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Racconti Erotici

Il lavoro a domicilio – considerazioni

By 20 Febbraio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono passati 5 anni, da quando una mattina aspettando il mio turno, di fronte al salone del parrucchiere al supermercato, ho incontrato Luisa, una mia cara amica dei tempi delle superiori, e ho ascoltato, scandalizzata, le sue confidenze e per finire mi ha dato il numero di telefono della Signora Piera, da allora molte cose sono cambiate nella mia vita.
Spinta da un sentimento di rivalsa nei confronti di mio marito, dovuto alla ristrettezza economica nella quale egli mi teneva, ed anche, lo ammetto, dalla mancanza di soddisfazioni fisiche nei nostri rari rapporti intimi, ho chiamato la Signora Piera e ho accettato di lavorare a domicilio per l’Agenzia.
Il “lavoro a domicilio” mi ha permesso di conseguire l’indipendenza economica, oramai lavoro in media 6 ore alla settimana, e le mie entrate sono più che soddisfacenti. Ho una clientela affezionata, a volta anche troppo assillante, perché alcuni vorrebbero incontrarmi tutti i giorni, ma mi rifiuto di acconsentire. Concedo un incontro ogni 2 settimane, così arrivano sempre ansiosi di essere ricevuti e non lesinano le mance extra.
Poi, altro cambiamento, mio marito mi ha lasciata per fuggire con una sciacquetta di 20 anni. Lo stupido non sa cosa si è perso, avrebbe potuto godere dell’esperienza che mi ero fatta, ma tutto sommato dubito che egli sarebbe stato all’altezza.
Così ho ottenuto il divorzio e l’affidamento di mia figlia. Per evitare problemi dovuti al mio lavoro, ho iscritto la ragazza in un buon collegio privato, dove si trova bene, sia per gli studi che per l’ambiente, e durante i fine settimana o le vacanze, quando torna a casa non lavoro.
Ma non è l’unico cambiamento. La Signora Piera dopo quella volta che era venuta a casa mia ed avevamo fatto sesso assieme, era tornata più volte da me; la prima volta è stata una cosa un po’ forzata, perché le mie esperienze saffiche risalivano alla mia adolescenza, con la mia amica Alberta e poi con una mia zia, ed erano fatte in mancanza di meglio non per inclinazione Però con Piera ora ci provo gusto, adesso siamo amanti e sono socia dell’agenzia.

Le ultime parole si spengono lentamente. Nella stanza, accogliente ed elegante, si ode solo il ticchettio di una grande pendola. La penombra è rischiarata da una lampada da tavolo appoggiata sulla massiccia scrivania. Si scorgono due donne, una seduta in una comoda poltrona di pelle di caribù, l’altra, sdraiata su un divano rosso, damascato. Quella seduta ha in mano un taccuino ed una penna stilografica Parker d’argento.
Ha tracciato alcuni segni sul taccuino e sembra riflettere su quanto ha appena ascoltato. E’ vestita in modo sobrio: un golfino grigio, piuttosto comodo, una gonna dello stesso colore che lascia scoperte le ginocchia, con le gambe piegate di lato. Ha i capelli grigi ma il viso è giovanile. Indossa un paio d’occhiali da vista con la montatura rosso corallo che le danno un’aria intellettuale. Gli occhi lampeggiano e dimostrano una notevole intelligenza. L’altra donna, quella sdraiata sul divano è completamente diversa. E’ bionda ed opulenta, non grassa. Indossa un tailleur blu scuro formato da una giacchetta e una gonna poco sopra il ginocchio.
A prima vista il suo corpo modellato secondo i dettami della pittura cinquecentesca risulta imprigionato negli indumenti. Il petto generoso è trattenuto a fatica dalla camicetta bianca di seta. I primi bottoni sono slacciati e si indovinano le grandi mammelle. I fianchi opimi e il ventre leggermente convesso contribuiscono ad aumentare la prorompente sensualità che emana dall’insieme. Le gambe, leggermente grosse suggeriscono delle cosce tornite e soffici. Anche lei porta gli occhiali ma con montatura bianca che le da un tono di civetteria. Il suo sguardo è languido e seducente e si indovina un temperamento sensuale che attira.
 La prima donna, che è una psicologa osserva la paziente ed avverte   la carica erotica che questa emana senza volerlo.  La paziente ora si è messa a sedere e rovista nella borsetta di coccodrillo. Estrae un accendino d’oro e un portasigarette dello stesso metallo. Lo apre e prende una sigaretta sottile e lunga. Fa per accenderla, poi si ferma e guarda la psicologa. Questa, senza parlare, indica una targhetta affissa sul muro che riporta il divieto. La paziente, Elle, ha un gesto di disappunto e ripone il tutto. Poi, picchiettando con un piede sul tappeto, si guarda attorno, in attesa.
 Continuando il silenzio, sospira, scuote i capelli in un gesto liberatorio, e torna a guardare la psicologa. Questa si toglie gli occhiali
– E’ tutto vero quello che mi ha raccontato? – la sua voce è impersonale.
Elle si muove a disagio. Sembra irritata dalla domanda.
La psicologa riprende senza particolari inflessioni
– Perché signora è venuta da me? Per sedurmi? –
Elle ha un sussulto. Questa domanda la spiazza completamente. Una leggera colorazione affluisce al viso curato e pieno. La psicologa rimane in silenzio pochi secondi poi riprende
– Mi scusi, non volevo offenderla, ma non sono ancora riuscita a capire se la sua sessualità è naturale o costruita… –
Elle sembra non capire.
Già non voleva venire a parlare con la psicologa. E’ stato solo per l’insistenza di Piera che ha accettato. Il rischio di perdere l’affidamento della figlia l’ha spinta. Quella donna non le piace, mentre sente d’essere oggetto di desiderio per l’altra.
Con una sottile punta di perversione giocherella coi bottoni della camicetta e allarga leggermente il collo mettendo in evidenza il solco e l’inizio delle due bellissime coppe. Sicuramente la psicologa darebbe degli anni di vita per avere un petto simile, lei che sembra una tavola…
Ora è la psicologa leggermente tesa. Ha gettato uno sguardo sfuggente e sta deglutendo. Poi Elle si decide.
– Mi scusi signora, ma non ne ho nessuna intenzione anche se le donne… -si ferma maliziosa.
La psicologa conosce Piera per motivi professionali e anche in quel caso il rapporto era stato piuttosto burrascoso.
Ora la professionista ha riacquistato un certo controllo.
– Signora – riprende con voce trattenuta – lei mi deve dire la verità, tutta la verità, se vuole il mio aiuto.  Ho un certo nome nell’ambiente e non posso permettermi un passo falso… inoltre non è detto che il tribunale non mi convochi… –
Elle trasale.
– E il nostro colloquio? –
– Stia tranquilla – ora la psicologa si sente in vantaggio – esiste un codice deontologico nella mia professione… –
Elle avverte una punta di sarcasmo nel sottolineare la differenza fra le due professioni. Evita di cadere in un gioco al massacro che non gioverebbe a nessuna delle due. Poi con naturalezza, soddisfatta del piccolo vantaggio la psicologa pone fine al colloquio
– Ci pensi signora, se vuole rettificare qualcosa nella sua esposizione e mi faccia sapere. Posso aspettare fino a giovedì, fra tre giorni –
Elle si alza e sistema la gonna che era leggermente salita. Per fare questo si è abbassata ed ha offerto all’altra una vista agevole delle proprie mammelle prive di reggiseno. Porge la mano e stringe quella della psicologa, fredda e umida, con calore. Ora la professionista è di nuovo in difficoltà. Il contatto con Elle l’ha turbata.
Sfila la mano in fretta e si aggiusta la camicetta sul seno inconsistente. Elle sorride: si sente sicura.

– Allora com’è andata? – chiede Piera, venendole incontro.
Indossa una vestaglia vaporosa, aperta sul davanti. Nell’incedere i lembi si scostano e lasciano intravedere un corpo ancora molto attraente. Due grandi globi bianchi, sostenuti da un minuscolo reggiseno a coppa, un ventre piatto e un delizioso triangolo di peli che sovrasta il sesso.
Elle sorride
– Non hai paura di prendere freddo? – chiede mentre abbraccia e bacia l’amica, socia e amante.
– Quando ti ho vicina, non sento che il desiderio – risponde languida Piera, prendendole una mano e portandola sulla sua vulva – questa mattina sono particolarmente eccitata –
Spinge il bacino contro la mano di Elle mentre cerca di sollevarle la gonna.
– Aspetta – risponde Elle e solleva l’indumento sui fianchi scoprendo il minuscolo tanga.
Piera la guarda bramosa e sorride.
– Ricordi la prima volta che ci siamo incontrate? Come eri ritrosa? –
Con la mano si inserisce sotto le mutandine e sente il calore della vagina.
– Non volevi sapere della psicologa?- mormora Elle con la voce che trema.
– Dopo – sussurra Piera, chinandosi e abbassandole il tanga.
Rimira le grandi labbra dell’amante.
– Come farei senza di te? – mormora avvicinando la bocca, mentre Elle si inarca con un sospiro.
– Ti prego – mormora Elle con la voce impastata – è importante! –
Piera si rassegna col viso imbronciato.
– Dimmi allora –
– Sono stata dalla psicologa, ma non crede alla versione che abbiamo studiato. Soprattutto il discorso del mio ex fuggito con una ragazzina- Te l’avevo detto che non avrebbe retto. Conosco Bruno, purtroppo. Non è il suo ruolo quello del dongiovanni. E adesso?-
Piera siede sul divano e si chiude la vestaglia.
– Ho parlato col nostro amico giudice. Lui dice che dovresti provare a parlare col tuo ex, a convincerlo a lasciarti tua figlia –
Gli occhi di Elle mandano lampi d’ira. E’ ancora più bella così accesa.
– Se fosse per lui non avrei problemi.. è quella vipera di sua madre che lo manovra come vuole. Dopo quello che è successo capirai che testa gli avrà fatto! Te lo dicevo che quella non faceva per te! Quella santerellina! Chissà da quanto tempo. –
– Lasciala perdere – la interrompe Piera – così non si va da nessuna parte.  Vuoi che telefoni io per fissarti un appuntamento? Oppure vallo a trovare in ufficio? –
Elle è restia ad accettare ma anche lei non vede altra soluzione.
– Va bene – mormora ricacciando indietro la collera – lo andrò a trovare in ufficio –
– Brava – le fa eco Piera aprendo la vestaglia – e adesso basta con le tristezze. Vieni qui, lasciati guardare –
Così dicendo Piera le abbassa il tanga e la fa sedere sul divano.
– Aspetta – dice Elle.
Si toglie la gonna e si apre la camicetta. Le sue belle mammelle dondolano davanti allo sguardo rapido di Piera. Questa si abbassa a baciarle.
– Non riesco a farne senza… vieni…-

Elle è seduta nel salottino della banca e aspetta il marito. Ha un abito molto castigato che però non riesce a nascondere le curve del suo corpo. Quando è arrivata ha suscitato un certo interesse nel personale maschile. Chissà se sono al corrente della sua attività. Conoscendo il suo ex marito, è probabile. Avrà cercato conforto nei colleghi senza sapere che loro forse ridono alle sue spalle. Si apre la porta ed entra Bruno il suo ex. E’ un tipo abbastanza comune, nella media come statura. Porta gli occhiali su un grosso naso ed ha un aspetto mite quasi di vittima sacrificale. Appena vede Elle, arrossisce, poi con la voce tremante chiede
– Come stai? Sei sempre molto bella… –
Elle per un attimo si commuove, poi si riprende: il viso della suocera le appare in mente.
. Senti ti devo parlare, per la storia dell’affidamento. Piera. –
Bruno trasale a quel nome – cioè noi…insomma io sono venuta a chiederti di lasciar perdere la causa…per il bene di Francesca… –
Bruno continua a guardarla: si ricorda quando erano sposati che rientrava dal lavoro e la trovava sempre sciatta e trascurata nel vestire, irritata per un nonnulla, e le scuse che spesso trovava per sottrarsi alle sue misere carezze. Sì perché in fondo era colpa sua se era andata a trovare soddisfazione altrove. E dire che lui avrebbe anche accettato, per farla felice, che trovasse un uomo che la appagasse sessualmente, anzi ne sarebbe stato felice. Aveva anche cercato una volta un amico, poi tutto era finito nel nulla, o almeno così credeva. E adesso la vedeva tutta elegante, con un fisico mozzafiato, profumata e desiderabile. Gli faceva quasi soggezione. Chissà ora, se avesse avuto la fortuna di godere dei suoi favori come sarebbero andate le cose? Chissà quali tecniche, quali giochi erotici aveva imparato? Chissà quanti uomini l’avevano posseduta? Avevano goduto di quel corpo!
– Ci sei? – la voce di Elle lo scuote.
– Scusa ero distratto…dicevi? –
Elle lo guarda indecisa. Che faccia finta o è rimasto veramente così? Ingenuo e mite fino alla nausea, senza un minimo di amor proprio. Mi fa quasi pena, ma non posso lasciarmi andare. Devo battere il ferro finché è caldo.
– Devi venire dalla psicologa….dobbiamo trovare un accordo –
Bruno la guarda senza parlare.
Ma perché non dice niente? Anche quando ha saputo del lavoro a domicilio…è rimasto così, muto, senza reazioni, un vinto, un uomo senza midollo…mio dio…ma come ho fatto a sposarlo…mio padre! Elle ripensa al padre, un uomo alto e grosso, che dava sicurezza, che comandava, che si faceva obbedire, che lei a volte sfidava ma che la coccolava, anche dopo sposata, prendendola in braccio come una bimba piccola…-
– Ho detto   che devi venire a parlare dalla psicologa –
Ho detto devi non se vuoi.
Bruno abbassa lo sguardo e assume quell’aria da vinto che le dava tanto fastidio-
– Va bene – sussurra – quando devo venire? –
Ora Elle è sorpresa. Non si aspettava una resa così subitanea. 
Perché ha accettato subito? Cosa c’è sotto? E’ inutile lambiccarsi il cervello. Ha accettato ed è questo che conta
– Devo venire con l’avvocato? –
– No, solo noi – risponde Elle di getto. Si alza e le tende la mano. La stretta è come fra due persone che si incontrano per la prima volta, energica e rapida.
– Grazie – mormora Elle, abbassando gli occhi ed esce, lasciandolo con i suoi pensieri.

Studio della psicanalista, pomeriggio inoltrato. La stanza, come al solito è in penombra. La finestra si affaccia su una stradina della vecchia Bologna che una volta serviva come scarico deiezioni e che venivano chiamate androna. Nell’aria un lieve profumo di mughetto.
Proviene da Elle che è seduta in modo composto, con la gonna che copre le ginocchia. Ha un paio di scarpe col tacco basso e le belle gambe tornite, inguainate in calze di nailon color carne. Per sua stessa ammissione non usa collant ma calze allacciate al reggicalze.
Sicuramente più sexi, alimentano le fantasie maschili.  Sopra ha una maglia fatta a casacca molto larga con un ampio girocollo abbottonato fin sotto il mento.
 Il trucco è leggerissimo e per l’occasione sfoggia il suo naturale colore dei capelli castani. L’atteggiamento è molto riservato ed incute un certo rispetto. A prima vista potrebbe essere identificata come una dottoressa o una manager. Lo sguardo dietro le lenti è limpido e curioso e non lascia trasparire che una calma interna ed una serena coscienza di sé.
La psicologa la osserva di sottecchi e valuta la differenza rispetto al primo incontro. Assolutamente perfetta nella parte della moglie tradita che ha chiesto l’affidamento della figlia per salvaguardarla.
L’altra persona, l’ex marito che ha intentato una causa di disconoscimento dell’affido nei confronti di Elle sembra un’ameba. Fisicamente è piuttosto scialbo. Veste un maglione e pantaloni di colore marron scuro, più adatti ad una persona anziana che ad un uomo della sua età.
La psicologa percepisce la dominanza della madre nello scegliere i vestiti e nell’atteggiamento in genere. L’uomo si muove a disagio e traspare la sua insicurezza nell’agire personalmente senza l’appoggio materno.
La simpatia della psicologa, tralasciando le pulsioni sessuali, va tutta ad Elle, anche se un senso di invidia la porta a cercare di scalfire quella sicurezza che ostenta.
Perché – si chiede – certa gente nasce già con le caratteristiche genetiche del perdente?  La psicologa si schiarisce la voce ed assume un tono professionale
– Dunque, voi siete venuti da me, per trovare un accordo circa l’affidamento di vostra figlia Francesca, onde evitare le lungaggini e l’aspetto pubblico di un dibattimento. Fino qui siamo tutti d’accordo? Bene, proseguiamo. Allora signor Bruno, quale parte ricorrente, vuole dirmi quali sono le motivazioni che l’hanno portata a questa richiesta?-
Bruno, l’ex marito tace. Sembra cercare le parole più adatte per sostenere la sua tesi. La mancanza dell’avvocato lo penalizza.
Vorrebbe che a parlare fosse qualcun altro. Forse l’emozione gli sta giocando un brutto scherzo. Si guarda attorno smarrito, guarda Elle, seduta davanti a lui, vicino a lui fisicamente ma lontanissima nella realtà della vita. Diventa rosso, poi comincia a parlare a bassa voce
– Mi scuso per l’esposizione, ma non sono abituato a trovarmi in queste situazioni. Posso esprimere liberamente la mia opinione? Ho dei limiti di tempo? –
– Nessun limite, signor Bruno – recita la psicologa, che si sente superiore e che vuole fargli capire come sia tollerante e comprensiva nei suoi confronti – può parlare liberamente. Siamo qui per questo –
Bruno sorride nervosamente, estrae un fazzoletto dalla tasca ed un minuscolo fogliettino.
Elle ha un sussulto: che sia stata sua madre a suggerirgli cosa deve dire? 
L’uomo spiega il biglietto, poi con un gesto di rassegnazione lo depone in tasca – Non voglio creare dei problemi – comincia a voce bassa, quasi si confessasse – non vorrei mai creare dei problemi. Ciò nonostante, le situazioni, le vicende, gli episodi si materializzano in modo tale che ne vengo coinvolto mio malgrado. Per tutta la vita ho cercato di trattare gli altri in modo cortese e gentile nella speranza che anche loro si comportassero con me ugualmente –
La psicologa sospira.  Mi sembra che la prenda molto da lontano, comunque io sono pagata ad ore e quindi non è un problema….chissà di che colore è il reggicalze della signora? 
Si scuote e riprende a seguire il discorso – …non so se agli altri capita come a me, comunque questo non ha importanza…capisco che devo essere più conciso ma non ho mai avuto la possibilità, non di parlare, ma di essere ascoltato – grande verità, pensa la psicologa – ho tentato i primi anni di intavolare un dialogo ma non ci sono riuscito, per vari motivi. So di essere permaloso e di avere un carattere debole ma come dice don Abbondio il coraggio o lo si ha o non lo si ha. Avrei voluto trovare in mia moglie….vorrei dire una cosa, mi scusi signora, ma ne sento il bisogno, perché le donne, quando sono fidanzate, non lo so, fingono forse, di essere interessate agli hobby dei ragazzi o forse qualcuna lo è veramente e poi dopo sposate cambiano totalmente? Almeno nel mio caso è successo questo. Lo so di non essermi comportato sempre bene, da fidanzato, ma dopo, come cambiano le donne, come sei cambiata anche tu Elle, no, non ti inalberare, non tirare in mezzo mia madre, lo so, hai ragione, lasciamo stare questo argomento. Volevo dire che io cerco sempre di mettermi nei panni di chi mi sta davanti…ma è inutile parlare di queste cose. Scusate lo sfogo, ma mi rendo conto di essere patetico. Dunque ho riflettuto a lungo su quello che ho fatto, spinto, lo confesso, da mia madre. Ora però sono stanco. Non ho più voglia di combattere. Tu sei una donna che si è fatta strada, hai trovato la via giusta, almeno lo spero, hai dato sfogo alle tue passioni, e questo mi fa piacere, purtroppo io non sono stato in grado di soddisfarti e non sai quanto questo mi laceri l’animo. Ormai lo posso dire. Pensa ho perfino sperato che tu trovassi un uomo che ti rendesse felice. Se non ci fosse stata Francesca, ti avrei lasciata libera. Mi rendo conto di essere un mezzo uomo. Forse ce ne sono tanti come me ma questo non mi interessa. Credimi, se potessi tornare indietro, ti lascerei libera di trovare qualcuno alla tua altezza. Non ti rimprovero per la chiacchiera che hai messo in giro del mio tradimento.  Se ho fatto cilecca con te come potevi pensare che potessi mettermi con un’altra?  Ho avuto la disgrazia di avere un padre che beveva e mi ha tormentato la vita nei primi anni, e quella di soffrire di eiaculazione precoce. Lo so, lo riconosco. Scusami se ti ho fatto passare degli anni tristi. Abbiamo avuto la sfortuna che tu sei rimasta in cinta la notte di nozze altrimenti, come ho detto prima, ti avrei lasciata andare. Tutto questo per dire che non ho più intenzione di toglierti l’affidamento. Sono stanco di lottare con tutti. Sono un vigliacco ma non sono cattivo, credimi. Quindi, tieniti Francesca, abbine cura, e sii felice. Da parte mia, se potrò parlarle non ti metterò mai in cattiva luce. Pensaci tu, come madre e donna a spiegarle perché ci siamo separati. Scusate ma non riesco più a parlare. Debbo firmare qualcosa o posso andare? –
Nella stanza è sceso il silenzio. Le due donne sono chiuse nelle loro torri d’avorio e stanno valutando come comportarsi Nell’aria aleggia una certa commozione. Le parole di Bruno fanno pensare. La sua disarmante resa non richiede commenti. Ognuno di noi, forse ha un destino già segnato. C’è chi tenta di modificarlo e chi invece si arrende. Elle sembra scossa: chissà cosa pensa? Lasciamola così. L’unica cosa che mi sento di dire è che spero che nel futuro non debba mai pentirsi di come si è comportata.

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