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Racconti Erotici

La Favola del Bene e del Male

By 6 Gennaio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Quante volte, quante volte, travolti dai baci più ardenti, o dall’infuocato abbraccio di Piacere, ci siamo chiesti se questi siano il Bene o il Male? Sono forse le labbra più rosse e dolci generate dai sortilegi delle streghe? Sono forse le parole d’amore più appassionate dono magico delle fate? Oh, io non so rispondervi’

Forse, l’abbraccio &egrave come il fuoco della morte. O forse, &egrave un premio delle stelle. E l’amplesso &egrave il sorriso ardente del mistero. Il dramma del Bene e del Male travolge la Terra, arde e consuma tutte le cose, e non risparmia l’affetto.

Questa storia nasce in un’epoca lontana, tanto lontana dal vero tempo in cui gli avvenimenti narrati ebbero luogo.

E la mente mia si confonde, &egrave come se tutto s’annebbiasse, e si tingesse di cupo e di tragico’

Perché quello che sto per narrarvi &egrave il mistero del Bene e del Male.

Rammento che’

Oh, lo sapete? Fu la zingara, a raccontarmelo, e subito dopo avermi riferito con la bocca tremante cose tanto gravi e misteriose, parve svanire, in una nube di fumo.

E c’era una caverna, fredda fredda’

L’aveva scavata il vento, ululando, l’aveva scavata con le sue mani gelide e invisibili, anno dopo anno, secolo dopo secolo, millennio dopo millennio.

Sì, l’aveva scavata lassù, fra le montagne, fra le rocce bianche’

Ed era sempre bufera.

I ghiacci non lasciavano mai quel luogo da fantasmi, mai, neppure l’estate’ Oh, e vi giuro, mi &egrave rimasto nel cuore quel rumore di brezze fredde, che penetravano urlando nella grotta!

Buu’ Buuuu’ Buuuuuuuu!

E il vento aveva portato un seme terribile, nella caverna grande. Un seme capace di germogliare, per poi generare i Fiori del Male’

A poco a poco, la morte cresceva tra i ghiacci, e diventava bella, sì’ Uh!

La coltivavano gli aliti gelidi del vento, le parole minacciose, di presagio, che parevan dette da quella voce fatale e narravano di streghe e di giganti.

E poi’

Oh, poi, il giorno terribile venne, e il Male si mostrò, fuori dalla caverna in cui era germogliato, nutrito dall’eco delle menzogne dei mortali.

Aveva le sembianze di una vecchia, canuta e sdentata, dagli occhi bianchi, senza sguardo’

Cielo!

Ed era vestito con una tunica nera come il carbone, camminava a stento, appoggiandosi a un nodoso bastone di legno di faggio, il volto suo era butterato dalla malattia.

Le mani sue eran ricoperte di piaghe’

E dall’arida bocca non uscivano che parole che promettevano sofferenza, dolore, divisione, affanni, tortura’

Sì, la Morte! La Morte! La Morte!

Cielo!

Era questo tutto ciò che la vecchia prometteva al mondo, con voce che sembrava salire dal profondo delle tombe. E fu così che la Terra prese a coprirsi di sepolcri, freddi e senza nome.

Gli uccelli neri abitavano le lande deserte del gelo, riempivano il silenzio mortale con i loro versi lugubri lugubri, che non si possono raccontare. A volte, stormi di corvi planavano in volo sui rami degli alberi senza vita.

Il Male contemplava le sue valli dalle cime nevose dei monti.

Dall’uno all’altro capo della terra, dall’una all’altra steppa, aveva esteso il suo regno. Ed era penetrato nel cuore sensibile e fragile dei mortali.

Il sorriso più arcigno appariva su quel volto di vecchia sdentata’

Ah, tragico compiacimento!

Le tombe ricoprivano ogni luogo. La cattiveria era ormai giunta in ogni dove, nessuno e nulla si salvava dalla stretta della sua mano nera, e dai suoi lunghi artigli.

No, nessuno, nessuno, nessuno’ Ma poi’

Oh, poi, ricordo una luce turchina e amica, che scendeva dal Cielo, piano piano, piano piano, senza fretta, lievemente e soavemente. Io non so da dove venisse.

Oh, ma sono sicuro che era’ Era il Bene, sì, che scendeva sulla terra, battendo le sue ali bianche di angelo. Un dorato raggio di sole fendeva la coltre di nubi malvagie’ nessuno lo poteva fermare.

E mi ricordo di un piccolo angolo di paradiso, dove crescevano ancora i fiori, e le piante germogliavano senza ricoprirsi di spine.

Lì si era creata una piccola nube di luce, bianca e dorata, sì, bianca e dorata’

Erano le sorgenti del Bene’

Gli occhi miei ricontemplano quell’istante, nel narrarlo. E’ come se si ripetesse, proprio adesso, dinanzi ai miei sguardi. In mezzo a quella nuvola di luce dorata, si vedeva nascere una fanciulla bellissima, con gli occhi celesti, che tradivano la più immensa bontà.

E quelle pupille brillavano tanto, che’ oh!

Era vestita di turchino, aveva due grandi ali, per volare lontano, lontano.

Liberava colombe’

Oh, no, il Bene non voleva che sulla terra ci fossero morti e sepolcri! Il Bene non voleva che ci fossero ossessioni e cattiverie, no, no, no.

Gli occhi della fanciulla vedevano tutto ciò che la Morte aveva costruito e distrutto, e si riempivano di lacrime!

Perché, perché tanto odio?

Il vento freddo carezzava la pelle della creatura del Bene, nuvole di foglie di smeraldo le danzavano intorno, rapite così, dall’ultima brezza di primavera.

Tutto moriva, non c’erano che pochi luoghi dove vivere in pace, o forse, più nessuno ne restava, no, neppure uno. Il Bene cominciò a camminare sopra la terra fredda’

E mentre passava, i fiori riprendevano a sbocciare, gli uomini si davano la mano, e facevano la pace, le guerre cessavano, i ghiacciai di nevi eterne si trasformavano in ruscelli gorgoglianti.

Tutto questo pareva un miracolo dolce e triste’

Le lacrime di quegli occhi pieni di bontà ricadevano al suolo, e così facevano ricrescere l’erba, ridavano la vita ai morti. Tutto questo, in un istante.

– Perché tanto odio?

Questo sussurrava la povera fanciulla ai venti. Ella non aveva ancora incontrato la vecchia dal volto arcigno’ Oh, sarebbe stato molto meglio non incontrarla mai!

Perché altrimenti, una delle due sarebbe morta, sì!

La perfida vecchia contemplava il mondo dall’alto delle sue rupi, e si mordeva le labbra nere, il sangue suo macchiava le nevi. L’avevano ferita.

Cielo!

Appoggiata al suo bastone, cercava di far morire il bene, ma non ci riusciva. E un brutto giorno, tutto accadde.

La fanciulla passava per un erto sentiero di montagna, quando vide dinanzi a sé una figura maledetta, e assai brutta, dalla quale provenivano parole di fuoco.

Gli alberi, intorno, erano tutti spogli.

Sembravano morti’ E la bufera li faceva muovere come spettri, come spettri!

S’alzavano nubi di polvere color di carbone. Qualche cosa di orrendo muggiva nella gola, pareva il ruggito di un gigante infuriato.

Rammento il suono tetro di quella voce’ oh!

– Vattene via da qui’ Vattene dai miei regni, e non tornarci più! Perché ti assicuro che il mondo &egrave mio, e mio rimarrà. Lo ricoprirò con le mie tombe, lo infesterò con i miei fantasmi!

E il muggito di quella voce si confuse con l’ululato della tormenta.

Oh, che cosa terribile e abominevole era il Male! Io non ve lo so descrivere, no.

– Vattene via di qui’ Vattene, o mi prenderò la tua vita!

Questa fu la risposta del Bene.

E io vi giuro che gli occhi della fanciulla brillarono di una luce di fuoco.

Oh, io non avrei saputo dire chi vincesse, chi dei due fosse il più forte’ Ricordo soltanto che lì accanto c’era uno scoscendimento, una china, tanto, tanto ripida, sì, e’

Il Bene e il Male s’erano avvinti l’uno all’altro, rotolarono giù nel burrone insieme, fra le rocce, sì, fra le rocce, e la neve bianca si macchiò di sangue.

La fanciulla e la vecchia, strette in quell’abbraccio fatale’ la lotta, il baratro, il precipizio’ altro non ricordo.

Mi ritorna in mente il riso arcigno della vecchia canuta e sdentata: ‘ah ah ah ah!!’.

E mi sembra anche di risentire i singhiozzi della fanciulla, che piangeva di bontà.

La buona aveva compreso di non poter più restare al mondo, perché quello non era il suo regno, oh, no, no, non lo era davvero più.

E salutava i suoi amici’

Sì, salutava i fiori dei campi, i raggi del sole, i sorrisi delle persone felice, l’azzurro delle acque, il verde dei prati e dei boschi.

Era l’ultima volta che stavano insieme.

Oh, tristezze!

E la bella deponeva il suo bacio sui petali malinconici delle camelie, delle rose, dei giacinti, delle primule. Il Male non avrebbe potuto distruggere la bellezza, no, non avrebbe potuto cancellarla per sempre.

E il Bene sarebbe rimasto almeno nel cuore di pochi generosi.

Oh, ma quelle persone erano tanto poco numerose! Tanto poche, che nessuno poteva contarle, proprio nessuno, ahim&egrave.

La fanciulla buona salutava tutti. Oh, ma ella aveva già salutato tutti, i pochi che le avevano voluto bene!

– Addio, mondo triste, io non lo so se ritornerò mai, un giorno’ Io vado lontano, tanto lontano da qui, perché non posso più restare sulla Terra, che &egrave diventata il regno del Male.

Oh, sì, ahim&egrave!

Era accaduta una cosa assai triste!

Bene e Male si erano spartiti l’Universo immenso, avevano stipulato un patto di fuoco, che faceva malinconia e spavento insieme.

Il Bene non sarebbe rimasto sulla terra, se ne doveva andare via. Aveva fondato nei Cieli il suo bel regno, tra le stelle d’argento, le magiche stelle d’argento’

Il mondo, perla di ghiaccio, andava incontro alla sua sorte crudele, assai più tragica delle fortunate stelle, baciate dalla luce. Sì, perché la Morte ne avrebbe fatto il suo regno, per sempre.

Cielo!

Non sarebbero rimaste che poche cose belle, buone e graziose, per cui esistere. Poco, o forse niente’ soltanto cenere! Infelici i mortali, schiavi della cattiveria e del dolore.

Miseri infelici’

E il Male sghignazzava, nel profondo della sua caverna generava i suoi figli: l’Odio, fantasma nero e ululante, la Violenza, gigante dalle mani di fuoco, l’Avarizia, piccola strega che tanto amava sghignazzare, il Malanno, moribondo vestito con cenci, la Fame, scheletro senza volto, la Guerra, dea dalle chiome maestose, con la spada in pugno.

Gli uomini si uccidevano l’un l’altro, litigavano, si rotolavano sulla polvere fredda, per il piacere vano.

La Bontà invece brillava lassù, la si vedeva lontana lontana, nella notte, tra i suoi begli astri.

E sulla terra si costruivano sepolcri. Si levavano i pianti degli orfani, che avevano perduto la cara madre, per sempre. Si udivano le risate degli assassini.

E la vecchia canuta, sdentata, non faceva che contemplare l’opera sua malvagia, dall’alto della montagna, appoggiata al suo bastone.

Aveva un progetto, su come porre fine al mondo. Voleva che si levassero tante fiamme, da Oriente a Occidente, da Mezzogiorno a Settentrione, da Est a Ovest, da Austro a Tramontana.

Oh, infelice il giorno in cui il Male nacque! E maledetto quello in cui scelse il mondo per suo regno. La vecchia perfida faceva precipitare nelle valli le sue rocce, ma la Bontà, di Lassù, inondava il cielo di un pianto di stelle. Era tutta la sua compassione.

Ricordo che vi fu un altro duello di fuoco. La fanciulla del Bene s’era attardata dal cielo sulla cima di un monte, vicino ai ghiacciai eterni, e lì aveva incontrato la vecchia.

La perfida aveva preso il suo bastone, e con quello attaccava e si difendeva. Il Bene aveva invece in pugno una spada dorata, i due avversari combattevano, in una lotta di fuoco, nel regno dei ghiacci.

Nevicava, i raggi di un sole stregato fendevano la bufera. E io non lo so, non lo so chi vinceva’

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