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I “romani”

By 16 Marzo 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Salve, mi chiamo Marco Aurelio, ma per tutti sono solo Marco.

E voi direte: “Caspita… abbiamo tra noi nientemeno che un imperatore dell’Antica Roma!”. Ebbene… no, sono nato nel 1995.

E voi direte: “Ma i tuoi genitori si sono bevuti il cervello per chiamarti così?” Forse sì, visto che ho anche una sorella che si chiama Lucilla Galatea.

E dire che non viviamo neanche a Roma! Non che abbia nulla contro chi vive a Roma, intendiamoci. Assolutamente no. È che, forse, e dico FORSE (con tutte le lettere maiuscole del caso), dicevo è che, forse, la mia famiglia discende da un’antica famiglia patrizia proprio del tardo periodo romano.

Un qualche mio antenato, all’incirca un centinaio d’anni fa, ha fatto delle ricerche genealogiche sul nome della famiglia e sembra sia riuscito a far risalire le origini del nostro cognome proprio fino a quell’epoca. I Romani…

E allora!? Chi se ne frega! Noi viviamo negli anni Duemila! Evviva l’era di internet, dei cellulari, delle smart TV! Che me ne frega di sapere che sono un romano e soprattutto, chi ha voglia di vivere quando non c’erano tutte queste comodità…!

Quello che voglio raccontarvi, però, è quello che è accaduto con mia sorella Lucilla. All’epoca avevo da poco compiuto 19 anni e c’era stata la sua festa di compleanno, che ne faceva 18.

Ho sempre voluto molto bene a mia sorella, e da piccoli ci scambiavano spesso per gemelli, anche se c’è poco più di un anno di differenza.

Premessa… vi devo descrivere mia sorella. È una stupenda ragazza, non troppo alta, capelli castano scuri, occhi azzurro intenso con pagliuzze dorate, che cambiano colore col tempo atmosferico (se c’è sereno sono azzurri, se c’è brutto tempo virano al verde). Ma la cosa migliore è un’altra: avrebbe meritato di chiamarsi Poppea (tanto per restare in tema di antichi romani), visto che ha due tette da far spavento. Già a quattordici anni portava la quarta misura, ed ora è una fantastica quinta.

Dicevo… c’era stata la festa di compleanno di Lucilla. Era estate e aveva deciso di farla di pomeriggio, in giardino, così tutti avrebbero potuto godere del sole, del caldo, ma soprattutto della piscina.

Casa nostra è una grande e antica villa, all’incirca dell’inizio dell’Ottocento, quando i titoli nobiliari valevano qualcosa. Essendo sotto tutela dei Beni Culturali, l’esterno della villa era stata tenuta come nel progetto originario di un famoso architetto dell’epoca, e solo all’interno c’erano stati dei lavori di ammodernamento (piuttosto limitati, a dire la verità). Anche il parco non era stato toccato, ma l’edificio che una volta erano le stalle, era stato pesantemente modificato. Era stato il mio bisnonno, all’incirca una settantina d’anni fa, a fare i lavori, quando quella parte della antica struttura non contava niente per la Sovrintendenza. Aveva fatto costruire tre miniappartamenti al primo piano, mentre al piano terra c’era la piscina, chiusa da vetrate che d’estate potevano essere aperte.

Era lì che Lucilla aveva tenuto la festa. C’erano state una trentina di persone, quasi tutti amici suoi e qualche cugino.

Era sera ormai, e tutti se n’erano andati.

Passai vicino alla tavolata ancora mezza piena di bevande e cibarie varie. Mi presi una fetta di crostata ed un bicchiere di aranciata. Non sono mai stato uno da alcolici. Bevevo giusto una birra quando mi capitava di mangiare la pizza in compagnia e basta.

Superai la parete che divideva la piscina dagli altri locali. C’era solo Lucilla che stava nuotando.

Mi avvicinai al bordo, addentando la torta. Lucilla mi vide e si avvicinò.

— Sei in ritardo! — mi disse aggrappandosi al bordo della piscina, che in quel punto era profondo quasi due metri.

Non l’avevo vista bene, prima, ma ora che si era avvicinata avevo fatto caso che non aveva addosso il costume.

La guardavo, ma non vedevo lei. Vedevo solo il suo grosso seno che galleggiava tra le sue braccia tese.

— Avevo da fare — dissi io, anche se non era vero. Ero rimasto tutto il giorno chiuso nella mia stanza, lontano dagli schiamazzi della festa, e solo quando tutti se n’erano andati, ero sceso lì.

— Sì, come no! — mi prese in giro lei. — Volevi solo evitare il casino… Ti conosco, fratellino mio.

— Luci… non sono il tuo fratellino… Sono più grande di te.

— Ok, se lo dici tu… Resta il fatto che ti conosco a tal punto, che ti posso dire che ora mi stai guardando le tette — e lei si tirò indietro con la schiena, facendo emergere il seno.

Poi si prese slancio, si issò a sedere e uscì dall’acqua.

Era completamente nuda! E totalmente depilata! Le guardai la fichetta, poi sollevai lo sguardo sul suo seno, e solo in ultimo la guardai in faccia.

Non riuscii a spiaccicare parola. Ero solo in grado di guardarla. La fetta di torta ed il bicchiere di aranciata finirono sul pavimento.

— Beh… ti piace quello che vedi? — mi chiese lei.

Era sempre stata piuttosto disinibita e non la imbarazzava mai nulla. Riuscii solo ad annuire, mentre sentivo che il mio cazzo cominciava a reagire a quello che vedevo.

Sapevo che lo faceva apposta per provocarmi; anche in casa si copriva a malapena, e nel chiaroscuro si capiva benissimo che non indossava nemmeno la biancheria intima.

Mi si avvicinò, mi prese la mano e se la portò sul seno.

Oh, benedetto il… Non riuscivo a crederci. Lucilla mi stava facendo toccare il suo seno.

— E ora, com’è?

Dovetti ingoiare tre o quattro volte, prima di essere in grado di parlare.

— Morbido.

Morbido!? Patetico… Stavo tenendo quel grandioso seno in mano e l’unica cosa che mi veniva di dire era “morbido”? Ma sei deficiente?

— Morbido? Solo quello? E poi?

Non riuscivo proprio a parlare. Avevo il cervello completamente vuoto. Non mi veniva altro in mente che potessi aggiungere, anche se era la cosa più meravigliosa che le avessi toccato.

Cercando di liberare la mano, le diedi una leggerissima spinta, ma a causa dell’acqua sotto di lei, scivolò e cadde a terra, semisdraiata e con le gambe aperte.

La sua fica era in bella vista, invitante…

Si risollevò leggermente, appoggiando i gomiti sul pavimento.

— Ti piace anche quello vedi ora?

— Sì… molto… — riuscii in qualche modo a balbettare.

Non me ne resi conto subito, perché la mia attenzione era concentrata sulla fica nuda di mia sorella. Lei invece mi guardava lì, in basso.

Il mio cazzo aveva reagito con una erezione.

— Ehi, fratellino… ma cosa abbiamo qui?

Avevo addosso gli shorts che si usano in spiaggia e, solo quando lei me lo fece notare, mi accorsi che erano oscenamente spinti in fuori, da una spaventosa erezione.

— Vieni… avvicinati… — mi disse lei.

Ed io, come una ameba, mi avvicinai a lei.

Si tirò su seduta, mi afferrò l’elastico e mi tirò giù i pantaloncini. Il mio cazzo, ormai libero, scattò in alto, come una molla, durissimo. Il mio cazzo le sballottò davanti al viso, colpendole quasi la bocca. Lo impugnò delicatamente, facendo scorrere la pelle su e giù, lasciando completamente scoperta la cappella.

Senza dire niente si inginocchiò e alzò lo sguardo, sfoggiando un sorriso malizioso. La cappella era ormai bagnata. Posò le mani sulle mie anche e con maestria si infilò in bocca il mio cazzo. Con la lingua mi accarezzava la punta scivolosa del glande, per poi roteare tutto intorno alla cappella scoperta. Gemetti per il piacere che mi provocava, mentre sentivo la mia asta scorrerle sulla lingua.

Cominciò a pompare, facendo affondare il mio cazzo fino in fondo alla bocca. Si fermò prima che io le riempissi la bocca di sperma.

— Ehi…! Fammi venire, almeno! — protestai.

— Mica abbiamo finito!

Mi prese per mano e salimmo le scale, lei completamente nuda e ancora un po’ bagnata dal bagno in piscina ed io col cazzo che sventolava su e giù. Non mi preoccupai nemmeno degli shorts rimasti sul pavimento accanto alla piscina.

Entrammo nell’appartamento accanto alle scale. Appena entrati, Lucilla girò dietro di me e chiuse la porta a chiave.

— Così non ci disturberà nessuno… — e mi tirò nella camera da letto.

Le camere avevano un arredamento essenziale, da grandi magazzini per intenderci. Gli appartamenti venivano usati solo in caso eccezionale, quando per qualche motivo, degli ospiti restavano da noi per qualche giorno.

Lucilla mi trascinò accanto al letto e mi tolse la maglietta che indossavo. Con la mano aperta appoggiata al centro del torace mi spinse delicatamente, facendomi arretrare. Coi polpacci sbattei contro il materasso e mi ci sedetti.

Lucilla mi si mise di fronte, mettendo le sue mani ai lati del mio viso. Si chinò verso di me e mi baciò.

Fu un bacio dolce, tenero quasi, ma che accese il mio desiderio per lei ancora di più. Misi le mie mani sulle sue anche, accarezzandola dolcemente, mentre continuavamo a baciarci. Il bacio si fece più profondo mentre, lentamente, mi sdraiavo di traverso sul materasso.

Lucilla mi seguì, sdraiandosi sopra di me e, con le gambe strette attorno ai miei fianchi, si infilò dentro il mio cazzo.

Le mani di entrambi correvano sui nostri corpi, toccando punti che non avevamo mai avuto il coraggio di toccare.

Il mio cazzo vibrava dentro di lei.

Lucilla si tirò su un po’ ed il suo fantastico seno penzolò proprio davanti alla mia faccia. Un capezzolo quasi sfiorò le mie labbra. Allungai le mani verso le sue tette belle piene. Immediatamente le strinsi tra le mani. Lei appoggiò le mani di fianco la mia testa e si chinò su di me per permettermi di leccare quella meraviglia.

— Succhiamele Marco… ti prego… — mi chiese sussurrando.

Non avevo mai succhiato due tette; leccate sì, ma succhiate mai. Feci però del mio meglio. Aspirai tra le mie labbra uno dei capezzoli e presi a succhiare come un neonato. Lucilla gemette.

Non sapendo dove mettere esattamente le mani, inizialmente le lasciai sui suoi fianchi, ma poi una salì a toccarle la tetta. Erano stupende, grosse e sode.

Lucilla non faceva che ansimare, mentre succhiavo i suoi capezzoli, alternandoli l’uno con l’altro.

Improvvisamente scattò indietro. Iniziò a cavalcarmi con una brutalità assurda. Sorrisi mentre lei a occhi chiusi urlava con quanto fiato aveva in gola. Poi contrasse le cosce e tenne il mio cazzo bloccato dentro di sé, con gli spasmi che facevano tremare il suo corpo.

Mentre lei mi pompava il cazzo, le mie mani presero a scorrere delicatamente sulle sue belle cosce tornite. Il mio sguardo, invece, era catturato dalle sue tette che ballavano su e giù, al ritmo delle pompate che faceva.

Poco dopo lei sospirò beata ed un sorriso soddisfatto le illuminò il viso.

Si chinò nuovamente su di me. Allora la ribaltai sotto di me e presi a scoparla, prima lentamente, per poi accelerare sempre di più. E di nuovo ricominciò la sua sinfonia di gemiti e ansimi di piacere.

Non so come, riuscii a resistere e non venire subito. Rallentai il ritmo e riprendemmo a baciarci.

— Scopami, Marco, scopami più forte… fino in fondo… sbattimi… fottimi… Ti prego, Marco. Per questa notte sarò la tua donna. Sbattimi forte!

L’accontentai. Appena sentì il mio cazzo fare avanti e indietro dentro la fica mi circondò i fianchi con le gambe e con i talloni prese a spingere il mio bacino… le spinte del mio cazzo dentro il suo ventre cominciarono a mandarla fuori di testa…

— Dio santo… che gusto… è stupendo sentirti dentro il mio corpo sì!!! Spingi… uhm! Lo sento contro l’utero… Marco… ti prego… voglio sentirmi il tuo cazzo nella fica… non ti fermare…

Ma io non mi sarei fermato per tutto l’oro del mondo… mi stavo godendo quella stupenda fica… e il suo corpo rispose con brividi e vibrazioni ad ogni mio colpo di cazzo nel ventre.

La scopai forte, come mi aveva chiesto, tanto che sentivo male pure io. Sentivo bruciare la cappella che strusciava sulle pareti della sua fica; i suoi umori non riuscivano a spegnere del tutto quel bruciore…

All’improvviso la sentii tremare nuovamente, stava per venire ancora. Ma anche io ero al limite, ormai.

— Dio mio, Dio mio… sto per impazzire… sto godendo… Marco… vienimi dentro ti prego!!

— Dentro? Sei sicura?

— Non ci pensare! Ti prego!!!! Tu vienimi dentro!!!

Allargò completamente le cosce e aprì il suo ventre al godimento.

— Ci sono Marco, ci sono ti prego!!! Vienimi dentro!!! Ti prego!!! Sto venendo!

Reclinò la testa all’indietro… inarcò la schiena… spalancò la bocca e finalmente si lasciò andare con un urlo di godimento…

— Sì!! Vengo!!! Marco vengo!!

Non mi feci ulteriormente pregare. Presi a muovermi forsennatamente dentro di lei, e quando sentii i primi singhiozzi, mi bloccai dentro di lei e cominciai a schizzare nella fica di mia sorella…

Sembrava non finire mai. Avvertii non meno di cinque schizzi riempirle la fica.

— Sì Marco… ti sento… sento i tuoi schizzi contro il mio utero… riempimi, riempimi Marco… riempimi…!!!!

Restammo abbracciati, con gli occhi chiusi, spossati dal piacere. Dopo un po’ ci fissiamo negli occhi.

— Tu sei pazza! Mi hai fatto venire dentro…

— Non sono mica scema! Prendo la pillola da secoli!

Mi tranquillizzai. Non ci sarebbero stati problemi.

Mi tolsi da lei, mi sdraiai al suo fianco e ci appisolammo entrambi.

Mi svegliai dopo una mezz’oretta. Vederla distesa accanto a me mi fece nuovamente arrapare. Un cazzo in tiro non vuole sentire ragioni: sorella o non sorella, vuole solo una fica da scopare.

Lucilla era sdraiata su un fianco, abbracciata a me e con una gamba di traverso sulle mie. Sentii i suoi capezzoli turgidi sfregare contro la mia pelle al ritmo del suo lieve respiro.

Mi girai verso di lei, le alzai la sua gamba spostandola oltre il mio fianco. Avvicinai la cappella alla sua fichetta, strusciandola avanti e indietro sul suo clitoride e sfregandolo con forza.

Lucilla riprese ad ansimare.

— Sì, continua… dai… mettimelo dentro ancora…

Con un unico movimento le piantai il mio cazzo nel ventre e iniziai a pompare velocemente. Poi uscii, la feci sdraiare sulla schiena, mi chinai sui suoi capezzoli prendendone uno in bocca. Succhiai molto forte. Sentii la lingua mungere quel suo fantastico ciuccio. Mi staccai con un “plop” e passai all’altro. Le avevo lasciato il segno dei denti, anche senza mordere.

Le salii di nuovo sopra e le entrai dentro per finire il lavoro. Andai avanti e indietro nella sua fica per parecchi minuti ancora e poi esplosi con “vengo Lucilla, vengo, vengo” scaricandole dentro ancora una quantità incredibile di sperma.

Mi baciò ficcandomi tutta la lingua in bocca e poi mi strinse forte. Il cazzo mi tornò duro in un nanosecondo ed entrai di nuovo in lei.

Mi circondò il torace con le braccia e le sue gambe andarono ad incrociarsi sulla mia schiena. Due bianche cosce strinsero i miei fianchi. Avvicinai di nuovo le labbra alle sue e lei mi infilò la lingua in bocca, se ne impossessò e la succhiò con avidità.

Ricominciai a pomparla con forza. Il dentro/fuori del mio cazzo nella sua fica non ebbe un attimo di tregua. Il mio cazzo affondò nella sua fica come un ferro rovente affonda nella neve. Ad ogni colpo che riceveva nel ventre, Lucilla emetteva lunghi sospiri che mi eccitavano e mi incoraggiavano a continuare.

— Sì… sì… così… fammi godere. Non credevo fosse possibile godere così tanto! Non smettere…

Aumentai l’andatura e affondai nel suo corpo con più vigore. I colpi che le fiondai nel ventre erano violenti. Le sue urla di piacere si intensificarono. Stava godendo.

— Non riesco più a trattenermi… Vengo… — dissi.

— Sì… continua… sì… vieni… godi dentro di me… riempimi, riempimi…!!!!

Ed il mio cazzo schizzò nel suo corpo. Bordate di denso e copioso sperma si riversano di nuovo nella sua fica. Il mio sperma si unì a quello di prima, dando così vita ad un lago che le colmò la fica fino all’orlo.

Lei mi baciò. Mi sollevai un poco, tenendo il mio cazzo ancora impalato nella sua fica. Com’è calda la sua fica ripiena del mio sperma! Il mio cazzo non ne volle sapere di smollarsi. Era ancora in tiro e allora mi rimisi a scoparla ancora una volta.

Lo sperma copiosamente riversato nella sua fica venne sospinto fuori ogni volta che mi spingevo dentro di lei, imbrattando tutto. Una pozza umidiccia bella grande si formò al di sotto del suo sedere. Anche io mi ritrovai le cosce sporche del mio stesso sperma, per l’irruenza con cui la stavo scopando.

Restammo a dormire in quella camera sopra la piscina. Ne uscimmo solo la mattina successiva, dopo una notte passata a scopare in diverse posizioni, una notte in cui scaricai ettolitri di sborra nella sua fica.

Non avevo mai scopato con lei prima di quel giorno, ma non fu l’unico. Infatti, passammo insieme ogni notte, a scopare e a godere. Quando di giorno riuscivamo a restare soli in casa, approfittavamo di ogni secondo per scopare intensamente. Spessissimo ci rintanavamo ugualmente per un paio d’ore in quell’appartamento sopra la piscina.

Dopo qualche mese Lucilla mi informò che l’avevo messa incinta. Dopo quella nostra prima volta, disse che aveva smesso subito il giorno dopo di prendere la pillola perché mi amava e aveva sempre desiderato un figlio mio sin da quando era solo una bambina di pochi anni.

Così diventai padre.

Quando i nostri genitori vennero a sapere della cosa, non rognarono più di tanto e ci lasciarono in pace, dicendoci che era già capitato diverse volte nel passato della nostra famiglia.

Come tradizione di famiglia, Lucilla chiamò nostro figlio Cesare Augusto. La favolosa quinta divenne una strepitosa sesta; anzi settima, mentre allattava nostro figlio.

Ed io non seppi trattenermi dal gustare le sue tette gonfie di latte. Dopo che Lucilla aveva terminato di allattare Cesare Augusto era il turno di Marco Aurelio, ovvero io. Era davvero saporito il suo latte e le svuotavo sempre quelle sue angurie superbe. Immancabilmente finivamo a scopare.

Sei mesi dopo era nuovamente incinta e nacque Cecilia Paolina.

Claudio Tiberio arrivò dopo altri due anni.

E quando compì 23 anni la misi incinta per la quarta volta. Nacque Aurora Cassia.

Per qualche anno prese la pillola, perché quei quattro scavezzacollo dei nostri figli erano davvero esagitati, ma smise quando compì 30 anni.

Arrivarono immediatamente altri figli… e non vi dico quanti…

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