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Castellarcero

By 13 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

A volte, leggere di certe vicende, può far credere che il cronista, perché di cronaca si tratta, tenda ad irridere o ridicolizzare sentimenti, a dissacrare credenze altrui, voglia divulgare malignamente eventi che qualcuno ritiene scandalistici, sottolineare ciò che i cosiddetti benpensanti, ed ambigui timorati di dio, spesso negano, negando in tal modo l’evidenza.

C’&egrave chi ostenta disgusto se sente pronunciare la parola ‘culo’, mentre &egrave per lui perfettamente normale parlare di deretano, sedere, posteriore, fondo schiena. Come se non ci si riferisse sempre alla stessa parte anatomica.

Lo stesso individuo arriccia il naso se gli dici che Nina e Nino scopano insieme, ma ti ascolta malizioso se spettegoli che Nino e Nina hanno una relazione sentimentale.

La ‘verità’, &egrave noto, &egrave sempre rappresentata, in ogni genere di arte, sempre senza veli.

^^^

Castellarcero &egrave un grazioso centro di villeggiatura, molto frequentato, che si raccoglie attorno a un vecchio castello, un giorno fortezza, nido per molti incontri d’amore. Il suo nome, infatti, riunisce le tre cose, il castello, arce, la fortezza, eros, l’amore. Si potrà osservare che spesso castello e fortezza sono indicati con la stessa parola. Comunque, quel paese si chiama proprio così, Castellarcero.

Noi ci andavamo tutte le estati, il più a lungo possibile, nella vecchia dimora familiare, piena di ricordi, di cose antiche, di comodità sconosciute in città, e di qualche disagio. Era stata ammodernata, certo, ma, volendo, si trovava sempre qualcosa da criticare.

I villeggianti appartenevano quasi tutti a una certa élite che voleva sfuggire la calura della città e godere il sereno riposo dell’abetaia, il mormorio dei ruscelli, lo stormire delle fronde, il bisbiglio degli uccelli.

Ero certo, o presumevo, che la presenza di un medico, che godeva d’un certo prestigio, (qualcuno, addirittura, parlava di un giovane ‘luminare’) era anche ragione di sicurezza che contribuiva a frequentare il paese.

Per i paesani, la permanenza di quel medico, che tutti salutavano e riverivano, chiamandolo ‘professore’, era anche l’occasione per consultarlo, senza dovere andare in città.

Piero Paolini, riceveva tutti, sempre con la medesima cortese cordialità, ma non accettava alcun onorario dai ‘locali’, del resto suoi compaesani perché la mamma lo aveva messo al mondo proprio in quella grande casa.

Marta, la giovane moglie, conosciuta quando, biologa, faceva pratica nel laboratorio di analisi cliniche, era entusiasta di quel soggiorno. Quell’aria, poi, giovava moltissimo al piccolo Nico, che, a tre anni, trotterellava per casa, viziato dai genitori, ma soprattutto dai nonni.

Piero aveva allestito un moderno laboratorio, al piano terreno, dove passava parte delle giornate, a ricevere pazienti ed amici, a leggere il giornale.

Fuori dell’ambiente medico, o dell’Università, gli era difficile vivere.

Amava, però, anche le passeggiate nel bosco, dissetarsi alla fonte limpida e fresca, giocare con Nico, metterselo a cavallucci e portarlo a vedere gli scoiattoli e gli altri animaletti del bosco, o mostrargli i funghi che nascevano sotto gli alberi.

Quando tornò a casa, con Nico, per la cena, Marta, che non li aveva accompagnati per preparare una delle cose che più piacevano al marito (insalata mista e frittata ripiena, nonché torta di frutta), gli disse che avevano telefonato i suoi genitori, alquanto preoccupati, informandola che Bianca non stava troppo bene e necessitava di un opportuno periodo di riposo e cure.

Bianca era la sorella di Marta, che lui aveva visto al matrimonio e solo un’altra volta, per poco. Era andata a scuola dalle suore, aveva deciso di rimanervi e di intraprendere la vita religiosa, sperando di essere assegnata ad una missione, del terzo mondo. A meno di diciotto anni, conseguita una brillante maturità, aveva intrapreso il periodo di noviziato, e contemporaneamente gli studi sociali. Dopo altri due anni, il mese prima, aveva abbracciato la ‘professione temporanea’. Ora, a venti anni, senza che la famiglia avesse mai avuto sentore che potesse necessitare di cure, la Superiora Maggiore le concedeva di assentarsi dalla comunità, per cure e riposo.

Piero ascoltò attentamente, e disse subito di essere certo che a Bianca avrebbe fatto benissimo un soggiorno a Castellarcero. Se necessario, sarebbe andato lui, o meglio loro, a prenderla.

Marta telefonò subito ai genitori, comunicando il parere e l’offerta del marito, ed essi, ringraziando il genero, si dissero che non speravano tanto, e che l’indomani avrebbero pensato loro a condurre Bianca a casa della sorella e del cognato. Quale migliore soluzione, conclusero, che un periodo in quel delizioso posto, sotto le cure di cotanto clinico!

Piero non ricordava bene la sorella di Marta.

Attendeva un tipo scialbo, forse vestita di scuro, con abiti senza stile e senza gusto. Con o senza occhiali? Lui associava la suora, la religiosa, a una persona asessuata, neutra, incolore.

Era quasi mezzogiorno quando l’auto del suocero entrò nel grande cortile, si fermò. Marta corse ad abbracciare i genitori. Piero era rimasto nello studio, spiucchiava da dietro le tendine. Dall’auto scese una giovane, alta, slanciata, vestita con un abito sportivo, di ottimo taglio, capelli castano chiari sulle spalle. La gonna, alquanto plissettata, e il giubbino di pelle non consentivano altri accertamenti. Non la ricordava proprio, Bianca.

Quella, dunque, era una ‘professa’ temporanea, una che voleva divenire missionaria. Chissà dove.

Ilda, l’aiuto domestico, scese a prendere il bagaglio della signorina, avviandosi a salire le scale, Marta bussò allo studio del marito.

‘Piero, sono arrivati, vieni?’

Piero uscì dallo studio, era in pantaloni di lanetta, camicia a piccoli quadri e un leggero pullover. Salutò cordialmente il suocero, baciò la suocera, si rivolse alla ragazza che lo guardava con un simpatico aperto sorriso. Notò subito che era un po’ pallida.

‘Tu, dunque, sei Bianca. Se ti avessi incontrato non ti avrei riconosciuta.’

Bianca gli si avvicinò, affettuosamente, lo baciò sulle guance.

‘Ciao professore.’

Piero pensò subito che una ragazza del genere era proprio sprecata come suora. Ora che la esaminava più attentamente, constatò che sprizzava femminilità da tutti i pori. Come si poteva fare a porre fuori dal normale consorzio umano simile dono della natura? Mah!

Saliva le scale dinanzi a lui. Le pieghette del vestito non riuscivano a nascondere il sederino nervoso che si muoveva incantevolmente.

Si sorprese a rimproverarsi: Piero, &egrave una ragazzina, di fronte a te, ed &egrave tua cognata. Inoltre, &egrave una suora, consacrata alla perfetta continenza.

Era proprio quella la cosa che non gli andava giù, abbinare quel gran tocco di’ alla continenza. Innaturale. Si, contro le leggi della natura. Ma quale regola poteva pretendere una forzature del genere!

Ma guarda cosa mi passa per la testa. A me, primario ginecologo e ordinario di diagnostica. Mi sto proprio rincoglionendo. Tutti questi arzigogoli per una ragazzina, anche se evidentemente idonea a incondizionati’servizi.

Erano giunti nel tinello.

Marta chiese ai genitori se volessero darsi una rinfrescatina o preferissero prima bere qualcosa. Una bibita, un aperitivo, un caff&egrave. Bianca chiese di andare in camera, li avrebbe raggiunti dopo essersi sciacquata il volto. Il padre chiese un caff&egrave e la madre optò per una bibita. Piero gradiva un aperitivo. Marta si avviò per preparare quanto avevano chiesto e disse alla sorella di seguirla, le avrebbe mostrata la camera, dove avrebbe trovato quanto necessario, oltre la doccia.

Il suocero si rivolse a Piero.

‘Non trovi che Bianca non stia troppo bene?’

‘E’ un po’ pallida, ma non mi sembra che si affatichi nel salire le scale. I suoi movimenti sono agili, coordinati. Marta mi ha detto che fa anche dello sport.

Non sapevo che in convento fosse possibile, e non vi nascondo che sono rimasto sorpreso del suo moderno e spigliato modo di vestire, dei suoi capelli lunghi e curati”

‘E’ un ordine al passo coi tempi che vuole inserirsi e operare nella realtà in cui si vive. Anche la loro attività missionaria &egrave tesa, sì a diffondere la parola di Gesù, ma anche ad aggiornare le menti, a renderle capaci di recepire la trasformazioni sociali che investono il mondo intero. Marta, come sai, segue studi proprio in materia. Ma cosa dici, riuscirà a migliorare?’

‘Veramente non so se sia affetta da qualche patologia ed eventualmente quale. Devo procedere ad una accurata anamnesi e ai necessari esami. Ma così, a prima vista, non direi che ci siano cose serie. Lei cosa lamenta?’

Intervenne la madre.

‘Dice di sentirsi stanca, astenia, di notare, a volte, una leggera febbricola, e di avere, ogni tanto dei doloretti alla parte bassa dell’addome. Sente un malessere generale che non sa descrivere bene.’

Piero ascoltava attentamente, e andava elaborando un suo pensiero medico che, però, non espresse perché voleva procedere come aveva detto.

Marta e Ilda stavano entrando con un vassoio sul quale quanto era stato chiesto.

In quel momento tornò anche Bianca. Senza il giubbotto.

Piero notò le tettine che premevano nella blusetta. E rafforzò i suoi apprezzamenti e le sue osservazioni di prima. Quanta grazia di Dio sprecata!

Ormai, l’aveva già bella e spogliata cogli occhi.

Il suo bel visetto era un po’ pallido, sì, anche perché non conosceva alcun cosmetico. Era una ragazza acqua e sapone. Forse la piccola bocca, a forma di cuore, avrebbe richiesto un po’ più di rosso. Ma sarebbe stato più gradevole baciarla senza lo smaccato burroso del rossetto. Chissà se aveva mai baciato qualcuno. Un bacio passionale, s’intende.

Rimasero d’accordo che l’indomani mattina l’avrebbe visitate.

Prima avrebbe fatto un prelievo venoso per alcune analisi che riteneva necessarie. Marta le avrebbe eseguite.

Ora si doveva pranzare, poi un riposino, quindi la passeggiata, la cena.

Il prelievo sarebbe stato fatto prima di colazione.

Fissarono la visita per le nove e trenta.

Piero disse ai suoceri che avrebbe avuto piacere se si fossero trattenuti qualche giorno, ma risposero che sarebbero ripartiti il pomeriggio successivo, dopo aver saputo il parere di Piero sulla salute di Bianca. Lui, il suocero, aveva fissato una sessione di lauree e non poteva mancare.

Marta fu precisa, rapidissima , indolore nel prelevare da Bianca il sangue che serviva per le analisi. Il marito aveva consigliato di fare una ricerca ematica abbastanza approfondita per stabilire se vi fosse dell’anemia ed eventualmente di che tipo. Del resto, Marta sapeva bene cosa fare.

Piero aveva fissato un’altra visita per le otto e trenta, e trovò la paziente già in anticamera quando, quando, puntualissimo, scese nello studio. Dopo poco più di mezz’ora era libero, e si mise a leggere la rivista inglese che gli era stata recapitata quel mattino.

Bianca fu anche lei puntuale. L’infermiera le disse che il Professore l’aspettava e la fece subito entrare.

Piero si alzò, andò incontro alla cognata, le mise una mano sotto al mento e le fece alzare un po’ la testa. La scrutò bene, abbassò una palpebra per accertarsi del colore della mucosa. Tornò a sedere dietro la scrivania. Fece accomodare la ragazza, di fronte a lui.

‘Adesso, cara Bianca, devo farti molte domande. Qualcuna ti potrà sembrare anche indiscreta, ma servono tutte per conoscerti bene e facilitare la diagnosi, dopo, logicamente, un esame obiettivo. Pronta?’

‘Prontissima.’

Era serena e quasi sorridente.

‘Hai sofferto di qualche cosa particolare da bambina, oltre le solite patologie dell’infanzia?’

‘No, solo qualche recidiva nel mal di gola. Niente di importante.’

‘Bene. C’&egrave un medico nel vostro Istituto?’

‘Una volta alla settimana, o se chiamato, viene il vecchio dottor Rocchi. E’ in pensione da qualche anno, ma le suore hanno molta fiducia in lui.’

‘Sei stata visitata da lui?’

‘Più o meno.’

‘Puoi spiegarti meglio?’

‘Lui guarda la gola, gli occhi, poggia lo stetoscopio sulle spalle, sul petto, in genere sui vestiti, e conclude sempre con un ‘benissimo’ rassicurante. Se prescrive, il ché avviene raramente, qualche farmaco dice che &egrave per precauzione.’

‘Capisco. A che età hai avuto la prima mestruazione?’

‘Poco prima dei tredici anni.’

‘Sono regolari?’

‘Abbastanza.’

‘Dolorose?’

‘Qualche volta?’

‘Abbondanti?’

‘Beh.. credo di si”

‘Cosa accusi, dolori, sensazioni, altro”

‘Mi sento un po’ debole, astenia, poca voglia di fare qualcosa, e a volte accuso dolori nella parte bassa dell’addome.’

‘Temperatura?’

‘Qualche febbricola, ma non spesso.’

‘Fastidi nella minzione?’

‘No.’

‘Appetito?’

‘Ti dirò, che oggi, dopo tanto tempo, ho molto gradito la colazione. In Istituto cerco sempre di saltarla.’

‘Bene. Ora vai dietro il paravento, ti spogli”

‘Completamente?’

‘Completamente. Indossi il camice che trovi nella busta di plastica, se hai la vescica piena la vuoti nel bagno che &egrave al di là della porta che vedrai, e torni qua.’

Sorridendo gli chiese se poteva tenere le scarpe.

Piero rispose che le avrebbe tolte salendo sul lettino.

Dopo pochissimo, Bianca ricomparve, nel largo camice, privo di bottoni, trattenuto solo da due grosse fettucce che ne accostavano i lembi.

L’infermiera, intanto, aveva disteso sul lettino una nuova strisciona di carta speciale e aveva posto a piedi un lenzuolino bianco, appena tolto dall’involucro igienico, più volte piegato. Si era accertata che fosse tutto a posto, strumentazione, provette, ecc.

Piero le disse che poteva andare. L’avrebbe chiamata se necessario.

‘Ora, signorina, a sedere sul lettino. Sdraiati, apri il camice, copriti col lenzuolino. Sono subito da te.’

Mentre Bianca eseguiva, lui aveva calzato i guanti di latice.

‘Seduta.’

Lei si mise a sedere, il lenzuolino cadde sulle gambe. Lasciando libere due tettine veramente graziose, ben sviluppate, color latte, e col capezzolino che le sovrastava come una fragola.

Piero pose l’orecchio direttamente sulle spalle, la fece tossire, respirare profondamente. Stessa operazione sul petto. Poi prese lo stetoscopio e l’appoggiò sotto la mammella sinistra, di lato, in più posti, spostando delicatamente la tettina che aveva trasformato la fragolina in un rosso lampone.

‘Giu.’

Bianca si sdraiò.

Lui abbassò il lenzuolino, palpò il ventre, il pube, si soffermò nei quadranti esterni, spinse, chiese se le procurasse dolore.

Bianca rispose che si, un po’ di dolore quando premeva li e li.

‘Bene. Ora devi avere pazienza ma dobbiamo proseguire la visita. Devi scendere un po’ col bacino, poggiare le gambe su quegli appositi sostegni semicircolari, e sopportare le mie intrusioni.’

‘Devo restare con le gambe spalancate?’

‘Certo, cognatina, &egrave quella che si chiama la posizione ginecologica. Mai sperimentata?’

‘Mai. Scusa, ma &egrave la prima volta che mi capita, in assoluto. Ed &egrave anche la prima volta che sono svestita dinanzi a un uomo.’

‘Al medico”

‘Certo’. Certo’ scusa.’

Piero l’aiutò a mettere le gambe sugli appoggi. Sedette sullo sgabello, prese l’apparecchio per l’esame endoscopico, l’accese. Di fronte a lui, il boschetto dei peli biondi, tanti e folti, della ragazza, le grandi labbra appena dischiuse, lo spettacolo d’un giovane splendido sesso.

Per pensarlo lui, che ne vedeva tanti! Ogni giorno.

‘Adesso, Bianca, devo ispezionare l’interno. Non proverai alcun male, non c’&egrave pericolo di nulla. L’apparecchio &egrave sottilissimo, non ti darà fastidio.’

Lei non rispose.

Con la sinistra divaricò le piccole labbra, introdusse cauto, l’endoscopio. Sul monitor ne seguì l’esplorazione, attenta. Si soffermò sulle pareti, rosee, senza alcun segno patologico. Proseguì fino al collo dell’utero. La sinistra, più o meno inavvertitamente, sfiorò il piccolo clitoride che ebbe un sussulto. Le pareti vaginali reagirono.

‘Ferma, Bianca, per favore.’

‘Non sono io.’

Nulla rilevò di particolare.

Piero decise di fare il prelievo per il Pt, il Pap test. Tolse tutto e prese l’apposito scovolino, minuscolo, per raccogliere le cellule.

‘Ora, Bianca, sentirai come una lieve carezza interna. Ferma.’

Fece tutto rapidamente.

Ripose lo scovolino nell’apposita custodia. L’avrebbe data a Marta.

Rimase a guardare le gambe aperte della ragazza.

Sentiva la voglia di affondarvi il volto, di baciarla, di lambirla con la lingua.

Ed il suo fallo non rimaneva insensibile. Il camice nascondeva tutto.

Poco professionalmente, con la mano aperta carezzò la vulva bionda, la percorse con un dito, titillò maliziosamente il clitoride. La ragazza non era insensibile. Si accorse che aveva gli occhi chiusi e si mordicchiava un labbro. Come se fosse necessario, insisté più volte in quella manovra. Un principio di masturbazione’ Lasciò’ L’aiutò a togliere le gambe dagli appoggi. Sfilò i guanti.

‘Puoi scendere e rivestirti. Abbiamo finito. Sentito dolore? Fastidio?’

‘No’ no’ nulla di tutto questo.’

Dopo pochi minuti Bianca riapparve, vestita, Un po’ rossa in volto.

‘Allora, Professore?’

‘Credo che si tratti di una lievissima forma di anemia. Le analisi ci diranno di che si tratta. C’&egrave un leggero risentimento annessiale, ma una settimana di antibiotici specifici lo farà sparire. Faremo anche il Pap test, ma solo per scrupolo, così pure una cultura del secreto vaginale per eludere presenza di micosi.’

‘Hai prelevato tutta questa roba?’

Piero sorrise divertito.

‘Poche cellule e un campionino di mucosità.’

‘Posso andare via?’

‘Aspetta che vengo pure io. Desidero un caff&egrave.’

Tolse il camice. Aprì la porta, le fece segno di precederlo.

Le dette una pacca sul sedere.

‘Affettuosa e confidenziale’, pensò lei. Ma ricordava anche quel non spiacevole fregamento col dito esplorante.

‘Un culo meraviglioso’, considerò lui. E già pensava come rivederlo al più presto.

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Piero era abituato alla razionalità, all’analisi, a riflettere e solo dopo giungere a conclusioni.

I dati erano questi.

Lui, affermato clinico, ordinario universitario, simpatico, senza arie ‘baronali’, grande maestro e prezioso collega, era anche molto corteggiato, un po’ dovunque. I suoi modi cordialmente cortesi mettevano a proprio agio, attraevano. Buon conversatore e miglior ascoltatore. Elementi impagabili nella sua professione. Le sua clientela privata apparteneva, in genere, alle classi privilegiate e ricche: età dalla pubertà alla’ tomba. In ospedale il suo atteggiamento non mutava. Pagante o meno, chi aveva bisogno della sua opera aveva le stesse premure, le stesse attenzioni. L’unica cosa che differiva, &egrave che in ospedale faceva anche qualche carezza affettuosa, confidenziale, che sentiva bene accetta. Molte altre donne, pazienti, colleghe, collaboratrici, le avrebbero gradite ugualmente, ma di diversa natura e in differenti circostanze.

Ogni giorno era alle prese con femmine: giovani, vecchie, belle, brutte. E ne conosceva attrattive e ripugnanze anatomiche. Da fichette quasi implumi a vagine slabbrate, uteri prolassati. Anche i culetti erano oggetto di attenzione, professionale o meno.

L’esplorazione rettale, a volte indispensabile, altre eseguita per eccesso di scrupolo, o curiosità paraprofessionale, evidenziava varie reazioni. Dal fastidio della ‘prima volta’, che cercava di attenuare con opportuni massaggi dall’altra parte, ad aduse sensazioni, più o meno piacevoli. In materia, cercava sempre di evitare lo spettacolo di tumefazioni emorroidarie che, malgrado il mestiere, lo disgustavano.

Marta era una gran bella donna, nel fiore degli anni, di entusiasti e rispettabili appetiti sessuali che faceva gagliardamente fronte alla evidente virilità del marito. Una coppia nel pieno della gagliardia. Quarant’anni lui, e ben portati, una fiorente donna, poco più che trentenne, che poteva ben considerarsi un gran bel pezzo di’

Ora, improvvisamente, si eccitava per una ragazzina di nemmeno vent’anni. Indubbiamente carina, anzi bella, e anatomicamente perfetta.

Inoltre, era sua cognata.

Per di più, professa.

Ma Piero ‘rifletteva- con tante femmine che puoi scegliere, a parte quel po’ po’ di moglie, ti stai rincoglionendo con una bambina.

Se proprio vuoi fartene una, basta pascolare nella scuola infermiere.

Decise che ci avrebbe provato.

Emy, l’inglesina, somigliava molto a Bianca, doveva provare con lei. Doveva fidare nell’azione vicariante.

Bianca, però, non riusciva ad allontanarla dalla mente.

Lo stava prendendo. E di brutto.

Insomma, era Bianca che voleva portarsi a letto. Un bocconcino prelibato.

Forse erano i tabù che la circondavano a stuzzicarlo: giovanissima, vergine, quasi suora, cognata.

Piero rassicurò i suoceri: piccole cose, forse nulla. In ogni caso le analisi avrebbero confermato o meno le sue idee. Al massimo, una breve curetta avrebbe risolto tutto.

Potevano partire tranquilli.

Marta era un po’ titubante. Voleva chiedere qualcosa al marito, ma temeva di contrariarlo

Si decise.

‘Piero, mi spiace che a causa di mia sorella debba dirti”

La guardò curioso.

‘Cosa?’

”Qui non ho il necessario per analisi complete e precise, specie che hai eseguito anche il prelievo per il Pap test. Potrei dare il tutto a papà, ma tu sai bene come vanno le cose. Se andassi io, in laboratorio, sarei certa dei risultati. Si tratterrebbe di un paio di giorni”

Piero pensò che certe volte il caso &egrave provvidenziale.

‘Ah’, e Nico?’

‘Verrebbe con me, i nonni ne sarebbero felicissimi. Ho pensato che, forse, &egrave bene che Bianca riposi, e sia sotto le tue dirette e immediate cure.’

‘OK. Telefonami il risultato delle analisi appena puoi.’

Piero guardò Bianca che se ne stava in silenzio, in poltrona.

Dopo che furono partiti, Piero disse a Bianca che gli sarebbe piaciuto andare fuori, per la cena: una pizza, o quello che vuoi tu.

Bianca dichiarò che andava matta per la pizza.

‘Bene, ne informo Ilda. Poi andiamo a fare un giro in auto, e ti porto in una borgata, non lontana, dove fanno la vera pizza napoletana, e c’&egrave anche della musica caratteristica.’

‘Non sono mai andata in locali del genere.’

‘Ricorda che c’&egrave sempre una prima volta, sta a noi renderla piacevole.’

Bianca indossò la gonna plissata, una blusa legata alla vita e, su suggerimento del cognato, portò un golf di lana.

Cominciava ad imbrunire.

L’attacco di Piero iniziò subito: guardingo, cauto, metodico, lento, calcolato.

Scendendo le scale le cinse la vita.

La fece sedere in auto e le aggiustò la gonna perché non rimanesse presa dallo sportello, e così poté lisciarle la gamba. Espedienti da adolescente!

Era premuroso, affettuoso.

Si avviarono, non velocemente, verso la statale.

‘Come va, piccola?’

‘Bene, grazie.’

Le pose confidenzialmente la mano, aperta, sulla coscia.

Carni sode, constatò.

Guidava senza fretta.

Dopo alcuni minuti giunsero a una graziosa borgata.

Decise di lasciare l’auto nel piccolo parcheggio.

‘E’ vicino, andiamo a piedi. E poi voglio farti vedere alcune graziose e tipiche produzioni artigiane.’

L’aiutò a scendere dall’auto.

‘E’ meglio che indossi il golf, o almeno mettilo sulle spalle, a quest’ora &egrave sempre un po’ umido.’

Prese il golf, lo adagiò sulle spalle. Con piccole sapienti carezze si assicurò che scendesse bene, le coprisse il petto.

Le mise la mano sulla spalla. Era più bassa di lui, anche di Marta.

Andarono verso una bottega artigiana che aveva esposte alcune camicette ricamate, con motivi caratteristici del luogo.

‘Vieni, entriamo.’

Bianca lo seguiva, abbastanza silenziosa.

Le indicò alcune blusette.

‘Sono belle, vero?’

‘Si, bellissime.’

‘Scegline una, te la voglio regalare.’

‘Sarebbe sprecata, in Istituto non la posso indossare.’

‘Adesso sei qui, la indosserai qui. Provala?’

Bianca era indecisa, lui l’incoraggiò.

‘A te quale piace, Piero?’

‘Questa.’

‘E’ quella che mi piace di più.’

‘Provala, lì. Dietro la tenda.’

Accompagnata dalla commessa, Bianca andò dietro la tenda, tornò indossando la camicetta.

‘Ti sta benissimo, sei splendida. Tienila.’

Fece mettere nel sacchetto la blusa che aveva tolta, pagò, uscirono.

‘Grazie, Piero’ non avresti dovuto.’

‘Sono contento che sia di tuo gusto.’

‘Grazie ancora.’

Si sollevò sulla punta dei piedi per baciarlo sulla guancia.

Il caratteristico locale, tipicamente sullo stile del luogo, con qualche accenno a una certa oleografia napoletana, le piacque moltissimo. Uno strano ma non sgradevole mix. Anche in cucina: Gennarino, il proprietario, napoletano ‘verace’, come suo nipote Ciro, il pizzaiolo; Dorina, la giovane e bella moglie, che amava definirsi ‘autoctona, con la vecchia cuoca Luisa.

Bianca scelse una ‘margherita’. Piero la imitò e chiese anche il frizzantino fresco.

Quando le pizze giunsero a tavola, Bianca accennò a battere le mani, come una bambina al ricevere d’una gradita sorpresa, con gli occhi che le ridevano. Bellissima, la nuova camicetta le donava molto. Non era perfettamente abbottonata e, quando si chinava, lasciava scorgere il bianco reggiseno che custodiva le preziose tettine che lui non poteva scordare.

Anche il vinello, piacque a Bianca e non si accorse che, pur non abituata a berne quotidianamente, stava vuotando i bicchieri che l’attento Piero andava riempiendo. Una coppa di melone allo champagne coronò il tutto.

Bianca era allegra, ogni tanto guardava il cognato, gli restituiva affettuosamente le strette di mano, e non dava peso quando la mano si soffermava sulle cosce, insistente, vagante, esplorante.

Piero non credeva che si sarebbe ridotto a tanto: palpare le cosce della giovanissima cognata, desiderare di carezzarle il sesso che appena percepiva attraverso il vestito.

Mandolinista e chitarrista alternavano canzoni romantiche ad allegre tarantelle.

Bianca aveva gli occhi sempre più lucidi.

S’era fatto abbastanza tardi.

Era l’ora di tornare a casa.

Nell’alzarsi, bianca barcollò. Era visibilmente allegra.

Il cognato l’aiutò, la sorresse, pose la mano sotto l’ascella, facendo in modo che sfiorasse il seno. S’avviarono all’uscita, verso l’auto. Lei abbandonò la testa sulla spalla di Piero, e si lasciò guidare, quasi trascinare. Appariva lieta, serena, rilassata.

Piero pensò che la vera Bianca era quella.

In vino veritas: femmina, e sensibile.

L’aiutò a salire e sedersi in auto. Sistemò il poggiatesta e l’inclinazione del sedile. Le allacciò la cintura di sicurezza. Lei lasciò fare, guardandolo con occhi dolci e un po’ rivelanti l’apprezzamento del vinello fresco e spumeggiante.

Si assicurò che tutto fosse a posto, che la cintura di sicurezza non sgualcisse la camicetta, che la gonna fosse ben distesa e che non infastidisse il ventre, in particolare la parte bassa, con irritanti piegoline. Con l’occasione, si interessò che le belle tettine fossero al loro posto, aguzze e distanziate tra loro,

Bianca seguiva tutto con attenzione.

E’ difficile dire se lo subiva, l’accettava, o gradiva.

Piero guidò lentamente verso casa. Carezzandola di quando in quando: sul volto, sul seno, tra le gambe leggermente dischiuse.

A casa, la prese sulle braccia. Lei gli si aggrappò al collo, proprio come una bambina che vuole essere protetta.

Salirono nella camera di lei.

Era tutto buio e silenzio.

Ilda sicuramente dormiva.

Poggiò Bianca sul letto. Lei si sdraiò con le gambe penzoloni le braccia lungo il corpo.

Le tolse le scarpe. Le sollevò il busto per sfilarle la camicetta, abbassò la zip della gonna, la fece scivolare sul tappeto.

Era li, col bianco reggiseno e le mutandine.

Sul letto era poggiata la lunga e leggera camicia da notte, anch’essa bianca, con spalline ricamate.

Si avvicinò all’orecchio di lei.

‘Te la senti di rimanere in piedi per infilare la camicia?’

Senza rispondere lei tentò di alzarsi. Lui l’aiutò.

Era in piedi. Slacciò il reggiseno, tirò giù le mutandine, le fece uscire dai piedi.

Era uno spettacolo incantevole, affascinante.

A parte i lunghi capelli biondi che le sfioravano impertinenti il bel culetto tondo, gli sembrava una figura uscita dalla ineguagliabile matita di Crepax.

Bianca gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

La sollevò di nuovo e l’accompagnò al bagno. L’aiutò a sedere sul vaso , attese che facesse la pipì, quando si alzò la deterse dolcemente tra le gambe, che lei aprì flettendosi sulle gambe, buttò la morbida carta nel gabinetto, premette lo sciacquone, la riprese in braccio e la pose a sedere sul letto.

Era il momento di indossare la camicia.

Pur sempre ciondolando un po’, Bianca alzò le braccia, poi le rimise giù. Si distese di nuovo, questa volta cominciando subito a dormire, con un profondo respiro, come il gradevole fare le fusa d’una gattina.

La camicia era rimasta sollevata, la copriva fino all’ombelico, e anche una tettina era fuori.

Piero era assalito da mille tentazioni. No. da una sola!

Cosa significava, però, sfruttare quell’occasione?

Con una donna in quello stato di torpore, non presente a sé stessa, quasi incosciente. Si sarebbe sentito quasi un necrofilo.

Festina lente, affrettati lentamente, il vecchio principio era saggio.

Si chinò a baciarle le labbra.

Quelle, però, erano vive, si mossero.

Questo lo spinse a baciarle il capezzolo: vivissimo e reattivo.

Poi il grembo, teneramente, intrufolando la lingua tra le grandi labbra, cercando, piano, di farle dischiudere le gambe. Ecco, ora sentiva il piccolo clitoride sollevarsi, lo succhiò delicatamente, scese ancora e provò con la punta della lingua a insinuarsi nella piccola delicata, leggermente salata, vagina. Quel sapore testimoniava la non insensibilità della ragazza. Insisté, inoltrandosi sempre più, fin quando poté, e la sentì palpitare, agitarsi, mugolare, gemere, sussultare, abbandonarsi sfinita.

Doveva lasciarla.

Ancora un po’ e non avrebbe più controllato quanto urgeva nella patta dei pantaloni.

Abbassò la candida camicia, spense la luce del comodino, andò nella sua camera.

Decise di prendere, opportunamente, alcune gocce distensive, che gli avessero consentito il sonno.

^^^

Era già seduto per la colazione che Ilde aveva approntata, quando entrò Bianca, allegra e festosa, quasi saltellando.

Si avvicinò al cognato.

‘Ciao, Piero.’

Si chinò a baciarlo sulla guancia.

Sedette di fronte a lui.

‘Grazie per ieri sera, &egrave stato tutto bellissimo’ solo che ho bevuto troppo ed ho ricordi confusi’ strani. Non ricordo nemmeno come sia riuscita a svestirmi, a indossare la camicia da notte, a mettermi a letto. Un grande disordine mentale.’

‘Ti ho aiutata io, per quanto ho potuto.’

‘Ti devo ancora un grazie. Sei sempre premuroso.

In compenso, ho sognato molto. Sogni bellissimi, che ho vissuto intensamente, come fosse realtà, ma nello stesso tempo sogni inquietanti. Almeno per me.’

‘Cosa hai sognato?’

Bianca alzò le spalle.

‘Qualcosa che non si può dire?’

Arrossì visibilmente.

‘Più o meno”

‘Se non altro, era piacevole?’

Il rossore aumentò.

‘Questo si’. Purtroppo”

‘Come purtroppo.’

‘Certe cose non dovrei neanche sognarle’ Se permetti, non vorrei parlarne.’

‘Come vuoi.’

‘Quando tornerà Marta?’

‘Al più presto domani sera.’

‘Hai visite?’

‘Questa mattina no. Solo una nel pomeriggio, alle diciotto. Anzi, pensavo di andare al lago.’

‘Si può fare il bagno?’

‘Non credo, l’acqua &egrave abbastanza fredda. Ma si può andare in barca. Andiamo?’

Divenne ancora più allegra.

‘Posso venire anche io?’

‘Come ‘posso’. E che, ci vado solo in barca?’

‘Bello. Che devo mettere?’

‘Se lo hai indossa un costume, non per il bagno ma per il sole.’

‘Non ne ho, e quelli di Marta credo mi stiano grandi.’

‘Prova, sono elasticizzati. Potrebbero andare bene. Li ha in un cassetto del guardaroba. Va.’

‘Quale cassetto?’

‘OK. Ti accompagno.’

Andarono nella camera matrimoniale, le mostrò il cassetto. C’erano diversi costumi.

‘Eccoli.’

Ritenne opportuno uscire.

‘Se Metti il costume porta anche un telo. Troverai tutto, anche la borsa, nell’armadio. Ti aspetto in garage.’

Bianca scese dopo qualche minuto.

‘Hai ragione, ho messo quello smeraldo, due pezzi, mi sembra che vada bene. Del resto, basta stringere i legacci. Forse le coppe sono un po’ grandi.’

Piero era pensoso.

Non che avesse abbandonato il suo proposito, tutt’altro, ma veniva tormentato da una interminabile serie di perplessità. Una volta che fosse riuscito nel suo intento, come sarebbe andata a finire? Non era certo per ‘una botta e via’, per mille e una ragione. Allora?

Che reazione avrebbe avuto Bianca? E che conseguenze ci sarebbero state nella di lei scelta di vita? Una relazione duratura con la sua eccitante cognatina? Ma lei sarebbe tornata in Istituto. Ma ci sarebbe tornata’. Dopo?

Forse era inutile invischiarsi in tutte quelle idee. Le ipotesi potevano essere infinite.

Comunque, era certo di raggiungere la meta?

Salirono in auto, si avviarono al lago.

Bianca lo guardò.

‘Sei un po’ taciturno.’

‘Scusa, stavo cercando di ricordare, senza ragione, gli impegni per domani. Non saprei restare senza lavoro e nello stesso tempo mi infastidisce non riuscire ad essere completamente libero.’

La ragazza posò affettuosamente la mano su quella di lui, che teneva sul volante.

‘Grazie, Bianca, sei dolcissima.’

Le sorrise.

‘Contenta di essere riuscita a scacciare il pensiero che ti infastidisce.’

‘Grazie, piccola.’

Le carezzò il volto.

Erano giunti allo ‘Chalet del Lago’, Bar, ristorante, noleggio di barche a remo e a motore.

‘Vieni, Bianca, prendiamo qualcosa.’

‘Cosa?’

‘Non so’ un gelato.’

‘Benissimo, ne vado matta.’

Entrarono, ordinò un cono con fragola e panna.

Piero volle un cappuccino tiepido.

Il proprietario si avvicinò a loro.

‘Buon giorno, professore.’

‘Buon giorno, Gianni. Questa &egrave la mia bella cognatina, la sorella di ma moglie.’

Gianni chinò leggermente il capo.

‘Conosco Gianni, cara Bianca, da quando ero ragazzo.’

‘Vuol fare un giretto sul lago, professore?’

‘E’ quello che pensavo.’

‘C’&egrave il piccolo entrobordo che uso io, glielo cedo volentieri. E’ a punto, e corredato di tutto. Anche di telefono.’

‘Grazie, Gianni.’

‘Posso farle preparare il pranzo? Pesce di lago alla nostrana.’

Piero guardò interrogativamente Bianca.

Lei rispose con un gesto che voleva dire che era d’accordo.

‘OK Gianni. Va bene per le tredici?’

‘Perfetto, professore. Il motoscafo &egrave attraccato al pontile di legno, le chiavi sono a bordo.’

Salutò e si allontanò.

Bianca gustava lentamente il gelato, e aveva un po’ di panna sul labbro superiore.

Piero prese un tovagliolino di carta, dal contenitore, levò la panna, sorridendo.

‘Sei proprio una bambina golosa.’

‘Si, sto scoprendo tante cose, e che mi piacciono.’

‘Buon segno, significa che stai bene, forse i tuoi piccoli disturbi sono collegati a un certo modo di vivere.’

Si avviarono al pontile.

Nella mente Bianca si andava srotolando il play back della sua vita.

Andata in Istituto a dieci anni, quella era la prima volta che si trovava di fronte a una realtà sconosciuta, a qualcosa che, influenzata dall’ambiente e dal clima cosiddetto educativo nel quale viveva, aveva costruito internamente a modo suo, o meglio a suggestione degli altri.

Era cresciuta assimilando i principi che le venivano imposti, più che presentati. Un nebuloso miscuglio di cure per lo spirito e per il corpo.

Il corpo, che secondo la religione da lei professata, era suprema opera d’un Dio che l’aveva creato a sua immagine e somiglianza, era, tutto sommato, la sede del male, del peccato, della perdizione, della perdita della felicità eterna, non di questo mondo, naturalmente.

Il godimento dello spirito era messo a dura prova dalle tentazioni del corpo.

Il corpo, temporaneo e corrompibile, si perdeva nella ricerca del piacere materiale, fonte di dannazione perpetua.

Il nocciolo duro (guarda caso, in inglese si dice hard core), é il sesso.

Perché, poi, il Creatore avesse demandato al sesso il compito della perpetuazione della specie, se la cosa era tanto peccaminosa, non era molto chiaro.

Sesso uguale a inferno. Inferno, regno di Satana. Satana sempre alla caccia di nuovi sudditi, poveri esseri umani attratti e illusi dalle ingannevoli lusinghe del demonio. Mefistofele alla ricerca di Faust.

Secondo il sottile condizionamento continuo dell’Istituto, le creature di Dio, in fondo, erano espressione di Satana. Infatti, le donne dovevano allontanare l’uomo, il loro demonio, e gli uomini dovevano ben guardarsi dalle donne, le loro diavole.

Come si trovasse bene ‘lo diavolo maschio nell’inferno femmina’, di boccaciana memoria, non era tema di considerazione, in Istituto.

Bianca andava guardandosi intorno, ora, e cercava di vedere nell’uomo il temibile e pericoloso satana, ma non ci riusciva.

Come definire ‘diavolo’ il tenero e premuroso Piero, che la circondava di mille attenzioni, che la proteggeva, la faceva sentire sicura con lui!

Erano arrivati al motoscafo.

Tolsero i calzari, salirono a bordo.

Una bella barca, molto sportiva, scoperta, con la vasta poppa dove la ampia spalliera del comodo e morbido sedile formava un invitante solarium. A sinistra la poltroncina del pilota, a destra altra, per un passeggero.

‘Siedi, Bianca.’

Lui prese posto dinanzi al timone, accese il quadro, fece un rapido controllo degli strumenti, mise in moto, si accertò del funzionamento del contagiri e degli altri indicatori. L’uomo sul pontile sfilò la sima dalla bitta e la gettò a bordo.

Piero scostò lentamente.

Cielo limpido, con una piccola gradevole bava di vento.

Bianca guardava intorno, incantata. Ogni tanto lo sguardo si posava sul cognato, con espressione che manifestava contentezza e riconoscenza.

‘Posso muovermi, Piero?’

‘Certamente.’

Si alzò, gli andò vicino, posò sulla guancia di lui un tenero bacio, il suo solito ‘bacetto’, ma questa volta era accompagnato da un delicato abbraccio.

Piero lo ricambiò, cingendole la vita.

‘Vuoi provare come si sta al timone?’

‘Magari, posso?’

‘Vieni qui, davanti a me.’

Spostò un ginocchio per farla entrare nello stretto spazio tra lui e il timone.

Era inevitabile che Bianca poggiasse il suo tondo sederino sul piccolo spazio della poltroncina che lasciavano libero le gambe di Piero.

Piero ne sentiva l’inebriante calore, la provocante e gagliarda prosperità. Strinse le gambe e sentì che aderiva ancor più a lui, al suo crescente ed evidente desiderio.

‘Metti le mani sul timone.’

Bianca eseguì.

Lui vi pose sopra le sue.

‘Ecco, ora ti faccio vedere come si fa a virare’. Così’a destra, poi raddrizzi, e quindi a sinistra. Lentamente, senza scatti’ così’ prova da sola.’

Le sue mani andarono sotto le ascelle della ragazza, scivolarono lentamente in avanti, sulle tettine. Rimasero inerti,poi le dita presero vita, si strinsero un po’, intesero i piccoli deliziosi capezzoli, li carezzarono piano.

Gli sembrò che il culetto di Bianca premesse contro la sua patta gonfia.

Una mano scese sul ventre piatto, lo strinse per sentirla ancora più vicina. Proseguì sul pube. Sentì l’orlo dello slip.

‘Perché non ti metti in costume, Bianca? Il sole &egrave caldo. Credo che sia il momento opportuno.’

‘Devo tornare al posto mio?’

‘No..no. Lascia un momento il timone, lo governo io.’

Lei sentì le mani di Piero abbandonarla, si alzò, si liberò rapidamente dell’abito, gettandolo nello spazio retrostante, tornò a sedere. Questa volta proprio sull’inarrestabile gonfiore di lui. Riprese prontamente il timone.

Era bello sentire quelle dita sul suo corpo.

Ora erano a diretto contatto della pelle.

Erano entrate nel reggiseno.

S’erano intrufolate nello slip.

Ecco, stava rivivendo, desta, sveglissima, le deliziose sensazioni del sogno, o quasi.

Piero andava frugando tra la i riccioli di seta della sua bella cognatina, sentiva che non teneva serrate le gambe, e quando le sue dita s’intrufolarono tra le grandi labbra, percepì lo sporgersi invitante del bacino. Il piccolo bocciolo che stava fiorendo, sembrava impazzito. Le natiche sobbalzavano, lo stavano facendo impazzire di desiderio, il motoscafo andava a zig zag, lei sembrava in preda a un incontenibile eccitazione, era tesa, e urlò di voluttà quando, quasi improvviso, esplose in lei il primo vero orgasmo della sua vita.

Si abbandonò tra le sue braccia.

Lui bloccò il timone.

La baciava dolcemente, la carezzava teneramente.

Bianca era in balìa di contraddittori sentimenti, e cercava di aggrapparsi a quelli che più comprendevano il suo comportamento.

Piero, mio cognato, quasi un fratello, gli inglesi, appunto, lo chiamano brother in low, fratello per legge.

E’ un’attenuante o un aggravante, per quello che ha fatto?

No, non devo essere ipocrita, quello che abbiamo fatto.

E se proprio devo dire tutto, sinceramente, per quello che l’ho provocato a fare?

E’ più bello che nel sogno. Quasi.

Come capisco Faust, che dette l’anima al demonio per avere Margherita.

Si, la dannazione eterna, &egrave vero.

Perché, però, farla precedere dal tormento terreno?

L’al di là e l’al di qua.

Perché mi &egrave stato insegnato che non si deve mai lasciare il certo per l’incerto?

Forse aveva ragione Orazio: carpe diem, cogli l’attimo, approfitta del giorno presente.

Senza ‘forse’, aveva proprio ragione.

Providus eventus, il bisogno di cura.

La giusta cura per me, é Piero. Cura apta mihi

Forse siamo solo all’inizio, non all’introduzione.

Fortasse initium est, non introitum!

Comunque, era incantevole sentirsi tra le sue braccia.

‘Come stai, piccola?’

‘Benissimo’grazie.’

‘Sei bellissima.’

Non rispose.

‘Vuoi distenderti al sole?’

‘Se mi sarai vicino.’

‘Vieni.’

La condusse sul solarium. Prese il telo dalla borsa che Bianca aveva portato, la distese sul materassino di tela cerata.

‘Spogliati.’

‘Si.’

Tolse ogni cosa, si sdraiò, supina.

Piero si denudò.

Era la prima volta che Bianca vedeva il fallo di un adulto, poderosamente eretto. Fu affascinata e spaventata nel contempo. Potenza della natura, ma tremenda prospettiva quella di essere penetrata da simile arnese. Gli ammonimenti dell’Istituto: saresti squarciata due volte, dal suo sesso, dalle conseguenze, dal parto!

Le si avvicinò, si distese al suo fianco.

Le baciò gli occhi, le labbra. Succhiò delicatamente i capezzoli mentre la carezzava: il ventre, tra le gambe che si dischiudevano lentamente. Sentì il palpitare delle piccole labbra, vi introdusse un dito, cautamente, alla ricerca del punto più sensibile. Doveva condurla al rito di iniziazione senza turbamenti, timori, riserve. L’eccitazione era la cosa migliore. Sentì la vagina lubrificarsi rapidamente, essere più che pronta a riceverlo. Ora erano due le dita che la penetravano. Uscì da lei e la carezzò nell’interno delle cosce, lievemente sul pube. Fece in modo che alzasse le ginocchia, si poggiasse sui talloni. Si alzò lentamente, entrò tra le sue gambe. La guardava fisso, sorridendo, rassicurandola.

Bianca era ancora un po’ tesa, ma più desiderosa di conoscere che non intimorita. La calma e la padronanza di Piero la incoraggiavano. In fondo lo voleva, lo bramava. Ebbe un piccolo moto di irrigidimennto quando sentì il glande che s’era appena introdotto in lei. Un bacio appassionato, la fece calmare di nuovo. Stava entrando in lei, lentamente, molto lentamente, sentiva che la sua vagina si dilatava per accoglierlo. Una piccola barriera’ una lieve spinta’ una lieve, impercettibile, fitta, e si sentì riempire da un soave invasore che vibrava in lei, ne percepiva il pulsare delle grosse vene.

Era un piacere indescrivibile, altro che ‘squarciamento’.

Si muoveva voluttuosamente, seguendo l’istinto, la più insuperabile delle maestre, la natura.

Che dolce peso quello di un maschio su lei.

Che incanto sentirlo in lei, entrare e uscire, donandole una voluttà insperata. Lei desiderava ricambiarla, e sentiva che ci riusciva perfettamente.

Ascese in estasi, raggiungendo vette eccelse, poi precipitò in un vortice meraviglioso. Quel gemito che le sfuggiva dalle labbra era suo. E aumentava, aumentava fino a culminare in un grido roco e sublime che disse il suo orgasmo, il suo godimento, l’ebbrezza della prima di quelle che lei voleva cogliere nuovamente, infinite volte.

Quando sentì il seme di lui spargersi come un balsamo divino, non la sfiorò neppure il pensiero che quell’istante poteva anche essere l’inizio di una nuova vita, in lei.

Giacque meravigliosamente spossata.

Era il mutamento radicale della sua esistenza: nasceva Bianca, dalle ceneri di suor Bianca.

Piero, supino, la teneva abbracciata.

‘Sei bellissima stupenda, ineguagliabile.’

Era di fianco, rivolta a lui, con la gamba su quelle di lei, una bella tettina sul petto. Lo guardava rapita, in adorazione.

‘Sei il mio signore, Piero, sei il pane che mi sfama la bevanda che mi disseta. Ho realizzata la totale, irripetibile offerta al mio signore. Oggi si &egrave compiuto uno dei tre eventi che nella vita avvengono una sola volta: nascere, morire, offrire la propria purezza.’

Piero la strinse appassionatamente.

Bianca era completamente presa dalle sue riflessioni.

Dieci anni d’Istituto avevano, logicamente influito sul suo modo di pensare. Risentiva del come spesso lì si affrontavano i problemi apparentemente in forma corretta, ma in modo cavilloso. Erano maestre, le due indottrinanti, nel ragionamento sofistico.

Gli carezzava il volto, lo baciava di tanto in tanto.

‘Mi consideravo sposa di chi può e deve anche considerarsi fratello. Ora non lo sono più. Ed &egrave scritto che debba essere di suo fratello, di mio cognato.’

Si avvicinava l’ora del rientro.

‘Voglio fare il bagno, Piero.’

‘L’acqua &egrave fredda.’

‘Devo”

La guardò sorpreso.

‘Devi?’

‘Desidero compiere l’antichissimo rito dei nostri padri d’Israele: il lavacro, dopo ogni congiunzione carnale. Vieni pure tu. Solo un tuffo.’

Piero aggrottò la fronte.

Si alzarono.

Il telo recava la evidente testimonianza dell’offerta di Bianca.

Lei lo prese, lo gettò in acqua, tese la mano a Piero, la strinse, e lo trascinò con se.

Recuperarono il telo, salirono a bordo, si asciugarono alla meglio, si rivestirono.

Si diressero a riva.

Bianca volle stare sulle sue ginocchia, fin quando la prudenza non le suggerì di prendere posto sulla poltroncina a fianco del pilota.

Il volto di Bianca era trasfigurato, adesso era quello d’una donna. Sereno, disteso, contento. Sprizzava gioia e felicità dai pori. E ne era fiera, la esibiva, era il suo modo di comunicare a tutti che, finalmente, era compiutamente donna, nella pienezza dell’accezione.

A tavola guardava intorno, sorridente.

Sembrava dire: ‘Venite et videte’in caelo sum!’ Si chinò verso Piero.

‘C’&egrave una specie di poltrona sulla terrazza della tua camera. M’&egrave venuta un idea”

‘Quale?’

‘Non te la dirò, te la dimostrerò.’

‘Perché, le idee si dimostrano?’

‘La mia si.’

In auto, tornando a casa, non cessava di toccarlo, carezzarlo. Sembrava volesse accertarsi della reale esistenza di lui, di vivere, non sognare, fantasticare.

‘Quando dovrebbe tornare Marta?’

‘Credo domani o, al più presto, questa sera. Molto tardi.’

Giunti a destinazione ripeté che voleva sperimentare l’attuazione della sua idea.

Andarono nella camera di Piero.

Bianca uscì sul balcone, prese la famosa sedia e la trascinò dentro.

Andò alla porta, la chiuse a chiave.

Si avvicinò alla toletta, raccolse i capelli sulla nuca, che appena scendevano verso il collo.

Lo guardò, maliziosa e provocante.

‘Fa come me, Piero.’

E cominciò lentamente a spogliarsi.

Voleva averlo di nuovo. In quella camera.

Lui le tenne dietro, cominciò a svestirsi, ammaliato, ma non ancora capendo cosa volesse significare quella sedia a braccioli, quale fosse l’idea’.

Quando fu nudo, e naturalmente eccitato dalla fiorente vista della ragazza, Bianca gli disse di sedere, e lo raggiunse, ponendosigli a cavalcioni, afferrando il glande e ponendolo all’apertura della vagina.

Piero restava affascinato, sorpreso, da tanta istintività, naturalezza, capacità di realizzare l’impaziente capriccio.

Era proprio vero, la donna ne sa una più del diavolo. Perché con certe idee ci nasce, non abbisognano di esperienza pregresse.

Gli si avvicinò, facendosi penetrare.

Aveva preso decisamente le redini.

Lo andava cavalcando come amazzone esperta, e si lasciava voluttuosamente travolgere dal piacere di quella galoppata. Gli offriva i capezzoli da baciare, e quando il dito di lui le carezzò il perineo, si soffermò sul buchetto che custodiva tra le natiche, sussultò con maggior foga, contraendo le calde pareti del suo sesso, e giunse trafelata e ansante alla meta di nuovi e più appaganti orgasmi. Rovesciò il capo indietro, con gli occhi chiusi, quando senti di nuovo il dilagare del seme di lui.

Era infinitamente voluttuoso, tutto questo, ben al di la di qualsiasi speranza. Ma già s’insinuava nella mente di lui l’interrogativo del ‘dopo’.

Ne avrebbe dovuto parlare con Bianca.

Adesso, forse, era troppo presto, intempestivo, poteva sciupare la bellezza di quei momenti.

Bianca s’era lasciata andare, lo abbracciava, sudata e felice. Sembrava non volerlo far sfuggire, sgusciare da lei. Lo attanagliava gelosamente.

‘Piccola, sei una vera delizia’ Dobbiamo essere cauti..’

In quel momento trillò il telefono, sul comodino.

Con riluttanza Bianca dovette alzarsi, lui andò a rispondere.

‘Ciao Marta’ si sono in camera, a cambiarmi’ Marta sta benissimo’ credo sia in camera sua, o giù, in giardino’. Benissimo, tutto regolare dalle analisi’ credo sia proprio un disturbo con una grossa componente psicologica’ ne parleremo al tuo rientro, quando? Domani per il pranzo? Benissimo’ Nico? Dagli un bacione da parte mia. OK, ti saluterò Bianca, ciao.’

Riattaccò il ricevitore.

Bianca era rimasta in silenzio, in piedi, così, nuda.

‘Che bello, potrò dormire con te stanotte!’

^^^

Erano a letto, alle prime luci d’una notte abbastanza movimentata, nella quale la pur vigorosa energia di Piero fu messa a dura prova. Bianca sembrava voler recuperare il tempo perduto. E non aveva che venti anni!

Lui era supino, lei quasi completamente su lui.

La sera prima le aveva detto che doveva prima sdraiarsi un po’ nel suo grande letto matrimoniale, per dare la sensazione, a Ilde che era addetta alle camere, di averci dormito.

Quando tutto fu buio e silenzio, la raggiunse nella sua cameretta, bramosamente atteso.

Ora lui stava cercando di affrontare uno spinoso argomento.

‘Dunque, piccola, hai deciso di lasciare l’Istituto, cercherai una occupazione per avere una certa autonomia e intendi ultimare gli studi. Sono certo che potrai fare tutto questo e che sulla tua strada incontrerai anche un bravo giovane col quale metterai su famiglia”

Bianca alzò la testa di scatto, lo fissò con volto indignato, un misto di sorpresa, sgomento, terrore.

‘Un giovane? Famiglia? Ma ti sei già stufato di me?’

‘No, che c’entra”

‘Io non ho bisogno di nessuno, all’infuori di te”

‘Certo’ certo’ bambina mia..ma’ la mia famiglia”

‘Esiste e rimane e la dovrai curare, come prima e più di prima. A me bastano le briciole che cadono dalla mensa del padrone, come al cagnolino del passo evangelico”

‘Tu meriti ben altro che briciole”

‘Le tue briciole mi sazieranno, mi delizieranno.’

Non era facile colloquiare con una simile mentalità.

Comunque, bisognava avere almeno un’idea sul futuro di Bianca.

Le carezzava la schiena, le sempre più invitanti, provocanti natiche, sentiva il sesso di lei sulla sua coscia.

In fondo quella dichiarazione di ‘fedeltà’ di ‘dedizione’ non gli dispiaceva. Lo lusingava.

‘Lo sai che sono l’azionista di maggioranza della ‘Fons Vitae’, la grande clinica alla periferia, nel verde parco che la accoglie e dove abbiamo anche realizzato una Foresteria, per i parenti che desiderano restare accanto alle persone ricoverate. L’attico &egrave costituito da una comoda e accogliente suite, del tutto autonoma, che dispone anche di cucinino e una vasta e panoramica terrazza.’

‘Si?’

Lo ascoltava attentamente.

‘Potresti sistemarti li. L’Università non &egrave lontana. Ora sei al terzo anno, vero?’

Bianca era felice di essere tra le sue braccia, carezzata così, la voce di lui era calma, suasiva. Avrebbe voluto che quel momento durasse all’infinito.

‘Si, al terzo, ma vorrei proseguire per la specializzazione.’

‘Intanto potresti frequentare anche il nostro centro di assistenza sociale, &egrave una dei migliori”

‘Ma tu non mi lascerai, vero?’

‘Io ho le chiavi di quella suite”

‘Ti adoro, Piero’ Più di ogni altra cosa, al mondo, no, in tutto l’universo, tu sei il padrone della mia vita, il mio signore, tua in aeternum, perpetua professio..’

Lo baciò appassionatamente sulla bocca.

^^^

Nico, quell’anno, frequentava la prima media.

Bianca, splendida trentenne, di quelle che ti fanno voltare per non perdere lo spettacolo dei suoi ondeggianti fianchi, aveva acquistato forme statuarie, pur conservando un certo ché di giovanile freschezza, come di virginità, era responsabile del servizio sociale della ‘Fons Vitae’.

Marta dirigeva un importante centro di ricerca di patologia clinica, al quale si rivolgevano strutture pubbliche e private.

Per Piero era come se gli anni non fossero trascorsi.

Nulla era mutato nei suoi rapporti con la moglie, col figlio, con tutta la famiglia. Ogni tanto si chiedeva se Marta sapesse, sospettasse’ A lui non sembrava’ Gli veniva perfino il sospetto che, pur essendo consapevole, la moglie non volesse spezzare equilibri soddisfacenti per tutti, creare drammi familiari.. Addirittura era arrivato a pensare che amava tanto marito e sorella che quel modus vivendi non la turbava.

Frequenti giornate, specie festività, trascorse ‘tutti insieme’.

L’estate, sempre insieme a Castellarcero.

La suite della foresteria accoglieva spesso i teneri ma sempre appassionati incontri di Bianca col suo ‘signore e padrone’.

Quando lui le disse che era necessario, per prudenza, inserire in lei uno IUD, intra uterine device, e si era ai primi giorni della loro relazione, disse che avrebbe fatto sempre tutto quello che voleva lui, ma che intuiva che non avrebbe mai partorito un figlio del suo signore, perché la scrittura dice: ‘non abbiano figli!’

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