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Racconti Erotici

IL PREZZO DEL PIACERE

By 22 Novembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Racconto tratto dal mio blog:

IL RAMO RUBATO

Mi guardi come se fossi un maniaco. “Boh… Fantasie, io?… Non lo so… Non credo di averne nessuna…”
Ti sprono, mentre mi rivesto, con voce rassicurante, da uomo vissuto quale non sono: “Non essere timida. Su. Tanto ce l’hanno tutte le donne un qualche pallino a letto…”
Stai zitta un attimo “Boh… A volte credo che mi piacerebbe essere comprata da qualcuno… Essere pagata per fare l’amore.”
Mi guardi, divertita per avermi sorpreso. Non me l’aspettavo. Me l’hai detto come se fosse la cosa più normale di questo pianeta. Me l’hai detto forse solo per provocarmi. E hai colto nel segno, perch&egrave quelle parole hanno reso soldato agguerrito, ciò che dentro di me, fino a pochi istanti fa era ispirato poeta. Ti guardo come in attesa.
“Mmm. Ci mancherebbe solo che adesso pagassi qualcuna per fare l’amore. Sono in bolletta cronica, per pagare questa casa. Dai. Dimmi qualcos’altro.”
Ma tu stai zitta, e io ti conosco ormai. Dietro ad ogni tuo silenzio c’&egrave sempre un mondo divertito e inquieto. C’&egrave consapevolezza che graffia.

“Quanto credi che un uomo dovrebbe pagarmi per farmi sua?”

I più vivi istanti della mia esistenza si intrecciano su questa parete, come su un arazzo dall’ anima multiforme. Ad ogni sguardo sospinto, sensazioni vissute in altri tempi bussano alla mia porta, avvolte di mille ricordi collaterali. Una lettera di straziante addio, appesa come Cristo in croce. Sogni strappati al sonno, tramutati di getto in schizzi a matita. Foto di viaggi. Biglietti di teatro. L’autografo di Montanelli. cartoline. Appunti. Poesie. Propositi. E almeno mille pensieri liberi.
Quasi tutto su questa parete &egrave senza cornice.
Sono solo mille foglie cadute in autunni passati. Sono redivive onde di un mare che sempre ritorna alla mia spiaggia. Sono la variegata bandiera della mia anima, che si spiega solo al vento della memoria. La mia mano scosta un foglio, e agguanta l’unico “quadro” appesa in questo caotico patchwork. Dentro di me, penso a quante diverse strade possono raggiungere lo stesso bacio…

Ti strattono per i capelli e porto la tua bocca alla ricerca del mio piacere. Tu stasera segui tacitamente i miei gesti, volontaria vittima della tua fantasia. Tu stasera accogli come rispettosa geisha ogni mio più turpe desiderio.
Qualcosa di invisibile mi scala silenziosamente lo stomaco, e mi riempie di potere.
E’ vivo desiderio che mi ammorba. Comprarti. Possederti. Sentirti come mio personale oggetto. Usarti come un aureo straccio da piedi. Fare davvero di te quello che più mi aggrada. Io ti sto comprando. E in ciò ogni mio gesto diventa efferrata sacralità. E in ciò ogni mio pensiero diventa inebriata potenza. Io sono diavolo assetato di possesso e corruzione. Io sono l’arroganza del denaro, e al tempo stesso la misura del tuo valore. Demolisco scrupoli, conquisto spazi dell’anima, disarciono principi. E in questo mio dirompente incedere fuori dai binari, non porto maschera alcuna, amica mia. Perch&egrave tu, in me, hai evocato l’essenza stessa del corrotto pensare. Tu stessa hai piantato in me, il velenoso seme di cui raccogli avidamente i frutti. Assetata e sempre abbandonata alle mia mani, ti rimetti ad ogni mio desiderio. E quando ti ribelli ai miei gesti, ad essi io stesso ti costringo. Con la forza dell’inquietudine. Con l’autorità di un contratto non scritto. Perch&egrave io pagherò per avere il tuo corpo, amica mia. E lo voglio tutto. Pagherò quanto vali, e per ciò voglio averti come mai non ti ho avuta.
Perch&egrave ti desidero. Perch&egrave voglio che tu, stasera, sia la mia puttana. Perch&egrave voglio che tu, stasera, sia la mia regina. Ti rimetti a me. Il capo chino e i polsi legati dietro alla schiena. Le ginocchia sul pavimento. Il mento sul materasso.Avanzo nel tuo corpo come un plotone di carri armati. Distruggo. Conquisto. Marcio ritmicamente al passo dei miei desideri. Ti posseggo come fanno gli animali. Con la stessa impazienza. Con la stessa voluttuosa bestialità. Urli parole sconnesse. Invochi il mio lato più oscuro. Chiami il mio nome più volte. E senti d’un tratto che il tuo grembo di colpo si &egrave fatto traboccante calice d’amore.
Ti lascio con la testa appoggiata sul letto, pazza d’amore. Con la voce farfugliante che trema, sospesa tra il piacere ed quel vuoto che inesorabilmente consegue al cattivo giocare. Ma io saprò presto riempire quell’abisso che ho scavato, bambina mia. Io risponderò presto alla domanda che qualche settimana fa mi hai posto. Mi avvicino al tuo orecchio e ti mormoro, con la voce del mio diavolo corruttore:
“Tu non hai prezzo, bambina mia. Tu sai essere preziosa come solo certe opere d’arte.” Tiro fuori il mio portafoglio. E prima di andarmente lascio nelle tue mani ancora legate e tremanti un foglietto. Contiene la mia stessa vita, contiene la tua ricompensa. Contiene tutto quello che tu vali per me. Perch&egrave quando riuscirai a slegarti, se riuscirai a farlo, sulla tua schiena nuda troverai un assegno in bianco.

Sono passati tre anni da quel giorno. Prendo fuori quell’assegno dalla cornice in cui l’hai posto, in mezzo agli altri miei mille ricordi. E sorrido. Il primo “quadro” che tu stessa hai appeso quando sei venuta ad abitare qui. Il bianco vessillo di un nostro proibito e perduto stare assieme. Lo prendo in mano e dentro di me ritrovo, per un attimo, lo stesso diavolo di quel giorno. Vengo alle tue spalle, in cucina, mentre stai tagliando la verdura sul lavandino. Guardo la tua schiena con desiderio. Con quella fame che morde. Con il sangue che pulsa violento. Tu sai leggere i miei pensieri, anche quando sei di spalle. Infatti allarghi leggermente le gambe, quasi di istinto. Mordicchio il tuo collo. Mi struscio tra le tue natiche con mutande che intanto stanno esplodendo. Tu ridi, e mi dici di lasciarti cucinare in pace. Mi dici che sei indietro, e che arrivano i tuoi, a pranzo. Ma io non rispondo. Io appoggio silenziosamente sul bancone l’assegno di quella sera. E mentre ruoto i tuoi seni, ti invito, senza dirti una sola parola, a rinnovare il nostro contratto.
Perch&egrave qualunque cifra tu avessi scritto quel giorno sull’assegno, bambina mia, se mai ne avessi veramente scritta una, sarebbe stata decisamente troppo bassa…

Racconto tratto dal mio blog:

IL RAMO RUBATO

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