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Racconti erotici sull'Incesto

Zelda

By 4 Novembre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Non devo consultare quello che chiamo il mio ‘zibaldone’, con gli infiniti appunti messi insieme durante la mia lunga vita, né ho bisogno di scorrere la vecchia rubrica che raccoglie nomi ai quali sono legato da ricordi quasi sempre piacevoli.
Zelda non ha avuto uguali.
Avevo tre anni, e lei diciotto, quando mi conduce va per mano e mi comprava il gelato. Era altissima, specie per la mia dimensione di allora, e mi sembrava immensa. Del resto non era comune vedere una ragazza della sua statura, 178 centimetri, e delle sue scultoree proporzioni.
Ne avevo undici, di anni, quando fui il suo paggio alle sue nozze con Renato.
La ricordo in tutta la sua prorompente maestosità, nel vestito bianco, col lungo strascico che reggevo.
Poi siamo stati per lungo tempo lontani
Si erano susseguiti infiniti eventi: la nascita di Sergio, suo figlio, due anni dopo le nozze; l’improvvisa e tragica morte di Renato dopo altri due anni.
La mia famiglia da tempo si era trasferita in un Capoluogo lontano 80 chilometri da Roma. Visite di occasione, in quel periodo: un regalino al battesimo di Sergio; partecipazione ai solenni funerali di Renato.
Comunque, Zelda, come io chiamavo zia Elda, la sorella di mia madre, era sempre una splendida donna, di quelle al cui passaggio la gente si ferma e le guarda, incantata.
Ah, già, dimenticavo quando verso i cinque anni la accompagnavo alla piscina. Era una splendida nuotatrice, faceva esercizi a corpo libero. Era uno spettacolo meravigliosa vederla, una visione seducente.
Le telefonai, dalla città dove abitavamo, per dirle che sarei andato a trovarla in occasione del mio viaggio a Roma, per cercare una sistemazione, essendomi iscritto all’Università. Alla facoltà in cui lei prestava la sua opera, nella direzione amministrativa. Quando ero andato in facoltà per informarmi delle modalità per l’iscrizione, avevo chiesto di lei. Mi dissero che era in ferie brevi. L’impiegato, al collega che gli chiedeva cosa io volessi, disse che cercavo la ‘topona’. Dunque quello era il nomignolo col quale indicavano Zelda!
Zia Elda mi rivolse un affettuoso rimprovero. Perché non avevo chiesto a lei le modalità per l’iscrizione, perché non mi ero fatto vedere? Erano anni che non ci incontravamo’ Non mi lasciò neanche spiegarle che era in ferie, mi disse che ero ‘cattivo’ e che prima di tutto dovevo andare da lei, che mi avrebbe indicato come ‘sistemarmi’
E fu così, che una mattina, ai primi di settembre, preannunciato da una telefonata, la sera precedente, andai a bussare alla porta di Zelda.
Mi aprì lei, in persona. Volto allegro, sorridente, anche se velato di mestizia.
In una leggera vestaglia celeste, coi lunghi capelli sulle spalle.
Rimasi incantato. Capii perfettamente perché la chiamavano ‘topona’. Una donna splendida, magnifica, che, malgrado le scarpe quasi senza tacchi, era alta quasi quanto me. Non mi fece beppure parlare. Mi guardò, mi tese le braccia.
‘Piero, ma sei un uomo’ e che uomo!’
Mi abbracciò con forza, mi strinse al suo gagliardo petto. Era sodo, bello, prosperoso. Ero rimasto con la valigia in mano, e la porta era ancora aperta.
Mi prese per mano.
‘Vieni, Piero, entra’ fatti vedere”
Ero io che la stavo guardando fissamente, affascinato.
‘Allora, Pierino, come trovi zia Elda, la tua Zelda?’
Deglutii, facevo fatica a parlare.
‘Più bella di come ti ricordavo, e ti ricordavo eccezionale’
Mi strinse ancora tra le sue braccia’ la valigia cadde di mano e fu istintivo corrispondere all’abbraccio. Non so se per puro caso, ma una mano si poggiò su una natica. La sentivo, sotto la stoffa leggera, era tonda, deliziosamente disegnata, e’ durissima, al di là di ogni immaginazione.
‘Dai, Piero, mettiti comodo’ Sergio &egrave dai nonni paterni’ per qualche giorno’ vuoi darti una rinfrescata?’
Annuii. In effetti avevo proprio bisogno di mettere la testa sotto l’acqua gelata!
E’ vero che vivevo il periodo in cui i giovani sono sempre sessualmente eccitati e pensano sempre alla stessa cosa, ma Zelda era eccezionale, di quelle che tra amici si diceva che ‘fanno arrapare un morto’! Comunque, finii di asciugarmi e andai nel soggiorno dove, sul divano, mi aspettava. Mi guardava e sorrideva.
‘Ricordi le nostre passeggiate, Piero?’
‘Certo, il gelato che mi compravi, quando ti accompagnavo in piscina’ anche allora eri bellissima, Zelda, ma ora’?’
Scosse la testa.
‘Ora, Piero, sono una vedova di quasi trentaquattro anni’ maledettamente sola’ casa’ lavoro’ Sergio’ Franceschina la domestica’ e sempre così, solo così”
Aveva gli occhi colmi di pianto. Cosa dovevo fare? Sedetti accanto a lei, le presi la mano. Mi sfiorò il volto con una carezza. Fece un profondo sospiro.
‘Casa vuota, Piero’. Ecco’ a tale proposito’ perché invece di cercare una sistemazione presso una delle solite affittacamere, non resti qui, c’&egrave posto quanto ne vuoi, così ci faremo anche un po’ di compagnia’. Non voglio’ certo’ limitare la tua libertà”
Si fermò un momento, mi guardò con aria turba.
” salvo’ logicamente’ un certo tipo di libertà’ lo so’ sei giovane e aitante’ ma qui”
Le strinsi la mano.
‘Grazie, Zelda, sei affettuosa e premurosa, come sempre, più di prima’ e non &egrave perché io mi senta limitato nella mia libertà, ma’ a pensarci bene’ &egrave opportuno che io venga a stabilirmi qui?’
‘In che senso?’
Strinsi ancor più ma sua mano.
‘Sei troppo bella zia’ troppo bella”
‘A parte che sei tu che mi vedi così, con gli occhi di carissimo nipote’ allora?’
‘Non so come dirtelo’ mi sento a disagio’ Vedi’ sono giovane’ ho ‘ ho sete’ ed &egrave un supplizio di Tantalo aver sete, avere una fonte meravigliosa vicino e’. seguitare ad aver sete’ non so se mi sono spiegato!’
Divenne seria, in volto, Zelda. Mi prese entrambe le mani, si voltò verso me.
‘Ti sei spiegato chiaramente, Piero’ ho capito’ e sono certa che anche tu comprenderai la mia solitudine, il mio tormento’ &egrave un discorso lungo’ ci porterebbe lontani’ e come se conosco cosa significhi aver sete’ ardere’
Ti prego, Piero, rinviamo a dopo questo argomento, adesso vado a finire di approntare il pranzo’ intanto va nella camera che ho preparato”
Mi sfiorò la guancia con un bacio. Si alzò, magnifica.
Uscì dal soggiorno. Andai nella camera che aveva indicato.
Mi sdraiai sul letto, con mille idee che mi frullavano in mente, forse solo pie illusioni, o, più probabilmente velleitarismo, una cosa irrealizzabile. A ben pensarci, anche se inconsciamente, io l’avevo sempre concupita Zelda, me l’ero anche sognata e m’ero svegliato’ bagnato. Forse dovevo trovare una scusa e andarmene, prima d’essere scacciato e schernito.
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Solo noi due, a tavola, e Zelda appariva più serena, tranquilla, il volto disteso, un lievissimo strato di rossetto sulle labbra, sulle guance. Inutile, non riuscivo a toglierle gli occhi da dosso, ma anche lei, notavo mi guardava furtivamente e la sua fronte s’increspava, sembrava parlare tra sé e sé. Tutto ottimo, lo dicevo complimentandomi con lei senza, però, accorgermi cosa mangiavo. Non parlavamo molto, eravamo entrambi assorti in mille pensieri.
‘Piero, credo che dovremo fare due chiacchiere.’
Annuii.
‘Andiamo di la, parleremo mentre prendiamo il caff&egrave, precedimi.’
Andai nel soggiorno, sedetti sulla poltrona. Dopo un po’ entrò lei col vassoio sul quale erano le fumanti tazzine del caff&egrave. Me ne porse una, sedette di fronte a me, sul divano. Bevemmo in silenzio, Misi la tazzina vuota sul tavolinetto, così fece anche lei.
‘Avvicinati, mettiti di fronte a me.’
Mi alzai, presi il basso sgabello imbottito e mi misi di fronte a lei.
Si chinò verso me, poggiò i gomiti sulle gambe, mi prese le mani.
In quella posizione la scollatura del vestito si allargò notevolmente, si vedeva il ricamo nero del reggiseno e la rigogliosità attraente e stimolante delle sue splendide tette. La reazione del mio sesso fu istantanea e impetuosa. Strinsi le gambe, deglutii. Mi guardava negli occhi, intensamente, mi scrutava, cercava di leggere quello che mi passava per la mente.
‘Piero, tu sei un uomo, un bellissimo uomo, e sei, ora quanto di più caro ho al mondo, insieme al piccolo Sergio. Devo essere sincera, semplice, a costo di sembrare insensibile’ posso?’
Anche io la fissavo.
‘Certo zia, certo Zelda”
‘Mi sono accorta di come mi guardi e, non posso negarlo, ne sono lusingata’ essere ammirata, alla mia età, da un giovane”
‘Ma, Zelda’
‘Shhhhhh! Taci, per favore’. E comprendo perfettamente le’ chiamiamole così’ reazioni che’cerchi garbatamente di nascondermi’ Questo mi lusinga ancora di più’ e nello stesso tempo mi tormenta’ perché anche io, malgrado la mia età, ho istinti’ impulsi’. desideri”
Mi stringeva le mani, forte, nervosamente. Deglutì, era impallidita.
‘Se puoi, Piero, non te ne andare, e non sorridere di me’.’
Fui io ad afferrare le sue mani, con altrettanta energia. Dovetti raschiarmi la gola, sentivo che la mia voce era roca.
‘Non essere triste, Zelda, sii sincera anche con te stessa’ non dire più ‘alla mia età” sei giovanissima’ e sei bellissima’ io’ veramente’ credevo che tu pensassi di ‘ rifarti una vita’ chissà quanti si getterebbero ai tuoi piedi”
‘No, Piero’ non darò mai un estraneo come padre a Sergio’ mai”
‘E tu?’
‘Non lo so’ non lo so’ mi tormento’ finirò col perdere la ragione!’
Mi guardava, ora, sgomenta, turbata. Mi avvicinai ancora di più a lei. Le mie gambe strinsero le sue, le mie mani presero il suo volto, mi avvicinai per darle un bacio sulla fronte’
Forse tutti e due facemmo un movimento involontario, ma le mie labbra andarono a posarsi sulle sue. Tremavano, quelle labbra infuocate, e mi fu difficilissimo staccarmi da lei, senza, però, lasciarle il volto.
Mi guardò, in un modo strano, con occhi luminosi, splendidi’ e fu lei a baciarmi, sulla bocca, e sentii la sua lingua che timidamente cercava di infilarsi tra le mie labbra. Fu un momento, l’accolsi golosamente, le nostre lingue si intrecciarono.
Si staccò a fatica.
‘Resti Piero?’
Annuii.
Mi abbracciò entusiasticamente, appassionatamente.
‘Grazie, tesoro, &egrave il più bel regalo che mi fai’.’
La guardai profondamente, interrogativamente.
Feci un cenno di assenso con la testa mentre gli occhi le dicevano che attendevo una risposta?
Anche lei, con occhi lucidi, disse di sì.
Ci ritrovammo abbracciati, con lei seduta sulle mie ginocchia, i magnifici glutei a contatto della mia patta, e una mano, prepotente s’infilò nella scollatura. Il capezzolo era rigido, sodo, lungo. Lo titillai, lo pizzicai dolcemente. Fu percorsa da un brivido, si strinse a me, il suo magnifico sedere si strofinava sul mio vistoso rigonfiamento che premeva nei miei pantaloni, stavo quasi per esplodere’
Eravamo eccitati, accesi’
Riprendemmo a baciarci, follemente.
Si alzò in piedi, mi alzai anche io. Eravamo avvinghiati, il mio fallo premeva sul suo ventre, cercai di posizionarlo tra le sue gambe’.
‘Oddio’ Piero’ sento che mi mancano le forze”
La sorressi, l’accompagnai nella sua camera, l’aiutai a sdraiarsi sul letto, sbottonai il vestito, slacciai il reggiseno. Mi guardava e respirava forte, senza reagire’
‘Vuoi un po’ d’acqua?’
‘No’ no’ non mi lasciare”
Allungò la mano verso me.
Era supina, meravigliosa. Un po’ pallida, ma andava rapidamente riprendendosi.
‘Forse &egrave meglio se infili qualcosa di più comodo’ dove posso prenderla?’
Indicò il comò.
‘Secondo cassetto, c’&egrave una camicia leggera, aperta davanti, facile da indossare”
Andai a prenderla, l’aiutai a sedere sul letto.
Fu abbastanza facile togliere il vestito, il reggiseno’ Uno spettacolo fantastico. Un paio di tette rigogliose e durissime, e certi capezzoli’ Non resistetti alla tentazione, ne lambii uno’ lo succhiai’ lei mi carezzava la testa, gemeva piano, si muoveva tutta. Il mio sesso stava impazzendo’ la mia mano scese nervosamente lungo il suo corpo, s’infilò tra le sue gambe leggermente dischiuse, nelle mutandine, incontrò un foltissimo ciuffo di riccioli che sembravano seta, seguitò un po’, era bagnatissima tra le grandi labbra, oltre il normale, le dita scivolavano, sentirono le piccole labbra, la vibrante protuberanza del clito, lo vellicarono, scesero e s’introdussero delicatamente nella vagina che si contraeva impaziente’ solo qualche dentro-fuori, col dito, e Zelda fu invasa da un orgasmo indescrivibile, travolgente, che la sconvolse, a lungo’
‘Si, Piero, si’. Ancora’ ancoraaaaaaaaaa!’
Si lasciò cadere sulla schiena, spossata, come in trance.
Ero eccitatissimo, esasperato, avevo necessità, urgenza, di alleggerire la mia tensione, la mia erezione era penosa, soffriva compressa nei pantaloni, avrei voluto’
Zelda aprì gli occhi, mi guardò con un sorriso estatico, beato, un volto inebriato, ero seduto sul letto, accanto a lei.
Allungò la mano, la poggiò sulle mie gambe.
La voce era un po’ roca, affaticata, quasi infantile.
‘Povero Piero’ immagino’ tu”
Il mio viso doveva dirle tutto.
‘Scusami, tesoro mio, non ne potevo più’ non so da quando”
La mano incontrò il gonfiore dei miei pantaloni, carezzarono appena’ si girò su un fianco. Le tette erano uno spettacolo conturbante’ che aumentava la mia eccitazione’
Le sue lunghe, affusolate, gentili dita, sbottonarono i miei pantaloni, vi si introdussero, frugarono, ne balzò fuori, prepotente, imperioso, d’un rosso accesso, con le vene che sporgevano lungo la sua lunghezza, il mio fallo impaziente, smanioso..
Lo carezzò dolcemente.
‘Dio, Piero, se ti capisco’ avvicinati a me’ per ora’ scusami’ mettilo qui”
Indicò il profondo solco tra le sue prospere mammelle’
Mi avvicinai, tremando, aprii la cintura dei pantaloni, li sbottonai del tutto, li tolsi, e così anche le mutandine.
Il fallo era rigido, eretto, fremente. Mi sdraiai accanto a lei, col mio pube all’altezza del suo seno. ‘Lo’ afferrò delicatamente, lo inserì tra quei magnifici meloni di carne calda e soda. Era una sensazione per me sconosciuta, paradisiaca, le afferrai le tette, titillai i capezzoli, li strinsi. Lei prese a muovere le mammelle con le mani: una su e una giù’ viceversa’ mi guardava in volto, ammaliata, e leggevo il piacere nei suoi occhi’ mi muovevo sempre più disordinatamente, e lei accompagnava il mio movimento’. Sentii come una fiotto li lava incandescente sgorgare dalle mie seminali’ salire velocemente’ erompere impetuosamente’ e il getto la colpì sotto al mento, ricadde sul petto, mentre io mormoravo parole sconclusionate’
Zelda seguitò ancora un po’ con le tette, poi ‘lo’ afferrò con la mano e cominciò a carezzarlo, strizzandolo ogni tanto’ e stille del mio piacere ancora caddero su lei’
‘Eccolo’. poverino’ lo sapevo’ lo sapevo’ scusami’ vedrai che poi Zelda ti’ ripagherà di tutto’ sei bellissimo”
Mi strinsi a lei, infilai una mano tra le sue gambe, era bagnata, appiccicosa.
‘Dobbiamo rimetterci in ordine, Piero’ non so se sarò capace di restare in piedi”
‘Ti accompagno io.’
‘No’ devo andare da sola, tu va nell’altro bagno’ c’&egrave tutto’ lascia in un canto la roba da lavare’ c’&egrave un accappatoio’ fa tu quello che vuoi’ va’ va”
Mi spinse dolcemente.
Mi alzai, raccolsi quanto era caduto sul pavimento, andai nel bagno da lei indicato.
Cosa mi aspettava?
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Dopo una doccia ristoratrice che aveva evidenziato la mia ossessionante e smaniosa eccitazione, ero andato nella camera assegnatami, avevo indossato mutandine pulite, un pantaloncino, sandali, e una camiciola di cotone. Faceva abbastanza caldo.
M’ero seduto in poltrona, e mi stavo chiedendo come era stato possibile che ciò accadesse, ripensavo a Zelda che aveva goduto in modo evidente ed eccezionale i miei baci le mie carezze, il mio succhiare, i titillamenti’ le mie dita nel sesso’ come ciò l’aveva condotta a un indescrivibile orgasmo’ quanto era rimasta spossata, svigorita, illanguidita’ come aveva cercato di far fronte alla mia incontenibile eccitazione’
Forse era andata oltre ogni suo limite, non era riuscita a controllarsi. La capivo.
Ed ora?
Non avevo nemmeno sentito l’uscio che si apriva, apparve improvvisamente, silenziosamente.
Volto splendente, raggiante, una luce interiore lo illuminava. Labbra tumide, rosse, occhi sfavillanti. Indossava una lunga vestaglia azzurro-scuro, lunga fino ai piedi, calzava delle pantofole da camera dello stesso colore, i capelli sciolti, sulle spalle. Sicuramente anche lei aveva fatto la doccia, sentivo il suo profumo, la fragranza della sua pelle, e mi tornava sulla lingua il sapore del suo seno, il turgore dei suoi capezzoli. Odore di femmina, dolce e selvaggio nel contempo, come quello che non s’era tolto del tutto dalle mie dita che l’avevano frugata, malgrado la doccia. Nella fretta aveva dimenticato di rimettere al dito la vera nuziale che prima aveva.
Rimasi come folgorato da quella visione irreale. Forse era solo la mia fantasia.
Si avvicinò a me, mi tese le mani, prese le mie, le strinse.
‘Sono matta, vero Piero?’
‘Perché?’
‘Perché mi sono comportata in modo indegno, meschino per una come me. Non ho saputo controllarmi come un animale infoiato’ in fregola’ scusami.’
‘Sei stata, e sei, meravigliosa, Zelda, mi sembrava sognare’ perché neppure in sogno, e ti ho sognato sempre, ho sperato di giungere a tanto’ i miei sogni erano irrealizzabili, utopistici”
‘Mi hai sognato?’
Annuii, senza parlare.
‘Il mio bambino”
Venne a sedere sulle mie ginocchia. Quella sua rotondità mi faceva impazzire’
‘Il mio piccolo’ grande Piero’.’
Mi carezzò il volto, poggiò le sue labbra sulle mie.
‘Non sei arrabbiato con me?’
‘Sono incantato’.’
‘E’ e’. mi porteresti al cine? Non so da quando non ci vado’ desidero andare al cine con te, sedere vicino a te”
‘Scegli tu.’
‘Che tesoro!’
L’abbracciai, sentivo il suo corpo, come se la stoffa della vestaglia non esistesse. La mano le sfiorò il seno, lo palpò, mi sembrava toccarne la pelle. Infilai la mano nella vestaglia, non indossava altro. Si accorse dell’immediata reazione del mio sesso. Mi carezzò.
‘Andiamo al cine’ adesso”
Si alzò, mi tese la mano, carezzò la mia’
‘Vado prepararmi’ preparati anche tu’ andiamo a piedi, all’Esedra’ non &egrave lontano”
^^^
Il titolo del film, Il Fornaretto di Venezia, non mi attraeva molto, ma a Zelda piacevano gli attori, Clara Calamai, Osvaldo Valenti, Roberto Villa’ La trama la ricordo confusamente: il figlio di un fornaio, accusato di aver ucciso il cugino della moglie del Grande Inquisitore, &egrave condannato a morte e scagionato in extremis’.
Ero preso dalla vicinanza di Zelda che riscuoteva l’ammirazione di tutti. Era proprio una gran ‘topona’. Sedemmo in una delle ultime file, appena si spense la luce mi prese la mano e se la portò in grembo. Un grembo caldo, meraviglioso, le nocche sentivano chiaramente il suo sesso, si strusciavano, e lei, ad un certo punto, si accomodò meglio in poltrona e divaricò leggermente le gambe, aveva lo sguardo fisso sullo schermo ma io sapevo che lei non stava guardando la scena’ Accostò la sua bocca al mio orecchio.
‘E’ bellissimo, Piero, ma’. Basta, altrimenti faccio una figura meschina’ sono eccitata da morire”
Ritrassi la mano; la prese, la portò alle sue labbra, la baciò.
Ero arrapatissimo, stavo soffrendo. Inoltre seguitavo a chiedermi cosa sarebbe accaduto tra noi’ Come dio volle, questo tormento finì, lentamente, sottobraccio (e sentivo il tepore del suo seno sodo) ci avviammo verso casa. Era ancora presto, di solito a casa sua si cenava alle otto (di sera, logicamente). Mancava più di un’ora. Rincasammo.
Non avevamo scambiato una parola, lungo la strada, neppure in merito alla pellicola.
Appena fummo nell’ingresso, mi disse che doveva rinfrescarsi un po’ e che era certa che anche io ne avessi bisogno. Aggiunse che non dovevo fare complimenti, potevo vestirmi come volevo.
Mi sorrise, carezzò il mio volto, andò nella sua camera.
Misi la testa sotto l’acqua fredda, mi asciugai, indossai pantaloncini e camiciola, cominciai a sfogliare una rivista, nel soggiorno, distrattamente.
Dopo alcuni minuti mi sentii chiamare.
‘Piero’ per favore’ vieni?’
Andai nella sua camera, la porta era aperta. Lei era seduta alla toilette, con la sua elegante vestaglia azzurra, stava spazzolandosi i capelli, lentamente. Aveva il volto sereno, rilassato. Erano accese tutte le luci, la sua immagine si rifletteva sui grandi specchi del comò, dell’armadio.
Mi sorrise, dallo specchio della toilette.
‘Scusa, tesoro, ma vuoi spazzolare un po’ i miei capelli? Non mi riesce facile sulla nuca”
Mi porse la spazzola.
Era piacevolissimo farlo, ed anche provocante. I capelli portavano alla mente le altre parti del corpo coperte da peli’ al pube’ al’ resto’ Quei peli, quei riccioli, li avevo sfiorati con la mano, sentiti intorno alle dita, anche quando era bagnati delle sue secrezioni amorose’ Ero ansiosamente curioso di vederli, ammirarli. Intanto passavo lentamente la spazzola sui suoi lunghi capelli neri, Aveva gli occhi socchiusi.
Mi chinai al suo orecchio, ne baciai il lobo, lo mordicchiai’
‘Se vuoi, Zelda, spazzolo anche’. Il resto”
Aprì gli occhi, mi guardò, alzò la mano e mi carezzò il volto.
‘Sei il solito monello!’
Non resistetti, la baciai sulle labbra. Fece un lungo, profondo respiro. Si alzò in piedi. Era magnifica, imponente, statuaria.
Non immaginavo neanche come potesse essere completamente nuda. Certo una visione scioccante, affascinante, seducente, provocante. Fui percorso da un brivido e ne sentii le conseguenze nei miei pantaloncini.
C’eravamo baciati’ stuzzicati’ toccati’ Tutto qui!
Ero di fronte a lei, sciolsi lentamente il cordoncino che teneva chiusa la vestaglia, la aprii.
Indossava un pagliaccetto di pizzo nero (allora non si chiamava body), superlativamente sexy.
Certamente notò i miei occhi incantati. Ero ammaliato, stregato.
Lasciò cadere la vestaglia. Non potevo credere a me stesso. Non immaginavo che fosse così bella. Un seno e un sedere fiorenti ma perfettamente proporzionati alla non trascurabile altezza. Veramente un fuoriclasse di bellezza, di armonia, di erotismo. Ero arcieccitato.
Mi sorrise.
Allungai la mano, mi feci audace’ al massimo l’avrebbe allontanata, con dolcezza’ Infilai un dito sotto una spallina del pagliaccetto, e la feci cadere sulla spalla, poi l’altra’ Ora entrambe le mani, con delicatezza, afferrarono entrambi le spalline e le tirarono giù, lentamente.
Liberato dalle coppe che lo raccoglievano, il seno apparve in tutta la sua sfarzosa floridezza. Esuberante, marmoreo, del colore dell’alabastro con venuzze azzurre, una areola rosa scuro, i turgidi capezzoli ancora più bruni, il meraviglioso solco, tra le due rotondità, dove tanto aveva goduto il mio ‘coso’.
Non mi arrestai, seguitai ad abbassare il pagliaccetto. Dovevo forzare un po’ per superare i fianchi. L’ombelico disegnato perfettamente, il ventre quasi piatto, il pube, l’inizio dei peli scuri, l’infoltirsi dei lunghi riccioli neri, lucidi come seta. Deglutivo a fatica’ ancora un po’ e, nascosta da quel cespuglio corvino, s’intravedeva la carnosità del suo sesso. L’indumento cadde sul pavimento. Ero come folgorato. Avevo sempre immaginato la nudità di zia Elda, ma la realtà superava ogni fantasia. Non credevo che potesse esistere una bellezza simile.
Zelda mi guardava, con un lieve sorriso sulle labbra. Immobile.
Non so perché, ma presi la spazzola che era sulla toilette e, leggermente, spazzolai il suo pube.
Zelda, agilmente, fece uscire il pagliaccetto dai suoi piedi, lo gettò lontano. Quel movimento mise in evidenza il tesoro che custodiva tra le sue gambe.
Nella mente mi passò il titolo di un vecchio libro: Il Tesoro della Foresta Nera.
Ero ammutolito. Attonito.
‘Non dici niente, Piero?’
‘Sono senza parole, Zelda, neanche nei miei sogni t’ho vista così bella.’
Tolse le scarpe. Eravamo quasi della stessa altezza. La superavo solo di qualche centimetro. Mi tese le mani, mi avvicinò a sé. Lasciai cadere la spazzola che avevo in mano. La strinsi tra le mie braccia. Non sapevo fare niente altro. Quel petto sodo, però, lo volevo sentire sulla mia pelle, non attraverso la camiciola. Mi allontanai un po’ e la tolsi. L’abbracciai di nuovo. Indescrivibile la sensazione che provai quando i suoi capezzoli carezzarono il mio torace.
Zelda mi prese per mano e si diresse verso il letto. Sedette sulla sponda, si gettò indietro, sulla schiena. Le gambe erano fuori del letto, appena dischiuse.
Il suo monte di Venere, il sesso erano lì, alla mia vista.
Mi chinai, sfiorai quei riccioli neri con la mia guancia, leggermente. Ebbi la sensazione che ondeggiassero, che avessero vita propria.
Girai un po’ la testa. La lingua sentì una deliziosa , lambì le grandi labbra che erano piene, tumide. S’infilò. Le gambe si allargarono ancora un po’. La lingua incontrò la pelle liscia, calda, delicata, delle piccole labbra, sentì il sapore degli umori che le rendevano rugiadose. S’introdusse in quel caldo accogliente e pulsante. Frugò, cercò, girò intorno.
Le mani di Zelda erano tra i miei capelli.
La lingua andò a lambire il clitoride, le labbra lo ciucciarono voluttuosamente, tornai a esplorare il ‘tesoro’.
Zelda sobbalzava, gemeva, non stava ferma’
‘Piero’ Piero’. Mi fai morire’.’
Sentii che i succhi aumentavano, il suo corpo sussultava incontrollato. L’orgasmo la travolse, e anche questa volta restò come esanime, col respiro grosso e le labbra semiaperte, gli occhi chiusi. Mi alzai un po’, mi misi in ginocchio. Ammiravo il corpo, e soprattutto il sesso di Zelda. Una vista che non avrei mai immaginato di poter ammirare.
Solo allora mi accorsi di quanto stava accadendo nei miei pantaloncini. Li tolsi. Levai tutto, mi sdraiai accanto a lei, mi voltai su un fianco, guardandola. Era seducente in quello stato di torpore, aveva un’espressione rapita. Le sfiorai il volto, il seno. Rimase immobile. Mi avvicinai, il fallo, eretto come un obelisco, fremé quando tocco la sua pelle. Mi strinsi a lei, con un ginocchio sul suo pube appiccicoso. Allungò il braccio, mi abbracciò, mi accostò a sé. Sentii che voleva sollevarmi’ sentirmi su sé’
La guardai: la montagna incantata. L’eccitazione aumentò.
Alzò le gambe, pose i talloni sul letto, le divaricò, le spalancò del tutto’ ero affascinato’ mi posi tra le sue gambe, coi piedi sul pavimento, il mio sesso svettante, smanioso, affamato. Senza aprire gli occhi, lo afferrò’ lo condusse all’ingresso caldo-umido del tesoro che nascondeva tra le sue gambe’ mi avvicinai’ ero convinto che data la floridezza delle sue forme, mi sarebbe stato facilissimo entrare in lei’ Il glande si trovò di fronte a una impensabile e imprevedibile vagina molto stretta. Era, però, molto viscida, palpitava. Appena la punta del mio sesso fu accolta da quel meraviglioso caldo rifugio, Zelda inarcò il bacino, io spinsi, con delicata decisione. Ne entrò un pezzo, accolto dalle voluttuose contrazione delle sue pareti vaginali. Ancora il suo inarcarsi e una mia spinta che non smisi finché non sentii che ero in lei, non potevo procedere oltre, al momento, perché avevo toccato il fondo. Eppure ero, e sono assolutamente normale, non superavo i diciotto centimetri, ed anche il diametro poteva considerarsi non spropositato.
Sempre con gli occhi chiusi, Elda aprì le labbra, alzò un po’ la testa, fece un profondo sospiro. Sentivo sussultare il suo grembo.
Mi abbracciò con le gambe, forte, intrecciò i piedi sulla mia schiena, mi tirava a sé. Senti che mi mungeva freneticamente. Cominciai un avanti-dietro dapprima lento, poi sempre più veloce. Aprì gli occhi, mi guardò. Aveva lo sguardo sfavillante, il respiro andava appesantendosi. Le afferrai le tette, tormentai delicatamente i suoi capezzoli, e sentivo il riflesso di ciò nel suo sesso impazzito.
‘Oddio Piero’ oddio’ mi stai facendo morire’ si’ tesoro mio’ si’. Sei meraviglioso’ si’ sto morendo’ sto’ stooooooooooo’
I precedenti orgasmi a confronto di quello attuale, sconvolgente, impressionante, erano stati ben poca cosa. Senti la sua vagina stringersi attorno al mio sesso e rilassarsi, appassionatamente, e lo stringeva tanto forte che mi sembrava lo volesse svellere, ingoiare’.
Un istante di relax, mentre io seguitavo ad accelerare, e di nuovo quell’assalto sconvolgente’ Ora aveva gli occhi chiusi, sembrava essere caduta un’altra volta in trance’ non ne potevo più’ sentivo salire prepotentemente il caldo seme che si rovesciò in lei, con forza, con incredibile abbondanza, e lei rimase un momento ferma e poi ricominciò a sussultare, voltando la testa, nervosamente, a destra e sinistra’
‘Oddio’ questooo’ mi allaga’ mi sommerge’&egrave meraviglioso’ &egrave’ &egrave&egrave&egrave&egrave&egrave&egrave&egrave&egrave&egrave&egrave&egrave!
Mi tirò forte. Caddi su lei, col fallo ben piantato nel suo grembo.
Eravamo sudati, ansanti’
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Non ricordo quanto tempo passammo così avvinghiati.
Poi, lentamente e a malincuore, sgusciai lentamente da lei, e le sue contrazioni finivano di strizzare le ultime gocce del mio seme. Ci movemmo, ci sdraiammo sul letto, supini, nudi, ancora col fiato grosso. Ci prendemmo per mano’
Mi voltai verso lei, e lei verso me. Era qualcosa di affascinante quel suo corpo lucido di sudore. Il suo volto, il suo sorriso, il bagliore degli occhi’
Mi poggiai su un gomito, per contemplarla meglio.
‘Sei magnifico, Pero’ eccezionale’ non ho mai provato sensazioni del genere, di tale intensità’ ogni volta mi sembra di sprofondare nel gorgo della voluttà”
Mi guardò ancora, sorrise’
‘Sono patetica, sdolcinata’ vero?’
La baciai sul collo.
‘Sei incredibile, straordinaria”
Aggrottò la fronte.
‘E’ scusa, Piero, sono una vecchia sentimentale, romantica’ e’ mi vuoi un po’ di bene?’
L’abbracciai forte.
‘Tanto bene, Zelda, tanto e.. ti amo appassionatamente, ti adoro, ti desidero”
Ricambiò l’abbraccio, allungò la mano’ sentì che il mio sesso era rapidamente rifiorito’ Alzò le gambe, divaricandole, in alto’ erano lunghissime, bellissime’
Mi inginocchiai tra esse, guardai l’incanto del suo sesso dal quale ancora stillavano gli umori del nostro piacere’ forse, pensai, ora &egrave più agevole penetrarla’ Mi avvicinai, posi il glande all’ingresso della vagina. Era viscido, si, ma sempre abbastanza stretto. Fu più facile, però, entrare in lei, nel suo palpitante grembo. Con le mani reggeva le caviglie e le teneva alte. Le gambe erano allargate al massimo’ i miei testicoli battevano su lei’ ad ogni colpo’ e ad ogni colpo lei gemeva più forte’. Fin quando non resist&egrave più in quella posizione, abbassò le gambe le intrecciò sulla mia schiena e il suo bacino mi veniva incontro, roteava, mi succhiava’
Fu una cosa incredibile raggiungere l’orgasmo nel medesimo momento, sentire le sue contrazioni, e il seme sgorgare da me, invaderla, spandersi dovunque’ quasi gridò la sua voluttà, mi graffiò la schiena, si dibatteva’. Giacque’ e io su lei’ in lei’
Eravamo esausti, svuotati, spossati, indeboliti’ sentii il suo respiro divenire lento e profondo’ e anche io mi appisolai’ su lei’.
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Erano trascorsi diversi giorni, tutti nello stesso modo, tra abbracci e carezze, sempre nuovi e sempre deliziosi amplessi. In tutti i modi. Non ci stancavamo mai. Sergio era dalla nonna.
Quella mattina era lei a preparare e portare il caff&egrave. Io ero ancora a letto. Sedetti, lei sedette sulla sponda, accanto a me.
Mi guardò in uno strano modo.
Finimmo di prendere il caff&egrave. Un bacio appassionato.
Mise tutto sul comodino.
Mi prese le mani.
‘Non &egrave una sorpresa, Piero, e sapevo che era molto probabile che accadesse’.’
La fissai interrogativamente.
Annuì, con un lieve sorriso sulle labbra ma anche un velo preoccupato nel volto.
‘Sì, non c’&egrave tema di errore’ sono incinta!’
Rimasi colpito. Eppure dovevo aspettarmelo, non avevamo preso alcuna precauzione, eravamo andati, come si suo dire, a ruota libera!
Cercai di assumere un atteggiamento sereno. Le strinsi le mani.
‘Sarà nostro figlio, Zelda’ tu puoi sposarti’ ci sposeremo’!’
Mi abbracciò stretto.
‘Tesoro bello, come sei dolce, caro’ Ma pensa, alla mia età’ con te.. con quello che ci circonda”
‘E chi se ne frega”
‘Ascolta, amore mio’ dobbiamo essere sereni’ ‘
‘Cio&egrave?’
‘Credo che dobbiamo affrontare la cosa con realismo”
‘Allora?’
‘Lo so cosa e come fare’ te lo dirò meglio’ e poi’ so di un ginecologo che ha studiato in America e a Londra e che, sia pure riservatamente, pratica anche qui un piccolo intervento, incruento, per impedire il concepimento’.’
‘Un’operazione?’
‘Non proprio, ma l’inserzione, nella donna, di qualcosa che serve allo scopo”
‘E tu?’
Si rabbuiò.
‘Se tu sei spaventato e vuoi andar via, tesoro’ non ti biasimo’ ma io per averti farei del tutto’ tutto’ capisci?’
La strinsi a me, la baciai’.
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Fu così che Zelda subì un raschiamento e dopo qualche giorno, purtroppo per noi di assoluta astinenza da rapporti sessuali, si affidò a quel medico che inserì la spirale, proibitissima in Italia!!!
La cosa funzionò benissimo, e senza alcun fastidio.
Gli anni trascorrevano’. La mia vita seguì il corso normale’ professione’ moglie’. Famiglia’ ma i rapporti con Zelda non cessarono mai del tutto’. Mai’ con l’entusiasmo e la tenerezza della prima volta, anche se lei era, ormai, una sia pur sempre splendida, anziana signora’
Non ho mai trovato una femmina come lei, così maestosa, radiosa, appassionata e dolce’
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