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Racconti Erotici

FEUILLETTON

By 12 Maggio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Non capisci !
Cosa, dovrei capire ?
Lui é un amico vero, ” il mio amico “; lo conosco da quando ero bambina, siamo cresciuti insieme.
E ci sei andata anche a”’?
Io amo te”..
Però con lui ti ci vedi sempre”’
Perché, cosa vorresti, che smettessi di frequentarlo ?
Il giovane ritrasse stancamente le mani dalle spalle di Giorgia, come se i bicipiti gli avessero ceduto all’istante. Le sue dita affusolate, bianche, sottili da musicista, corsero giù per i fianchi fino a raggiungere la cucitura dei jeans. Vi rimasero come aggrappandovisi, mentre gli occhi lasciavano, anch’essi, quelli verdi di lei.
Voleva crederle, con tutte le forze. Era talmente bella quella creatura incontrata circa sei mesi addietro al Lord Nelson.
I capelli rossi come brace, Giorgia, vibrante, continuava a stagliarsi contro il rosa soffuso dalla vela dell’ abat-jour appeso alla parete dietro.
Continuò a fissare Maurizio con quegli smeraldi non più larghi ormai di una fessura, inviperita, offesa.
Come si permetteva, costui, di addentrarsi nella sua libertà ?
Maurizio era il suo ultimo ragazzo. Quando, dal bancone del pub, lo aveva visto entrare spingendo il portoncino pastello, una sera nebbiosa quanto noiosa, la fiammante virago non aveva potuto nascondere il brivido all’amica: un brivido lungo, persistente, che le era corso dalla nuca fin giù, fino all’ultima vertebra, facendole provare, di nuovo dopo tanto tempo, una piacevole, fulminante premonizione del piacere.
Almeno mettiti seduta, le stava dicendo il ragazzo senza guardarsi intorno, sforzandosi di entrare di nuovo fra la panca ed il tavolo dove ondeggiavano le due Guinness.
Giorgia obbedì, non senza aver prima lanciato ai tavoli vicini uno sguardo obliquo, inquisitorio.
Maurizio era l’amante perfetto. Bruno, gli occhi innocenti color nocciola, uno e ottantacinque d’altezza, possente di suo senza aver frequentato per un giorno la palestra.
Grande appassionato di volley sulla spiaggia, di calcetto d’inverno.
Dei suoi occhi, dei suoi baci dolci e irruenti, del suo corpo, Giorgia non ne avrebbe potuto fare a meno, ancora.
Occhi che la sapevano ammirare come una regina di Saba, quando lei gli scodinzolava intorno in cucina, o nel bagno mentre si rasava, quando si divertiva a farlo ammattire apparendogli come d’incanto nella camera in affitto mentre era chino sui libri di letteratura e di poesie.
Sono passata a salutarti”..solo qualche minuto.
E lui si alzava, perché di fronte ad una donna, bella come quella poi, bisogna alzarsi.
Si alzava, l’attendeva, annusava il suo profumo, il suo collo, le assaporava le labbra, cercava con il petto il suo seno.
Era Giorgia a staccarsi, devo andare.
Ma nemmeno un minuto, si lamentava lui.
Cosa stai leggendo ?
Niente”’un libro di poesie”.
Lei si avvicinava alla scrivania sulla quale si erano appoggiati innumerevoli gomiti consunti, che però sapeva ancora di buon legno.
” Les fleurs du Mal ” ah, lo conosco ! Interessanti, questi poeti maledetti.
Dopo un po’ vengono a noia, rispondeva il giovane.
In quei precisi momenti, Giorgia lo fissava. Anche se era d’estate, cincischiava il bottone della prima asola impegnata, passava il polpastrello dell’indice sotto l’appendice anteriore del colletto, non sù, ma prima della fossetta nella scapola.
E Mauri sorrideva.
Sorrideva della esasperante lentezza con la quale e per la quale Giorgia cominciava i suoi streap-tease, mai uguali, l’uno all’altro.

Settima generazione di imprenditori dell’acciaio nella bassa bresciana, dopo aver frequentato uno stage di nove mesi a Houston, Maurizio M. s’era brillantemente laureato alla Bocconi a Milano, in anticipo di quattro mesi sul previsto.
Un anno e mezzo sabbatico fra Argentina, Brasile, Venezuela, poi India e Cina.
In Sudamerica aveva conosciuto la cocaina, in Oriente l’oppio e l’hascish.
D’un tratto, s’era deciso a lavorare.
Ma non aveva voluto entrare nell’industria di famiglia, facendo stizzire gli zii; s’era messo a fare il ricercatore per il professore di politica economica, altro cocainomane, il quale l’aveva convinto a dare anche un concorso.
C’&egrave una cattedra a”’se vuoi”..fra tre anni sei ordinario.
Nonostante tutte le resistenze nell’ateneo e in famiglia, Maurizio l’aveva vinto.
L’Università però si era rifatta, ed ora egli insegnava in una sede staccata: bella cittadina, di mare, ma non il capoluogo.
Il padre, ottimo velista, gli aveva subito chiesto di informarsi quanto costassero i posti barca nella darsena; poi, non se ne era più interessato. La madre, viaggiava per conto proprio e, se era in villa, aveva, ad impegnarla, molteplici iniziative di beneficenza.
Università giovane, giovani insegnanti. In fondo Maurizio ci si era trovato, ci si trovava bene.
Ma gli era presa una strana fobia, quella di lasciar stare lo studio della politica economica.
Che me ne fotte dei soldi, di questi dispensatori di belle speranze ?
Gli pareva di tradirli, quei giovani.
Dopo tre mesi aveva iniziato a rifarsi. Il pusher gliela portava fino in casa.
Lui, Giovanni, John per gli amici, invece non s’era mai drogato. Per lui erano solo affari.
S’aggirava per le scalinate della raccolta piazza medioevale con lo sguardo di un condor, pronto ad individuare i polli fin da prima che uscissero dal corso, o dalla via che veniva dal mare, convinto com’era, se quello era nuovo, di avergli già fatto i conti in tasca.
E, il più delle volte, ci prendeva.
Questa &egrave good veramente, la migliore che potevi trovare !
Ogni tanto i poliziotti lo cacciavano dentro, una notte, poi l’avvocato, per un cavillo od un altro, lo faceva uscire, perché John era furbo.
Lui, più della dose per uso personale, non se l’era mai tenuta addosso, non teneva telefono od amici,
ed i poliziotti li conosceva tutti.
Gli era nato un sesto senso, per finanza, carabinieri, e polizia. Li odorava da lontano, non erano mai riusciti a fregarlo, in quarantadue anni di vita.
Glieli aveva indicati Giovanni, a Maurizio, quei quattro cinque pub dove, da novembre a marzo, si poteva cuccare.
Ce l’hai, com’ &egrave, okey ? Sorrideva Giorgia al fidanzato.
Maurizio, allora, apriva il minuscolo cassetto, tirava fuori il cellophane, arrotolava due pezzi da dieci euro e ne porgeva uno allo schianto.
Vieni, andiamo sul letto.
Giorgia lo fermava.
Aspetta, prima mi spoglio.
La rossa cominciava a volteggiare, Maurizio appoggiava la mano aperta sul legno, si inclinava.
Appariva il reggiseno di marca, perfetto nelle sue coppe ripiene di microscopiche lentiggini, poi scendeva la gonna.
Giorgia amava il nero, sotto, in ammirevole contrasto con il sopra.
Non era nel suo stile accontentarsi di un biglietto da dieci euro, ma non si era mai opposta, mai glielo aveva fatto notare.
Appariva, agli occhi di Maurizio, il dolce, sottilissimo cuscinetto velato dal tanga. Il taglio sprofondante che si sarebbe tuffato a lambire.
Ma Giorgia attendeva. Sideralmente infallibile nel proprio potere.
Glielo concedeva per un attimo.
Stringimi.
Si faceva inarcare poi riprendeva, le dita agili, esperte di seduzione, a far scattare i bottoncini della guepiere.
Spuntava il miracolo, allora.
Quella pelle rosata che s’abbassava, s’abbassava, fino alle ginocchia. La seta che denudava il polpaccio, fino alla caviglia, fino allo smalto abbagliante.
Stringimi, ripeteva Giorgia, prima di spostarsi per raccogliere il cellophane, sfiorando le dita dell’amante.
Era capitato, a volte, che se ne dimenticassero; che si scordassero di sollevare il tavolinetto di plastica di fianco al letto disfatto, di porlo fra loro.
Dopo magari, come ultimo atto d’amore in attesa del buio.
Si sono alzati, si sono fatti una doccia frettolosa, lei si é attardata a truccarsi. Poi, gli ha chiesto di accompagnarla.
Lui ha fatto di si con la testa, impercettibilmente.
Nel più completo silenzio.
Di sotto, di fianco al portoncino d’ingresso che si spalanca come cristallo alla fine della rampa, Maurizio stacca la bicicletta dal muro.
Non la lega, non la chiude mai. Non l’ha mai chiusa.
Invita Giorgia con un gesto irridente a salire sul cannone. La mini si squarcia, la chioma, accarezzata dallo scirocco, s’invola.
Venti minuti di fischiettante, poi ansimante, pedalare, silenzio spazientito e dolorante da parte della stupenda irlandese. Quindi lo stridere di uno stanco freno sinistro e Giorgia elasticamente balza a terra massaggiandosi dietro.
E’ di fronte allo scintillio del suo regno, illuminato dallo sfavillio discontinuo delle centinaia e centinaia di faretti luminescenti che disegnano ombre e luci sui giardini dando prospettive all’ entrata.
Gli stessi oblò minimalistici che faranno il buio prima che ella appaia.
Giorgia la ” vedette “: dalle mitiche Folies Berg&egravere approdata, come una balena, sulla spiaggia della Riviere.
Non entri ?
No, vado a farmi una birra giù.
Giorgia lo guarda.
Per un attimo la gelosia le strizza il cuore, ma é un attimo. Si impone il raziocinio, lei femmina dei cinque continenti.
Straluna lo sguardo, lo raggiunge, carezzevole, passa il dorso della sinistra sulla camicia di lui, bianca più della luna, ed appoggia le labbra sulle sue.
Quel tanto per non dovere ritoccarle.

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