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Racconti erotici sull'Incesto

una cugina molto affetuosa

By 9 Luglio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

“Ma ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo?”
“Sì” rispose con una semplicità disarmante, la testa reclinata da un lato, gli occhioni castani che mi fissavano, le labbra piegate in un sorriso ammiccante.
Mia cugina era una forza della natura: mai ferma un istante, sempre piena di idee e progetti era capace di trascinarmi ovunque volesse. Passavo le estate con lei dato che viveva in campagna e, terminata la scuola, passavo con lei, sua sorella i loro genitori, il mese di luglio in attesa che i miei ci raggiungessero per le ferie.
I suoi e sua sorella lavoravano e noi due, appena maggiorenni, avevamo terminato le superiori e ci godevamo l’estate senza compiti o pensieri vari. Quella mattina soli in casa stvamo facendo colazione assieme.
“Dici di sì, ma sei sicura?” insistei.
“Certo che lo sono, ma che ti costa, scusa?” disse prendendomi le mani tra le sue.
“Ma non è quello il punto, è…..” non sapevo che dire “…è che non mi sembra giusto.”
“Ma sono stata io a chiedertelo, cugino, lo sai il bene che ti voglio e sai che con te non ho segreti. Ci siamo sempre detti tutto. E per questo sono convinta tu sia la persona giusta.”

Eravamo davvero affiatati, questo era vero. Avevamo la stessa età e andavamo d’accordo come pochi altri. Ed era vero che tra noi non c’erano praticamente segreti.
Lei era una bellissima ragazza, alta e ben fatta, seni generosi e sodi, fianchi rotondi, gambe ben tornite e poi un visino da bambola. Quando andavamo al mare e si metteva qui suoi bikini un po’ succinti, ma appena appena, non le toglievo gli occhi di dosso. Lei lo sapeva bene e la cosa non le dava fastidio, anzi. Lo prendeva come un complimento. Tutto il circondario le faceva il filo ma lei s’era innamorata di un ragazzo più grande di lei, forse anche troppo io pensavo, e quella sera doveva uscire con lui.

“Non voglio fare figure, ed è per questo che chiedo il tuo aiuto.” Disse e mi perse il volto tra le mani e appoggiò la fronte alla mia.
Ero non confuso, di più. Quello che mi aveva appena chiesto mi aveva scombussolato completamente.

“Ma perché non lo fai a lui direttamente?” le domandai.
“Te l’ho detto: non ne ho mai fatti e non voglio fare brutta figura.”
Ma di cosa parlava, ci si potrà chiedere: mi aveva chiesto di farmi fare da lei un pompino perché voleva fare pratica per non fare figuracce col suo ragazzo. Vi rendete conto?

“Ma scusa, mi chiedi di farmi fare un…” non osavo pronunciare la parola.
“Pompino?” disse lei candidamente.
“Sì, quello. Chiedi a me prima che al tuo ragazzo…”
“Sì, perché voglio fare pratica. Che c’è ti faccio tanto schifo che non vuoi…”
“Ma no, anzi…” balbettai. “Lo sai che ti considero la più bella ragazza che io conosca.”
“Forse ti occorre uno stimolo…” disse lasciando la frase in sospeso e prese a slacciare il vestitino estivo che indossava. In breve i suoi seni sodi e generosi fecero bella mostra di sé davanti ai miei occhi.
“Va meglio così? ti faccio venire un po’ di voglia? ” e detto questo allungò le mani verso il mio sesso.
“Sì che me la fai venire ma non trovo giusto che…” obiettai invano.
Le sue mani mi stavano già stringendo l’asta e la menavano lentamente.
“Dai dimmi cosa devo fare.” Disse.
“Beh, dovresti leccare la punta, come si fa con un gelato…”
Lei eseguì. Leccò la cappella con lente passate di lingua.
“Così?” chiese guardandomi coi suoi occhioni da cerbiatta.
“Siiii….- sussurrai – e poi dovresti prenderlo in bocca e succhiando andare su e giù con la testa…”
Non terminai la frase che già lei succhiava con lenti movimenti.
Stavo per svenire dal godimento:
“Ecco brava, vedo che hai capito. Ora fermati ti prego.”
“Perché? Non ti pace quello che faccio?” disse senza quasi togliersi la cappella dalla bocca.
“No, no, anzi. Se continui così però mi farai venire.”
“è quello che voglio. Così imparo come si fa. Cosa devo fare quando vieni?”
E riprese a pompare.
“Dipende cosa vuoi fare tu.”
“A voi maschietti cosa piace di più?” Chiese guardandomi e menandomi l’uccello con la mano.
“Se lo bevi credo che gli farai piacere.”
“Mmm, bere eh?”
“Sì.” non capivo letteralmente più nulla.
Lei intanto riprese a leccarmi la cappella e poi l’asta tutta dal basso in alto per poi tornare a succhiare con foga.
“Puoi anche baciargli e leccargli i testicoli…” dissi. Lei eseguì e baciò e leccò con dolcezza e passione.
“Così vado bene?” chiese.
Annuii col capo. Lei sorrise e tornò a succhiarmi l’asta mentre con la mano me lo menava lentamente.
“Se acceleri un po’ mi fai venire…” mormorai.
Non rispose ma accelerò e mentre succhiava mi carezzava i testicoli con una mano e menava veloce con l’altra.
Mi aggrappai alla sedia, reclinai la testa all’indietro e mi lasciai andare. In breve eiaculai nella sua bocca.
La ragazza accolse il primo getto con un mugolio divertito poi i suoi gemiti si fecero quasi compiaciute sottolineature al mio orgasmo.
Non si fermò fino a che non fui io a chiederglielo.
“Ehi, ferma, ho finito.” dissi.
Sollevò la testa ma non mollò la presa.
“Mmm, quanta roba era? Non finiva mai.” Disse
“Scusa..” sussurrai.
“Di nulla, ci mancherebbe: te l’ho chiesto io. Non era male, un sapore strano. Le mie amiche mi dicevano che faceva schifo, ma a me sembra accettabile. Come sono stata?”
“Bravissima.” le dissi.

Una goccia si sperma fece capolino sulla punta dell’ uccello e subito lei la raccolse con la lingua.
Poi tornò a succhiare la cappella come per essere sicura di ultimare il lavoro.

Quando si accorse che l’uccello mi si stava ammosciando mollò la presa e si ricompose riabbottonandosi il vestito. Poi mi baciò sulla fronte:
“Grazie cuginetto mio, sapevo che potevo contare su di te. Ti va un caffè?”
“Volentieri. ” dissi
“Vado a fartelo.”
E sculettando andò in cucina a preparalo.

Cenammo alla solita ora e come eravamo d’accordo, io avrei dovuto dire che ero stanco e non avevo voglia di uscire e che quindi lei sarebbe andata col suo ragazzo senza la mia compagnia. Subito dopo cena lei si preparò per l’uscita. Minigonna, sandali col tacco e una top smanicato che le fasciava i seni che era uno spettacolo.
“Come sto?” mi chiese prima di uscire.
Le sussurrai all’orecchio:
“Sei una strafiga, come al solito.”
Rise divertita si guardò in giro e visto che non c’era nessuno mi baciò sulla bocca.
“Grazie cugino, non so cosa farei senza di te.” e corse via.

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Stavo per addormentarmi quando la porta della camera si aprì lentamente.
Sobbalzai nel letto e sentii un:
“Ssssss”” familiare, era mia cugina.
Nel buoi quasi totale si avvicinò a tastoni, si sedette sul letto al mio fianco e mi sussurrò all’orecchio:
“è andato tutto alla perfezione.”
“Fatto?” Chiesi
“Sì, fatto tutto.”
“Com’è andata?”
“Benissimo, ci ha messo un po’ ma poi…”
“è stato soddisfatto?”
“Penso di sì, mi ha riportato a casa senza dire più una parola.” disse ed aggiunse:
” Volevo ringraziarti.” e si mosse. Non vedevo cosa stesse facendo, sentii che saliva sul letto e che si piazzava in ginocchio tra le mie gambe che fui costretto ad allargare. Mi sfilò il pigiama, sotto al quale non portavo nulla, e mi prese l’uccello in bocca. Pompò veloce e decisa aiutandosi con una mano poi si fermò con la testa e continuò con la mano molto velocemente tenendo in bocca solo la cappella: aveva fretta. Venni in pochi minuti e lei diligentemente mandò giù tutto un’altra volta. Finito che ebbe scese dal letto cercò la mia testa con le mani mi baciò in fronte:
“Buona notte.” sussurrò e se ne andò.

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Quando il mattino dopo mi alzai, la porta delle sua camera era ancora chiusa, segno che stava ancora dormendo. Andai in bagno per farmi la barba. Ero in piedi davanti allo specchio, la faccia coperta di schiuma quando la porta si aprì e mia cugina entrò con aria ancora assonnata. Indossava una camicia da notte trasparente e corta tale per cui potevo ammirare i suoi bei seni e il suo fisico statuario. Portava un perizoma, di quelli che hanno il filo che si nasconde tra i glutei.
“Buon giorno cugino. “disse e si diresse alla tazza. Si calò le mutandine e sedette. Sentii che stava orinando.
La guardavo estasiato e l’uccello già stava sollevando la testa.
“Dormito bene?” chiese.
“Sì, con una buona notte come quella che mi hai dato ieri sera ‘” dissi.
Lei rise e preso un pezzetto di carta igienica si pulì. Si alzò in piedi senza tirarsi su le mutandine e tirò lo sciacquone. La trasparenza della camicia mi permetteva di vedere chiaramente il folto ciuffo di peli che le ricopriva il pube.
Che il mio uccello fosse in tiro ormai era chiaro e lei se ne accorse.
“Hai fatto l’alza bandiera?:” disse ridendo.
“Sì, scusa ma se ti fai vedere così non so trattenerlo ‘”
Si tirò su le mutandine e mi si avvicinò. Si mise dietro me e appoggiò il mento alla mia spalla, mi abbracciò carezzandomi il petto:
“Bello il mio cuginone” disse “Una volta cuginetto ma ora sei cresciuto e sei diventato grande ‘”
Mi prese l’uccello con la mano:
“Mmmm, tanto grande, senti qua.” e iniziò a menarmelo dandomi di quando in quando dei baci sul collo e sulla spalla. Con l’altra mano mi accarezzava il petto.
“Se continui così finisce che'”
“Vieni?” terminò lei la frase. “Non ti va?”
Non capivo già più nulla e non risposi. Il calore del suo corpo attaccato al mio, le sua mano sul mio sesso le sue labbra sulla pelle erano come un sogno, un magnifico sogno.
Accelerò il suo movimento e in breve mi portò all’orgasmo. Venni schizzando il mio seme nel lavandino.
La vidi riflessa nello specchio sorridere guardandomi negli occhi.
“Grazie. ” fu l’unica cosa che riuscii a dire.
“Di nulla, è stato un piacere. ” disse e toltasi la camicia da notte e le mutandine si infilò nella doccia.
Terminai di radermi e entrai nella doccia:
“Ti lavo la schiena?” le chiesi.
Mi guardò con un sorriso indefinibile e mi porse la spugna insaponata, non si voltò però. Allora iniziai a passarle la spugna sulle spalle per poi scendere e passarla su seni.
“Forse senza spugna fai meglio.” disse fissandomi negli occhi.
Presi allora i suoi bei seni tra le mani e li massaggiai a lungo. Lei di quando in quando chiudeva gli occhi e sospirava. Scesi con una mano verso il suo ventre e le accarezzai il suo frutto segreto. Poggiò le mani sulle mie spalle e divaricò leggermente le gambe. Fu per me un invito. Infilai un dito nel suo umido nido e lo mossi lentamente. Chiusi il rubinetto dell’acqua e mi inginocchiai davanti a lei. La ragazza sollevò una gamba posando il piede su uno scalino che all’interno dell’ampia doccia fungeva da seduta.
Le baciai il suo fiore più volte, poi lo leccai e cercai di spingere la lingua in lei. Lei mi aiutò allargando il suo pertugio con le dita. Il rosa del suo interno brillava di eccitazione e io lo raccolsi sulla lingua goloso e assetato. Non mi fermai un istante sino a che la sentii godere e raggiunger l’orgasmo. Riaperse il rubinetto dell’acqua e restò sotto il getto per un po’.
“Mi asciugo e ti preparo la colazione, ti va?” mi chiese alla fine.
“Sì, volentieri.”

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