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Racconti Erotici

Annientato dal pudore

By 12 Aprile 2020Giugno 15th, 2020No Comments

Adelaide era indubbiamente una bella ragazza, però doveva accogliere e recepire dentro di sé la sua intrigata e macchinosa situazione in ultimo accettandola. Di frequente, infatti, lei non provava piacere della sua propria esistenza, perché era molto difforme da quella che aveva desiderato d’avere o meglio d’ottenere. Nella sua giovinezza si sentiva d’avere di fronte tutte le possibilità, ma crescendo la vita stessa le aveva messo dinanzi dei limiti, di tutto quello che non era riuscita a realizzare. Lei, con i suoi ventun anni d’età peraltro appena compiuti, con quello di buono e di positivo che aveva realizzato, non era stato per lei talmente lusinghiero né apprezzabile, come forse aveva immaginato e considerato che fosse. Aveva rapidamente assimilato e rinunciato ad aspettative impossibili, accettando a malincuore che talune cose della sua vita non fossero andate secondo quanto Adelaide avrebbe bramato. Lei doveva ritrovare al più presto l’interesse, il richiamo e il giusto coinvolgimento che le stava mancando, che le sfuggiva da sotto i piedi. Adelaide adesso più che mai, doveva assorbire e apprendere il lato buono della propria situazione, per il fatto che aveva la necessità di valorizzare le sue intime risorse, e di cogliere i pregi delle persone che la circondavano. 

La natura di per sé è un agonismo, una lotta. I suoi esseri viventi sono in rivalità da sempre, per la propria conservazione, per la vita stessa. Gli esseri umani non fanno eccezione, anche se hanno progredito migliorando il termine. Di proposito, lo hanno assoggettato, esponendolo a precetti collettivi e a consuetudini sociali, hanno azzardato persino di ritoccarne la sostanza e il principio nel corso dei secoli, favoreggiatrice la cultura, connivente la religione e partecipe il costume. L’introduzione, per immettere un’odierna vicenda, tallonando un ragionamento che correva il rischio di venir sbaragliata dalla costumatezza, dalla decenza e dal conformismo, dopo da tutte le considerazioni ricevute da una società che adesso manifesta ed espone tutti i suoi limiti di cavarsela e di perdurare. 

Io ero stato invitato a Padova per un seminario di psicodiagnostica di circa tre settimane riguardante l’analisi d’una storia in ambito criminologico, al fine di giungere ad una valutazione della personalità dei soggetti, per delinearne un’eventuale inquadramento diagnostico. Accanto a me c’erano seduti una ventina d’universitari e quattro docenti, alcuni più flemmatici e negligenti, altri ancora maggiormente partecipi e attivi. Da quello che potevo osservare, notavo un interesse maggiore all’ascolto da parte delle femmine, molto meno dei maschi. Nella fila davanti alla mia occupavano posto le consuete sgobbone, peraltro gioiose, ottimiste ed esuberanti. Una giovane ragazza sennonché mi conquistò, accomodata più in disparte con gli occhiali, per la sua devozione, e spesso, ascoltando quello che dicevano al congresso indugiavo su di lei. Una bella ragazza di ventun anni con i segni della femminilità accentuati da forme procaci. Io dovevo ovviamente restare indifferente, poiché distante di qualche generazione, dal mondo di questi ragazzi, dei quali avrei potuto esser papà anziché un fratello più grande. 

Alla terza conferenza Adelaide si presentò con dei vestiti che non passavano indifferenti, seguite dalle battutacce dei maschi e i commenti delle compagne, venerate e stimate quelle delle amiche, esasperate e stizzite di quelle invidiose. Io avrei potuto interpretare la sua propensione dal colore del perizoma, che regolarmente mi mostrò in modo candido dalla seconda assemblea. La dimostrazione le riusciva agevolmente ogni volta che la squadravo, ma non soltanto, perché veniva eclissata agli altri colleghi, in quanto era seduta nella prima fila, proprio di fianco a me. Ecco la sfida che tipicamente si prospettava: uomo aitante, cresciuto, scapolo senz’inclinazione, accuratamente fomentato da una ragazza che poteva essergli pacificamente figlia. Quali erano i piani della ragazza? Io non avrei potuto caldeggiarla neppure volendo. In quel momento ero fuori servizio né potevo segnalarla, poiché scartato dalle adunanze dei docenti, in conclusione qual era la strategia? L’unica decisione finale, quella fatta in premessa: messaggi semplici e senza troppa malizia, che una femmina ripeteva come natura consentiva. I suoi istinti erano, in questo caso, per l’uomo sviluppato e pronto, per quel gioco inesauribile e perenne, che rende gli uomini martiri e le donne favoreggiatrici e conniventi. 

Io ero l’appassionato e il ghiotto oggetto della sua seduzione, l’argomento e la materia prima del suo intrigato adescamento, perché lei armeggiava al meglio per sciogliere e per scacciare le mie riserve, per la cultura e per l’educazione che avevo ricevuto, ma innanzitutto perché non ero mai stato bersaglio né obiettivo finale del corteggiamento d’una donna. Al presente, infatti, divergenze e tentennamenti m’inseguivano braccandomi ogni volta che la vedevo, cercando con lo sguardo la provocatrice costante delle mie riunioni. Accadde che fu proprio un venerdì mattina che l’intravidi con le gambe allargate senza mutandine, con intenti e desideri ben definiti: voleva il mio consenso e il mio benestare su di lei. Il testosterone, il cosiddetto ormone farabutto dei desideri, nei maschi provoca gl’istinti e le impulsività più rabbiosamente che nelle femmine. Pleonastico e infruttuoso ribadire che io non restavo indifferente né disinteressato, ma non avevo l’intenzione di mostrarlo agli altri, perché mi preoccupavo al disopra di tutto delle rivelazioni con la collega della fila, che di certo le avrebbe propagate. Io avevo ancora una dozzina di sedute d’ascoltare e da seguire, i presenti che erano là con me non li avrei più incontrati, perché fu ancora Adelaide tenace e libidinosa tentatrice nel provocarmi: 

“Mi scusi, può concedermi un po’ del suo tempo dottor Renato. Vorrei parlarle, le ruberò solamente pochi minuti” – mi sbraitò Adelaide, tallonandomi nei corridoi nell’attimo d’intervallo. 

Al presente mi sentivo compromesso, esposto e irrimediabilmente trascinato come esponente, come persona e come pedagogo, in quanto ogni responso sarebbe stato come una dichiarazione: 

“Certo, sì, Adelaide, che cos’altro t’interessa conoscere di nuovo” – le manifestai io cercando di prenderla alla larga, per trovare una via di fuga. 

Lei possedeva degli occhi enormi, era là davanti a me, fruibile, aperta, disposta e ammaliante, giacché tutta la sua innata astuzia e la sua insita scaltrezza era piuttosto definita, nettamente esplicitata e lucidamente espressa. Questa è infatti l’origine delle masturbazioni mentali che t’assalgono, allorquando brameresti di far questionare la logica dibattendo e angustiandoti con le emozioni. 

“Naturalmente Adelaide, capita ugualmente quando vorrai e appena ne avrai voglia” – le ribadii, senza nascondere l’impiccio porgendole nel mentre il mio cartoncino da visita. 

Rammento solamente che la lasciai alquanto soddisfatta nel guardarmi, mentre abbandonavo l’assemblea. Io non volevo pensare ancora a quella ragazza che mi tallonava, dovevo liberarmene, dopo aver incriminato e polemizzato verso me stesso tutte le mie pecche e le mie influenzabilità. Una fiumana, una calca, i sorveglianti e i revisori, che al presente stazionavano dentro la mia testa ammonendomi. Il ragionamento che più m’assillava e che m’importunava era il seguente: se lei fosse tua figlia? Che cosa faresti? Era l’interpretazione e la critica più equilibrata e prudente che m’ossessionava l’intelletto rimproverandomi. Dovresti essere un docente e un educatore modello nell’insegnare, anziché soggiacere patendo le bizzarrie e subendo gli sfizi delle ragazze. Pensaci, se coloro che t’hanno delegato per la fiducia e per la responsabilità, supponessero il tuo rallegramento per le moine e i vezzi d’una ragazza, che valutazione e che opinione potrebbero mettere in circolazione? Questo mi passava per la testa scombussolandomi le membra, ma non solo. Alquanto diffidente, tormentato e risentito della mia onorabilità, della decenza e della compostezza che m’aveva introdotto nell’ambiente, adesso dovevo indulgere e giustificarmi con me stesso. Soltanto per essere stato il tema e lo scopo dei pungoli e delle istigazioni d’una ragazza, che avevo sopportato, attualmente ero in ostilità, in contesa e in netta opposizione con la mia coscienza. In quel frangente cercai di sorridere, di non pensare e in special modo di convincermi che non sarebbe successo nient’altro. 

“Buonasera dottor Renato. Potrei presentarmi da lei stasera, le rincresce? Avrei necessità di predisporre l’argomentazione per le ricerche sul tema della psicodiagnostica. Mi darebbe una mano?”. 

Questa, fu il tenore della telefonata che ricevetti da Adelaide, dove io le convalidai in seguito il colloquio. Inconsapevolmente balzò la preparazione per il ricevimento, effettuai una rapida sistemata all’appartamento, eseguii un adeguato rifornimento di bibite, salatini e succhi di frutta nel frigorifero. Un normale e adeguato comportamento per l’accoglienza che accordavo per qualche spasimante fortuita, tuttavia non si trattava della visita d’una concubina, bensì di un’allieva. Io non desistevo di rinunciare all’idea che si stava definendo: sì, una lezione, certamente, nel tempo in cui autocelebravo le mie peculiarità di maschio ferrato e competente, dal momento che quella visione mi stava invogliando aizzandomi oltremodo. 

Lei si fece attendere oltre l’orario stabilito, presentandosi da me per l’occasione più morigerata e composta di come si era lasciata squadrare al seminario. Niente trucco in viso, un lieve sfumatura sulle labbra e un’essenza dalla fragranza avvolgente, invitante e desiderabile. Io m’attendevo francamente una ragazza stravagante e bizzosa diventata da poco maggiorenne, contrariamente, però si era presentata una ragazza ordinata e ben abbigliata. Al presente, invero, tanti ranghi ricorrenti si stavano sbriciolando, tanti preconcetti stampati nella mia mente si stavano sminuzzando, il cliché e lo standard di donna era per ciò che conoscevo, donne dai cinquanta ai sessant’anni. Dovevo lestamente ricredermi e ravvedermi all’istante, perché niente sapevo delle ragazze odierne e attuali, per il lineare fatto che il confronto con quelle dei miei vent’anni di moltissimi anni orsono, era davvero improponibile, direi impensabile e irrealistico. 

Io e Adelaide ci posizionammo di fronte al computer, tuttavia lei s’alzò quasi immediatamente discolpandosi per un istante. Rientrò con il cardigan fra le mani, in verità scarsamente riparata da una camicetta splendidamente aperta sul collo rivelando la frangia decorata del reggipetto, ma più d’ogni altra cosa, io le squadravo due grossi e irti capezzoli, che incurvabili miravano nella mia direzione suscitando la mia focosa attenzione. 

“Dottor Renato, da come intuisco lei mi sta sondando” – sostenne Adelaide, distogliendosi dal monitor in maniera candida, insinuante e calcolata al tempo stesso. 

“Certo Adelaide, è più che naturale, è già la quarta volta che m’esibisci in maniera sfrontata che cosa porti là di sotto, conosco persino la gradazione dei tuoi tanga” – le ribattei io in modo netto e risoluto, reagendo e obiettando senza entusiasmi particolari. 

Adelaide, di contro, sapeva il fatto suo e non c’era mezzo d’attaccarla, risultava arduo metterla in difficoltà, io ero leggermente a disagio, anche se cercavo di nasconderlo. Lei m’osservava in maniera sorridente, s’offriva spontaneamente, la sua faccia era allungata verso la mia, anelava d’essere baciata, io temporeggiavo indugiando per l’improbabile difesa a tutte le mie durevoli fissazioni, alle mie costanti manie. Adelaide rasentò il mio braccio, quel contatto divenne in effetti una pigiatura eccezionale, una pressione inesprimibile che mi stava sollecitando. Dopo arrivò alla mia mano, sentivo la sua sopra il dorso, mentre m’accarezzava la sottile peluria delle falangi percorrendone tutto il tratto. 

Al momento ci stavamo esaminando a fondo, lei come una signora adulta, io viceversa come un ragazzetto accalorato e infoiato, affascinato e blandito dai suoi desideri, senza raccapezzarmi né afferrare più la diversità fra una ragazza, una donna, una femmina in durevole eccitazione. Le apparizioni e le ombre d’un maschilismo patriota esasperato, come se quarant’anni di discrepanza fra le donne del dopo guerra e le ragazze contemporanee degli anni novanta, non avessero provocato la sperata ribellione e la trasformazione dei sessi. Per questo, che le dottrine, le eredità, i pensieri e i retaggi della passata formazione intellettuale, quest’oggi intimoriscono e spaventano gli uomini nei confronti diretti. 

Non ricordo né posso precisare, se mi decisi io a baciarla oppure fu Adelaide a sfiorarmi le labbra, ma io non dovevo insegnarle proprio nulla. La sua bocca poco aperta si propose con la lingua, mentre assaggiava ed aspirava tastando la mia, casomai era più incontenibile, più bellicosa e veemente, ma era già la femmina che ogni uomo agogna, io soltanto m’ostinavo incaponendomi costantemente nel vedere un’innocente e ingenua ragazza. Adelaide mi reggeva la nuca con la mano sinistra, mentre con la mano destra in maniera intrepida e insolente m’accarezzava il petto. Io ero sotto le sue grinfie, poiché fomentato com’ero le stavo accarezzando le natiche sopra i pantaloni, captavo il bordo del tanga definendone la circonferenza del rivestimento, tentavo di riconquistare la sfumatura ai ricordi, ma in realtà ero maldestro di governarmi, arruffone e incapace di dominarmi. 

Adelaide invece, abile conoscitrice, temeraria ed esperta qual era, s’impossessò speditamente del mio cazzo stringendolo e torcendolo in maniera infervorata, ricreava con la bocca aperta il piacere di possederlo dentro di lei, ingegnandosi in parecchie boccacce ad ogni movimento impresso dalla mano. Io cercai di sollevarla per convincerla nel trarre utilità dalla camera da letto, ma Adelaide m’ostacolò resistendo, afferrò bensì la mia mano destra intrufolandosela dentro i pantaloni aperti per farsi toccare. Io mi ribellavo insorgendo alla sua volontà, dissentivo e disapprovavo totalmente, perché desideravo essere io a prescrivere e a comminare le regole. Adelaide per tutta risposta si sfilò la camicetta, si sganciò il reggipetto, facendomi esaminare in faccia due seni floridi, con due grossi capezzoli eretti. Nel tempo in cui conficcavo la bocca nei suoi capezzoli, la sorreggevo dietro la schiena. Con la mano le frugavo l’inguine accarezzandole la fica, senza alcuna problematicità per divaricarla, strabiliato per i fluidi che stava generando, tralasciando nell’immancabile e indubbio confronto, che una ragazza secerne almeno una quantità di secrezioni due o tre volte maggiori d’una cinquantenne. 

Lei mi masturbava con i denti serrati e le labbra aperte, con un certo sopruso e con un’inconsueta durezza, mentre stava boccheggiando per espandere il piacere che pure io le procuravo. Allungata sulla poltrona, con le tette in fuori, aveva accalappiato il cazzo con la mano destra. Pure io ero seduto, con la testa adagiata sui capezzoli con la mano affaccendata sul monte di Venere, fra il clitoride e l’orifizio anale. Non mi contenni e cedetti, rimasi sbigottito appena iniziai a sborrare mentre Adelaide mi guardava estasiata, intanto che io cercavo di puntualizzare sull’accaduto, tentando di giustificarmi per l’anticipazione del rapido orgasmo. Adelaide sogghignò schernendomi ulteriormente, perché ironizzando e punzecchiandomi nuovamente mi riferì: 

“Dottor Renato, è già diventato un veterano, nessun dramma. Ipotizzavo che avrebbe sborrato così rapidamente. Ero curiosa di vedere come e quanto, un signore della sua età resiste e poi sborra. Sono davvero deliziata e stupita di quanto seme ha eiaculato, fantastico”. 

Io tentavo di difendermi per via della mia lunga astinenza patita, Adelaide contrariamente mi lisciò con un gesto fra il modo benevolo e quello comprensivo, senza permettermi altri commenti. Io sobbalzai al trillo del suo cellulare, forse era un amico, probabilmente il giovane di turno, al quale spanse mille svenevolezze, emise una miriade di sorrisi e tutte le leziosaggini e i vezzi che si raccontano gl’innamorati. Adelaide si discolpò dichiarando e scusandosi che doveva andare, ma che quello che era accaduto era stato meraviglioso, inedito e piacevole. 

In sintesi, per dirla tutta, io ero stato abusato, sfruttato, spremuto e svuotato da una ragazza, da una splendida fica di ventun anni, che seguitavo insistendo nel respingerla, negando di ritenerla e di vederla ai miei occhi come una donna. 

{Idraulico anno 1999} 

 

 

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