superammo abbondantemente in numero le dita delle mani, ma infine ci accordammo.
Arrivarono intorno le quattro del pomeriggio. C’era molto caldo. Gli aprii il portone e annunciai ad Alice che i nostri ospiti erano arrivati.
Mi raggiunse. Si era raccolta i capelli e aveva cambiato i vestiti. Indossava dei ridotti pantaloncini di jeans piuttosto stretti e una attilatissima canottierina corta bianca. Notai che non aveva il reggiseno, le forme dei capezzoli erano ben visibili.
Era chiaro che voleva ammorbidirli’ ero certo che ci sarebbe riuscita, tuttavia ero infastidito da quella messa in scena, non mi andava che i miei amici la vedessero così, sensuale.
Mi venne di fianco sorridendomi, poco prima che i miei due amici arrivassero alla soglia dell’appartamento mi parlò duramente.
– Devi fare tutto quello che di chiedo. Hai capito? Tutto.
Mi spaventai un po’.
Accolse Carlo e Franco con un sorriso solare, tanto che i loro occhi non caddero immediatamente sul corpicino di lei. Con gentilezza li fece accomodare in salotto.
Franco prese la poltrona, Carletto un estremità del divano. Alice gli si mise proprio di fianco sebbene ci fosse spazio a volontà. Mi chiese dolcemente di portare da bere, era comunque un ordine.
Tornai dalla cucina con delle bibite. Stavano già parlando. Mia sorella teneva banco.
– ‘sapete bene che Luca ogni tanto è un gran idiota’
I miei amici non le staccavano gli occhi di dosso scuotendo il capo in assenso ad ogni sua frase. Li aveva incantati.
Alice pareva sicura di se, eppure si tormentava le dita e si rigirava le mani fermandosi solo per gesticolare accentando le frasi rilevanti del suo discorso.
Io mi sedetti sul lato opposto del divano, un po’ lontano, ad ascoltare, in disparte, come se la stava cavando.
– ‘vedete è una situazione imbarazzante per me’ perché se certe voci dovessero girare’
Saltò su Franco.
– Non ti devi preoccupare. Non lo diremo a nessuno’ Luca è stato un idiota a fare uno scherzo simile’ tutti ne conveniamo.
Alice riprese senza indugio la parola.
– Qui volevo arrivare. Proprio perché è uno scherzo non vorrei che lo prendeste con troppa leggerezza e’
Franco stava per intervenire ancora per rassicurarla, ma lei gli pose una mano davanti zittendolo.
– Lasciami finire’ dunque’ questo scherzo’ potrebbe diventare pericoloso’ quindi vi ho chiamati per farvelo considerare con maggiore serietà.
I miei amici continuavano a scuotere la testa in assenso come animali ammaestrati, poi all’improvviso il loro collo si bloccò alle ultime parole di mia sorella Alice.
– ‘perché non è uno scherzo. E’ la verità.
Io che avevo iniziato a bere la bibita dalla mia lattina per poco non mi strozzai, basito da quella affermazione feci di tutto per riprendermi e ricompormi.
Fui proprio io il primo a riavermi, i miei amici vagavano tra incredulità e stupore.
– Che cazzo dici?
– Luca non fare il finto tonto ora.
Carlo e Franco si misero a ridere uno dopo l’altro. Avevo optato per la diffidenza. Parlò Carletto.
– Ora sì che è venuto bene lo scherzo! Luca sei un grande.
Cercai di sfoggiare un sorriso’ che morì un istante dopo quando mia sorella riprese nuovamente il suo discorso.
– No no’ non è affatto uno scherzo! Luca tira fuori il pisello!
Rimasi immobile.
– Ho detto di tirartelo fuori.
– No.
Non mi andava di fare una cosa del genere. Ero convinto che mi volesse in qualche modo umiliare di fronte ai miei amici. Alice però mi guardò talmente di sbieco che alla fine lo feci arrossendo.
Mi alzai e tirai giù i calzoni e i boxer per poi coprire con i palmi le mie nudità.
Mia sorella si alzò mi raggiunse con uno sguardo da gatta in calore. Stava recitando per i due fessi che, piombati di nuovo tra incredulità e stupore, erano come immobili statue di sale.
Arrivata a me, con una leggera spinta delle dita, mia sorella mi fece sedere nuovamente sul divano, poi si accucciò al mio fianco in una posa sinuosa. Con un gesto congedò le mie mani dal loro compito, celare la mia molle nudità. Sbalordito vidi le sue dita raggiungermi il pene per cominciare a tormentarlo, non ebbi reazione, l’imbarazzo era troppo.
Entrambe i miei amici reagirono con non meno sorpresa, dopo un sussulto si mossero leggermente avanti per vedere meglio cosa stava accadendo.
– Forza Luca, fai vedere ai tuoi amici quanto lo hai grosso quando è duro!
– Non posso’ non ce la faccio’
Alice era visibilmente contrariata. Si rivolse così al suo pubblico.
– Ora ci credete?
Franco ebbe il coraggio di blaterare qualcosa di incomprensibile.
– Vi ha detto solo che gli faccio le seghe o vi ha detto anche di questo?
Si scostò alcune ciocche di capelli ribelli dietro l’orecchio, poi sistemandosi si abbassò su di me e mi prese il pene ancora moscio tra le labbra. Immediatamente iniziò a popparlo con audace lenta maestria.
Stavolta la reazione dei miei amici fu un po’ più consistente. Carletto cambiò definitivamente posto per assistere meglio allo spettacolo, Franco si spinse avanti sulla poltrona imprecando in maniera piuttosto colorita.
Arrivò infine la mia erezione. Non c’era più nulla di imbarazzante, anzi era esaltante, quello poi era il mio primo vero pompino. La volta precedente era stato un assaggio, Alice aveva solo concluso con la bocca. Quello era un servizio in piena regola e pur non avendo alcun termine di paragone lo trovavo molto ben fatto! Quando poi aggiunse anche il massaggio ai testicoli capii che da dilettante che ero non sarei durato a lungo.
La testa di mia sorella lentamente saliva e scendeva su di me, non potevo vedere nulla, ma da come sgranavano gli occhi i miei due amici mi era chiaro che loro potessero osservare tutto molto chiaramente, lo spettacolo era indubbiamente gradito, entrambe avevano un evidente gonfiore tra le gambe.
Ogni tanto Franco imprecava, mentre Carletto tratteneva inghiottiva la bava dalla bocca.
Mi venne spontaneo portare una mano sul fianco di mia sorella ed accarezzarla. Lei non protestò e anzi cominciò a mugolare, forse era solo scena, però era estremamente eccitante. Ansimante cominciai ad irrigidirmi.
Era un segnale chiaro che Alice comprese. Si sollevò e con uno sguardo perso e le gote arrossate si strinse a me appoggiando la testa sulla mia spalla. Io osai, la posizione mi permetteva di arrivare a toccarle il fondoschiena ben fasciato dai pantaloncini di jeans. Non se ne curò, con determinazione decise di completare la sua missione, mi afferrò il pene per finirlo di mano.
Fu un attimo. Mi imbrattai completamente la maglietta col mio sperma. L’orgasmo fu talmente deciso che mia sorella nemmeno si sporcò la mano eccetto che per una esigua goccia’ lascivamente la leccò via dal pollice con la punta della lingua.
– Allora? Ora ci credete?
Canzonò gli allibiti spettatori.
– Certo che sì.
Rispose Franco. Seguito da Carletto.
– Scusami Luca’ io credevo che mi prendessi in giro. Se avessi saputo’ insomma ti avrei ascoltato in un modo diverso.
Intervenne immediatamente mia sorella.
– Aspetta un secondo. Non è certo una vittima! Se si era preoccupato era perché non aveva capito nulla. Vero Luca? Digli che è tutto a posto. Diglielo.
Non ne ero sicuro, ma lo dissi.
– Sì, ora sì’ ci siamo chiariti, scusatemi voi se vi ho coinvolti.
– Nooo! Anzi grazie!!!
Franco era piuttosto soddisfatto dello spettacolo. Carletto era più titubante e Alice se ne accorse. Dopo averlo fissato per alcuni secondi si rivolse a me con un sorriso smaliante.
– Luca, vai a ripulirti che io devo finire di parlare con i tuoi amici.
– Aspetta’ io’
– Non replicare per favore.
Era meglio lasciarla fare, me ne convinsi, uscii dalla stanza borbottando. Sentii l’inizio del discorso di Alice.
– Allora. Voi vi chiederete perché siete così fortunati. Il motivo è’
Mi risistemai velocemente, ero abbastanza preoccupato di quello che poteva avere in mente mia sorella. Tornai in salotto il prima possibile, ma non abbastanza in fretta, ebbi modo di sentire solo la chiusura.
– Perciò questi sono i patti e io credo che sarà conveniente anche per voi.
– Cosa sarà conveniente per loro?
– Nulla’ nulla’
Pensierosa Alice scrutò i miei amici cercando conferme sui loro volti. Non era soddisfatta della sua opera di convincimento.
– Senti Luca’ vorrei ancora scambiare due parole con i tuoi amichetti’ però da sola’
– Non so. Non mi sembra sia necessario.
– Tu fidati di me, sistemo tutto io. Però ora tu te ne vai alla gelateria. Va bene? Così chiudiamo questa faccenda con un bel gelato per tutti.
Esitai. Guardai gli altri. Carlo abbassò lo sguardo e Franco mi spronò.
– Sì. Mi andrebbe proprio un bel gelato!
Alice tirò fuori dalla stretta tasca dei jeans un paio di banconote.
– Tieni. Stavolta offro io. Dovrebbero essere abbastanza. Ti rimane anche un po’ di resto. Vai pure. Fidati.
Mi spinse via.
Mentre mettevo le scarpe e raccoglievo le chiavi di casa tentai di origliare, ma non riuscii’ bisbigliavano. Insospettito mi affacciai sull’uscio del salotto prima di uscire.
– Io vado allora.
Erano tutti e tre sul divano, con Alice in mezzo. Carletto sembrava imbarazzato, mentre Alice e Franco ridacchiavano. Non capivo, ma era chiaro che mi stessero nascondendo qualcosa.
Uscii di casa convinto che al mio ritorno avrei scoperto la verità. Non mi andava di essere tenuto di nuovo all’oscuro di qualcosa. Non mi faceva stare bene.
Poi la mia mente fu inondata da ogni tipo di pensiero possibile. Perché anche se in qualche modo Alice fosse riuscita a persuadere quei due a stare zitti, mi faceva strano che per convincerli fosse stato necessario una dimostrazione pratica.
Mi pareva di aver inteso che con quello spettacolino volesse sottolineare che era qualcosa di serio, da non sottovalutare, ma ce ne era davvero bisogno? Magari era un’altra delle sue fantasie. Fare un pompino di fronte ad un piccolo pubblico arrapato’ però se fosse stato così la faccenda era inquietante. Doveva imparare a controllarsi perché i guai, se li cerchi, non fanno i complimenti a venirti a trovare.
Rimaneva torbido il rapporto tra me e mia sorella’ in breve misi da parte i dubbi rapito da emozioni conturbanti. Tornando dalla gelateria col cestino di gelato non potei trattenere alcune fantasie. Sapevo che erano sbagliate, sapevo che era sbagliato quello che avevamo fatto, ma’ come potevo rinunciarci? Mi eccitai al pensiero di future ulteriori intime attenzioni. Solo per un istante pensai che magari sarebbe finito tutto quel giorno stesso. Lo pensai però solo per un istante e poi scartai quella possibilità.
Arrivato ormai a casa incontrai i miei amici in cortile che si accingevano ad andarsene con le loro biciclette.
– Hey! Ma il gelato?
Carletto non mi rispose e lasciò la parola a Franco.
– Mi è venuto in mente che dovevo fare una cosa urgente.
– Anche te vai con lui?
Mi rivolsi a Carlo che evitava chiaramente il mio sguardo.
– Sì anche io. Dai ci si becca stasera con gli altri’ o domani’ vediamo.
Ci rimasi un po’ male, ma li lasciai andare.
Era tutto così strano.
Il peccato di Alice – capitolo quarto

Alice non voleva proprio rivelarmi nulla del discorso che aveva fatto ai miei amici, come li aveva convinti al silenzio. Io poi non capivo perché fosse stato necessario lo spettacolo che avevamo offerto, Alice nemmeno di questo voleva parlare.
Pensai di scoprire qualche dettaglio direttamente dai miei amici, ma si rivelò impossibile.
Carletto sembrava sfuggirmi, non si vedeva più, ed ogni volta che cercavo di affrontare l’argomento con Franco lui mi ammoniva dicendomi che non era il caso di parlarne.
Alla fine mi rassegnai, anche perché ero sicuro che prima o poi la verità sarebbe venuta a galla, tuttavia il fatto che il mio amico Carlo mi evitasse non mi piaceva affatto, forse era rimasto sconvolto dalla cruda verità, non potevo biasimarlo, nemmeno per me era stato facile accettarla’ prima di passare ad una fase successiva del tutto dominata dalla mia libido.
Pensavo spesso a mia sorella, poco a poco cominciai a cercare di passare tempo con lei, anche solo per parlarle e guardarla’ certo con occhi diversi.
Mi sembrava che le facesse piacere la mia compagnia, specie se evitavo di provarci. Mi pareva che talvolta mi stuzzicasse volontariamente, velati doppi sensi, occhiatine sensuali, atteggiamenti seducenti, ma non appena tentavo qualche approccio più intimo, lei mi snobbava per poi andarsene lasciandomi solo di punto in bianco.
Se fossi stato paziente prima o poi si sarebbe fatta avanti lei, ne ero piuttosto sicuro, o forse era la speranza che mi aiutava a convincermene, nel frattempo ero costretto ad arrangiarmi da solo aiutato da fantasie incestuose che si facevano sempre più ardite e spinte. Ormai non mi vergognavo più a immaginare di possedere mia sorella in ogni modo possibile. Forse dire che non pensavo ad altro sarebbe eccessivo, certamente alle prese con quella ossessione presi a trascurare altre faccende.
Ad esempio dopo la fine della scuola non mi ero più interessato alla mia amica Francesca. Lei mi aveva cercato in un paio di occasioni, una volta mi feci negare da mia sorella, un’altra mia madre mi informò che mi aveva cercato e desiderava essere richiamata, ma io me ne dimenticai.
Una sera rientravo a casa dopo aver passato un po’ di tempo in compagnia con gli amici al parco, la incontrai’ in realtà non la notai proprio, fantasticavo su Alice immaginando che una di quelle sere mi avrebbe fatto una sorpresa in camera mia mentre i nostri genitori dormivano, perso in quei pensieri non prestai subito attenzione ad una voce che chiamava il mio nome.
Francesca mi dovette letteralmente correre dietro.
– Luca!
– Ah! Ciao.
– Non hai sentito che ti chiamavo?
– Ehm’ in realtà no. Scusa ero soprappensiero. Cazzo! Non ti ho notata.
Mi parve rimanerci molto male.
– Che ti è successo? Non ti fai più sentire.
– Niente. Sono solo molto impegnato.
– Con cosa? La scuola è appena finita Luca.
– Con gli amici.
– Ho incontrato Carletto, ho capito che anche con lui ti senti poco.
Che fine aveva fatto Carletto?
– Non ho un amico solo!
Rispondendole forse usai un tono troppo deciso spazientito dal ricordo del mio amico scomparso.
– Non c’è bisogno che ti arrabbi. Puoi fare come ti pare. Ciao.
Francesca mi girò le spalle e fece per andarsene.
Mi resi conto di essere stato sgarbato, aveva tutte le ragioni di avercela con me, anche solo per come l’avevo trascurata in quei giorni. Cercai di rimediare.
– No. Aspetta. Scusami’ è che sono un po’ nervoso. Dai aspetta!
– Cosa devo aspettare? Che tu ti faccia vivo? Per chi mi hai presa?
– No, scusami’ dai.
– Non hai i periodi difficili solo tu, sai?
Lo disse come per sottolineare che lei ne stava avendo uno non facile.
– E’ successo qualcosa?
– Mi sono lasciata’ anzi sono stata lasciata’ e avevo bisogno di te, ma tu non c’eri.
La notizia mi toccò meno di quanto avessi mai pensato.
– Cazzo! Mi dispiace’ non lo sapevo.
– Certo non ti sei fatto trovare.
– Non dire così. Davvero mi dispiace.
Rimanemmo in silenzio per un po’, lei guardava a terra e io cercavo di scrutarle dentro. Di solito guardandola riuscivo a leggerle il pensiero, ma in quel momento non ci riuscivo proprio. Non eravamo più in sintonia, io ero altrove.
Dovetti ricorrere al metodo tradizionale.
– Allora? Come stai?
– Ora un po’ meglio’ mi sta passando la botta. Lorella dice che lui tornerà sui suoi passi, ma io non lo credo proprio’ e me ne sto facendo una ragione.
Lorella era la sua migliore amica, non ci andavo molto d’accordo, in comune avevamo solo Francesca. Rabbrividii ipotizzando i consigli che le poteva aver dato.
– Luca’ ora devo andare, le mie amiche mi aspettano.
Le notai più lontano ad aspettarla, tra loro c’era anche Lorella che mi guardava con aria insofferente.
– Senti Fra, vediamoci uno di questi giorni, così parliamo.
Stavo tornando in me. Effettivamente cominciavo a sentire in fondo al cuore la sua mancanza, forse era stato il vederla affranta o il sapere che aveva bisogno di me.
– Quando?
– Beh’ quando vuoi.
– Vieni a casa mia domani mattina? Ti va?
– Perfetto. A che ora?
– Intorno alle 10 va bene?
– Certo! Ci vediamo domani allora.
Mi sorrise e quel viso dolce offuscò il tormento per mia sorella.

Stavo per aprire il portone di casa e magicamente si spalancò poco prima che infilassi la chiave.
Mi trovai di fronte Carlo.
– Carlo! Dove eri sparito? Non ti si vede più e io’
– Ciao Luca. Sono solo molto impegnato.
Sembrava di sentir parlare me stesso.
– Sì’ ma’ che ci fai qui?
Pensai che fosse venuto a cercare me. Probabilmente mia madre lo aveva fatto salire e per un po’ mi aveva aspettato in casa.
– Ora devo andare Luca. Magari ci sentiamo domani.
Evitava di guardarmi negli occhi.
– Che hai? Cazzo. E’ per quella faccenda?
– No!
Alzò gli occhi su di me improvvisamente. Rimasi sorpreso. Per alcuni secondi ci scrutammo vicendevolmente.
– Senti Luca. Io vado. Ci sentiamo.
Lo accettai.
Salii le scale perplesso e dubbioso. C’era qualcosa che mi sfuggiva.
Entrai in casa e, a differenza di quanto avevo supposto, mia madre era fuori, invece c’era mia sorella. La trovai sul divano che contava dei soldi, diverse banconote di piccolo taglio.
Dei tremendi sospetti mi serpeggiarono nella mente.
– Dove hai preso tutti quei soldi?
Mi sorrise.
– Ben tornato fratellino. Tutto ok?
– Sì’ insomma’ allora? Dove li hai presi?
– Io lavoro al bar? Anzi per la verità oggi è stato l’ultimo giorno.
– Perché hai trovato un altro modo per guadagnarti un gruzzoletto?
– Cosa intendi dire?
Mi resi conto di perdere la pazienza, non era da me alzare la voce.
– Te li ha dati Carlo? In cambio di’ di un’
– No.
Mi sentii uno stupido. Eppure riflettendoci quei dubbi non erano infondati. Stavo per collegare alcuni indizi, ma Alice non mi lasciò il tempo che mi sarebbe servito.
Venne verso di me per abbracciarmi. Gradivo davvero essere accolto così.
Il contatto col suo corpo mi procurò un leggero brivido, aspettai le sue morbide labbra sulla guancia, quello era il saluto a cui mi stavo piacevolmente abituando.
Il bacio senza avviso arrivò invece sulla mia bocca. Le nostre labbra si toccarono per meno di un secondo dandomi una tiepida sensazione di benessere.
Ebbi una erezione che non potei nascondere ad Alice, ancora mi teneva abbracciato.
Mi fissò divertita.
– Sento che sei bello arzillo!
Io ero anche scosso.
– Mi’ mi hai baciato sulla bocca.
– E dato che ho appena fatto un pompino al tuo amichetto Carlo è come se tu gli avessi baciato il pisello!
La scostai inorridito.
– Alice! Tu’ tu’
Rise senza ritegno.
– Cosa c’è da ridere?
– Nulla’ nulla’ ti sto prendendo in giro!
Non capivo più nulla.
– Hai fatto un’ gli hai fatto’ un’ con la bocca?
– Sei tu che lo credi. Lo stavi insinuando prima.
Ora era Alice ad alzare la voce e ad essere feroce con me.
– Come ti permetti a pensare certe cose?
– No’ ti sbagli’ io non intendevo’
– Sì che lo intendevi! Ti è persino diventato duro! Porco!
Mi sgridava sventolandomi davanti un pugno di banconote. I soldi che io avevo scambiato per il pagamento mercenario.
– Ti sbagli’
– No che non mi sbaglio! Vuoi forse negare di averlo sull’attenti.
– No’ no’ ma’
Volevo dirle che era stato il suo bacio, ma non ci riuscii.
– Non ci sono scuse! E io che volevo farti un bel regalo.
Subito la mia mente venne ripulita da qualsiasi assillante questione. Istintivamente legai la parola regalo alla parola sesso.
– Quale regalo? Scusami ti prego! Scusami tanto Alice!
Stavo implorando e mia sorella capii immediatamente il motivo delle mie preghiere.
Mi guardò scoraggiata, poi mi sorrise. Forse non era poi così arrabbiata.
– Ma cosa hai capito? Io volevo comprarti qualche vestito con i soldi che ho guadagnato. Qualcosa per farti vestire un po’ meglio’ per sembrare un ragazzo normale.
Deluso cercai di nascondere il mio vero pensiero.
– No… hai capito male di nuovo’ io volevo solo’
– Va bene. Lascia stare’ piuttosto, domani mattina mi accompagni al mercato a fare compere? Se vieni ti perdono e ti compro qualche maglietta e magari un paio di pantaloni decenti. Così diventi più carino.
Avrei voluto replicare che non mi servivano affatto vestiti nuovi, i miei andavano benissimo.
– Non ce problema.
Il pensiero di passare una mattina intera con mia sorella mi riempi di entusiasmo. I vestiti li avrei rifiutati magari’ oppure per farla felice li avrei accettati’ del resto i soldi del bar erano suoi e poteva spenderli come preferiva.
– Se ti vestissi meglio piaceresti di più alle ragazze.
– Non mi interessano le ragazze.
– Certo’ si vede da come ti diventa duro ogni quarto d’ora.
Io non la stavo ascoltando. Rapito la osservavo.
Indossava una mini gonna di jeans e una canottierina nera, una spallina le era scivolata dalla spalla e quel particolare aveva catturato la mia attenzione. Avrei voluto che anche l’altra spallina scendesse, fantasticai di farlo io con le mie mani, delicatamente, per poi scoprirle anche i seni’ e toccarli con le dita.
– Luca? Mi ascolti?
Mi ero perso qualche frase importante.
– Non mi far perdere tempo. Siediti sul divano’ prima che cambi idea.
Frenai l’immaginazione e mi sforzai di non interpretare quelle parole suadenti nel modo sbagliato. Mi sedetti obbediente.
Alice appoggiò i soldi, poi, agile come una gatta, in un attimo mi saltò addosso, mi venne sopra a cavalcioni, me la ritrovai davanti sorridente e maliziosamente sorniona.
Quando prese a slacciarmi i pantaloni capii che le mie preghiere erano state esaudite. Potevo smetterla di evitare di fraintendere.
– Però Luca non mi va con la bocca. Ti accontenti di un zin zin con la manina, vero? Vedrai che sarò brava.
La lasciai fare senza obbiettare.
Liberata la mia erezione Alice la bloccò con la mano e lentamente cominciò a dondolarsi con tutto il corpo su di me. Il suo ondeggiare trascinava la mia eccitazione.
Con timore reverenziale le appoggiai le dita sulle cosce.
– Posso?
Mi rispose con un cenno del capo. Mi parve divertita e compiaciuta. Era chiaro che a condurre il gioco era lei, forse era questo il motivo della sua soddisfazione, oppure semplicemente la divertiva giocare con me.
Raccolta una manciata di coraggio appoggiai completamente i palmi sulla pelle liscia delle sue gambe, accarezzandola feci scivolare le dita sotto il bordo della gonna di jeans, il lento movimento oscillante di Alice aiutava il ritrarsi dell’indumento, io diedi un piccolo ulteriore ausilio rivelando una nuova sorpresa.
– Ma’ ma’ non porti le mutandine!
– Sei un bravo osservatore.
– Perché? Perché non le hai?
– Oggi sono stata da Alessandro.
Eccitazione e gelosia mi rimescolarono le viscere. Non pensai a quello che poi dissi.
– Voglio scoparti anche io!
Alice si paralizzò. Subito mi resi conto di aver pronunciato una frase sbagliata.
– Sei scemo?
Temetti di aver rovinato quell’incredibile momento che per interi giorni avevo atteso.
Alice mise le mani sui fianchi e mi ammonì, ma non severamente, piuttosto con un tono canzonatorio.
– Oggi sei proprio una causa persa. Cos’è che ti ha arrapato così tanto?
Immagini della presunta giornata di Alice mi passarono veloci nella mente: la vidi sotto al suo ragazzo ansimante mentre veniva presa inesorabilmente, poi in ginocchio davanti a Carletto intenta a lavorarlo con la bocca e, non so come, la vidi anche masturbarsi col dito medio pensando a me. Tutte quelle visioni si dissolsero e rimase solo la recente sensazione delle sue labbra che fugaci poco prima si erano appoggiate alle mie.
– E’ stato il tuo bacio.
– Come?
– Il bacio che mi hai dato prima.
Rise.
– Cosa ho detto di male stavolta?
Osservai..
– Nulla’ nulla’ non hai mai baciato una ragazza sul serio, vero?
– Sul serio?
Le sue carezze tornarono sulla mia erezione, il suo viso si avvicinò al mio, i suoi occhi profondi mi ammaliarono mentre mi sussurrava la sua offerta.
– Vuoi che ti insegni a baciare?
E prima che potessi rispondere sentii ancora le sue morbide labbra sulle mie, stavolta accompagnate da un umida sensazione che penetrò dentro la bocca, la sua lingua cercò la mia che impacciata resisteva. Un sapore fruttato mi invase i sensi e scacciò definitivamente la malsana idea che quelle labbra avessero poco prima dato soddisfazione al mio sudicio amico.
Quando finì mi ritrovai perso negli occhi di lei.
– Per essere la prima volta non sei andato male. Ti è piaciuto?
– Scusami se ho pensato male di te.
La voce più dolce del mondo curò definitivamente tutte le mie ferite.
– Devi fidarti di me.
Non mi resi conto che le dita di Alice non erano più attorno alla mia erezione. Anelavo solo un secondo bacio, lo anelavo più dell’orgasmo di cui necessitavo.
Sperai vanamente.
– Luca vuoi imparare un altro modo di baciare le ragazze?
Agile come era arrivata mia sorella si tolse da sopra di me balzandomi in piedi di fronte. Si tolse la minigonna di jeans esponendo il suo sesso al mio sguardo.
– Oggi non ho scopato con Alex. Sono ancora vergine io.
– Davvero?
– Ti pare così difficile da credere?
– No’ no’ è che’
– Vuoi sapere perché sono senza mutandine?
Attesi in silenzio che continuasse. Ero vittima del suo incantesimo.
– Alex mi ha baciata qui.
Così dicendo passò le dita tra le cosce.
– Vuoi provare anche tu?
– Sì. Ti prego!
Si sedette sul divano accanto a me, appoggiò la schiena indietro spalancando le gambe e rivelando così la sua intimità come mai l’avevo vista prima.
– Ora vieni qui’ in ginocchio’ di fronte a me’ e ti spiegherò come farmelo.
Per lunghi minuti seguii le sue istruzioni, ricevetti moniti e poi anche incoraggiamenti mentre la sua voce diventava sempre più affannata e incerta. I primi sporadici gemiti arrivarono quando cominciai ad insistere sul clitoride, si moltiplicarono con la mia ostinazione aumentando in quantità e qualità.
Soddisfatto alzai la testa.
– Sono bravo?
– Sei impazzito? Non fermarti! Non fermarti!
Ripresi galvanizzato da quella incitazione. Pochi istanti e il corpo di Alice si irrigidii e i suoi versi le morirono in gola come se non avesse più fiato. Quando sentii pulsare il suo sesso sulle mie labbra non capii immediatamente che aveva raggiunto il piacere. Un’emozione incandescente mi raggiunse il basso ventre non appena mi resi conto che quello era l’orgasmo di una femmina e il mio pene esplose lo sperma senza preavviso e senza aiuto alcuno.
Imbrattai abbondantemente il pavimento e parte del divano senza potermi trattenere.
Non ci volle molto perché Alice se ne accorgesse.
– Miseriaccia! Luca!
– Non ho fatto apposta.
– Lascia stare. Sbrighiamoci a pulire prima che torni la mamma.
Il peccato di Alice – capitolo quinto

Il mattino dopo, prima di recarci al mercato, Alice insistette per portarmi dal barbiere.
Io non volevo proprio.
Mi rifiutai a lungo, anche se, in realtà, mi convinse praticamente subito semplicemente dicendomi che secondo lei con i capelli corti corti sarei risultato davvero carino.
Certo non mi andava tagliare i capelli, se però lei ci teneva tanto, per lei ero disposto a farlo.
L’idea di piacerle consumò la mia ostinazione velocemente e mi finsi testardo solo per orgoglio.
Fu un trauma vedermi allo specchio senza nulla di arruffato sulla testa, ma lo superai in fretta grazie ad Alice che per il resto della mattinata mi tenne a braccetto’ stringendosi a me di tanto in tanto.
Il mercato era affollato, non era posto per me. Ciononostante accettai anche quella tortura.
Assecondarla era un po’ come implorarla di premiarmi. Alla fin fine non era poi così pesante, speravo in qualche piccante sviluppo, tuttavia passare il tempo con lei per me ormai era già quello un premio.
Alice indossava degli short di cotone bianchi portati bassi, scarpe da ginnastica fashion e una canottierina rossa attillata. Molti uomini si voltavano per ammirarla o almeno la scrutavano con la coda dell’occhio nascondendo il loro interesse da consorti e compagne.
Ciò mi infastidiva e lanciavo occhiatacce a destra e a sinistra per dissuadere tutti coloro che osavano violarla con sguardi impertinenti.
Mi riusciva abbastanza bene e presto la gelosia venne sostituita da una strana sensazione appagante e conturbante’ sentivo che i maschi ammettevano la mia supremazia’ come se Alice fosse mia.
La sensazione si acuì quando mia sorella prese a fare shopping per me. Era mia ed io ero suo.
Non saprei dire quante magliette e pantaloni mi fece provare in angusti camerini improvvisati con tende e strutture di metallo. Il mercato era solo un gozzoviglio di bancarelle.
Mentre mi trovavo in uno di questi camerini-tenda mi parve di udire la voce di Francesca, solo allora mi venne in mente che le avevo promesso che mi sarei incontrato con lei proprio quella mattina. Ormai avevo più di un’ora di ritardo. In agitazione tesi l’orecchio per percepire se effettivamente lei fosse lì fuori. Nulla. Mi ero fortunatamente sbagliato.
Mia sorella interruppe i miei timorosi pensieri.
– Quanto ci metti a cambiarti? Come ti stanno?
– Arrivo’ arrivo’
Mi tornò alla mente anche il breve incontro con Carletto sotto casa mia. Preso dall’entusiasmo mi ero dimenticato pure di quello.
– Senti Alice?
– Sì? Devo prenderti un’altra taglia?
– No no’ volevo sapere una cosa.
– Che cosa?
– Cosa voleva Carletto a casa nostra?
Alice non rispose. Pensai subito che mi nascondesse qualcosa. Spostai la tenda e me la trovai davanti con un paio di jeans sotto braccio.
– Prova anche questi.
– Ma Carletto?
– Nulla nulla’ cercava te’ mmm’ quelli ti stanno male’ prova questi.
Mi porse il capo da provare.
– Strano però. Cercava me’ eppure quando mi ha incontrato di sotto’ ha tagliato corto.
Mia sorella sembrava irritata dal discorso. Mi ripromisi di non investigare oltre, non volevo rovinare la mattinata. Ma poi lei sbottò spontaneamente.
– E va bene! Cercava me’ ma gli ho parlato e ho sistemato tutto, questa volta sul serio’ è rimasto un po’ sconvolto’ tutto qui’ col tempo si riprenderà. Vedrai.
Avevamo sbagliato a coinvolgerlo. Forse avevo perso un amico.
Mi richiusi in camerino.
– Alice.
– Sì?
– Scusa se l’ho chiesto.
– Dai! Non ti preoccupare.
Mi cambiai e rispuntai dalla tenda. Alice non c’era. Rimasi impietrito trovandomi davanti Francesca.
Eravamo a pochi metri di distanza, frugava tra i vestiti della bancarella. Non mi aveva notato feci per richiudermi dentro al camerino, ma dal nulla ricomparve mia sorella.
– Hey! Aspetta Luca! Fammi vedere come ti stanno.
Udendo il mio nome anche Francesca si volse verso di me. Subito non mi riconobbe, poi sgranò gli occhi. Pensai di non avere scampo.
– Luca?!
– Ehmm’ ciao.
Alice si scostò di un passo lasciando via libera alla nuova arrivata.
– Luca’ sei tu!? Cosa hai fatto ai capelli?
– Li ho tagliati.
– Vedo.
– Sai’ era da un po’ che ci stavo pensando’ e alla fine’ sì’ l’ho fatto.
Mi aspettavo ogni tipo di improperio.
– Ti stanno bene corti.
– Grazie.
Risposi perplesso.
Mia sorella rimaneva muta a fissarci. Io non sapevo se presentarla a Francesca, mi sentivo colpevole, pur non avendone motivo’ Francesca era solo un amica e Alice, in fondo, era solo mia sorella.
Alice fece spallucce e si mise a frugare sul bancone dimostrandosi del tutto disinteressata.
Emisi involontariamente un sospiro di sollievo e fu proprio così che Francesca diede attenzione a colei che mi accompagnava. La squadrò e poi si rivolse a me.
– Ma non dovevamo vederci io e te? Ti ho aspettato.
Non potei sfuggire al mio fato.
– Sì’ sarei venuto’ ma’
– Lascia stare. Sei uno stronzo.
Senza lasciarmi diritto di replica girò sui tacchi e se ne andò via. Avevo perso anche un’altra amicizia. Non ci rimasi però così male, ne fui sorpreso e sollevato.
Si riavvicinò mia sorella.
– Ma chi era quella?
– Francesca.
– Per caso quella che ti piace, ma ha il fidanzato?
Proprio lei, feci un cenno con la testa, ma mi trattenni dal rivelarle che non aveva più il ragazzo.
– Le avevi dato appuntamento stamattina?
– Una specie’
– Allora hai fatto bene ad uscire con me. Lasciala perdere. Quella non te la dà.
A me interessava solo Alice, solo per questo motivo non mi feriva la distanza dei miei amici.
– Perché tu invece me la dai?
– Come?
Ebbi l’impressione di aver detto una frase sbagliata, di nuovo rischiai di rovinarmi la mattinata, ma proprio non riuscì a ribadire la richiesta.
– Tu’ me la dai?
– Io?! Che stupido che sei’ ti ho già detto che non si può.
Rise. Anche se frustrato dalla risposta la accettai, felice in fin dei conti di non avere compromesso il seguito del nostro shopping.
Mia sorella si comprò una sola maglietta per lei, mentre a me prese un paio di pantaloni moderni e ben tre t-shirt con taglio e disegno alla moda. Pagò. Fu un tantino fastidioso, lei però era realmente soddisfatta. Le piaceva davvero fare shopping, era raggiante’ e bellissima ai miei occhi.

Una volta a casa Alice euforica mi trascinò in salotto.
– Fammi vedere come stai con i nuovi vestiti?
– Ora? Qui?
– Certo!
– Me li devo riprovare tutti?
– Certo!
Accese lo stereo, dedicò pochi attimi a scegliere una stazione radio premendo tasti alla rinfusa e poi si buttò sul divano in attesa’ fissandomi.
– Forza Luca! Cambiati.
– Qui? In salotto?
– Certo! Stiamo larghi, comodi, c’è la musica.
Fece spallucce.
Ad Alice piaceva il salotto, più di camera sua,che era più piccola della mia, non certo due grandi stanze.
In effetti anche io passavo molto tempo in salotto e spesso avevamo discusso per quella stanza dove c’era il comodo divano, la televisione più grande e l’unico stereo di casa. La sera il controllo di quel luogo di sollazzo l’aveva papà che sceglieva per tutti il programma televisivo da guardare o il film da visionare in seguito ad un fugace raid in videoteca. Di giorno a contendere eravamo per lo più io e Alice, talvolta la mamma, se non era fuori o se non aveva lavori di casa da fare, poi quando voleva riposarsi era impossibile competere’ ascoltava musica e niente TV.
Ma nostra madre non c’era e Alice aveva già scelto di essere lei a comandare.
Senza nessun motivo valido trovai imbarazzante cambiarmi i vestiti di fronte a mia sorella, ma lo feci assecondandola’ ancora.
– Questi pantaloni ti stanno davvero benissimo. Ti fanno un bel sedere!
Compiaciuta dello shopping che mi aveva dedicato non smetteva di elargirmi complimenti, mi parvero più diretti a se stessa che realmente a me.
– Se metti su qualche muscolo’ con questa maglietta poi si volteranno tutte le ragazze a guardarti.
A me non interessavano le altre ragazze, io ero felice di piacere a lei.
– Luca però muoviti un po’, sembri un paletto’ rilassati! Senti la musica? Senti il ritmo?
C’era in radio una canzone di Kylie Minogue: ‘Love at first sight” non certo il mio genere di musica.
– Devo farti lo spogliarello con questa musica squallida?
Protestai.
– Non è male questa canzone’ Anzi a me piace molto. Dai. Fallo!
– Cosa?!
– Lo spogliarello. Fallo.
– Non sono capace.
Rise estremamente divertita dalla mia goffaggine.
– Vieni a sederti’ ti mostro io come si fa.
Si alzò e mi spinse energicamente sul divano. Poi iniziò la sua esibizione.
Mentre il suo corpo sinuoso si muoveva davanti ai miei occhi, io adorante cominciai ad apprezzare le note di Kylie Minogue che effettivamente addosso a mia sorella suonavano con un fascino inatteso.
Alice certamente sapeva muoversi molto bene, sapeva come attrarre l’attenzione di un maschio, come essere sensuale e desiderabile. Non riuscivo a staccare gli occhi dal suo bacino.
La canzone durò troppo poco e venne rimpiazzata da spot pubblicitari’ molto meno entusiasmanti.
– Visto?
– Ma non ti sei tolta nulla! Che spogliarello è?
Senza farselo dire due volte Alice si tolse la canottiera rossa liberando i suoi piccoli seni sodi.
– Ta daaaa!
Sgranai gli occhi e deglutii a fatica. Era rimasta con solo gli short di cotone bianco, non saprei dire se ero più eccitata dalla vista dei suoi seni o dall’idea di lei completamente nuda. Osai un po’ di sfacciataggine.
– Tutto qui?
– Sei un porco!
Protestò e immediatamente dopo con un solo movimento rimosse short e biancheria intima rimanendo completamente esposta davanti a me.
Il successo dell’ultimo Sanremo non era erotico quanto la voce suadente della mia nuova cantante favorita, ma il reverenziale timore che provai mentre Alice mi si avvicinava non necessitava di ulteriori carichi.
Riconoscevo il suo sguardo.
A fatica trattenetti la mia esaltazione preparandomi a godere di nuovo delle sue speciali attenzioni. Quello che però mia sorella mi propose andò oltre a qualsiasi mia aspettativa.
Si accovacciò dolcemente sopra di me e mi parlò brutalmente senza mezzi termini.
– Mi vuoi ancora scopare?
– Io’ io’
Io ovviamente ero del tutto impreparato a quell’offerta.
– Me lo hai chiesto praticamente due volte. Se me lo domandi per la terza volta’ potrei anche dirti di sì.
Alice sapeva essere molto più sfacciata di me. Rimasi senza parole.
– Luca? Non vuoi forse?
Ero sicuro che sentisse la mia erezione tanto mi era appiccicata, mi pareva che ogni istante mi venisse persino più addosso, come se volesse strizzarmi tanto da farmi uscire a forza le parole di bocca.
La volevo, eccome! Malgrado ciò avevo paura.
– Alice’ ma’ ma’ tu non sei vergine?
– Sì’ ed intendo rimanere tale.
Finalmente si scostò un poco e riuscii a riprendere fiato.
– Mi stavi prendendo in giro allora!
Convinto dalla mia stessa affermazione bilanciai la delusione con il sollievo. Quell’equilibrio appena raggiunto durò ben poco.
– Per nulla. Non sto scherzando’ pensavo che’
Iniziò con le mani ad accarezzarmi la testa. Non ero abituato ai capelli corti, la nuova sensazione provocata da quelle carezze mi rapì e subito non arrivai a capire quello che Alice mi stava offrendo.
– ‘ potremmo metterlo dietro’ se ti va.
Mia sorella non accettò il mio silenzio.
– Non vuoi? Ti fa schifo mettermelo nel culo?
Fu così che mi risultò impossibile non capire.
In testa mi esplose il pensiero della mia prima volta, con mia sorella, in un rapporto anale. Troppo.
La strinsi con le dita sui fianchi e senza potermi controllare ebbi un improvviso orgasmo.
Alice sgranò gli occhi.
– Cosa hai fatto?
– Non so’ non’
– Sei venuto!
– Sì’ credo’ sì’
Rise, ma non per beffeggiarsi di me, sembrava piuttosto appagata dall’effetto che mi avevano causato le sue avance sfrontate.
– Spero di poter prendere questa tua reazione come un sì alla mia proposta.
Mi vergognavo da morire. La costrinsi a lasciarmi alzare.
– Devo andarmi a pulire!
Riuscì a rifugiarmi in bagno, mi chiusi dentro a chiave. Avevo bisogno di stare solo e di rinfrescarmi le idee. Decisi di farmi una doccia. Inizialmente pensai fredda’ poi non ce la feci. L’acqua tiepida andava più che bene per il mio livello di sopportazione, eppure se fossi riuscito a farmi una doccia ghiacciata forse sarei riuscito a controllare i miei desideri e la mia erezione’ oppure forse non sarebbe contata nulla comunque nel momento in cui la voce di Alice mi raggiunse.
– Sbrigati! Non farmi aspettare!
Obbedii, tanto che finito di asciugarmi ero ancora per lo più bagnato.
Forse il senso di colpa avrebbe dovuto per lo meno sfiorarmi, la voglia che avevo di Alice era fuor di misura per concedere spazio a qualsivoglia remora.
Tornai in salotto dove l’avevo lasciata’ nudo e pronto.
Aveva avuto il tempo di prendere un telo da spiaggia che aveva poi disteso sul divano, lei vi si era poi distesa sopra per masturbarsi nell’attesa del mio ritorno: gli occhi chiusi, ansimante, una mano tra le cosce e l’altra tra le natiche. Tremenda visione. Mi buttai su di lei.
– Aspetta! Fermo!
Mi bloccò con le mani e mi accorsi che aveva le dita unte.
– Che cosa vuoi fare Luca?
– Io’ insomma’ tu mi hai detto che’ volevi che io’
– Sì. Ma non sei capace. Lascia fare a me. Siediti qui che ti preparo.
Seguii la sua amminizione frastornato per l’ennesima volta.
Prese una confezione di olio per il corpo, notai la presenza di quel flacone solo in quel momento, mi spiegai così lo stato delle sue dita e capii che non era affatto impreparata, ma non ebbi tempo di rifletterci sopra. Alice delicatamente prese a masturbarmi con le mani intrise di quell’unguento, la mia eccitazione salì ai livelli più estremi, la sensazione era assai piacevole e la consapevolezza che quel trattamento era solo la preparazione rendeva tutto estremamente inebriante.
– Come è duro Luca!
Alice sembrava catturata dal mio pene. Mi parve che anche lei fosse piuttosto eccitata dalla situazione.
Mi tornò a cavalcioni rivolgendomi il viso, guardandomi negli occhi riprese il discorso lasciato interrotto.
– Avanti. Chiedimelo per la terza volta. Chiedimelo.
Respirai profondamente per raccogliere il coraggio.
– Ti posso scopare?
Mi si strinse addosso scavalcandomi l’erezione, con abilità portò una mano dietro la schiena e mi afferrò il pene con spavalda sicurezza.
– No fratellino. Non puoi scoparmi, ma’ se vuoi’ mi faccio inculare.
Respirava con affanno mentre trafficava col mio pene, ero del tutto alla sua mercé.
– Allora Luca? Mmmm’ rispondimi.
Capricciosa continuava a chiedermi un consenso esplicito.
– Luca? Me lo metto nel culo?
Dite sì alla convenienza. Non aspettate.
Suggerì la radio. Certo per me era conveniente accettare’ e subito.
– Sì! Sì!
Vidi mia sorella chiudere gli occhi e rasserenata dalla mia accettazione abbandonarsi indietro con cautela.
– Uuuuhhhh’
Mugolò aggrottando leggermente la fronte. In un istante i suoi capezzoli si indurirono e sulle gote le comparve un vago rossore.
Io percepii una pressione attorno al glande, poi nel tepore una volontà scoprirmi l’erezione dalla pelle in eccesso. Infine il mio pene aveva penetrato il corpo di una ragazza per la prima volta, il corpo di mia sorella, lo aveva penetrato intimamente e nella maniera più scellerata.
Alice si tese portandosi ancora verso di me, poi, senza attendere, lentamente si riappoggiò all’indietro. Una sensazione, simile alla precedente, ma più intensa, mi sconvolse e non riuscii a sopportarne la seguente terza ripetizione. Il sesso prese a pulsarmi senza controllo.
– Di nuovo!?
Mia sorella schiuse gli occhi tornando dal suo viaggio’ spazientita e sconsolata.
– Luca! Sei già venuto! Ancora!
– Mi dispiace.
Ero desolato. Cominciai a perdere vigore, contrariata mia sorella con i suoi occhi di fuoco mi ustionò il volto.
– Non ci pensare nemmeno ad ammosciarti. Ho diritto di godermelo anche io questo peccatuccio.
Mi ghermì i testicoli e prese a massaggiarli, nel frattempo roteava il bacino scendendo su di me lentamente poco per volta. Non voleva lasciarmi andare.
– Dai. Forza!
– No. Non ce la faccio a’
– Non dire cavolate. Certo che ce la fai’ devi!
La radio prese a suonare le prime note di ‘Bacco Perbacco’. Mamma adorava Zucchero e di molte canzoni più o meno tutti in famiglia conoscevano quasi per intero i testi.
Ci vuole qualche cosa
Qualche cosa di più
Ci vuole un po’ di pushing pushing
Mia sorella muoveva le labbra scandendo silenziosamente la strofa della canzone. Si rivolgeva a me? Così mi parve.
Era riuscita a penetrarsi completamente sebbene la mia erezione non fosse perfetta. Ci voleva qualcosa di più.
Ci vedi qualche cosa
Di positivo in un no
Non potevo negarle quel diritto.
Forse fu il suo atteggiamento, il suo trattamento o forse solo per quanto era dentro’ ma funzionò’ e piuttosto bene.
Mia sorella espose un sorriso smagliante sentendo rinvigorire la mia erezione.
Ci vuole un po’ di catching funky
Quando il sole no, il sole non ho
Il sorriso mutò in una splendente espressione diabolica.
Oh yeah!
La batteria cominciò a marcare il ritmo della canzone affiancando la chitarra che sin dall’inizio aveva dettato legge. Qualcosa era scattato nella testa di mia sorella. Tremai.
Mi afferrò le spalle e, divertita come una bambina sull’altalena, prese a seguire il ritmo della canzone ballando su e giù sopra di me. Il ritmo era decisamente incalzante per la natura del nostro rapporto, ma l’olio e i miei umori rendevano la penetrazione molto semplice.
Ci vuole un’altra cosa
Forse un’Ave Maria
Ci vuole un po’ di mercy mercy
Invocai il cielo in aiuto.
Alice mi guardava e rideva, oppure chiudeva gli occhi e mugolava mordendosi maliziosamente il labbro, ma assolutamente non esitava continuando imperterrita a cavalcarmi al tempo scandito dalla musica. Quel trattamento era sublime e terribile allo stesso tempo.
Baby don’t cry
Make it funky
Pane e vino io ti porterò
Miele e venere su dai campi
Che c’ho l’anima nel fondo del Po.
Solo alla fine del primo ritornello fece una pausa, non più lunga di un paio di secondi, per darmi un affettuoso bacio sulla fronte. Lo presi come un incoraggiamento.
Era realmente divertita per quanto riusciva a scombussolarmi e certamente appagata da quel inusuale gioco che aveva concepito.
Io ero stremato e pensai che sebbene non lo dimostrasse lei lo fosse più di me, mi proposi di aiutarla mettendole le mani sulla vita per accompagnare la sua ostinata cavalcata. Alice non ne volle sapere, tolse le mie mani per fare tutto da sola.
Continuò imperterrita’ ancora e ancora.
Stupendomi ancora si mise poi a cantare il ponte della canzone.
Bacco per Bacco
Ecco cos’è viiveeree
Bacco per Bacco
Dimmi dov’è Veeneeree
Venere era su di me e mi stava montando inebriata dal piacere.
Improvvisamente percepii l’avvicinarsi di un ennesimo orgasmo. La canzone stava ormai terminando e, se volevo stare al gioco, dovevo trattenermi ancora un poco.
Alice ora ansimava e mugolava, mi chiesi quanto fosse per la stanchezza e quanto per il godimento.
Che c’ho l’anima nel fondo del Po
Che c’ho l’anima nel fondo del Po
Assestò con decisione le ultime sedici battute, mi costrinse a venire dopo nemmeno la prima serie da otto. Sussultai in preda a spaventose convulsioni.
In conclusione mia sorella mise fine a quella corsa forsennata.
– Sono distrutta’ ma’ è stato fantastico’
Quella frase mi riempii di orgoglio.
– Ti’ ti è piaciuto. Sono stato bravo allora?
– Sì’ parecchio’ ma non sono venuta’ non riesco a venire così’ ma non preoccuparti’ mi sono divertita a sufficienza.
Alice affaticata si accasciò su di me, ero ancora unito a lei. Sentirla così vicino mi emozionò oltre misura.
– Ti amo Alice.
Di scattò lei sollevo la testa.
– Ma cosa stai dicendo?
– Voglio che fai queste cose solo con me. Solo con me!
– Beh! Io le faccio per lo più con Alex’ e credo che continuerò a farlo.
Venni invaso da una miriade di sensazioni incomprensibili e contrastanti. Si accorse del mio sgomento e mi sorrise scuotendo la testa per comunicarmi che ero irrecuperabile.
– Questo è quanto Luca.
Avrei voluto ribattere, ma non riuscivo a trovare le parole adatte. Si levò da me.
– Senti’ devo andare in bagno o qui sporchiamo dappertutto’
Con attenzione si sollevò, poi mi lasciò solo. Così mi sentivo’ solo.
Cominciai ad aprire gli occhi. Ero stato un vero stupido: mi ero innamorato di mia sorella senza nemmeno accorgermene, mentre lei non era innamorata di me, per lei era tutto un gioco’ si era divertita. Piansi.
Alice tornò in salotto ripulita e rivestita. Era già passata oltre.
Mi trovò rannicchiato e piagnucolante, se ne sorprese.
– Luca? Ma fai sul serio?
Si sedette di fianco a me, con la mano mi accarezzò la testa per consolarmi affettuosamente.
– Luca’ ti sei davvero innamorato di tua sorella? Lo capisci che è sbagliato? Cosa direbbero mamma e papà?
– Per te questo è solo un gioco?
Esitò a rispondermi.
– Luca perdonami. Credo di aver fatto tanti sbagli’ io’ ne faccio sempre’ sono fatta così. Prima o poi imparerò’ ma’ ti prego, cerca di capire. Io ti voglio bene, ma’ ma amo Alex.
Mi sollevai e l’abbracciai stringendola forte.
– Anche io ti voglio bene sorellina.
Non potevo vederla in faccia, ma percepivo che sorrideva gratificata dal mio affetto’ fraterno.
– Ora sistemati prima che tornino mamma e papà.

Tutta la mia vita cambiò.
Persi Carlo come amico, venni a sapere che avrebbe cambiato città prima dell’autunno, avrebbe almeno potuto avvertirmi del trasferimento dovuto a motivi di lavoro del padre’ forse era quello che aveva tentato di fare.
Un trauma fu la brutta storia di Franco, purtroppo morì improvvisamente in un incidente stradale, davvero una storia molto brutta’ io nemmeno me la sentii di andare al funerale, poi me ne pentii.
Alice mi aiutò a superare quel momento, dopo tutti quegli avvenimenti lei cambiò, divenne più responsabile e molto meno frivola. Anche io cambiai, presi a curare di più il mio aspetto e in qualche modo divenni più sicuro di me, cominciai persino a piacere alle ragazze, in particolare a Francesca’ ma solo dopo che riuscii a farmi perdonare da lei.
Alice in agosto andò a lavorare in un bar al mare e stette via tutto il mese. Mi fece bene starle lontano perché la cotta non mi era passata del tutto.
Spesso ci sentivamo al telefono. Telefonava ad Alex e poi a casa chiedendo di me. Un paio di volte l’andai a trovare con Alessandro, all’inizio fu imbarazzante, ma fui in grado di superarlo prima che il ragazzo di mia sorella fosse colto da qualche sospetto, sempre che realmente non sapesse nulla. Mi domandai spesso se non conoscesse già tutto.
Io e Alice istaurammo un magnifico rapporto, tornammo a litigare come fratelli, ma imparammo anche ad aiutarci, sostenerci e a confidarci come fratelli. Certo più di una volta ebbi l’impressione che mi tenesse nascosto qualche piccolo particolare riguardo i nostri condivisi segreti, ma imparai a rispettare i suoi silenzi’ col tempo dimenticammo il peccato’ per lo meno ci provammo.

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