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Racconti Erotici

LA CASA DELLE LUCI ROSSE

By 25 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

C’era una volta una casa un po’ diroccata, dai muri dipinti di celeste, dalle imposte bianche, dal tetto nero, assai spiovente. Il comignolo pareva una guglia, che toccava la luna e le stelle, o fendeva il freddo dei cirri, dei nembi, delle aurore boreali, degli sprazzi di sereno, che si rincorrevano sopra la terra.
In quei paraggi scorreva un fiume grigio, dalle acque profonde e dalla corrente impetuosa. Sembrava un torrente, imprigionato in quelle chiuse di cemento; era come se non avesse sponde e, di quando in quando, qualche passante sbigottito si appoggiava alle ringhiere di ferro battuto, per contemplarlo, quasi rapito da una visione di topazio. Talvolta, in quel fiume senza nome si poteva veder nuotare qualche trota, in mezzo alle alghe che danzavano vagamente, misteriosamente, languidamente, nella corrente.
Nelle fredde giornate d’inverno o nelle estati, che sembravano senza sole, alla finestra del terzo piano della dimora di cui vi ho narrato or ora, si affacciava sovente una giovane donna, dagli occhi celesti, ma quasi trasparenti, dai lunghi capelli castani, che però non pettinava mai, dai lineamenti nordici, dal naso all’insù, dalle labbra rosa.
Si diceva che fosse una creatura rapita dal mistero; guardandola di lontano, pareva senza pupille, assomigliava ad una statua di cera, forgiata dalle mani nude del vento. La sua pelle era bianca, lattea, forse non aveva mai visto il sole, se non da dietro le inferriate.
Eppure, non piangeva mai, era come se ridesse di un riso malinconico, pareva s’illuminasse vagamente d’un sorriso che sapeva di morte e di spiriti.
Io non so se nella casa diroccata si evocassero i morti, vi fossero dei fantasmi o si udissero delle voci che altrove non era possibile ascoltare.
Ad ogni modo, in autunno e in primavera la creatura del mistero non appariva mai alla finestra incantata, perché farlo sarebbe stato come infrangere un sortilegio.
Il giorno in cui era arrivata pioveva a dirotto, c’erano i lampi e i tuoni’ L’avevano fatta scendere alla svelta dalla carrozza, che aveva gli sportelli chiusi a chiave e le grate, i cavalli portavano dei paraocchi neri’ S’era udita la serratura che scattava, qualcuno aveva aperto il misterioso portone d’ingresso, per poi richiuderlo subito dopo il passaggio di lei ed in breve la nuova venuta aveva saputo il suo destino dalla voce stregata della padrona:
– Resterai qui dentro per il resto dei tuoi giorni, onde scontare le colpe di cui ti macchiasti in una vita passata, quando facevi l’assassina e ti accoppiavi con i maiali’
Io non so se le avesse parlato così per scherzo oppure no’
All’interno, la casa semi diroccata faceva quasi paura. La padrona voleva che si tenessero le imposte sempre chiuse, persino di giorno, che vi fossero solo poche luci vaghe nelle stanze e che si parlasse sottovoce.
Si viveva al lume rossastro di lucerne antiche, nel chiarore vermiglio di ceri che si usavano dei cimiteri; aggiungo inoltre che c’era un vecchio cane, legato con una catena, pronto a ringhiare e ad abbaiare contro chiunque. Se non l’avessero tenuta a bada, quella belva si sarebbe scagliata contro tutti, avrebbe sbranato qualsiasi essere le fosse capitato vicino!
Dimentico di dirvi che alle pareti di alcune stanze erano appesi dei quadri che raffiguravano i volti di persone decedute.
Un giorno, la padrona disse alla creatura del mistero che in quella casa erano morte ben tre persone. Forse anche la giovane senza sguardo si sarebbe spenta entro quelle mura.
Mi sembra ancora di sentire la voce della vecchia rugosa, che diceva alla sua serva, sghignazzando:
– Devi fare quello che ti dico io! Devi obbedirmi! Devi pulire i pavimenti, i bagni, preparare da mangiare, lucidare i vetri e i mobili! Devi rifare i letti, pulire le tende! Ubbidisci! Ti farò vedere io chi comanda qui dentro!
E rideva, rideva sempre, d’un riso cupo, che sembrava provenire dall’altro mondo.
– Adesso andrò a prendere la scopa e ti picchierò a dovere ‘ le disse una volta, in tono minaccioso.
Era come se, giorno dopo giorno, la creatura del mistero diventasse pazza, pazza, pazza’ Si prendeva spesso la testa tra le mani, perché era come se le scoppiasse.
– Odo le voci degli spiriti ‘ mormorava. ‘ Le odo dappertutto’
Le luci scarlatte le illuminavano sempre il volto, mentre saliva e scendeva le scale tenebrose.
Una volta, le parlarono d’amore e lei si ricordò di averlo fatto, con un giovane della sua età, prima di essere condotta in quella dimora segreta.
Si erano chiusi in un baule, nel quale suo padre conservava una vecchia fisarmonica nera e’ La bella aveva usato tutta la tenerezza delle sue labbra, per poi sentirsi pervadere nell’intimo dalla virilità del suo uomo. Quanti baci, quanti baci, quanto piacere, simile al brivido che si prova quando la fiamma di una candela tocca la pelle!
Qualcuno, però, non voleva che si amassero. Tempo dopo erano arrivate la morte, la sofferenza e la carrozza, in cui l’avevano costretta a salire per condurla lontano.

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