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Racconti Erotici

Cedri di luna

By 16 Marzo 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

“Dentro i miei occhi / si apre il canto ermetico / delle sementi / che non fiorirono”.

“Non &egrave mai nato, mai!
Ma poteva germogliare.”

(F. Garcia Lorca)

Non &egrave mai nato, mai…
Come questo pomeriggio ormai lontano (l’una di notte mentre scrivo), le tue dita, carne e muscoli e sangue, dieci, tutte, tra il bianco e il nero di una tastiera di pianoforte. Quanto ti sei dato… Tutto ti sei dato.
Suonavi.
E io cantavo, pensando a ciò che non stava succedendo.
Le tue dita, così agili, non stavano sfiorando il mio corpo.
Insieme, soli, da ore ormai. Le tue mani, che tante volte avevano ravvivato il fuoco della stufa – fiamme forti più del gelo, luce calda come il sole – non si stavano posando sul mio braccio, leggere sul collo, nell’incavo del seno.
Non mi stavi accarezzando, sul divano rosso su cui ero stesa. Non ti sei avvicinato piano, guardandomi negli occhi, per calmarmi con un bacio, per strappare un gemito inatteso – il capezzolo quasi strizzato, una mano veloce che s’insinua oltre i vestiti, laggiù, dove nemmeno osavo sperarti.
Prima, vino dai riflessi scuri, una focaccia preparata con le tue mani. Non ti sei steso oltre il tavolo, per porgerla direttamente alla mia bocca. Il sale sulle labbra brucia, ferisce quasi. La tua lingua non &egrave venuta in mio soccorso, bagnata, calda, intrigante, a cercare e frugare e pretendere, a farsi spazio dentro di me, prima che un leggero morso mi facesse sussultare.
E quando, con la scusa del riflesso del fuoco, mi hai invitata sul letto, e mi hai fatta sdraiare, “se ti fidi, vieni con me, spengo la luce, non aver paura”, non mi hai abbracciata dolcemente, da dietro, per farmi sentire l’odore della tua pelle, per spogliarmi lentamente di ogni timore e indumento, per lasciare che fossero le fiamme ad illuminare le mie spalle, le gambe, il ventre… Mentre tu, con dolcezza, con sicurezza, con pazienza, accendevi pian piano i miei occhi, ad ogni lento movimento del bacino, ad ogni colpo inferto con calma e decisione, tra le mie viscere che ormai sapevano di non volerti fuggire, ma solo di offrirsi ancora, un po’ più calme, un po’ più calde, a mano a mano che la tua urgenza cresceva, che il tuo piacere saliva col mio, che il fuoco acceso si univa a quello dentro di noi, con noi…
Non mi hai stretta nell’orgasmo, non mi hai cullata, dopo, non mi hai sorriso nello sguardo misto di gioia, divertimento, e forse stupore.
Non hai detto una parola.
Non mi hai nemmeno chiesto di rivederci – sempre, l’avevi fatto.

Ho raccolto le mie quattro cose, in fretta, come una ladra, come un’intrusa, e sono uscita.
Non ti appartengono, le lacrime di frustrazione, compagne lungo la strada di casa.
Non ti appartiene, la litania, mezza bestemmia e mezza preghiera, che ancora non smetto di pronunciare.
Non ti appartengo.


“Non &egrave mai nato, mai!
Ma poteva germogliare.”

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