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Focus

By 12 Marzo 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Focus

Elenoire si guardò allo specchio un’ultima volta, indossava un babydoll nero, calze autoreggenti con una balza in pizzo che le sfiorava quasi l’inguine, e scarpe col tacco. Si ravviò i capelli biondi, che le ricadevano sulle spalle in morbide onde e si sfiorò l’angolo della bocca, a sistemare il rossetto rosso scuro, già perfettamente applicato. ‘Sì,’ pensò, ‘sono bella, sono al meglio, Flavio non potrà ignorarmi’. Accese l’abat jour e spense la luce in camera da letto, poi si sistemò sul letto, fra le lenzuola in seta color fragola che aveva comprato apposta per l’occasione. Si sentiva a disagio, non era da lei agghindarsi in quel modo e nemmeno prendere quel genere di iniziativa, ma aveva deciso che doveva farlo.
Flavio, suo marito, sarebbe rientrato a breve. Faceva sempre tardi in ufficio, ed era spesso distratto. Ultimamente le timide avances di Elenoire sembravano lasciarlo del tutto indifferente. Quei baci vogliosi che gli dava sulla bocca quando rientrava, o le sue carezze sul petto fino a scendere all’ombelico prima di addormentarsi, sembravano non interessarlo. Solitamente le afferrava la mano, gliela baciava, poi si mormorava ‘buonanotte’ e si girava dall’altra parte, per poi cadere in un sonno profondo. La cosa andava avanti ormai da un paio di mesi. Elenoire aveva addirittura pensato che avesse un’altra. Aveva controllato le sue tasche, alla ricerca di qualcosa che lo incriminasse, poi l’estratto conto, poi il suo cellulare, mentre Flavio era sotto alla doccia. Ma niente, non aveva trovato un bel niente.
Forse era solo stanco per il lavoro, si era detta alla fine, sollevata e al contempo preoccupata. Avrebbe potuto affrontare lo scontro con un’altra donna, forse un’avventura, ma era tremendo pensare di non fargli più nessun affetto, che la sua rivale fosse la semplice stanchezza, un po’ di stress, l’abitudine. Una nemica che non era in grado di combattere.
Si sentì un groppo in gola a quell’idea. Quella che Flavio, dopo sette anni di felice matrimonio, avesse semplicemente perso interesse per lei. Che cvesse perso la voglia di fare l’amore. Ricordò i primi tempi del matrimonio, quando scopavano dappertutto, sul tavolo della cucina, sul divano, sulle sedie, anche per terra. Si morse un labbro a ricordare come Flavio fosse sempre affamato di lei, di toccarla, di possederla, a volte anche rudemente. Ricordò con una fitta di nostalgia il periodo in cui erano fidanzati, quando scopavano in macchina, una volta addirittura nel bagno di un ristorante. Aveva creduto che sarebbe stato sempre così e invece, in un attimo, sembrava tutto finito. No, non era esatto, non era stato in un attimo… era stato lentamente. Era lei che se ne era resa conto tutto d’un tratto.
Le scopate erano diventate da quotidiane a bisettimanali, per poi stemperarsi sempre di più, fino a diventare una volta al mese, di sabato sera, nel letto. Come una necessità da espletare.
Sentì le lacrime salirle agli occhi, e l’amarezza in gola. Era diventata come quelle casalinghe disperate che poi si arrendono, lasciano perdere, ingrassano e si trovano un hobby del cazzo, su cui riversare il loro interesse. Ma lei non era una casalinga, cazzo! Era una donna quasi in carriera, con un buon posto in un ufficio, si curava, i colleghi la guardavano ogni tanto e con ammirazione, solo suo marito sembrava ignorarla.
Tuttavia non era una sprovveduta: sapeva come andavano certe cose, l’abitudine, la routine, il lavoro, le bollette da pagare, il mutuo, le discussioni sulle vacanze, lo stress… cose che possono capitare dopo sette anni di matrimonio. Quindi aveva pensato di vivacizzare il rapporto prendendo Flavio di petto. Era sempre lui del resto a prendere l’iniziativa, mentre lei aveva sempre indugiato in timidi approcci, attendendo che lui cogliesse il momento. Erano fatti così. Pertanto immaginò di sorprenderlo con quella mise, facendosi trovare a letto, in una posizione intrigante. L’avrebbe sedotto, e lui avrebbe capito che la propria donna era ancora capace di incendiarlo. Non con timide e incerte carezze, non con baci atti solo a dargli il via. Ma in modo impudico, audace, intraprendente.
Eleonoire immaginò Flavio entrare nel corridoio buio, accendere le luci, chiamandola per nome, chiedendo cosa di fosse per cena. Lei gli avrebbe detto di raggiungerla in camera da letto, e lui, a vederla così discinta, splendida, in mezzo al letto, avrebbe lasciato cadere la ventiquattr’ore a terra, strabuzzando gli occhi e spalancando la bocca. Poi si sarebbe levato frettolosamente la giacca, allentato la cravatta, slacciato la camicia e aperto i pantaloni, per poi saltarle addosso. Non ci sarebbero state sciocche parole patetiche e inutili, del tipo ‘hai un’altra?’ oppure ‘perché non ti piaccio più?’ No. Semplicemente si sarebbero ritrovati. Lui l’avrebbe scopata con rinnovata foga, si sarebbero riscoperti innamorati e…
La chiave girò nella toppa. Elenoire trattenne il respiro, si ravviò i capelli, poi si posizionò nel modo più sensuale che le venisse in mente, gambe leggermente piegate, sostenendosi sui gomiti, i seni graziosi a intravedersi attraverso il sottile pizzo del babydoll. La balza delle calze ben in vista.
‘Ely?’ chiamò lui dal corridoio.
Al solo suono della sua voce il cuore di Elenoire accelerò.
‘Ely, ci sei?’
Forse quella posizione non era così sensuale, pensò lei. Merda! Sembrava in spiaggia. Si girò a pancia in sotto, sollevando i polpacci, incrociando le caviglie, e mettendosi una mano sotto al mento, con l’altra si sistemò le tette, prendendo poi a carezzare sensualmente le lenzuola.
‘Sono in camera Flavio…’ disse nel modo più sexy che le riuscisse.
‘Ah, okay’ rispose lui. ‘Metto su l’acqua per la pasta?’
Le dita di Elenoire che carezzavano sensualmente le lenzuola le strinsero in un moto di stizza.
‘No…’ No, cazzone, vieni qui e scopami come se non ci fosse un domani ‘No… amore , vieni qui un momento…’
‘Sì, arrivo, aspetta solo un attimo che devo andare al cesso, mi sto pisciando addosso…’
Elenoire strinse i denti, le belle labbra che aveva sensualmente atteggiato in un sorriso suadente si strinsero. Non era molto romantico, ma decise di non perdersi d’animo.
Cambiò nuovamente posizione, mettendosi languidamente appoggiata ai cuscini, le gambe accavallate in una posizione sensuale ma scomodissima, coi nervi tesi, il petto in fuori. Aveva solo una terza… forse se avesse avuto una quarta o quinta… e se magari si fosse fatta fare un ritocchino alle tette per il compleanno? Magari quello avrebbe funzionato.
Elenoire sentì il rumore dello sciacquone del bagno. Nonostante l’inizio non fosse proprio come se lo era figurato, si sentì ugualmente eccitata. Era addirittura già bagnata, per il senso d’attesa. Si controllò l’alito. Uhm, non era dei migliori. Troppe sigarette. Con un movimento fulmineo si allungò verso il comodino, aprì il cassetto e prese una mentina, cacciandosela rapidamente, in bocca. Sentì le lenzuola di seta attorcigliarlesi attorno alle gambe. Le avrebbe sistemate dopo…
‘Ehi! Che fai? Ti stavi cambiando e sei rimasta imprigionata fra le lenzuola?’ disse Flavio alle sue spalle, ridacchiando.
‘Merda, merda e ancora merda. Stramerda!’
Elenoire si girò, tentando di sorridere, con la mentina ancora sulla lingua. Attendendo il momento in cui lui avrebbe lasciato cadere la ventiquattr’ore… non ce l’aveva più, notò. Be’ si sarebbe tolto la giacca…(no nemmeno quella c’era più, e si era già tolto la cravatta e sbottonato un po’ la camicia, be’ meglio ancora… allora dove eravamo? Ah, sì: si sarebbe slacciato rapidamente i pantaloni (quelli li aveva) e le sarebbe (finalmente! Santo cielo!) saltato addosso.
Flavio la fissò con un sopracciglio sollevato. Lei cercò di parlare mentre la mentina in bocca sembrava quasi ingrandirsi, quasi come aveva immaginato avrebbe fatto qualcos’altro… anche se non era proprio nelle sue corde dedicarsi al sesso orale, se non sporadicamente. Ma avrebbe potuto farlo. Ci sarebbe tranquillamente riuscita, pur di riaccendere la passione.
‘Non… non ti piaccio?’
‘Merda’, pensò. ‘Che cosa idiota!’ La cosa più idiota fra tutte le cose più idiote che avrebbe mai potuto dire!
‘Sì… dove… dove devi andare?’
Lei prese un profondo respiro, sentendosi avvampare. ‘Pensavo di farti una sorpresa…’
Un guizzo di comprensione balenò sul viso di Flavio. La umiliò più di una sberla. Non ci era arrivato.
‘Oh… capisco. Senti Ely, apprezzo, sei davvero splendida ma sono stanco. Stanco sul serio, e non sono in vena. è stata una giornataccia, hanno licenziato Paolo, della contabilità e indovina chi ha dovuto occuparsi dei resoconti eh?’ Nel mentre si sfilò le scarpe, e poi i pantaloni, rimanendo coi calzini che gli aveva regalato sua madre il Natale precedente e i boxer con le renne, che facevano il paio. Era Maggio…
Il sesso pulsante di Elenoire le disse ‘senti, non so se ce la faccio, facciamo un’altra volta eh, che ne dici?’.
Ma lei s’era messa in testa di scopare quella sera, e per la miseria, l’avrebbe fatto! Sentì la rabbia montarle dentro, come aveva fatto l’eccitazione mentre si preparava. Era perfino uscita prima dal lavoro per farsi il bagno, per mettersi con calma la crema idratante con le perle illuminanti, per truccarsi accuratamente, depilarsi ancor più accuratamente, indossare tutta quella roba scomoda…
‘Ma… non ti eccito nemmeno un po’?’ le sfuggì di bocca in tono implorante. Le sfuggì di bocca anche la mentina, e un rigagnolo di saliva le colò dalle labbra. Si affrettò a ripulirlo, e a spingere la mentina fra i cuscini. Lui la guardava con un mezzo sorrisetto indeciso.
Quella farsa stava per diventare non solo comica, ma anche tragicomica. La femme fatale che avrebbe voluto essere – almeno per una sera – la stava sbeffeggiando.
‘Ma certo che sì, Ely… non c’era bisogno di mettersi in tiro se ti andava di farlo, bastava dirlo’ disse Flavio con un’alzata di spalle. Continuando a guardarla.
Certo ‘scopiamo?’ ‘se proprio non puoi farne a meno t’accontento, dai, apri le gambe.’
Elenoire era a un bivio, se avesse detto che le andava di farlo probabilmente l’avrebbero fatto, come facevano al sabato. Due minuti di preliminari sempre uguali e poi la scopatina. Lei invece aveva immaginato qualcosa che avrebbe cambiato la loro vita sessuale. Che lo avrebbe risvegliato, facendolo rendere conto di quanto lei fosse ancora sensuale, sexy, peccaminosa e… e cretina!
La rabbia lasciò il posto alla tristezza.
Qualcosa scattò nella mente di Elenoire, non era lei ad essere patetica. Era lui. Era lui che non capiva un cazzo!
‘No, se sei stanco non fa niente…’ disse combattendo contro il pietoso impulso di piangere, dominando la voce e la delusione.
‘Ma no… se ti va… posso fare una doccia e…’ disse Flavio sulle spine. Nessun rigonfiamento degno di nota, sotto alle renne.
‘No, lascia perdere, facciamo un’altra volta. Preparo la cena’ rispose Elenoire, alzandosi e avvolgendosi rapidamente nella vestaglia, vergognandosi delle calze, delle scarpe col tacco e del babydoll. Se avesse potuto trasformare tutte quelle cose in una tuta l’avrebbe fatto istantaneamente. Per coprirsi ancora di più.
Si tolse le scarpe e infilò le ciabatte, e quando passò accanto a Flavio che si stava mettendo il pigiama strinse i denti sentendo una stretta allo stomaco.
Non devo piangere. Sarebbe da ragazzina. è solo stanco, ho scelto la sera sbagliata.
‘Mi spiace Ely… magari sabato che non devo andare in ufficio’ disse lui. E lei sentì il nodo alla gola stringersi ancora di più.
‘Mi dispiace per Paolo della contabilità…’ mormorò andando in cucina.
Quella notte si addormentarono ai lati opposti del letto, restando il più distanti possibili. Ed Elenoire lo fece piangendo. Di rabbia, frustrazione e vergogna. Si era sentita rifiutata, era come aver preso un pugno nello stomaco. Rifiutata da un uomo con i boxer con le renne e i calzini abbinati. A Maggio.
Il giorno dopo, cioè Venerdì, Elenoire andò in ufficio, come sempre. Indossava dei pantaloni eleganti, una camicetta bianca e le scarpe col tacco che non le avevano portato una gran fortuna la sera prima. Truccandosi leggermente, pensò che in fondo era una bella donna, che era Flavio il cretino, non lei, e che forse aveva davvero un’altra ma era bravo a nasconderne le tracce. Era meglio pensare a quello piuttosto che iniziare a convincersi di non piacergli più nemmeno un pochino. Sì, aveva una storia clandestina.
Immaginò che si vedessero dopo il lavoro, ecco perché non le era saltato addosso, la sera prima: non solo era spossato e sessualmente soddisfatto, ma temeva che lei gli avrebbe sentito addosso l’odore dell’altra.
Di una stronza che magari aveva dieci anni in meno di lei e una quinta, forse una sesta di tette. Una che non perdeva tempo ad agghindarsi o a buttare lì timide carezze. Una che glielo tirava fuori non appena si vedevano e gli faceva un pompino e poi si faceva scopare alla pecorina sul cofano dell’auto che stavano ancora pagando a rate. Con finanziamento per il quale aveva firmato anche Elenoire.
”Sto stronzo… ‘sta troietta!’ pensò. ‘Magari lei gli manda pure i messaggi con le k al posto delle c. Forse gli scriveva che voleva succhiargli il kazzo, con la k. Magari un cazzo con la k si sente più mascolino rispetto a uno con la c!’
Quando entrò in ufficio ci stava ancora pensando. A Flavio, il suo Flavio che fremeva all’idea di vedere quella ragazzina strafighissima, che gli mandava messaggi che poi cancellava. Magari aveva memorizzato il suo numero sotto a quello di un collega. E lei ‘ sua moglie ‘ che si era fatta bella e per aspettarlo… che si era eccitata solo all’idea, si sentì umiliata e incazzata. Più ci pensava e più infarciva la storia di dettagli pruriginosi. Lui magari le leccava tutto il corpo, dicendole quanto fosse bella, che pelle liscia avesse… e che tette! Lui che la implorava di vedersi, che le prometteva che con la moglie non avrebbe più scopato. Che le faceva dei regali, magari costosi ‘ pagandoli in contanti per non destare sospetti ‘ e poi a lei rompeva i coglioni se comprava un vassoio o un macinapepe quando faceva la spesa perché ‘ne abbiamo già tanti, sprechi solo i soldi’.
Immaginò di coglierlo sul fatto e di ficcargli il macinapepe su per il culo, e poi di buttargli giù tutti i denti col vassoio. Che uomo insensibile. Che merda d’uomo! Come aveva potuto amarlo, sposarlo, e… continuare a desiderarlo con tanto ardore? Forse doveva ignorarlo, fingere che tutto andasse bene e poi coglierlo in flagrante e rovinarlo con il divorzio, oh… che alimenti gli avrebbe chiesto. Sì, e poi sarebbe stata la sua amante giovane e tettuta a lavargli e a stirargli le mutande, anche quelle con le renne, e a portargli i completi in lavanderia… non lei.
Si mise alla scrivania, accendendo il computer con gesti rabbiosi. Era furiosa. Aveva deciso: odiava Flavio, lui e la sua puttanella audace. Magari andavano nei sexy shop insieme, a comprare cose… cose… eccitanti. Li immaginò nei camerini, lei con un tanga con il pon pon da coniglietta, e lui a provare un vibratore fra le sue cosce. L’idea la turbò, e la eccitò. Magari Flavio la portava fuori a cena e le chiedeva di non mettersi le mutandine. L’aveva chiesto anche a lei quando erano fidanzati e lei aveva rifiutato, dicendo che era poco igienico e scomodo. Di certo la ragazzina tettuta non si faceva di questi problemi.
Lui le sollevava la gonna, insinuando una mano fra le sue cosce, sotto alla tovaglia, la sentiva bagnata e le faceva un ditalino lì, fra i tavoli. E lei godeva in silenzio, mordendosi le labbra, mentre lui non vedeva l’ora di fotterla, e poi di fotterla ancora e ancora… le sfuggì un gemito.
In quel momento entrò Piero, il collega di Elenoire. Un bell’uomo sulla trentina, capelli scuri e un accenno di barba, occhi profondi, fidanzato da qualche mese con una ragazza acqua e sapone che aveva intravisto una sola volta. ‘Ehi, Elenoire, tutto bene? Sembri.. febbricitante…’ le disse chiudendo la porta. ‘Abbiamo quel lavoro per la Miglietti da finire, ma se stai male…’
‘Non sto male…’ rispose lei. ‘Non sto male… ho voglia di scopare, sono un fuoco e mi eccito a fantasticare su come mio marito si spupazzi l’amante… più patetica di così si muore.’
‘Okay!’ rispose Piero con un sorriso dai denti perfetti. Accese il computer, e si mise al lavoro. Dopo una decina di minuti le disse: ‘Vado un attimo dal capo, a chiedergli le ferie per lunedì, se me le concede parto stasera rispondi tu al telefono?’
‘Certo vai’ rispose Elenoire. Non aveva mai fatto troppo caso a Piero, era un collega e basta, ma quel giorno vide come gli si tendeva la camicia sui pettorali, immaginò le cosce muscolose sotto ai pantaloni grigi… la sua barba… chissà se pungeva?
Quando Piero uscì dall’ufficio, richiudendosi la porta alle spalle, Elenoire si collegò al motore di ricerca e digitò il nome del sito si racconti erotici del quale le aveva parlato la sua amica Gianna.
Era eccitata, era calda e Gianna le aveva detto che lei preferiva leggere e immaginare, piuttosto che vedere un film porno. Che si eccitava e poi si dava piacere da sola.
L’idea di leggere quelle cose in ufficio diede una sferzata di eccitazione al ventre di Elenoire. Non era solita perdere tempo on line. Al massimo andava a vedere le previsioni del tempo.
Ma sentiva un fuoco dentro di sé e voleva estinguerlo. E voleva farlo senza l’aiuto di Flavio.
Raccontimilu.com.
Scorse sui vari racconti finché non ne trovò uno dal titolo interessante, iniziò a leggere dapprima con scetticismo, poi la storia la catturò a tal punto da iniziare a muoversi sulla sedia, dondolando il bacino quasi a mimare il coito, sentendo la cucitura dei pantaloni solleticarle l’intimità fradicia.
…e Greg a quel punto prese a scoparla con foga, dentro, a fondo, urlandole che era la sua puttana, che l’avrebbe scopata ancora e poi ancora, fino a farla piangere e poi a farla godere. E poi l’avrebbe fatta scopare da tutti i suoi amici, anche in due o tre per volta. L’avrebbero lacerata e…
Elenoire si slacciò i pantaloni e, cercando di nascondersi meglio dietro alla scrivania, si sfiorò il sesso con le dita. Era davvero un lago, e il desiderio la stava infiammando sempre di più, sarebbe impazzita se non avesse goduto. Anche così, andava bene anche così… scivolò più in basso sulla sedia, prendendo a sgrillettarsi, mentre Greg del racconto insultava la sua donna. Era avvilente che i maschi si eccitassero a leggere del degrado di una donna… ma era tutto finto, in fondo… e così eccitante… bastarono pochi movimenti perché venisse, e sentisse il piacere bagnarle copiosamente le dita.

‘La porta si aprì e Piero rimase fermo sulla soglia a guardarla, con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta. I profondi occhi scruti increduli ma già preda dell’eccitazione.
Elenoire lanciò un urletto e si ricompose, avvampando. Non sapeva che dire. Non si era mai masturbata in ufficio.
‘Oddio che… imbarazzo… non so cosa…’ mormorò sentendosi malissimo. Imbarazzata. Esposta.
Piero chiuse la porta con un calcio. ‘Ho sempre immaginato, sai, di entrare in ufficio e di trovarti così’ disse con la voce roca, ficcandosi le mani in tasca.
‘Non… non è come credi. Stavo… mi era andato fuori posto lo slip’ blaterò lei con le guance in fiamme.
‘Ti stavi masturbando… e io credevo di sognare. Ti prego, continua…’ disse lui deglutendo, il labbro inferiore che tremava.
Elenoire poteva vedere il desiderio dell’uomo, non solo nella sua espressione, ma anche dal rigonfiamento dei pantaloni. Si sentì lusingata. Lei era il suo sogno segreto? Magari la pensava ogni tanto… magari si segava quando lo faceva.
Sentì un’ondata di adrenalina irrorarle il corpo. ‘Chiudi la porta a chiave’ si sentì dire.
Piero lo fece senza proferire parola. Poi si allentò la cravatta. Fissandola.
Elenoire tornò a infilarsi la mano fra le cosce, reclinando il capo indietro. Enfatizzando i gesti, mugolando anche quando non avrebbe mai mugolato.
‘Cristo, Elenoire… mi fai morire’ disse Piero avvicinandosi, mentre già si slacciava i pantaloni con gesti impazienti e concitati.
Senza dire nulla le porse il cazzo da leccare, era turgido e congestionato, quel cazzo la voleva, e Piero la voleva e lei voleva tutto quanto. Le sue inibizioni si sgretolarono dinanzi al quel desiderio pulsante. Iniziò a leccarlo per poi prenderlo tutto in bocca, assaporandone la serica consistenza sul palato. Godendo nel farselo scivolare fino in gola, a solleticarle le terminazioni nervose, sbavando leggermente, nell’impeto della passione. Non si era mai lasciata andare così tanto, ma quello era solo sesso. Era quello di cui aveva bisogno in quel momento. Puro e semplice sesso, senza temere di fare qualcosa di sbagliato o di osare troppo. Di sembrare una poco di buono.
‘Oddio sì, Elenoire, mi fai morire… ho sempre sognato che mi facessi un pompino!’
Il piacere la sferzò come una scudisciata. La voleva, la voleva disperatamente. Era appagante saperlo, sentirglielo dire.
Poi lui la prese e la sollevò di forza, facendola sedere sulla scrivania, le sfilò i pantaloni con un gesto potente, quasi rabbioso, obnubilato dal desiderio. Con una mano spazzò via tutto quanto, la tastiera, lo schermo, la pinzatrice, i raccoglitori, le penne… tutto spazzato via tranne loro. Non perse tempo a sfilarle gli slip, glieli spostò e basta, erano zuppi e le entrò dentro con un verso animalesco, di colpo, quasi impalandola.
Poi si fermò, annidato nel profondo del suo sesso rorido, a godersi quel momento. Lei emise un gemito strozzato e poi lui prese a stantuffarla. ‘Sei una troia, Elenoire, e voglio che tu sia la mia troia da oggi in poi’ diceva mentre la scopava con furia. ‘Verrai in ufficio senza mutandine, con gonne corte, e ti abbasserai a farmi vedere la tua figa vogliosa ogni volta che te lo chiederò… ti scoperò senza pietà, perché è questo che vuoi.’
‘Sì Piero, sì…’
‘Dimmi che sei la mia troia!’
‘Sono la tua troia, sì.’
‘Sei stupenda Elenoire, hai la pelle così setosa e delle tette magnifiche, sembrano quelle di una ventenne, e la tua bocca, quando me lo succhi mi sento in paradiso’ le parole dell’uomo erano musica per le sue orecchie, si sentì di nuovo donna, desiderata. Non avrebbe mai immaginato che le sarebbe piaciuto sentirsi chiamare troia, ma qualcosa in quell’epiteto la faceva eccitare. Faceva parte del gioco.
Piero la fece venire, poi si inginocchiò fra le sue gambe, dicendole che era eccitante leccarla dopo che le era venuto dentro. La sua barba pungeva, pungeva deliziosamente. Elenoire venne di nuovo. Ma era come se la sua voglia fosse implacabile.
‘Scopami il culo’ disse senza nemmeno avvampare, sentendosi audace, e anticonformista, non più un’impiegata e una casalinga. ‘Mio marito non ci hai mai neanche provato.’
‘Voltati, troia e allarga bene le chiappe… ti piacerà’ ringhiò Piero, poi sputandosi sulle mani…’

La porta si aprì e Piero rimase fermo sulla soglia a guardarla, con un sorriso sulla labbra e gli occhi luminosi.
Elenoire smise di scrivere e si ricompose, grazie al cielo si era riallacciata subito i pantaloni, era solo leggermente accaldata. Aveva iniziato a scrivere quella cosa per poi pubblicarla su quel sito, per sfogarsi e poi s’era fatta prendere decisamente la mano.
Ma l’arrivo ‘ quello vero ‘ di Piero, l’aveva riportata alla realtà e in quel momento si vergognò profondamente di quanto aveva scritto. Era così… così volgare.
Chiuse il file word, l’aveva nominato Focus, perché se qualcuno, magari per caso, l’avesse trovato, sarebbe sembrato un file qualsiasi. Di certo non l’avrebbe mai intitolato ‘sfondata in ufficio’.
‘Tutto bene?’ gli chiese Elenoire, ravviandosi i capelli.
‘Cazzo sì, non solo mi ha dato il Lunedì di ferie, ma anche il Martedì, e uscirò due ore prima stasera, potremo fare un weekend lungo e io Manuela, andremo a Venezia. Un posto romantico. Ne sarà felicissima!’ disse Piero entusiasta.
Già: entusiasta di fare un weekend con la fidanzata, non di certo di scoparsi la collega trentacinquenne, in ufficio, con la porta chiusa e tutti gli altri fuori, il computer gettato a terra… Fissò sconsolata la pinzatrice. Come aveva potuto scrivere quelle cose? Come aveva potuto anche solo pensarle? Per un po’ mentre le buttava giù le era parso che un giorno ‘ magari prima o poi ‘ si sarebbero potute avverare, e in quel momento provò una fitta di malata gelosia per Manuela. Che sciocca.
‘Oh, sono davvero felice per te’ mormorò, cercando di risultare sincera.
‘Non sarà un problema gestire le pratiche e rispondere al telefono in quei due giorni per te, vero?’ le chiese Piero accomodandosi alla propria scrivania.
‘Naaaa… non pensare alla tua collega mentre sei a Venezia con la tua ragazza! Me la caverò benone, invece goditi… la vacanza e fai felice Manuela!’ disse mentre l’amarezza le stringeva la gola.
Quando Piero uscì per la pausa pranzo, Elenoire aprì il file e terminò il racconto. Era solo una fantasia, si disse, e quel sito era pieno di fantasie, che male c’era? Nessuno sapeva chi fosse l’autrice.
Lo rilesse rapidamente e poi creò un account e lo inserì sul sito. Il cuore le martellava nel petto. Non aveva cambiato i nomi, pensò che intanto Piero era un nome qualunque, ed Elenoire era così particolare che magari avrebbero pensato che se lo fosse inventata.
E poi di certo le persone che conosceva non erano lascive come lei, nessuno di sua conoscenza, tranne Gianna, avrebbe mai frequentato quel sito. E se anche Gianna l’avesse trovato, e avesse collegato le cose, si sarebbe fatta solo una gran risata. Magari avrebbe pensato per un attimo, un solo attimo, che fosse tutto vero e l’avrebbe invidiata. Ma lei avrebbe comunque sostenuto che era tutta fantasia, lasciandole il dubbio che la sua amica, sposata da un bel pezzo e moglie modello fosse qualcosa di più. Una donna diversa. Ma sarebbe stato solo un dubbio.
Forse nessuno avrebbe letto il racconto.
Era banale, in fondo.
Quando tornò a casa era ancora eccitata. Si fece una doccia fredda, preparò la cena per Flavio e lo attese facendo zapping davanti alla TV. In fondo la sua vita non era male… magari era solo un periodo, magari Flavio neanche ce l’aveva l’amante. Era inutile spacciarsi per quella che non era: mettere babydoll e autoreggenti non era da lei, nemmeno aspettarlo fra le lenzuola di seta. Ecco perché s’era stranito. Si era sentito messo alle strette. Quelle cose non erano da lei, ed ecco anche perché le erano venute male. Il loro rapporto seguiva canoni precisi, lui era quello intraprendente, lei quella remissiva. Funzionava così. Era lui a decidere se e quando. Punto a basta. Avrebbe fatto bene a mettersi il cuore in pace.
Cenarono in silenzio, fissando la TV, ognuno perso nei propri pensieri, scambiandosi ogni tanto qualche accenno sulla giornata.
‘Vado a letto’ disse Elenoire, al sicuro dietro al proprio pigiama coi pulcini disegnati sopra. Rassicurante.
‘Okay, amore, finisco una cosa al computer, una cosa di lavoro e ti raggiungo’ rispose Flavio.
Elenoire si rigirò nel letto, aveva cambiato le lenzuola. Aveva ficcato quelle di seta in fondo all’armadio e aveva messo le solite, di cotone. Erano confortanti. La rabbia l’aveva lasciata. Forse era normale che dopo sette anni di matrimonio la passione fosse un po’ sopita. Sarebbe passato tutto. E Flavio non aveva un amante, probabilmente. Altrimenti non si sarebbe mai messo quei boxer, a Maggio, e quei calzini. Forse era stata davvero cretina a pensarlo.
Si rigirò nel letto, non riusciva a prendere sonno. Afferrò lo smartphone che aveva messo in carica ‘ non duravano niente ‘ e le venne la curiosità di vedere se il suo racconto fosse stato pubblicato.
Lo trovò lì, fra i primi, nella home page: ‘Focus’ di Elenoire_impiegata. Avvampò e il cuore prese a martellarle nel petto. Guardò più in basso, ingrandendo l’immagine, quasi strabuzzò gli occhi: 3559 letture.
Tremilacinquecentocinquantanove persone l’avevano letto.
Avevano letto della sua fantasia di sedurre quasi per caso Piero, di quanto volesse essere scopata, usata e sodomizzata! Avevano letto delle sue fantasie più segrete, di come aveva descritto il cazzo di Piero -che non aveva mai visto- e di come avesse goduto, mettendo nero su bianco – più o meno – l’orgasmo che avrebbe voluto provare.
L’imbarazzo lasciò il posto all’eccitazione, sospingendola via come lei spingeva sull’elastico del pigiama per infilarsi una mano negli slip.
Lo avevano letto.
In tanti.
Magari qualcuno s’era pure fatto una sega. Ecco cosa si perdeva Flavio a starsene di là a lavorare! L’imbecille! Era una donna desiderabile, ancora desiderabile e sapeva come fare girare la testa a qualcuno… almeno sulla carta o… sulla rete.
Rilesse il proprio racconto, sditalinandosi furiosamente, fino a godere soffocando il gemito nel cuscino.

In sala Flavio, con gli occhi cerchiati, vagava su internet, aveva fatto un mucchio di straordinari, perché avrebbe voluto portare Elenoire da qualche parte per il loro anniversario di matrimonio, ma fra le rate dell’auto, il mutuo, le tasse e le spese condominiali sarebbe riuscito giusto a portarla a cena, se non si fosse sobbarcato gli straordinari di tutti. Era stanco.
Lei la sera prima l’aveva stupito facendosi trovare a quel modo. Ma quando lui le aveva chiesto, apposta se avesse voglia di farlo s’era ritratta. E lui era davvero stanco. Tuttavia si era pentito; sì era sempre troppo timida, ma quello era pure un gran passo avanti. Aveva voluto tirare troppo la corda e ora si mangiava le mani. Era sempre troppo stanco per fare sesso e poi fra loro, ultimamente era sempre tutto uguale. Doveva sempre essere lui a prendere l’iniziativa. Avrebbe voluto che Elenoire gli dicesse ‘ti voglio’. Forse sarebbe accaduto se l’avesse portata in qualche posticino romantico. Ma sapeva che erano solo fantasie, lei era fatta così e gli era sempre piaciuto, ma ora aveva bisogno di stimoli nuovi.
Non avrebbe dovuto fare così la sera prima, che idiota! Tutto perché era stanco e aveva temuto di deluderla e si vergognava dei boxer con le renne. Lei tutta tirata a lucido come una dea e lui lì, un po’ sudato, con la camicia dall’ascella pezzata e coi boxer con le renne.
Fare sesso significava che l’avrebbe scaldata un po’ e poi sarebbe stato tutto uguale perché era stanco e quando si sentiva così non riusciva più a impegnarsi come una volta.
Valutò di andare di là e scoparla con la foga di un tempo, ma scartò l’idea, dopo quanto accaduto la sera prima lei pareva fredda e quella sua iniziativa sarebbe parsa un rimedio a una figuraccia.
Ripensò ad Elenoire, sexy e buffa, nel letto, che sputacchiava la caramella, come in una sit-com. Il cazzo gli si drizzò quasi inaspettatamente. Vagò sulla rete, non voleva visitare siti porno, c’era il rischio di beccarsi un virus e quello era il portatile aziendale. Poi trovò un sito di racconti erotici del quale gli aveva parlato un collega.
Raccontimilu.com
C’era un racconto di una certa ‘Elenoire_impiegata’. Che strano. La cosa lo eccitò. Il nome di sua moglie usato da un autore che pubblicava su quel sito.
Lo aprì, iniziando a leggere. Suo malgrado si immaginò la moglie, il nome corrispondeva, mano a mano che leggeva la immaginava nel suo ufficio. Poi sobbalzò ‘Piero’ non era così che si chiamava il collega della vera Elenoire? Però era di certo un caso, e poi loro non avevano porte da chiudere a chiave, solo a maniglia, e comunque quel racconto doveva averlo scritto un uomo, una donna non avrebbe mai immaginato quelle cose a nessuna donna sarebbe piaciuto essere trattata a quel modo… tantomeno alla sua Elenoire, così timida e remissiva. Era solo un caso. Un eccitante caso. Iniziò a segarsi, raggiungendo il culmine, quando la protagonista veniva inculata a sangue dal collega e gli chiedeva di fare piano.
Farsi una sega era più veloce e richiedeva meno impegno e tempo rispetto a fare l’amore. Bastava poco, nessuno da soddisfare tranne se stesso.
Si ripulì, cancellò la cronologia, chiuse il portatile e andò a letto. Elenoire ‘ quella vera ‘ dormiva già. Era tenera nel suo pigiama con le galline, la amava anche se era timida, anzi proprio per quello.
Una donna come quella del racconto lo avrebbe fatto sentire a disagio, se faceva la porca col marito, figurarsi con gli altri.
Sì, la preferiva così. L’avrebbe portata magari al lago per l’anniversario e avrebbero fatto l’amore come si deve. E lei sarebbe stata felice. Magari si sarebbe messa quelle calze e…
Flavio si addormentò.
Alle due del mattino, Piero, nella stanza d’albergo non riusciva a chiudere occhio. Manuela non stava bene, aveva mal di testa e lui, che non aveva pensato ad altro durante la giornata che a scoparla come un dannato, e per quello l’aveva portata a Venezia, si sentiva un idiota.
Un idiota insoddisfatto.
Aprì il portatile ‘ benedetti alberghi col wi-fi gratuito ‘ e iniziò a vagare in rete. Il suo amico Gianni, gli aveva parlato di un sito di racconti erotici. Gianni ogni tanto scribacchiava qualcosa e lo pubblicava lì e gli aveva chiesto più volte di dargli un’occhiata. Mentre cercava di capire come funzionasse, e come trovare il nick di Gianni ‘sexmaniacforever’, vide qualcosa. C’era un racconto intitolato ‘Focus’ di Elenoire_impiegata.
Rimase lì a fissare il nickname. La sua collega si chiamava Elenoire ed era una gran figa. Sempre allacciatissima e vestitissima. Eccitante proprio per quello. Spesso aveva pensato che suo marito fosse un uomo fortunato, una donna come quella non la trovi mica per caso. Sprizzava sesso con la sua timidezza, ti faceva venire voglia di provocarla.
Appena assunto aveva fantasticato su di lei, aveva immaginato che magari avrebbero potuto scopare un giorno, magari uno in cui aveva litigato col marito. Le scopate per vendetta erano una gran cosa. Lo sapeva bene. S’era immaginato le sue labbra col rossetto chiaro avvolgergli il cazzo e…
Aprì il racconto iniziando a leggere.
Cazzo, sembrava il loro ufficio. E l’uomo si chiamava Piero! Proprio come lui. Non lo sfiorò nemmeno l’idea che l’autrice fosse la sua collega sul serio, tuttavia si immaginò proprio lei. Il racconto sembrava scritto bene e lui, stanco e col cazzo duro si immedesimò. Prese a toccarsi, anche se Manuela dormiva lì nel letto, accanto a lui. Quando arrivò al pompino rischiò di venire, ma attese, voleva leggere fino in fondo. E infatti alla fine del racconto chiuse gli occhi, immaginando che fosse tutto vero, immaginando di scoparsi Elenoire coi suoi capelli biondi e la bocca a cuore, di chiamarla troia e venne mordendosi le labbra per soffocare il proprio godimento.
Manuela si girò nel sonno e lui chiuse il portatile.
Poi soddisfatto abbracciò Manuela addormentata. Adorava Manuela, ma se fosse stata almeno un po’ come la donna del racconto… be’ probabilmente si sarebbe innamorato sul serio.

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