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Racconti Erotici

La cameriera – Racconto inedito

By 21 Giugno 2022No Comments

Stavo tenendo un corso in Romagna, frequentato da una quindicina di stagisti ed il primo giorno andammo a pranzo in un ristorante cinese, vicino alla sede del corso. Non ci volle molto per notare una delle cameriere, l’unica non cinese. Spiccava come un fiore rosso in un prato verde. Le altre cameriere avevano quella specie di femminilità mortificata, o male espressa, così comune nelle ragazze cinesi, ma lei si distingueva subito. Il modo di camminare non era mai goffo, sempre con la testa ben alta, e bastava seguirla un attimo con lo sguardo per capire che aveva un bel corpo: portava dei jeans stretti ed alti in vita, che delineavano un cosiddetto “culo a mandolino” dove le forme del sedere si vanno poi ad unire ad una vita molto stretta e la maglietta, assolutamente troppo aderente, delineava due seni, grossi ma non troppo, formosi e distanti fra loro. Non faceva nulla per passare inosservata, anzi, c’erano dei movimenti che sembravano fatti apposta per mettersi in mostra, anche se in maniera discreta, come quando, magari stando davanti ad un tavolo, si tirava i jeans in alto, prendendoli da dietro all’altezza della cinta, movimento che provocava il fatto che la cucitura dei jeans si incuneava ancora di più nei suoi glutei. Oppure, mentre era davanti al tavolo a scrivere un’ordinazione si piegava leggermente in avanti, facendo andare i lunghi capelli sul taccuino e rendendo necessario rimandarli all’indietro ma il tutto con un gesto della mano che però sembrava sempre sfiorare il seno. Anche i ragazzi del corso la notarono subito, ma essendoci alcune stagiste, non fecero commenti. Nei giorni seguenti continuammo ad andare a pranzo allo stesso ristorante e così scoprimmo che aveva 22 anni e che si chiamava Larissa. Aveva un leggero accento straniero, da paesi balcanici, ma parlava bene l’italiano e intavolava spesso piccole conversazioni con i clienti. Alla fine della settimana alcuni dei ragazzi l’avevano invitata ad uscire una sera con il gruppo e così il sabato sera la vedemmo arrivare nella terrazza del bar dove eravamo andati a bere qualcosa.
Il suo atteggiamento fu subito quello della civettuola, oppure, per dirla con la definizione che ebbero due degli stagisti, quello della “drizzacazzi”. Trattasi di ragazza o donna che esprime una certa confidenza, apparentemente anche sessuale, ma che non va mai oltre quel limite che permetterebbe al ragazzo o all’uomo di farsi avanti. Io ero in una posizione ben definita e distante da tutti gli altri, essendo il Tutor dello stage ed avendo passato i quaranta. Ma i miei stagisti erano tutti maggiorenni e vaccinati e non dovevo certo esercitare alcun tipo di controllo. Verso l’una e trenta cominciammo a salutarci e lei si allontanò con uno dei ragazzi. Io raggiunsi la macchina e dopo averla messa in moto ed acceso l’aria condizionata mi misi a leggere delle e-mail sul telefono. Dopo tutta la confusione della serata apprezzai il silenzio e la comodità della mia macchina, un SUV di grosse dimensioni. Dopo una decina di minuti mi arrivò una chiamata da un cellulare non memorizzato:
“Pronto.”
“Pronto Andrea?”
“Si, ma chi parla?”
“Sono Larissa, la cam..”
“Larissa, ma come fai ad avere il mio numero?”
Già mentre lo domandavo mi diedi la risposta: avevo sempre prenotato il tavolo a mio nome, lasciando il numero di telefono.
“Scusa, ho il tuo numero dalle prenotazione del ristorante.”
“Certo, ci avevo pensato proprio adesso. Ma cosa è successo? Perché mi chiami?”
“Senti, scusami, ma è successo un piccolo problema. Anche se non so come spiegartilo…”
“Ma va tutto bene? Tu e Luca state bene?” Luca era il ragazzo con cui era andata via dal bar.
“Si, ma … cioè… si, stiamo bene, ma lui non è qui adesso…”
“Larissa, spiegami cosa è successo e basta, ok?”
“Si, certo. Io sono andata via con Luca e lui mi ha detto che avrebbe accompagnata a casa. Ma poi, quando siamo saliti in sua macchina ha cercato di baciarmi e questo mi stava anche bene, ma poi ha cominciato di toccarmi. Gli ho detto di smettere e alla fine sono scesa della sua macchina e lui è partito e mi ha lasciata qui.”
“Ok, ho capito. E qual’è il problema? Hai bisogno di essere accompagnata a casa?”
“Si è possibile, perché è tardi, non ci sono autobus adesso.”
“Senti, io sono ancora vicino al bar, mandami la posizione su Whatsapp, ok?”
“Va bene, grazie.”
Appena arrivò il messaggio vidi che era a poche centinaia di metri e la raggiunsi in due minuti. Sbloccai le sicure e lei aprì lo sportello, senza salire. “Mi dispiace averti chiamato, ma adesso sono un po’ incasinata per arrivare a casa.” “Non ti preoccupare, sali in macchina e ti accompagno io. E stai tranquilla, non proverò a baciarti né a toccarti, ok?” “Ok, grazie.”
Si decise e montò in macchina. Appena chiuse lo sportello mi arrivò un leggero profumo, ma troppo esile per essere un vero e proprio profumo. Probabilmente aveva fatto una doccia alla fine del servizio al ristorante e odorava di shampoo e di bagno schiuma. Indossava uno di quei vestitini corti, stretti in vita, con una gonnellina che ricordava quella delle tenniste e le spalle scoperte, che lasciava scoperto il petto e l’inizio dei seni. Appena si era seduta la leggera luce proveniente dal cruscotto cominciò a riflettersi sulle cosce scoperte.
“Insomma, Luca non si è comportato da gentiluomo, mi sembra di capire…”
“No, aspetta, io non voglio accusarlo di niente, mi faceva piacere tornare a casa con lui e non dispiaceva di baciarlo, ma è stato un po’ troppo, come si dice? Intreprendente?”
“Ok, ho capito. Ma intanto, mi dici dove devo andare o impostiamo il navigatore?”
“Io non conosco molto bene la strada da qui. Ti dico il mio indirizzo: via ??????? numero ?? a ??????????.”
“Bene, impostiamo l’indirizzo e partiamo.”
“Mi dispiace di farti fare tardi, ma non so come tornare a casa. Potrei chiamare una delle ragazze cinesi e dormire da loro, ma me scoccia un po’”
“Senti Larissa, non preoccuparti. Io ero in macchina a leggere le e-mail e non sarei andato a letto subito.”
Il punto di destinazione era distante dodici minuti e mentre guidavo cominciai a chiederle qualcosa di lei e di come si trovava in Italia. Mi spiegò che il padre viaggiava molto per lavoro e che ad un certo punto si erano trovati in Italia. A lei era piaciuto e si era trovata un lavoretto estivo come cameriera. Poi, finita l’estate, le avevano proposto di lavorare al ristorante cinese, dove avevano bisogno di qualcuno che parlasse l’italiano un po’ meglio dello staff, interamente cinese, e così alla fine si trovava da due anni e mezzo in Italia. Mi disse che le piacevano i ragazzi italiani perché le facevano la corte e perché erano gentili. Le dissi che Luca quella sera non era stato molto gentile e lei mi disse che io, accompagnandola a casa, stavo compensando la cosa. Ad un certo punto, ormai vicino a casa sua, trovai il cartello per il mare e le chiesi se avesse piacere di fare due passi sul mare o se era troppo tardi. Mi rispose che il giorno dopo non avrebbe lavorato e che non doveva andare a letto presto. Così arrivammo sul mare, dove era già tutto chiuso anche solo per il fatto di essere ad inizio estate. Parcheggiai la macchina e scendemmo a fare due passi. Non mi avvicinai mai a lei e tanto meno provai ad abbracciarla, perché volevo solleticare un po’ il suo spirito di “drizzacazzi”. Probabilmente mi ero sbagliato, perché non fece nessuna mossa verso di me. Dopo aver camminato e chiacchierato ancora per una decina di minuti mi disse che aveva un po’ freddo e tornammo alla macchina. Partii subito appena salimmo in macchina e arrivato alla fine del parcheggio mi fermai un attimo prima di entrare sulla strada. Lei mi prese una mano, dicendomi: “Senti che mani fredde!” “Accidenti, vuoi che metta il riscaldamento?” “No, non importa. Ma sei stato molto gentile stasera. E magari potresti scaldarmi un pochino.”
Mi girai a guardarla e lei mi guardò con uno sguardo fra la gatta e la cerbiatta. Proprio la famosa “Gatta morta”! Le presi le mani nelle mie e lei mi appoggiò la testa sulla spalla. Così allungai il braccio e le misi la mano sulla spalla, tirandola leggermente a me. Lei si avvicinò ancora di più e mi mise le labbra sulla bocca. La baciai in maniera leggera e sentii la sua lingua appoggiarsi alle mie labbra. Aveva una bella bocca, morbida e carnosa. Dopo due o tre baci la guardai e le dissi: “Adesso è il momento di portarti a casa?” “Non devi per forza portarmi a casa. Mi piace baciarti. E poi sei stato molto corretto tutta la sera. Luca a questo punto aveva già le sue mani dappertutto…”
“Luca è un ragazzo giovane, ed i ragazzi giovani prendono fuoco subito…”
“E tu? Tu non sei un ragazzo, ma potresti prendere fuoco lo stesso, no?”
“Certo che potrei, ma non lo farei senza sentire che sei d’accordo.”
“Allora, se devo essere d’accordo, te dico che potresti provarci un pochino…”
Spostai la mia mano dalla spalla sulla schiena, poi le accarezzai il collo e cominciai a scendere sul davanti, accarezzandole il petto. Quando le mie mani arrivarono ai capezzoli cominciò ad ansimare. Sembrava eccitarla ed i baci si fecero più profondi. Mi mise le mani sul petto e cominciò a scendere, arrivando ben presto alla cintura dei pantaloni. Anche io scesi a toccarle le cosce e lei aprì leggermente le gambe. Le accarezzai l’interno coscia fino a sfiorarle le mutandine, ovvero una strisciolina di tessuto che sentii in mezzo alle grandi labbra. Volutamente non le scostai lo slip e cominciai ad accarezzarla piano da sopra la stoffa. In pochi secondi sentii il tessuto diventare bagnato, quindi lo scostai e cominciai a passarle un dito lungo le labbra della fica. Cominciò a mugolare molto piano, ma sentii il suo corpo scosso da un fremito. Dopo aver fatto scorrere un dito nelle labbra comincia a soffermarmi sul clitoride, senza però smettere di scorrere su e giù per la fica. Lei cominciò a sbottonarmi i pantaloni e mi tirò fuori il cazzo. Fece per abbassarsi, ma il tunnel del cambio era veramente un ostacolo insormontabile e mi guardò con aria interrogativa: “Ma questa macchina non è proprio adatta!”
“È una macchina fatta per viaggiare, non per fare sesso in un parcheggio…”
“Peccato, mi sarebbe piaciuto farti sentire quanta voglia mi hai messo…”
“Larissa, non sono proprio un ragazzo con cui darsi un po’ da fare in macchina. Ti va di venire nel mio albergo?”
“Certo che mi va! Ma tu mi ci porteresti? Non ti scoccia farti vedere con me?”
“Ma figurati. E perché mai?”
“Tu sei un professore ed io sono una cameriera…”
“Sei una cameriera molto carina…”
“Grazie.”
Misi in moto e cominciai a guidare verso la città. Per tutto il tragitto continuai ad accarezzarla fra le cosce, mentre lei mi strusciava una mano sulla patta dei pantaloni e quando arrivammo in vista dell’albergo la sentii contrarsi. Stava godendo. Le mie carezze l’avevano portata all’orgasmo. Fece qualche gemito sordo, stringendo forte le gambe intorno alla mia mano e ci trovammo fermi nel parcheggio. “Mi hai fatto godere… Andiamo, devo ripagarti.”
Scendemmo dalla macchina ed entrammo nella Hall, fermandoci davanti alla Reception. Dissi al portiere che avrei avuto un’ospite e gli chiese se fosse possibile registrarla la mattina seguente. Mi guardò ammiccando impercettibilmente e rispose che non ci sarebbero stati problemi. Salimmo in camera e appena entrati Larissa lasciò cadere la borsetta e si mise ad armeggiare ai miei pantaloni. La aiutai e me li tolsi. Lei mi abbassò gli slip e dopo avermi preso e stretto con una mano si inginocchiò per terra e prese la cappella in bocca. Cominciò ad inghiottirmi e a passare la sua mano stretta a cerchio su tutta la lunghezza del cazzo. Dopo un po’ la tirai su per le spalle, la baciai e le dissi di andare sul letto. Lei si sdraiò e mi bastò alzarle il vestito per trovarmi davanti la sua fica, che avevo già sentito essere completamente depilata, nascosta appena da un lembo del perizoma. Scostai il perizoma e mi avvicinai al letto, puntandole il cazzo direttamente nella fica e spingendoglielo dentro fino ai coglioni. Lei emise un gemito e reclinò la testa all’indietro. Ne approfittati per spingermi in profondità, sbattendoglielo tutto dentro. Era ancora molto eccitata dall’orgasmo che aveva appena avuto e cominciò ad ansimare. Le tirai su le gambe e le misi le mani sotto i glutei. Lei appoggiò le gambe alle mie spalle. Aveva proprio un bel culo, sodo e duro. Poi le presi le mani e gliele portai sul seno, facendoglielo stringere. Continuò a strizzarsi il seno ed i capezzoli mentre la fottevo e ad un certo punto tirai fuori il cazzo.
“Girati, fammi vedere il tuo sedere.”
Obbedì, mettendosi praticamente in ginocchio sul letto. Le labbra della fica erano gonfie e venivano fuori dal contorno delle cosce come se fossero stati due wurstel gonfi ed appiccicati fra loro. Appoggiai nuovamente il cazzo e glielo spinsi dentro, godendomi la sensazione di “strettezza” provocata dalla sua fica giovane e gonfia. Dopo qualche minuto, in cui sentivo la mia eccitazione crescere, lo tirai fuori completamente e mi abbassai per guardarla ancora e per accarezzarla un po’. Appena il mio dito le sfiorò il clitoride fece un piccolo urlo, subito soffocato in un gemito con la bocca spinta sul materasso. Poi mise le mani all’indietro e cominciò ad aprirsi le natiche, rivelando un buco del culo che sembrava un vero bocciolo di rosa. Cominciai a massaggiarle il buchetto e glielo misi nuovamente dentro, senza però smettere di accarezzarle il buco. I gemiti ed i sospiri aumentarono, in confronto a quando la stavo solo scopando e così lo tirai nuovamente fuori e lo appoggiai al buchetto posteriore.
Cominciai a spingere, ma lentamente, per darle il tempo di dire di no, se avesse voluto. Ma non disse niente e dopo qualche secondo sentii lo sfintere cominciare a cedere e mi ritrovai con la cappella oltre l’anello dei muscoli del culo. Lo spinsi ancora un po’ dentro e poi cominciai a tirarlo fuori. Il fascio di muscoli del buco del culo era bello morbido e non fu difficile uscire e rientrare. Cominciai ad affondare sempre di più e le scopai un po’ il culo. Poi decisi di godermi un po’ lo spettacolo e dopo essere uscito le guardai fra le natiche. Aveva il buco del culo completamente aperto e con le mani che ancora si aprivano le natiche le rimase aperto per qualche secondo, prima di cominciare a richiudersi lentamente. Non gliene diedi il tempo: mi tirai su, mi presi il cazzo in mano, indirizzando la cappella verso il buco e la penetrai nuovamente. Lei, in tutto questo, non aveva smesso di gemere e di muoversi per assecondare ogni mia spinta. Decisi di prendermela con calma e regolai la velocità delle spinte in modo da non provocarmi un orgasmo. Guardai l’orologio e annotai mentalmente l’ora. Continuai ad incularla in maniera lenta e profonda e quando sentii che stavo perdendo il controllo guardai nuovamente l’orologio. Erano passati una decina di minuti. Appoggiai un piede sul letto per cambiare l’angolazione di entrata del cazzo, poi le raccolsi i capelli e glieli tirai indietro, facendole alzare la testa verso di me. Lei girò la testa per guardarmi e mentre glielo spingevo altre tre o quattro volte nel culo, arrivando a sentire i coglioni completamente schiacciati fra le mie cosce e le sue natiche, le dissi che stavo per venire. La tirai ancora di più a me tirandole i capelli e poi rantolai qualcosa e cominciai a goderle nelle budella. Quando finii di schizzarle dentro, mi allontanai lentamente, estraendo completamente il cazzo. Il culo le rimase aperto, con lo sperma che cominciava ad uscirle dal buco facendo delle piccole bollicine. E brava la mia cameriera! Bellissimo servizio! Lei si buttò in avanti sul letto ed io mi sdraiai di lato, accarezzandole un po’ la schiena e le natiche. Le accarezzai il culo e poi le passai un dito proprio sul buco, trovandolo ancora aperto e grondante di sperma.
Mi alzai, andai in bagno ed entrai nella doccia, cominciando a lavarmi. Lei arrivò dopo qualche secondo, si mise sul bidet e cominciò a lavarsi. Mi sorrise, senza dire niente e poi tornò in camera. La raggiunsi dopo qualche secondo e mi sdraiai accanto a lei. Aveva il suo vestitino arrotolato in vita, come una piccola ciambella. La accarezzai e lei mi mise una mano sul cazzo:
“Ti sei lavato?” “Si.” “Ti da noia se ti tocco?” “No, fai pure.”
Dopo qualche carezza si alzò dal letto, ma si sdraiò nuovamente, con il viso davanti al cazzo. “Fatti leccare ancora. In macchina non ho potuto farlo.”
Il mio cosiddetto “tempo di refrazione” è quasi inesistente e la lasciai fare. Cominciò a leccarmi ed il cazzo non tardò a manifestare il suo gradimento. In un paio di minuti era così gonfio e duro che mi faceva quasi male e lei cominciò ad accarezzarmi lentamente.
“Sei stato molto attento e gentile, anche se mi hai inculata per tanto tempo e fino in fondo. Si sente che non sei un ragazzino.”
“Di sicuro non sono un ragazzino. Ma mi sembra di capire che anche tu hai avuto le tue esperienze.”
“Ho fatto l’amore la prima volta a sedici anni. Fica e culo, perché i preservativi costavano tanto ed era più economico scopare il culo. Ma non mi piaceva molto. I ragazzi volevano inculare perché vedono film porno. Ma tu hai fatto l’amore con me, con tutti i modi.”
“L’importante è che ti sia piaciuto. Siamo stati insieme perché fosse piacevole per tutti e due, non pensi?”
“Per me stato piacevole già dalle carezze in macchina. Sei bravo a carezzare la fica.”
“Grazie. Anche tu sei brava ad accarezzarmi il cazzo. Mi hai fatto eccitare ancora…”
“Vero. Allora perché non mi scopi ancora?”
Mi alzai, la tirai sul bordo del letto, con le gambe alzate e la penetrai nuovamente. Mugolò qualcosa e dopo una decina di penetrazioni mi disse: “Senti, non scoparmi come una ragazzina. Tu sei un uomo ed io posso essere una donna. Scopami ancora come prima.”
Lo tirai fuori dalla fica e lo abbassai appena, in modo da poggiare la cappella sul buco del culo. Diedi una piccola spinta e mi ritrovai nuovamente con il cazzo completamente fasciato dalle sue budella. La cosa si sarebbe protratta abbastanza a lungo, perché avevo goduto da poco ed il mio cazzo era molto meno sensibile. Cominciai ad accarezzarle il clitoride e piano piano riuscii a metterle un dito dentro la fica, mentre sentivo la mia cappella scorrerle dentro, separata dal mio dito da un sottile framezzo di carne. Le carezze sul clitoride e la penetrazione nel culo cominciarono ad eccitarla nuovamente e ad un certo punto la sentii contrarsi e cominciò a godere di nuovo, ma in una maniera quasi violenta. Prese un cuscino e se lo premette sul volto, cominciando ad urlare. Per fortuna il cuscino attutì l’urlo quasi del tutto e quando si calmò le diedi qualche spinta veramente poderosa, sbattendole le palle sulle natiche e venni per una seconda volta.
Lei mi guardò negli occhi: “Un ragazzo non scopa così, lo sai?” “Mi fa piacere che ti sia piaciuto.”
Andai nuovamente in bagno e lei venne a lavarsi di nuovo.
“Adesso devi portarmi a casa. Ma davvero.”
Mi vestii e l’accompagnai a casa.
Tornai in albergo abbastanza tardi, cadendo poi in quel sonno profondo che si ha solo dopo una grande scopata. La mattina dopo la sveglia sembrò suonare in piena notte, ma mi feci una doccia e andai a fare lezione. Alla fine delle lezioni del mattino andammo a mangiare “al solito cinese” e Luca, il ragazzo che aveva lasciato la bella cameriera per strada e al quale non avevo detto nulla della sera prima, rimase all’Istituto, con una scusa che lo giustificava per non venire a pranzo con il gruppo. Ci sedemmo e dopo poco arrivò Larissa a prendere le ordinazioni. Ma non mi aveva detto che non lavorava e che poteva tornare tardi a casa? Arrivò al tavolo e salutò tutti con molta cordialità. Dopotutto la sera prima era stata al bar a bere con tutta la compagnia. Quando arrivò da me, mi guardò negli occhi e disse che quel giorno non avrebbe dovuto lavorare, ma che era stata molto bene con la compagnia la sera prima e che non voleva perdere l’occasione per salutarci. Un attimo dopo, sempre guardandomi negli occhi si morse appena appena le labbra, mettendosi per un attimo una mano sul ventre. Fu solo un attimo e sono sicuro che nessuno notò la cosa. Ma io l’avevo vista. E sapevo che significava che il mio cazzo avrebbe dovuto sopportare ancora di essere completamente stretto dentro il suo buco del culo.

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