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Racconti Erotici

LA STANZA SCURA

By 4 Ottobre 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

– LA STANZA SCURA –

‘Che cosa dici, come mi sta?’.
Chiedevo a Katia, la mia amica del cuore, mentre mi guardavo allo specchio misurando il mio nuovo reggiseno.
‘Bene, direi.’
‘Non mi sembri molto convinta, però.’
‘Beh, diciamo che le tette ti debordano un po’, però nel complesso non è male”
Katia è fatta così. Non ha proprio peli sulla lingua. Se una cosa te la deve dire, anche se ti può fare un po’ male, te la dice. E’ quel genere di amica che tutti desidererebbero avere.
Ci siamo conosciute circa cinque anni fa, sul posto di lavoro.
Abbiamo, in pratica, cominciato a lavorare insieme in quella multinazionale. Poi lei si licenziò per mettersi in proprio. Io, invece mi sono dedicata alla maternità e continuo a lavorare part-time in quell’azienda.
Entrambe trentenni, io sposata, con una bimba di tre anni, l’adorabile Martina.
Katia è perennemente fidanzata. O perennemente single.
Diciamo pure che il fidanzato è un articolo che cambia spesso. Da quando la conosco ne avrò visti passare almeno sei o sette.
Oddio, io pure, in passato, mi sono data da fare al riguardo, ma come lei’
Ma ora, come detto, sono sposata con Sandro e tra noi le cose vanno piuttosto bene. Ho poi quel tesoro di Martina, la mia bimba.
Cerco di dedicare a lei tutti i momenti possibili della mia giornata’E’ sicuramente la mia priorità.
Ma Katia è pure importante per me. Per me non è solo l’amica del cuore, ma anche l’unica amica.
Di lei apprezzo, come detto, l’estrema sincerità, la cocciutaggine, la libertà.
Lei mi prende in giro, mi dice spesso che devo essere più attiva. Mi vuole sempre trascinare in scorribande per negozi e mercatini, dicendomi di lasciare la bimba da mia madre.
Beninteso che lei pure adora Martina e Martina adora lei.
Solo che lei dice: ‘Dove sto per portarti i bambini è meglio che non vengano.’
Dice sempre questa frase e lo fa con un tono artefatto da attrice consumata, come se quell’avventura fosse fantastica e spaventevole allo stesso tempo.
Poi magari si tratta di una qualche mostra di quadri assurdi di qualche pittore scoppiato.
E magari è solo il pretesto per passare qualche ora assieme.
‘Su, Ambra, datti una mossa, che è tardi”
Abitiamo vicine. Lei sta da sola e spesso andiamo a fare la spesa assieme.
Tra noi c’è, ovviamente, anche una profonda confidenza intima. Ci raccontiamo praticamente tutto e lei mi provoca spesso e volentieri cercando di tirarmi dentro a discorsi a’luci rosse.
Io non ci casco, però, e quando lo faccio, lo faccio apposta, per prenderla un po’ in giro. Solo che lei non è certo scema’
‘Sì, sì, prendimi pure in giro’Ma io so che anche tu sei una porcella, magari il doppio di me!’
Mi fa ridere e stare bene, quella testona.
Ricordo quella volta che, a casa sua, voleva farmi vedere per forza un film porno.
‘Guarda che potresti imparare qualcosa.’ Mi diceva per stimolarmi.
‘Non ti preoccupare. So già quello che serve”
‘Sì come no. Poi magari Sandro se li guarda, sti filmettini, mentre tu dormi e si massacra di pippe”
‘Piantala. Lui non ha bisogno di film. Gli basto io.’ Dissi sorridendo.
‘Certo.’ Rispose lei con evidente tono ironico.
‘Va bè, suor Ambra, niente film. Andiamo a fare la spesa?’.
‘Sei proprio pazza. Sì, andiamo.’
Beninteso che Katia non parla sempre di sesso. Le nostre confidenze vanno spesso più nel profondo, A volte ci lasciamo così andare che ci ritroviamo a piangere, per qualsiasi motivo.
Io le do una mano con i conti della sua attività e io le affido la mia bimba, quando magari mi devo trattenere un po’ di più al lavoro e mia madre non può tenerla.
‘E te pareva? Eccolo che arriva” dissi con tono scocciato nel parcheggio del supermercato mentre io e Katia stavamo caricando la spesa in macchina.
Mi riferivo all’ennesimo ragazzo extracomunitario che ci voleva propinare le solite cassette, accendini, collanine e cianfrusaglie varie.
‘E lascialo stare, che male ti fa?’
‘Nessuno, per carità. E’ che sono davvero tanti, e alcuni di loro sono troppo insistenti e pure un po’ prepotenti.’
‘Dai, lo sbologno io. Tu finisci di caricare la spesa.’
Katia confabulò con il ragazzo, tra l’altro educato e gentilissimo. Acquistò un accendino, e, credo un collanina.
Licenziato il ragazzo salimmo in macchina e tornammo verso casa.
‘Chissà che uccellone doveva avere quel ragazzo!’ Esclamò Katia.
Ovviamente non ero sorpresa del fatto che lo avesse detto. Mi stupiva il fatto che non glielo avesse chiesto direttamente a lui!
‘Sei proprio una porca!’ gli dissi sorridendo.
‘E perché, scusa? Perché a te non piacerebbe provarlo? Lo hai mai fatto con uno di colore?’
‘No. se la cosa t’interessa tanto. E non ci penso nemmeno’sono sposata, se non te lo ricordi”
‘Eeehhh, sai che roba”
‘Perché? Tu per caso lo hai provato?’
‘Che? L’uomo nero?’
‘Già, ‘
‘Non lo so”
‘Che razza di risposta è ‘Non lo so’?’
‘Beh, te lo racconterò, un giorno o l’altro” mi disse con aria evasiva.
‘Si, vabbeh, le tue fantasie’andiamo a casa, va”.

Tutto si può dire di Katia tranne che non sia una bella donna. Alta, mora, occhi chiari e con belle forme.
Ovviamente l’ho vista spesso nuda e lei ha visto nuda me, durante le interminabili sessioni di prove vestiti o nella cabina della piscina.
Si veste sempre con abiti succinti ma mai volgari. Lei stessa non è mai volgare, anzi denota una certa classe ed un certo modo di fare innato.
Sta bene in tutte le situazioni, Katia. Non la vedi mai in difficoltà o in impaccio.
Proprio il mio esatto contrario. Io ho bisogno sempre delle mie certezze e dei miei appigli, altrimenti, in situazioni dove non mi trovo a mio agio, mi perdo.
Ho trovato sicurezze anche in Sandro, un bravo ragazzo, risoluto e di carattere.
Tra noi non esono state sempre rose e fiori, ma, nel complesso va bene.
‘E valorizza un po’ di più il corpo che hai, cacchio!’
Mi dice spesso Katia.
‘Ma guardati’hai bei capelli castani, occhi neri che dovresti valorizzare con lenti a contatto e toglierti quegli occhiali da segretaria. Hai un bel seno e un bel culo’e mettili in mostra, no?’
Per la verità non è proprio come diceva lei’a me piace, e pure parecchio, curare il mio aspetto, truccarmi, anche se leggermente, mettere le minigonne’
Solo che a Katia non basta. O forse mi prende solo in giro.

Katia mi diede una mano a mettere via la spesa.
‘Ti va di andare per negozi sabato pomeriggio?’ mi chiedeva mentre sistemavamo frutta e altre cianfrusaglie.
‘Sì. Si può fare.’

Quel sabato, mentre girovagavamo per la città, chiesi a Katia se si voleva fermare a cena e poi anche a dormire a casa mia.
Sandro, non spessissimo, ma abbastanza frequentemente negli ultimi tempi, va via per lavoro. Non sta via molto, tre, quattro giorni al massimo. Solo che lo fanno partire di venerdì o sabato.
In quelle occasioni Katia viene a casa mia e passiamo insieme quel tempo.
Katia accettò, ovviamente. Anche Martina è entusiasta che ‘zia’ Katia viene a casa nostra.
Dormiamo anche assieme, nel lettone. Martina impazzisce di gioia all’idea di dormire in mezzo a noi due.
Sandro non glielo ha mai permesso. Per cui, quando viene Katia per lei è una specie di festa.
Quella sera mangiammo una pizza, guardammo la tele e giocammo un po’ con la bambina.
Martina aveva corso e giocato tutto il giorno e, all’improvviso, crollò.
La portai sul suo letto e lasciai le porte aperte. Se si fosse svegliata l’avrei portata sul lettone, insieme con noi.
Quelle notti erano le occasioni più belle per le chiacchierate in libertà. Parlavamo di tutto ma, inevitabilmente, Katia portava sempre il discorso sul sesso.
‘Sì perché adesso mi vuoi far credere che con Sandro è come i primi tempi?’ mi chiedeva provocandomi.
‘Che c’entra? La passione c’è ancora, anche se non è come una volta”
‘Cerca di essere più esplicita’quante volte lo fare la settimana, una? due? cinque? E i pompini glieli fai ancora?’
‘Senti, ma perché non ti fai un pentolino di cazzi tuoi?’ le dissi risolutamente, ma sorridendo.
‘Magari ce ne fossero’sono in crisi d’astinenza da un pezzo”
Mi fece ridere come una matta. Parlavamo tenendo la luce spenta. Eravamo coperte solo dal lenzuolo. Erano i primi giorni di marzo ma faceva un caldo innaturale.
‘Ecco invece io mi do da fare”
‘Sì, sentiamo’qual è la posizione più audace che hai fatto ultimamente? Il missionario cieco?’
‘E che razza di posizione è?’ le domandai ridendo
‘E che ne so’me la sono inventata adesso’E poi, lo raggiungi sempre l’orgasmo o Sandro pensa solo per se?’
‘Non ho mai avuto problemi e Sandro è molto premuroso..’
‘Sì. Magari in questo momento è molto premuroso con qualcun’altra..’.
Quella volta la presi a cuscinate.
‘Piantala di fare casino’svegli Martina!’
‘Dici così perché non vuoi prendere le botte che ti sto dando!’
‘Fai così perché sai che ho ragione”
Ridemmo come pazze.
Tornò la calma e tornammo a parlare del più e del meno.
Poi mi accorsi, nella penombra, che Katia non stava proprio ferma, in quel momento che la guardavo’
‘Si può sapere che stai facendo? Lo avevo intuito, ma volevo che lo dicesse lei, anche perché, in tanti anni di frequentazione e amicizia non era mai successo’
‘Mi sto toccando, perché?’
Vedevo in penombra, sotto il lenzuolo, che Katia aveva leggermente divaricato le gambe e sentivo il lenzuolo ballonzolare. Si titillava piano e quando c’era silenzio si poteva sentire il rumore dello sciacquio dei suoi umori.
‘Sei proprio matta” le dissi.
‘No, guarda, che fra noi due quella che non va sei tu’coraggio, perché non lo fai anche tu?’
‘Ma non ci penso nemmeno” dissi prontamente.
‘E perché mai? Che c’è di male?
‘Niente’è che non mi sembrai il caso”.
‘Si va bè’io continuo’Tu continua a parlare. Io ti ascolto e, se riesco, ti rispondo” disse ridendo.
Ero certa che sarebbe stata capace di faro. Io non parlai, però, e lei continuò.
Nel silenzio total della notte si sentiva ora solo il movimento della sua mano sul suo sesso e il suo respiro che si faceva via via più affannoso.
Quel movimento diventò a breve spasmodico e capii che Katia stava venendo dai mugolii che teneva strozzati in gola e dal sobbalzare del suo corpo’
Si rilassò poco a poco dopo il suo orgasmo’
‘Non sai che ti perdi” mi disse con voce flebile e ansante.
‘Sei proprio matta’lo ripeto..’
‘Sì certo’adesso però a nanna. Buonanotte”
Nel giro di nemmeno mezzo minuto Katia sprofondò in un sonno profondissimo.
Katia è’una dormitrice da competizione. E’ capace di dormire pure dodici ore di seguito.
Svegliarla al mattino è un’impresa. Nemmeno una guerra nucleare la sveglierebbe..
Io rimasi per un po’ a guardarla nella penombra. Poi decisi di dormire anch’io. Solo che io faccio più fatica di lei ad addormentarmi. e poi, il fatto che si fosse toccata mi aveva, indubbiamente, eccitata.
Mi trovai, per caso a passarmi una mano sugli slip. Erano bagnati del mio umore.
Non ci pensai due volte e mi accarezzai forte. Pensavo ad immagine spinte ed immorali, a cose che farebbero arrossire anche Katia!
Mi toccai così violentemente che venni in pochissimo tempo rantolando di piacere ed emettendo un miele che poi assaggiai sulle mie dita.
Subito dopo mi addormentati pesantemente anch’io.

Il giorno dopo, a colazione, glielo dissi’
‘Sai, stanotte, dopo che ti sei addormentata, mi sono toccata anch’io”
‘E brava’e perché non lo hai fatto insieme a me?’
Avevo avuto un pensiero, la notte prima, mentre Katia si toccava e glielo dissi.
‘Temevo che mi chiedessi di farlo con te” dissi a bassa voce.
‘Ambra, non te lo chiederei mai’tu sei la mia amica, non la mia amante.’
Mi lasciò senza parole. Mi disse quella frase senza astio o delusione, ma con il cuore in mano.
Mi emozionai. Katia mia aveva fatto capire il vero senso dell’amicizia e io prima non c’ero arrivata.
Mi aveva dato il cuore e tutta se stessa. Avrei dovuto capire quel gesto, ma, forse, con la mia mentalità poco aperta e con la mia vita pure un po’ imborghesita come se a trent’anni avessi raggiunto tutti i traguardi canonici che la società ed il nostro modello di vita c’impone, figli, matrimonio, lavoro, casa in montagna, non avevo realizzato quanto era importante per me quella persona.
Mi venne in mente un flash, su quella faccenda. Un film, di cui non ricordo il titolo, visto anni prima in cui c’era un gruppo di ragazzi molto amici fra di loro. Questi ragazzi organizzavano gare di seghe e chi veniva prima vinceva un premio.
La cosa non era fatta tanto per competizione o per sfogo sessuale, ma unicamente per unire l’amicizia’
Sì, devo ammettere che quell’esperienza mi faceva vedere, adesso, tante cose sotto un’altra prospettiva.

Ambra non si poteva trattenere, quella domenica. Mi disse che mi avrebbe telefonato la sera e così fece.

‘Ciao. Senti’cosa facciamo per la giornata della donna, l’otto marzo?’
‘Non saprei’basta che non andiamo a vedere qualche squallido spogliarello maschile”
‘Perché no? Ti farebbe schifo piazzare dieci o venti euro su di un bel pacco di carne pulsante?’
‘Ok, Katia, vedo che la conversazione assume i soliti toni”
‘E vabbè, scherzavo’Senti la proposta è di andare in pizzeria”
‘Ehilà, che botta di vita’e poi? In balera a ballare il lissio?’
‘Piantala, non fare la stronza e ascoltami’La proposta è pizza io e te e poi alle dieci si va in un posto”
‘Che posto è?’
‘Poi ti spiego’però non dovresti avere problemi di rientro.’
‘Beh, Sandro riparte il giovedì, l’otto è venerdì per cui”
‘Bene. Lasci Martina da tua madre, così non abbiamo problemi d’orario.’
‘Ok, ma m’incuriosisce il posto’com’è, come mi dovrò vestire, che gente troveremo”
‘Non ti preoccupare’devi solo essere pronta ad avere un’esperienza, diciamo, importante.’
‘Va bene’solo perché me lo proponi tu” le dissi amorevolmente. ‘Ma quando ci vediamo mi dici di cosa si tratta”
‘Sì, sì, certo. Ora devo andare. Ci vediamo. Ciao.’
La salutai e rimasi con la curiosità addosso. Chissà che posto particolare aveva mai trovato, chissà cosa m’aspettava l’otto marzo.

Katia, dopo essersi dimessa dalla multinazionale per la quale aveva lavorato con me, ha intrapreso la carriera di lavoratrice autonoma. Ha il carattere e le capacità per farlo. Si è immersa nel giro delle pubbliche relazioni. Organizza incontri, catering, prenota sale, organizza svaghi per le aziende che facevano meeting dei loro dirigenti. Per cui Katia conosce un sacco di gente e un sacco di posti.
E’ veramente brava, nel suo lavoro. Ho avuto modo di vederla all’opera più di una volta e ogni volta mi lascia sempre sorpresa. Ha quel modo di fare fatta di classe indiscussa, mai sopra le righe.
Ha fatto bene a dimettersi, qualche anno prima. Anche perché ora continua ad avere fra i suoi clienti quella multinazionale e, dunque, lei ne trae dei vantaggi economici, oltre che professionali, molto maggiori rispetto a quando lavorava come dipendente.

Finalmente arrivò quell’otto marzo. Lasciai Martina da mia madre, e mi preparai. Un leggero trucco, un vestito da sera e via.
Aspettavo Katia. Mi aveva telefonato dicendomi che sarebbe passata lei intorno alle otto e mezza per andare in pizzeria. Chissà cosa aveva architettato’magari la pizzeria era un posto dove a servire c’erano camerieri muscolosi e col pisello di fuori!
Mentre facevo questi pensieri, squillò il citofono. Era Katia.

‘Però! Che vestitino, signora Ambra, sembra che devi andare ad una serata di gran gala!’
‘Certo, tu non mi hai mica detto come mi sarei dovuta vestire’sono fuori luogo? Dai, riportami indietro che mi cambio”
‘No, no, no..vai benissimo, per quello che serve il vestito” disse strascicando le ultime parole
‘Che? Guarda che ti ho sentito’Insomma, dove stiamo andando?’
‘Te l’ho detto’in pizzeria.’
Dopo dieci minuti scarsi in macchina arrivammo in pizzeria. Era la pizzeria solita, dove, ogni tanto, andavo con mio marito, la bambina e i suoceri. Un posto assolutamente ordinario.
‘Ehilà, che postone, signora Katia!’
‘Piantala, Ambra. Entriamo e mangiamo.’
Mangiammo la pizza e ci bevemmo una birra a testa parlando, come al solito, del più e del meno. Katia non fece cenno al proseguimento della serata e io smisi di chiederglielo.
Prendemmo il caffè e il cameriere ci portò il conto.
‘Beh, paghiamo e andiamo?’ dissi io, un po’ impaziente, oltre che curiosa.
‘No. Dobbiamo aspettare qui. Abbiamo un appuntamento”
‘Ah, sì? E con chi?’
‘Boh? So solo che è alle dieci.’
‘Ehhh, quanti misteri”
‘Abbi solo un po’ di pazienza, manca poco”
Ed in effetti, dopo qualche minuto, alle dieci in punto’

‘Buonasera, signore. Prego, vogliate seguirmi.’
Un uomo alto in impeccabile divisa d’autista, mai visto prima. Aveva il cappello ed enormi occhiali scuri.
Io sorrisi mentre Katia rimase impassibile.
Pagammo il conto alla cassa e seguimmo l’uomo fuori dal locale.
‘Prego, vogliate salire.’
Fuori nel parcheggio della pizzeria c’era una limousine’ Sì, avete letto bene, una limousine enorme ad aspettarci!
Io rimasi esterrefatta e Katia sorrise in silenzio. Aveva un espressione beffarda in faccia, contenta, beata, di una che ha appena sorpreso la sua migliore amica.
Io effetti, cominciavo a sentirmi elettrizzata da tutto ciò!
Ci accomodammo all’interno di quell’enorme salotto su quattro ruote. Sedili comodissimi ed enormi, interni spettacolari’cacchio, come nei film!
L’autista chiuse la portiera e si mise alla guida. L’auto prese la strada molto lentamente.
‘Buonasera signore e benvenute!’
Cavolo, quasi mi venne un infarto!
Non eravamo sole dietro quei sedili.
Si accese una altra luce all’interno e, proprio di fronte a noi, c’era seduto un uomo in tenuta da steward di linea aerea, mi sembrava.
‘Beh, dove si va?’ dissi stupidamente. Sembrava che dovessi dire qualcosa e dissi la cosa più idiota. In effetti, mi piaceva non saperlo avrei voluto scoprirlo poco a poco. Ma ci pensò l’uomo a riportare tutto su di un piano di sorpresa.
‘Per cortesia, dovete indossare questi.’
L’uomo dietro gli occhiali scuri, con la voce calda e rassicurante, ci porse due pezzi di stoffa neri. Non capii subito di cosa si trattasse sino a quando, almeno, non lo tenni in mano. Era un cappuccio.
Guardai Katia con aria interrogativa e lei sorrise.
‘Ma” provai a dire timidamente.
‘Chiedo scusa, signore’Prego, indossate i cappucci. Ho un altro favore da chiedervi’
Vi prego di non fare domande e di non parlare fra di voi. Più avanti sarà tutto più chiaro.’
Usando sempre un tono calmo ma eloquente, l’uomo aveva ben chiarito quello che voleva. Io e Katia, praticamente insieme, c’infilammo i cappucci. Io prima mi sfilai gli occhiali ‘Senza occhiali o con il cappuccio per me è uguale” Pensai fra me e me ridendo.
‘Avrete notato, signore, che i cappucci hanno un’apertura all’altezza della bocca”
Era vero. C’era un ampia fessura all’altezza delle labbra’
‘Se lo gradite, vi posso offrire da bere’champagne, succhi di frutta, analcolici, cola o acqua”
‘Champagne!’ disse subitamente una Katia evidentemente eccitata’
‘A..acqua per me, per favore”
‘Ma dai, Ambra, almeno stasera” mi rimproverava Katia.
‘Prego, signore, non parlate fra voi’Ecco, signora il suo champagne’ed ecco la sua acqua.’
Sentivo la mano dell’uomo, calda e forte, prendere la mia per indirizzarla verso il bicchiere.
Bevvi l’acqua e lasciai il bicchiere a mezz’altezza’subito l’uomo lo riprese.
Intanto cercavo di capire dove stavamo andando. L’auto si fermava di tanto in tanto, sicuramente agli incroci o ai semafori, ma già da un po’ percorreva la strada senza fermarsi anche se a velocità molto moderata.
Avevo davvero tanti pensieri per la testa’la curiosità mi faceva impazzire’chissà che aveva organizzato quella pazza’chissà che scena stava recitando’Ero incuriosita ed elettrizzata.
L’auto si fermò per poi ripartire dopo qualche secondo. Le ruote ora facevano un rumore strano’Non stavamo più percorrendo la strada asfaltata’si sentiva distintamente il rumore della ghiaia sotto le ruote. Forse la ghiaia di un vialetto e, poco prima, c’eravamo fermati davanti ad un cancello, evidentemente.
Cercavo di immaginare tutto, dato che non potevo vedere e non potevo parlare con Katia o con l’uomo. Il gioco era davvero elettrizzante!
‘Siamo arrivate, signore.’
L’uomo doveva essere sceso e aveva aperto le portiere.
La sua mano prese il mio braccio e mi accompagnò fuori dalla macchina.
‘Attenta alla testa, signora.’ disse premurosamente.
Ci fermammo lì fuori per qualche attimo. Tutt’intorno c’era il silenzio assoluto, rotto di tanto in tanto, dal rumore di qualche animaletto notturno. Immaginavo che ci potevamo trovare in una villa, o in un castello.
‘Ecco, signore. Ora sarete accompagnate da due hostess. Vi ricordo soltanto che non dovete togliere il cappuccio sino a quando saranno le hostess a farlo. Non fate domande e non parlate fra di voi, per favore. Altrimenti finisce tutto.’
Subito dopo sentii prendere il mio braccio da una mano diversa da quella dell’uomo.
‘Prego, signora, andiamo.’ Era una voce femminile, impostata e gentile.
Camminammo sulla ghiaia per qualche metro.
‘Attenzione ora’ci sono cinque gradini da fare.’ Disse la hostess. Il rumore della ghiaia terminò e ora le scarpe calpestavano marmo o mattonato.
Ci fermammo per un attimo. Forse dovevano essere aperte delle porte.
Ne ebbi la certezza poco dopo. Eravamo all’interno. Si capiva dall’aria, dagli odori e dal fatto che i rari rumori della notte erano rimasti fuori, dietro la chiusura di quello che doveva essere un pesante portone di metallo e legno.
L’uomo tornò a parlare.
‘Ecco, signore, ora dovrete ascoltarmi attentamente anche se, fra di voi, ci può essere chi è già stato qui.’
Gli volevo dire di parlare più velocemente, che ero ingorda di sapere com’era il gioco, quale erano le regole e se, finalmente, mi potevo togliere il cappuccio e vedere in quale fantastico posto ero capitata!
Camminammo ancora per qualche passo e poi entrammo in un altro locale.
‘Ora, signore, le hostess vi condurranno nei vostri camerini e vi comunicheranno, per prima cosa, il vostro numero, se è la prima volta che venite qui. Il numero è personale e non vi sarà lasciata traccia scritta di esso. Lo dovrete ricordare a memoria, per questo incontro e per i prossimi, se ce ne saranno. Ricordo la regola fondamentale: è vietato parlare o comunicare in qualsiasi modo con chiunque pena la cacciata da questo luogo. L’unica cosa che potrete e dovrete dire sarà il numero che vi sarà dato. Questo numero è in realtà un codice che permette di aprire una porta. Se il numero è inesatto la porta non si apre e voi sarete espulse. C’è solo una possibilità di dire il numero, senza interruzioni o titubanze. Se questo accade la porta non si apre e sarete espulsi. Il fatto che vi conosciate non vi dà, comunque, la possibilità di scambiarvi i numeri. La porta si apre solo se il numero è corretto ma, anche grazie al riconoscimento vocale.’
‘Cavolo!’ pensai, ‘Sono capitata in un film di fantascienza!’ Non ero spaventata, ero curiosa, elettrizzata ed eccitata! Volevo urlare a Katia la contentezza di quel momento, ma non potevo e questo mi eccitava ancora di più!
‘Ok, signore. Questo è tutto. Ora vi separerete e le vostre hostess vi spiegheranno il resto. Prestate la massima attenzione a ciò che vi diranno, anche se avete già frequentato questo posto. Se le regole non sono rispettate questa è l’ultima volta che entrate qui. Grazie.’
Il tono della voce era sì caldo, ma mi diede comunque un brivido. Volevo assolutamente sapere cosa mi aspettava, ora! Che era? Una specie di caccia al tesoro? Il gioco della mosca cieca?

‘Prego, signora. Non andiamo verso la sua destra.’
Ora era la voce e la mano della hostess che mi guidava. Entrammo in un altro locale e sentii chiudere la porta.
‘Ecco, signora, ora può togliersi il cappuccio.’
‘Finalmente!’ Pensai, badando bene a non parlare e a non fare domande.
Mi sfilai il cappuccio e capii che eravamo effettivamente in un camerino. Il camerino era poco illuminato. Era piccolo e con solo qualche lampadina rossa da poche candele ad illuminare il tutto. Vi voltai e guardai la hostess.
Era alta, in divisa blu con minigonna e’con una maschera. Sì, facevo un po’ di fatica a vedere, un po’ per la scarsa illuminazione un po’ per la mia miopia, ma la signorina indossava una mascherina di carnevale che le copriva quasi tutto il volto.
‘Ora, signora, le dirò, una volta sola, il suo numero. Quando le chiederò di ripeterlo lei me lo dirà forte e chiaro, senza interruzioni e titubanze. In quella occasione la sua voce sarà registrata e, come dettole, prima, varrà come lascia passare per tutte le eventuali altre volte che lei verrà qui.’
Stavo per dire ‘Ok!’ ma mi trattenei per un pelo!
‘Il suo numero è: X807.’
‘Ho una gran memoria per i numeri!’ pensai in quel momento. Ed un numero cosi breve, e dato in un occasione così speciale e chi mai se lo sarebbe scordato?
Certo non sono come Sandro.
Mio marito è incredibile! Si scorda di tutto! Si deve appuntare su foglietti volanti e su post-it qualsiasi cosa: il codice del bancomat, la combinazione della nostra cassaforte, addirittura il numero del suo telefonino!
Quando deve andare via per lavoro, passo la serata precedente a scrivergli, per l’ennesima volta, tutti i numeri e le combinazioni che possono essergli utili come il suo codice fiscale o il numero di tessera medica. Un autentico disastro di memoria!
‘Prego signora’lo ripeta.’ Mi chiese la hostess, risoluta.
Presi fiato e, con voce piena, dissi:
‘X807.’
Passò qualche secondo e poi la hostess mi ringraziò.
Intanto facevo scorrere lo sguardo all’intero del camerino.
C’era una sedia, un tavolo con cassettiera, uno specchio, una bottiglia d’acqua un bicchiere, della frutta, un asciugamano, un attaccapanni con le stampelle e qualcosa d’altro che non riuscivo, però, a distinguere.
‘Ora, signora, le spiegherò il resto. Per partecipare è necessario spogliarsi completamente.’
Divenni come una statua di sale. Giuro che mi sarei aspettata di tutto, ma quello proprio no! Stavo per avere un moto di repulsione’avrei voluto schiaffeggiare quella tipa, cercare Katia e dirgliene quattro’ma dove cacchio mi aveva portata?
Eppure, quel pensiero, svanì in meno che non si dica. Più forte era la curiosità. Più forte era l’eccitazione. E poi, sarei scappata da lì sono se in quel luogo non mi ci avesse portato Katia.
‘Non solo dei vestiti” continuò la hostess con la sua voce impostata e professionale ‘Si deve togliere anche tutti i gioielli, occhiali, orologio. E obbligatorio indossare la maschera che le consegnerò. Tutti i suoi vestiti e oggetti rimarranno in questo camerino sorvegliati da me. Prego, ora, si spogli”.
Rimasi ancora un po’ titubante a guardarla’poi mi decisi e cominciai a spogliarmi.
Quando rimasi in mutandine e reggiseno, ebbi ancora un moto di ripensamento”Ma, sì, dai’!’ mi dissi, e finii di spogliarmi. Lasciai sul tavolo la borsetta con dentro gli occhiali, l’orologio, il braccialetto, la collana, gli orecchini e’la fede. Già’era l’ultima cosa che mi ero tolta’In quale cosa mi stavo mai cacciando? E Sandro?
‘Ma, sì, magari è tutto un gioco, uno scherzo, architettato da quella pazza’Magari adesso esco è c’è lei, vestita e da sola che mi riprende con la video camera e che ride come una pazza’!’
Mi voltai verso la hostess proprio nel momento in cui mi porgeva la mascherina.
‘Prego, la indossi. Ora le dirò le ultime cose. L’accompagnerò ad una delle entrate della stanza. Quando glielo dirò dovrà pronunciare il suo numero. Se il numero sarà quello giusto la porta si aprirà e lei potrà entrare nella stanza. Una volta dentro, io l’accompagnerò per qualche metro. Le ricordo che è vietato parlare, comunicare in qualsiasi modo con chiunque. All’interno della stanza, lungo tutto il suo perimetro, ci sono sedie, poltrone e divanetti dove poter sostare. Troverà anche hostess e steward sparsi lungo il perimetro, in piedi. Dovrà rivolgersi a loro, tirando loro la giacca, solo ed esclusivamente se vuole lasciare la stanza. Una volta lasciata la stanza, non vi potrà più rientrare, per questa sera. Gli attendenti l’accompagneranno in bagno, se vuole, oppure al suo camerino. Le ricordo che non dovrà dire nulla, solo se le sarà richiesto dovrà ripetere il suo numero personale. Una volta dentro la stanza lei può decidere di fare solo due cose, prima di lasciarla’O stare nel perimetro, seduta, a guardare e ad ascoltare per tutto il tempo che vorrà. Oppure decidere di avere un incontro. L’incontro accade fuori dal perimetro. Tra il perimetro e l’incontro ci sono due metri, lo spazio necessario per poter camminare verso gli attendenti ed uscire dalla stanza. Le comunico questi dati particolari perché l’illuminazione all’interno della stanza è molto bassa e rarefatta. Gli attendenti sono riconoscibili perché indossano delle divise con delle strisce catarifrangenti. La stanza è molto grande e dopo i due metri di passaggio cominciano i luoghi degli incontri. Si tratta di una grande alcova fatta di materassi ad acqua, lenzuola scure, e grandi cuscini”
Ecco, adesso avevo capito! Stavo per entrare nel bel mezzo di un’orgia! Altro che caccia al tesoro! Lì avrei trovato qualcuno che voleva trovare il mio, di tesoro!
Stavolta il moto di repulsione feci fatica a trattenerlo’pensavo a quella fede che avevo lasciato sul tavolo, poco prima. Eppure, pensavo che mi trovavo in una situazione che era tutto ma meno che meno squallida. E poi, il fatto che c’era tutta quella segretezza, discrezione e il fatto di agire in incognito mi stimolava a continuare in quell’avventura’e poi avrei potuto solo assistere, stando a quello che diceva la hostess, anche se avrei visto ben poco, senza occhiali e con pochissima illuminazione.
Però avrei potuto ascoltare, e far correre la fantasia.
‘Le faccio presente che non può scegliere gli incontri. Se decide di averne, si sposterà dal perimetro all’interno dell’alcova e, una volta lì sopra, sarà solo ed esclusivamente il caso a decidere i suoi incontri. Potrà incontrare uno o più uomini, una o più donne, donne e uomini assieme. Lei potrà inserirsi con discrezione e lasciare che l’incontro faccia il suo corso. Non sono ammesse violenze, urla, o suggerimenti di nessun genere.
Sul soffitto sono presenti microfoni sensibilissimi e personale dotato di visori ad ultravioletti. Chi infrange le regole è immediatamente espulso. Tutti gli ospiti indossano le maschere e, comunque, l’oscurità impedisce di poter vedere distintamente. Il silenzio è parte fondamentale degli incontri. I gemiti di piacere vanno trattenuti. Gli uomini, se vogliono, possono non indossare il preservativo e, gli incontri, oltre a queste regole altre regole non hanno. Qui non c’è pericolo alcuno di contrarre malattie. Gli ospiti sono tutti selezionati e, se lei è qua, è perché abbiamo avuto per lei e su di lei le più ampie garanzie.’
Già’e chi mai gliele avrà date? D’accordo che Katia fa quel lavoro con cui ha a che fare con tutte le persone più importanti delle mega aziende, ma non credevo che sarebbe arrivata a tanto! Il monologo della hostess mi incuriosiva e volevo non finisse mai, anche se la curiosità ormai era fortissima e volevo entrare, anche solo per assistere, in quella stanza misteriosa il prima possibile!
‘Tornare qui è non è facile. Teniamo alla discrezione e, perciò, questi incontri sono saltuari e sono, solitamente, effettuati con nuovi ospiti. Questo è tutto. Ovviamente se mi chiederà qualcosa adesso, la dovrò accompagnare al suo camerino e poi fuori. Lei non potrà più tornare.’
Me ne guardai bene, dal dire qualcosa! Facevo pure a fatica a respirare, cercando di fare meno rumore possibile!
‘Bene, signora. E’ ora di andare.’
La hostess aprì il camerino ed uscimmo. Entrammo in un lunghissimo corridoio illuminato, anch’esso, pochissimo. Solo qualche lampadina in basso, non riuscivo a capire se c’erano finestre, o quadri o qualsiasi altra cosa.
Sentivo solo il caldissimo tappeto sotto le piante dei miei piedi nudi.
Seguivo la donna piano, sino a quando arrivammo davanti ad una parta.
La donna mi fece passare avanti e poi disse:
‘Dica il numero, prego.’
Mi concentrai cercando di non commettere nemmeno il minimo errore’
‘X807!’ esclamai con voce chiare e forte.
Udii uno scatto. La porta si aprì, rimanendo però socchiusa.
La donna ripassò davanti a me e spalancò la porta. Poi mi sussurrò in un orecchio:
‘Mi segua’una volta dentro la lascerò’segua il perimetro e si trovi un posto per assistere o entri per un incontro.’
Feci qualche passo seguendo la donna che poi tornò sui suoi passi e uscì da dove eravamo entrate. La porta si chiuse dietro di me, lasciandomi lì dentro. Mi ci volle un po’ per ambientarmi. La prima cosa che notai fu la musica. Era bassissima e aveva una qualcosa di magico, tipo musica indiana. Non smetteva mai, era continua. Mentre camminavo piano intorno al perimetro un’altra cosa che notai furono i profumi dolcissimi e buonissimi che c’erano nell’aria. Fiori secchi, incenso e altre fragranze che non disturbavano affatto e non erano pesanti. Con il poco che riuscivo a distinguere cercai di farmi un’idea di come poteva essere quel luogo. La stanza doveva essere davvero enorme e’circolare. Sì, era tonda. Me ne accorsi facendo scorrere lo sguardo lungo tutto il perimetro. C’erano candele e le solite luci rosse bassissime che mi diedero la certezza della rotondità dei muri. Ogni quattro, cinque metri, si vedevano abbastanza distintamente le strisce catarifrangenti delle divise degli attendenti che, in piedi, aspettavano.
La hostess mi aveva dato ulteriori istruzioni sugli attendenti e sul comportamento che avrei dovuto rigorosamente tenere all’interno della stanza.
‘Quando vorrà uscire si dovrà recare da uno degli attendenti. Sul cappello hanno una piccola luce. La luce blu significa che l’attendente è un uomo, la luce gialla che è donna. Ovviamente, non dovrà parlare. Toccherà il braccio sinistro dell’attendente se vorrà uscire e tornare al suo camerino, toccherà il braccio destro se vorrà andare prima in bagno. Nel perimetro è vietato toccarsi e toccare l’eventuale vicino. Per fare ciò è necessario entrare nell’alcova. Nell’alcova non troverà minorenni o persone sporche e violente, come le ho già detto. E con questo è davvero tutto.’
Entrai piano e mi appoggiai al perimetro. Con gli occhi cercavo di intuire o vedere il più possibile. Non era facile. Gli altri sensi erano al massimo. Cercavo di sentire cosa accadeva all’interno dell’alcova. Non sentivo gemiti di piacere o mugolii. Solo il distinto rumore delle lenzuola e del materasso ad acqua. Trovai un posto su di una poltroncina e mi accomodai. Vicino non avevo nessuno e avevo la testa piena di pensieri’Che posto era mai quello? Che gente c’era? Quante domande dovevo fare a Katia’.Già, Katia!
Che fine aveva mai fatto? Magari era seduta vicino a me, un po’ più in là’Magari era dentro, sopra i materassi a scopare come una porca con chiunque, magari non era nemmeno entrata perché aveva sbagliato il numero”Sì, figurati un po’ te” mi dicevo ‘E’ praticamente impossibile!’, o magari, adesso ad un suo cenno, si accendono le luci, scattano foto e mi riprendono con la telecamera! Sono io l’unica nuda di tutta la compagnia e sono vittima di una candid camera o di una specie di ‘Scherzi a parte!’
Katia ne sarebbe stata capace, eccome!
Se si fosse trattato di uno scherzo, lo ammetto, ci sarei rimasta molto delusa!
Ora mi trovavo in quella situazione e non avevo la più pallida idea che sviluppi la stessa avrebbe potuto prendere.

La musica continuava bellissima e a bassissimo volume, gli odori si spandevano per tutta l’enorme stanza. Le esili lingue di luce emanate dalle candele si muovevano appena. A volte mi pareva di sentire qualche mugolio di piacere, ma non ero sicura se era vero o se fosse solo il frutto della mia immaginazione. Certo sarebbe stato bello poter vedere, poter capire chi c’era, li in mezzo. E, ad un tratto, mi venne mente che anche a me sarebbe piaciuto starci, lì in mezzo. Devo ammettere che i miei sensi erano confusi e sballottati, dentro quella strana situazione. Ero eccitata, inutile nasconderlo, e anche il mio sesso me lo faceva capire’mi stavo abbondantemente bagnando e tutti i dubbi e i pensieri stavano lasciando il posto all’eccitazione.
Non pensavo più a nulla, né a Sandro né a Katia, a nessuno. Pensavo a me e a come avrei voluto buttarmi lì in mezzo e come mai non lo avevo ancora fatto’Pensavo anche a quanto siamo stupidi, noi esseri umani moderni. Basiamo tutto sulla vista, ‘se non vedo, non credo”E invece, quella sera, capii quanto era importante l’immaginazione, la fantasia e quanto sono importanti tutti gli altri sensi’Cercavo di sentire ogni minimo rumore, di odorare ogni minimo profumo. E immaginavo di poter toccare decine e decine di corpi che ora si stavano avvinghiando, lì in mezzo e di poter assaggiare e gustare ogni umore possibile e immaginabile.
Mi ero talmente eccitata che solo l’ordine impartitomi dalla hostess mi impedì di masturbarmi furiosamente, lì, sulla mia poltroncina. Poltroncina che avevo abbondantemente bagnato con i miei umori. Smaniavo dalla voglia di toccarmi, e smaniavo dalla voglia di andare in mezzo.
In quella situazione e in quello stato d’animo, persi completamente la cognizione del tempo. Quanto tempo era passato da quando ero entrata nella stanza? E quanto da quando eravamo entrate, bendate, nella casa? E quanto da quando quell’uomo era venuto a prenderci in pizzeria? Non ne avevo la minima idea’Decisi, però, che era venuto il momento di andare’
Sì, devo ammettere che feci uno sforzo notevole a non andare in mezzo all’alcova.
Ma un barlume di ragione mi impose si alzarmi, e di dirigermi, piano piano verso la più vicina lucina gialla.
Passai qualche altra poltrona, vidi, poco, qualche altro corpo adagiato sui divani e sulle sedie.
Arrivai all’attendente e le toccai il braccio destro. Avevo bisogno di andare in bagno a darmi una rinfrescata”Una bella doccia fredda, semmai’!’ mi avrebbe detto sicuramente Katia’
L’attendente mi teneva sotto braccio e mi conduceva verso una delle tante uscite.
La porticina si aprì, ma il corridoio, fuori dalla stanza, non era, ovviamente, illuminato. Posso giurare che non era lo stesso dal quale ero entrata, ma lo sembrava, eccome’
Stesse luci fioche, stesso tappeto, stesse dimensioni, almeno credo’
Dopo averlo percorso quasi tutto l’attendente disse: ‘Ecco, signora. Dietro quella porta c’è il bagno. La luce la accendo io una volta che lei sarà entrata. Quando avrà finito, dovrà bussare. La condurrò, dunque, al suo camerino.’
Ovviamente non parlai.
Entrai nel bagno che era immerso nel buio, e, una volta chiusa la porta, la luce si accese immediatamente.
La stanza era illuminata a giorno e gli occhi mi fecero male. Erano abituati alla quasi totale oscurità, ormai. Il bagno’beh, che bagno, ragazzi!
Enorme, tutto in marmo, con rubinetti pregiatissimi. Io un po’ me ne intendo’quel bagno doveva costare come tutta lamia casa intera! Due lavandini giganteschi, bidet, water, doccia e vasca da bagno’olimpionica. Guardai un po’ nei mobiletti, per curiosità. C’erano saponette e profumi di ogni genere, tutti trucchi per donna, asciugamani di ogni colore e misura, accappatoi, carta igienica, addirittura assorbenti igienici di tutti i tipi.
Stavo perdendo tempo, però. In realtà, volevo uscire e incontrarmi il prima possibile con Katia per parlare, parlare, parlare fino allo sfinimento. Anche se volevo stare lì ancora e rientrare nella stanza, anche se sapevo che non era possibile, anche se, molto probabilmente, in quel posto non ci avrei mai più messo piede.
Feci la pipì, mi lavai in fretta e bussai per uscire.
La luce si spense e la porta si aprì facendomi sprofondare di nuovo nell’oscurità.
La hostess mi prese di nuovo sottobraccio e mi condusse, adagio, verso il mio camerino. Facemmo un giro strano e io, che già non ho proprio il senso dell’orientamento, non saprei dire come ci ritrovammo nel di fronte alla porta di quello che doveva essere il mio camerino.
L’hostess aprì la porta con la chiave ed entrammo.
Non ho mai capito come facesse a sapere chi ero. Non era la stessa hostess che mi aveva accompagnato lì, qualche tempo prima. Anche questa indossava divisa impeccabile e mascherina, ma era sicuramente un’altra, nel fisico e nella voce.
‘Prego, signora, ora si può rivestire. Io devo stare qui dentro. Quando avrà finito l’accompagnerò alla macchina.’
Mi rivestii in fretta. Non mancava nulla. Vestiti, orologio, fermaglio dei capelli, borsetta, gioielli, telefonino, fede’.già, la fede’
‘Ok, Ambra, non ci pensare’andiamo!’ pensai, senza dirlo, ovviamente!
Prima di uscire l’hostess mi porse il cappuccio.
‘Prego, signora, lo indossi.’
Indossai il cappuccio e, subito dopo, l’hostess mi riprese sotto braccio conducendomi fuori.
Camminammo ancora per un po’ e poi capii che dovevamo trovarci in uno spazio molto più grande. I corridoi dovevano essere finiti, finalmente, e quello doveva essere un salone, un salone enorme. Sentivo i miei passi rintoccare quasi riproducendo una eco. Per il resto non si sentiva niente altro. Ancora qualche metro e uscimmo, all’aria aperta. Udii la grande porta aprirsi e l’aria fresca sulla faccia. Si sentivano ancora i rari rumori degli animaletti notturni…Chissà che ora s’era fatta.
‘Attenta, signora, abbassi la testa. Sta per entrare in auto.’
Disse la hostess con la consueta voce rassicurante e professionale.
La portiera si chiuse e la macchina partì.
‘Eccoci, signore. Si torna al parcheggio della pizzeria.’
Ancora una voce maschile, ma non era quella dell’andata.
Ed il fatto che avesse detto ‘Signore’ mi fece capire che dentro quella che doveva essere l’enorme limousine c’era anche Katia!
Provai, istintivamente, ad allungare la mano verso la mia destra per poter capire se c’era lei, al mio fianco, come all’andata.
‘Vi prego, signore, di non parlare e di non fare movimenti.’ Mi bloccò subito l’uomo, con voce ferma.
‘Arriveremo tra poco.’
Fu, in effetti, così. Il viaggio di ritorno mi sembrò decisamente più corto rispetto a quello dell’andata. Non era solo una sensazione’evidentemente l’ora doveva essere tarda e non c’era traffico.
L’auto diminuì la velocità e si fermò.
‘Ecco, siamo arrivati.’ disse l’uomo. ‘Ora potete togliervi e cappucci.’
Così facemmo. Sì. era Katia e stava seduta alla mia destra’Ci guardammo fugacemente, ma non dicemmo nemmeno un acca.
Uscimmo rapidamente dall’auto e guardammo l’uomo con gli immancabili grandi occhiali scuri.
‘Vi saluto, signore.’
Rapidamente l’uomo salì in macchina e, altrettanto rapidamente, la stessa si dileguò nella notte.
L’uomo non ci aveva ringraziato e non ci aveva detto ‘arrivederci.’
Chiari segnali, pensai.
Il ‘grazie’ avremmo dovuto dirlo noi, ma avremmo infranto una regola. ‘L’arrivederci’ era quanto meno fuori luogo’in pratica, non avevo visto nulla, e poi, stando a quello che mi aveva detto la prima hostess, era molto difficile che sarei potuta tornare in quel posto.

‘Finalmente!’ esclamai, ‘Finalmente posso parlare’!’
Katia scoppiò in una fragorosa risata mentre andavamo velocemente verso la sua macchina. Accesi subito il telefonino. Chissà, mia madre, magari, mi aveva cercato’Oppure Sandro mi aveva mandato un messaggio’Niente”Meglio così, ‘ pensai.
Salimmo in macchina e Katia partì velocemente verso casa. Guardai l’orologio dell’auto’erano le due passate!
Il tempo, lì dentro, era volato. Letteralmente.
‘Allora?’ mi domandò Katia, con tono scanzonato.
‘Allora? Allora ti dovrei prendere a sberle’!’ le risposi piuttosto stizzita.
‘Non fare così, ti conosco bene’non puoi essere arrabbiata”
Aveva ragione. Mi conosce bene e non ero arrabbiata di certo. Anzi. Avrei voluto ringraziarla tantissimo per quell’esperienza che mi aveva fatto passare, ma mi trattenei, non volevo darle soddisfazione’
‘Non è stata una bella esperienza?’
Mi incalzava Katia mentre ormai eravamo quasi giunte a casa mia.
‘Sì, in effetti” esitai io.
‘In effetti, cosa? Su, cacchio, non vedevi l’ora di parlare e adesso che fai? La mummia?’
Era curiosa, Katia. Curiosa di sapere come la pensavo, ma soprattutto di cosa avevo fatto. Ma la cosa più importante, lo so, voleva sapere se come amica non l’avevo, per caso, delusa. Così non era.
‘Dai, saliamo in casa e parliamo a letto.’ dissi io.
Avevo bisogno di mettermi a mio agio e di fare tutto con comodo. Katia avrebbe parlato in macchia pure per tutta la notte, invece.
Dopo nemmeno quindici minuti eravamo sul lettone e lì si aprirono i rubinetti.
‘Dunque?’ riprese una Katia ormai incontrollabile.
‘Dunque’è stata una bella esperienza.’ dissi io, con tono un po’ anonimo.
‘Beh? Tutto qui? Non ci posso credere” disse Ambra con tono fintamente dimesso e volutamente provocatorio.
‘No. E’ stata’un’esperienza’.fantastica!’ dissi io, elettrizzata.
‘Ahhh, lo sapevo’! E vai, Ambra!’ Non stava più nella pelle, Katia. Il sorriso le accendeva il volto come quello di un bambino che apre l’uovo di Pasqua.
‘E dimmi, dimmi’cosa hai fatto?’
‘In che senso?’ le chiesi candidamente.
‘Come in che senso? Ti sei limitata a guardare o ti setti buttata dentro? Non dirmi che hai cannato il numero e che sei rimasta in auto tutto il tempo, che prendo i miei quattro stracci e me ne vado a casa!’
Scoppiai a ridere.
‘No, no. Il numero me lo sono ricordato’e chi se lo scorda più?’
‘E poi? Dai, racconta, cacchio, non farti pregare”
Katia era ansiosa di sapere quello che io avevo combinato, ma la più curiosa, fra le due, ero sicuramente io.
‘Sono rimasta nel perimetro, seduta su di una poltroncina.’
‘Non ti sei buttata, dunque” disse Katia, forse un po’ delusa.
‘No’non me la sono sentita, però”
‘Però?’ Mi incalzava Katia.
‘Però ammetto che mi sono eccitata’e molto, pure.’
‘Ma ti sei trattenuta dal buttarti in mezzo’di cosa avevi paura?’
‘Ma di niente, in realtà, solo che’non mi aspettavo una cosa del genere e una volta lì non sapevo che fare”
‘Non è che ti sei trattenuta per via di Sandro o di altri moralismi?’ mi chiese Katia senza ironia.
‘No’forse se capitasse un’altra volta, forse lo farei.’
Ero sincera. E Katia lo aveva capito.
‘Ehhh, non so se ci sarà un’altra volta’li hai sentiti, no?’
Già. Ma a questo punto toccava a me a fare le domande’e ne avevo di curiosità da chiedere a quella pazza’
‘E tu cosa hai combinato?’
‘E io. mia cara, sì che mi sono buttata’!’
‘Ci avrei scommesso’e cosa’cosa hai fatto?’
‘Beh, mi sono data da fare”
Non glielo dicevo, ma volevo sapere da lei ogni minimo particolare. Lei, ovviamente, non aveva certo bisogno di sentirselo chiedere da me e non lesinava il racconto.
‘Sono entrata nell’alcova dopo aver aspettato per un po’ vicino al perimetro..’
‘In che punto eri della stanza?’
‘Non te lo saprei dire’quella stanza è enorme e tonda, non hai i riferimenti anche se ci sei stata più di una volta”
‘E tu ci sei stata quante volte?’
‘Questa è stata la terza.’
‘Ok, continua” le dissi impaziente.
‘Bene’sono dunque entrata piano piano nell’alcova, senza far rumore senza fiatare. Come sai, ti fanno togliere tutto, per cui non hai orecchini o collane che titillano. Sono scivolata piano sui materassi morbidi e con le lenzuola scure e di raso. Intorno al perimetro si vede pochissimo, ma lì in mezzo, ti assicuro, e proprio notte fonda’!’
Il racconto dei particolari fatto da Katia non faceva altro che far crescere la mia curiosità, la mia eccitazione e pure il mio pentimento’sì, il pentimento di non essere entrata nell’alcova.
Katia mi parlava piano guardandomi il volto poco illuminato dalla lampadina del mio comodino. Stavamo sdraiate ed il sonno era davvero lontano per entrambe. Il giorno dopo avremmo potuto riposare a lungo. Martina l’avrei ripresa nel pomeriggio, dai miei.
‘Ho cominciato a sfiorare corpi involontariamente. Corpi che si avvinghiavano, corpi solitari. Corpi di uomini e di donne. Non capisci dove finisce un corpo e dove ne comincia un altro. Lì in mezzo, hai tutte le possibilità. Anche di stare da sola e di toccarti eccitandoti di tutta quella situazione, di tutta quella gente sconosciuta che gode, ma in silenzio. Senti i corpi vibrare, i materassi sobbalzare, le lenzuola frusciare’se aguzzi l’udito senti anche gli umori dei sessi che si incontrano e si scontrano’è una sensazione deliziosa, mi devi credere!’
Non facevo certo fatica a crederle. Le avevo provate anch’io, quelle sensazioni, stando semplicemente seduta nel perimetro. Ma certo lì in mezzo doveva essere proprio tutta un’altra cosa!
‘Comunque, mi sono ritrovata in mezzo a due che stavano facendo l’amore, un uomo e una donna’Ho incominciato ad accarezzarli piano, senza fretta e loro mi hanno fatto entrare poco a poco nel loro gioco’Dopo un po’ di carezze, si sono staccati e mi hanno messo in mezzo. Hanno attaccato a baciarmi e ad accarezzarmi tutto il corpo. Sentivo mani e lingue dappertutto. Lui mi ha baciata lungamente in bocca mentre lei mi baciava i seni e il sesso. IO ero completamente in loro balìa e quella musica, quei profumi e quell’atmosfera buia e misteriosa accentuavano l’eccitazione ed il godimento.’
‘Sei’sei venuta?’ chiesi timidamente e un po’ stupidamente’
‘Venuta? Cara la mia Ambra’lì dentro ho perso la cognizione del ‘venire’. Se prima mi potevo essere fatta dei preconcetti su quello che è il mio orgasmo, delle sicurezze inoppugnabili, lì, in quella stanza sono andate a farsi fottere’ Non ho idea di quanti orgasmi ho avuto, stasera e l’altra volta’Forse uno solo ma infinito, forse tanti e violenti, forse non ne ho avuti affatto, ma ti assicuro che sto da dio, ora!’
‘Hai detto l’altra volta’significa che sei andata nell’alcova anche l’altra volta?’
‘Sì. Come ti ho detto, stavolta è stata la terza volta, per me. La prima volta sono rimasta nel perimetro, un po’ come hai fatto tu. Poi me ne sono pentita, in realtà”
‘A chi lo dici’!’ pensai tra me e me.
‘La seconda volta sono andata in mezzo e anche stasera. E, Ambra, se mai ci tornerò, sarà solo ed esclusivamente per andare lì in mezzo!’
‘Ok. Continua a raccontare, dai”
‘Beh, proprio non ti saprei dire quanto è durato il tutto. Dopo lui è entrato dolcemente dentro di me ed è andato avanti pianissimo e per tantissimo mentre lei mi baciava i seni, le labbra e mi faceva baciare il suo sesso. Lui, prima di venire, è uscito da me. Ha avvicinato il suo sesso ai nostro volti. Non si poteva vedere, ma sentivamo distintamente il suo profumo e la sua presenza. Ho preso in bocca il suo sesso pulsante e grande e lui è venuto dentro la mia bocca, riversandomi fiumi di sperma bollente e dolce. Gli accarezzavo il pene insieme all’altra misteriosa lei. Non ho bevuto tutto il suo seme. Mi sono tolta quell’enorme sesso dalla mia bocca per dirigerlo verso quella di lei, che doveva essere lì vicino, pochi centimetri da me. In effetti, così è stato. Sentivo lei che lo baciava avidamente e avidamente bevevo le ultime gocce di quel prezioso liquido.
Quando lui aveva dato tutto, io e lei tornammo a baciarci e a scambiarci le lingue le gocce residue si seme. Poi baciammo anche lui. Ed è finita lì”
Io rimasi senza parlare per un po’, in preda all’eccitazione totale. Mi ero abbondantemente bagnata e solo perché Katia era ancora sveglia che mi trattenevo dal masturbarmi furiosamente.
‘Beh? Ti ho lasciato senza parole?’
‘No, no’e poi?’
‘E poi mi sono riposata per un po’. Sono rimasta sdraiata a godermi quel piacere. Vicino a me c’erano quei due corpi con i quali avevo amoreggiato, ma erano davvero i loro o nel frattempo erano altre persone? Ambra, è incredibile quello che provi lì in mezzo, senza poter vedere’davvero incredibile! Ti si risvegliano sensazioni e brividi che non pensavi nemmeno di avere’e forse il sesso, inteso come atto, viene davvero in secondo piano, se consideri tutto il resto.’
Diceva parole che erano come macigni, per me. Lo pensavo anch’io solo che non lo avevo provato. Ora il pentimento aveva raggiunti i massimi livelli.
‘Poi sono scivolata via poco a poco e sono uscita, un po’ barcollante, ma sono uscita. E poi ci siamo incontrate in macchina di nuovo’tutto qui.’
‘E ti pare poco?’
‘Direi di no’E’ stato fantastico.’
‘Lo credo. Ma ascolta, innanzitutto potevi dirmelo prima durante la pizza di cosa si trattava, no?’
‘E brava, così mi bruciavo la sorpresa e la tua faccia’Eh, no, basta con le cose scontate e che si sanno due giorni prima’Non è stato meglio così?’
‘Sì, va bene, ma’che posto è quello e che gente ci va, chi ci abita’?’
‘Non ne ho la più pallida idea. La prima volta ci sono stata circa due mesi fa. Un mio ex collega svedese ora ricchissimo consulente, era venuto in Italia per motivi di lavoro per un mesetto. Durante una cena di lavoro, conoscendomi bene, mi aveva raccontato di questo posto. I nostri rapporti sono sempre stati molto goliardici, da amici, ma non c’è mai stato nulla di serio fra noi. Per cui, per fartela breve, lui mi ha introdotto a questi incontri. Tu hai però l’opportunità di portare una persona sola per volta. Devi garantire per lui. E non è detto che tu possa tornare. Gli incontri sono saltuari. Se hanno già un numero sufficiente di ospiti non ti chiamano. Non c’è una lista preferenziale. I numeri sono estratti a sorte. Se esce il tuo numero ti rintracciano tramite il tuo gancio, che sono io per te, e tu se vuoi vai all’appuntamento.’
‘Sì, ma dov’è questo posto, come mai tutta quella segretezza? Io mi credevo si trattasse di uno scherzo tutta quella messa in scena dell’autista, della limousine, eccetera.’
‘Un corno, mia cara. Quel posto è sconosciuto, hai visto come ci siamo arrivati. Anche quel mio amico svedese non sapeva nulla. Deve trattarsi di gente ricchissima, ovviamente, e anche molto annoiata, se si può permettere di mettere in scena quel po’ po’ di roba e di organizzare questi incontri.’
‘Si, ma non devono essere semplicemente ricchi’mi pare che ci sia anche un certo’come dire’gusto alle spalle”
‘Certo. Non si tratta semplicemente delle solite orgette organizzate da merdoni fancazzisti dalla mattina alla sera e che magari tirano pure di coca. Questa è gente di classe che, magari, non partecipa nemmeno agli incontri. Lo fa così, solo per divertimento, per sconvolgere i nostri sensi’nel mi caso ci sono riusciti benissimo.’
‘Magari hanno studiato tutto su carta”
‘Senz’altro. Hai visto che razza d’organizzazione? Non c’è una virgola fuori posto. Nessuno conosce loro, ma nessuno conosce te. Nessuno sa il tuo nome. Non puoi essere ripreso con foto o video camere’la luce è troppo bassa e non vedi in faccia nessuno.’
‘Già. Ma questo significa che potresti avere un incontro anche con il parroco del paese o con tuo padre o con tuo figlio’.’
Rabbrividivo, mentre dicevo queste parole.
‘Certo. è il rischio maggiore, questo. Anche se non lo saprai mai e anche se è molto difficile che possa accadere. Come detto, gli incontri sono poco frequenti e gli ospiti cambiano spesso. Inoltre il canale per arrivarci non è comune. Dubito che il tuo parroco possa trovarsi avvinghiato a te, lì in mezzo, la prossima volta’se ci sarà.’
‘Ho capito, ma potrei trovarmici, ad esempio, con te”
‘Eh, già, mia cara” disse ridendo Katia ‘Cosa faresti? Magari mi riconosceresti, e poi?’
‘E poi che ne so?’
‘Ah, comunque, dicendo così, mi fai capire che ti piacerebbe tornare in quel posto non solo per entrare stavolta nel mezzo, ma che non ti spiacerebbe nemmeno darti da fare con una donna”
Infatti, mi era scappato. Sicuramente non sono lesbica, anzi, mi piacciono gli uomini e pure molto. Fino a quella sera mai e poi mai mi sarebbe venuto in mente di farlo con una donna. Non ne avevo mai sognato nemmeno nelle mie fantasie erotiche più spinte e nemmeno la confidenza che avevo con Katia mi aveva spinto a toccarmi con lei qualche tempo prima.
‘Beh, è un’ipotesi” dissi stupidamente.
‘Sì, certo, ok. Cara la mia Ambra, cosa ti sei persa’ma, a proposito, che numero ti hanno dato?’
‘X807. E il tuo qual è?’
‘Il mio è X212. Il mio amico svedese ne aveva uno che iniziava con la Y.’
‘Probabilmente differenziano gli uomini dalle donne con le lettere’Y’ ed ‘X’.
‘Eh, già, non ci avevo pensato’Comunque, ragazzi, che organizzazione! Ti rintracciano per telefono o per mail senza farti capire da dove chiamano o scrivono, ti danno l’appuntamento, ti vengono a prendere e ti riportano loro e tutto quello che vedi e senti sono gli autisti e le hostess che non potresti mai riconoscere nella vita’normale.’
Mentre Katia parlava mi tornò in mente una scena di qualche settimana prima, di quando eravamo fuori dal parcheggio del supermercato, dopo aver fatto la spesa’
E te pareva? Eccolo che arriva” dissi con tono scocciato nel parcheggio del supermercato mentre io e Katia stavamo caricando la spesa in macchina.
Mi riferivo all’ennesimo ragazzo extracomunitario che ci voleva propinare le solite cassette, accendini, collanine e altre cianfrusaglie varie.
‘E lascialo perdere, che male ti fa?’
‘Nessuno, per carità. E’ che sono davvero tanti, e alcuni di loro sono troppo insistenti e pure un po’ prepotenti.’
‘Dai, lo sbologno io. Tu finisci di caricare la spesa.’
Katia confabulò con il ragazzo, tra l’altro educato e gentilissimo. Acquisto un accendino, e, credo un collanina.
Licenziato il ragazzo salimmo in macchina e tornammo verso casa.
‘Chissà che uccellone doveva avere quel ragazzo!’ Esclamò Katia.
Ovviamente non ero sorpresa del fatto che lo avesse detto. Mi stupiva il fatto che non glielo avesse chiesto direttamente a lui!
‘Sei proprio una porca!’ gli dissi sorridendo.
‘E perché, scusa? Perché a te non piacerebbe provarlo? Non lo hai mai fatto con uno di colore’o no?’
‘No. se la cosa ti interessa tanto, e non ci penso nemmeno’sono sposata, se non te lo ricordi”
‘Eeehhh, sai che roba”
‘Perché? Tu per caso lo hai provato?’
‘Che? L’uomo nero?’
‘Già, ‘
‘Non lo so”
‘Che razza di risposta è ‘Non lo so’?’
‘Beh, te lo racconterò, un giorno o l’altro” mi disse con aria evasiva.
‘Si, vabbeh, le tue fantasie’andiamo a casa, va”. —–

‘Beh, ti stai addormentando? mi disse Katia facendomi sobbalzare dal pensiero.
‘No, no, anzi’proprio non ho sonno”
‘Cosa avevi, allora? Stavi’fantasticando?’
‘No. Mi è tornata in mente un scena”
‘Che scena?’
‘Quella del parcheggio del supermercato, qualche tempo fa”
‘Cioè?’
‘Ma sì, quella dell’uomo di colore che vende collanine e cassette”
‘Dunque?’
‘Dunque, se ti ricordi, alla fine abbiamo parlato del fatto di avere rapporti con quelli di colore”
‘Eh, già”
‘E io ti avevo chiesto se tu lo avevi mai fatto con uno di colore”
‘E dunque?’
‘E dunque tu mi avevi risposto che non lo sapevi, se lo avevi fatto o no con uno di colore’ma, forse, lo avevi fatto. Vista l’illogicità della risposta ti avevo lasciato perdere, ma ora, forse è tutto più chiaro”
‘Ehilà che memoria da porca che hai, Ambra, ti ricordi i particolari più piccanti, eh?’
disse sorridendo ampiamente Katia.
‘Dunque, non sei sicura di averlo fatto con uno di colore perché potresti averlo fatto nella stanza buia?’
‘Hai fatto centro, cara Ambra, potrei averlo fatto, non ne ho la certezza, solo una sensazione’ed è bello così.’
Katia aveva perfettamente ragione. La mia curiosità, la mia morale, la mia morbosità, volevano sapere di cose trasmesse al cervello solo esclusivamente dall’occhio.
Poi, quelle cose, il cervello le elabora e le filtra. E noi, in base a quelle elaborazioni e quei filtri ci regoliamo. Le nostre credenze, le nostre stupidità, le nostre certezze, le nostre verità, che sono verità magari soltanto per noi.
Che idiozia’
All’interno di quella stanza tutto ciò è azzerato. Via i colori, via i preconcetti, via le ipocrisie, via la parola, via i pensieri.
Bello.
Bello e pericoloso.
Una cosa del genere potrebbe darti l’assuefazione. Potresti non farne più a meno e questo potrebbe farti impazzire.
In quel preciso istante a me faceva impazzire, perché mi mancava tantissimo.
Intanto Ambra era letteralmente crollata in un sonno profondissimo, lasciandomi nei miei torbidi pensieri.
Ovviamente, non passò nemmeno mezzo minuto e cominciai a toccarmi velocemente.
Tutta quell’eccitazione era ancora in me e cercavo di sfamare le voglia che avevo accarezzandomi furiosamente il clitoride con due dita e pensando alle scene più lussuriose, agli incontri più spinti che avrei potuto avere, in mezzo a quella stanza scura.
Mi immaginavo avvolta in decine di corpi di uomini e di donne, mi vedevo presa da due, tre, quattro persone per volta, mi vedevo attrice attiva delle cose più spinte e volgari che la mente possa mai immaginare.
E mentre correvo con la fantasia, le mie dita correvano senza sosta per darmi il piacere che volevo.
Piacere che non ci mise molto ad arrivare. Ero così eccitata e così da tanto tempo che l’orgasmo arrivò in un paio di minuti scarsi.
Lo ebbi senza urlare e tenendo gli occhi chiusi, come se in quel momento mi trovassi sopra quegli enormi materassi ad acqua, avvolta fra quelle lenzuola di raso nero, immersa in decine e decine di corpi che emanano odori e umori dolcissimi, buonissimi e stordenti e con quella musica sognante che non si ferma mai.
Sarei dovuta essere appagata dal quel piacere che mi ero procurata da sola, ma non era così. Il corpo, sì, era stato bene, ma la mia testa era ancora là, in quel posto misterioso. Faticavo a prendere sonno, i pensieri erano ancora tutti per quella stanza. Katia, invece, dormiva profondamente e pensavo a quanto sarebbe stato difficile svegliarla la mattina seguente.
Mi rivoltati più e più volte nel letto in cerca di pace e in cerca del sonno che non ne voleva sapere di arrivare.
Istintivamente e vigliaccamente accarezzai un seno a Katia.
Stava dormendo a pancia in su e i seni le risaltavano sotto la leggerissima vestaglia azzurra.
Avrei dovuto pentirmi di quell’atto, ma non era così. Ero vigliacca, quello sì. Katia non si sarebbe svegliata nemmeno con le cannonate, a quel punto, e a me, a quel punto, era tornata l’eccitazione.
Mi chinai un poco con per prenderle un capezzolo fra le labbra, Avevo la fica di nuovo in fiamme.
Lasciai in pace Katia, non mi sembrava giusto e corretto.
Mi accarezzai di nuovo più furiosamente di quanto fatto poco prima. Mandavo le mie dita a martoriarmi il clitoride e tutto quello che ci stava intorno, premendolo energicamente contro l’osso del mio pube, pensando di essere posseduta da uomini e donne contemporaneamente, uomini e donne che non vedevo, magari che forse conoscevo, magari una di esse era Katia’ Stavolta venni gemendo ad alta voce emettendo miele dolcissimo che assaggiavo avidamente dalle mie dita che avevano appena saziato il mio sesso di piacere.
Stavolta sì che anch’io crollai in un sonno profondissimo ed immediato.

Al solito, fu un’impresa svegliare Katia intorno a mezzogiorno.
Mia madre mi riportò Martina e mangiammo insieme. Sandro aveva telefonato. Sarebbe tornato martedì sera. Tutto quello che facevo rientrava nella normalità della mia vita quotidiana, piccoli piaceri e doveri di cui non mi lamentavo assolutamente.
Ma era inutile negarlo. Immancabilmente la testa, i pensieri ritornavano a quella esperienza della notte prima. Katia, invece, sembrava non pensarci.
‘Non dirmi che ci stai ancora pensando” mi domandò Katia mentre mangiavamo la pasta.
‘No. Non ci penso.’ dissi mentendo. Lei capì.
‘Già. Vorresti non pensarci. Vorresti farlo”
Aveva ragione, ovviamente. Le avrei voluto chiedere di fare il possibile per farmi tornare là.
‘Se ci sarà un’altra occasione che faccio, ti chiamo?’
Era un invito a nozze, per me. Cercai di rispondere rimanendo distaccata.
‘Sì, per me va bene.’
In realtà, sarei voluta tornarci in quel momento in quel posto e fino a quando questa cosa non sarebbe accaduta la mia curiosità non mi avrebbe dato tregua.
Katia tornò a casa sua ed io passai il pomeriggio con Martina e la serata dai miei per un pizza.
Il giorno successivo, una volta uscita dal lavoro, non tornai immediatamente a casa. Chiesi a mia madre se poteva tenere Martina per un’oretta.
Volevo fare un tentativo.
Andai in macchina alla pizzeria dove andai con Katia la sera della casa misteriosa.
Come detto non ho certo uno spiccato senso dell’orientamento, ma volevo provare a ricostruire il percorso fatto con la limousine. La casa non doveva essere distante dalla pizzeria e ricordo chiaramente che non avevamo fatto tante svolte.
Cercai di ripercorrere la strada e percorrendo le vie più logiche che portavano fuori dal paese.
Ricordo distintamente che dopo un po’, avevamo preso una strada diritta e la macchina, praticamente, non si era più fermata sino ad arrivare alla casa.
Fu tutto inutile. Girai per quasi un’ora cercando una casa grande, un castello, una villa particolare ed isolata.
Non trovai nulla che potesse avvicinarsi a quello che io avevo, comunque, soltanto immaginato.
Delusa e sempre più curiosa, tornai così a prendere Martina.
Sandro rientrò il giorno dopo, intorno alle cinque della sera.
Lo accolsi calorosamente, come sempre. Gli chiesi se anche stavolta, per caso, aveva perso o dimenticato qualcosa.
‘Sì, Non trovo più delle fotocopie’Me le farò rimandare dal mio collega.’
‘Beh, chiamalo, no?’
‘Non ricordo il numero di telefono”
E’ proprio un disastro, Sandro.
Mentre si faceva la doccia io ero in preda all’eccitazione.
Appena uscì avvolto nel suo accappatoio mi feci trovare nuda e pronta a fare l’amore con lui.
Sandro rimase un po’ sorpreso. Io non sono certo una di quelle persone che non prende mai l’iniziativa, però quella volta lo dovevo avere proprio sorpreso.
‘Vieni, ‘ gli dissi, ‘Andiamo di là”
Lo portai in camera e gli tolsi l’accappatoio. Lo feci sdraiare sul letto e gli andai sopra. Lo baciavo in bocca mentre con la mano gli accarezzavo il pene, pene che diventò subito duro come il marmo. Mi piace il membro di Sandro’Non è grandissimo, ma ha una bella forma e sa di buono’Difatti non aspettai oltre e lo baciai avidamente.
Ammetto che mentre lo facevo pensavo di trovarmi con lui, per me perfetto sconosciuto, in quella stanza scura. Quel pensiero era come un’ossessione, anche in quel momento che stavo facendo l’amore con mio marito.
Lo spompinavo energicamente e avidamente succhiando le prime dolcissime gocce di sperma che fuoriuscivano dalla cappella rossissima e pulsante. Con le mani gli accarezzavo i testicoli pieni e rugosi mentre lui rantolava di piacere e cercava di raggiungere con le mani la mia fica. Fica che era già bella che bagnata e pronta. Smisi di baciarlo, e lasciandolo in quella posizione, gli montai sopra. Impugnai il suo cazzo turgido e me lo infilai senza pietà nella fica, fino a dove poteva arrivare. Gemetti di piacere mentre cominciavo a fare su e giù molto lentamente. Sandro teneva gli occhi socchiusi e mi palpava energicamente le tette con le mani.
Aumentavo la velocità poco a poco facendo uscire quasi completamente il cazzo di Sandro dalla mia fica per poi farlo rientrare sino in fondo. Ora con una mano Sandro mi accarezzava il clitoride e io sentivo che non ero lontana dal venire.
Ancora un po’ di quel movimento, difatti, ed esplosi nel mi orgasmo, urlando e gemendo, ed emettendo liquido vischioso sull’asta di carne di Sandro che mi vangava il sesso.
Sandro non era ancora venuto. Così lo feci uscire da me e tornai sul suo pene con la mia bocca. Il suo pene ora aveva i suoi e i miei umori mischiati. Godevo di quelle sensazioni, di quello che vedevo, che sentivo, che annusavo. Presi a baciarlo di nuovo voracemente e stavolta anche Sandro venne esplodendo tutto il suo seme bollente e dolce dentro la mia gola.
Inghiottivo tutto lo sperma di Sandro che sobbalzava e gemeva di piacere. Dopo che aveva emesso l’ultima goccia il pene gli tornò piccolo. Io continuavo a baciarlo e a leccarlo dolcemente. Sandro mi accarezzava piano e amorevolmente la testa mentre io gustavo il suo sapore. Poi lo baciai sulle labbra. Mentre lo baciavo, però, avevo sempre in testa quella storia della stanza’Non c’era niente da fare. Era più forte di me.
Ovviamente non potevo certo parlarne con Sandro’chissà, magari mi avrebbe ammazzata! E dunque mi dovevo tenere per me quella cosa che dalla testa proprio via non ci voleva andare.

Non so che cosa mi sia preso quella sera. Era passato più o meno un mesetto da quella serata nella stanza scura.
Ero andata a fare la spesa, da sola. Katia era all’estero per lavoro e anche Sandro era via per lavoro anche se solo per una notte.
Avevo lasciato Martina dai miei. Sarei andata a riprenderla al ritorno dal supermercato e, magari, mi sarei fermata a mangiare da loro.
Finita la spesa, fuori dal supermercato il solito ragazzo di colore che mi voleva vendere le solite cianfrusaglie.
‘Ciao, signora. Vuoi comprare cassette, collane, accendino’guarda che bella collana”
Stavo per mandarlo via un po’ a brutto muso come facevo di solito, anche se quel ragazzo era, per la verità, gentile e per nulla invadente’forse era addirittura lo stesso di quel giorno che io e Katia eravamo andata a fare la spesa insieme.
‘No, non voglio niente. Grazie.’
‘Dai, signora, solo una collana. Solo cinque euro per te.’
‘No. Ti ho già detto di no, per favore.’
‘Va bene. Ti aiuto a caricare la spesa e prendo carrello?’
‘No. Faccio da sola!’ Dissi con un tono molto scocciato, stavolta.
Il ragazzo non disse nulla e, forse offeso, si allontanò.
‘Aspetta’aspetta un attimo” Lo avevo richiamato, Mi ero pentita e volevo farmi perdonare, ma non solo’
‘Prendo solo carrello?’
‘No. Ascolta’scusa se ti ho trattato male”
‘Non è problema, signora.’
‘Senti’.adesso ti scrivo questo indirizzo’vieni stasera alle nove’puoi? E’ qui vicino”
Dovevo essere impazzita’Il ragazzo mi guardava sorpreso con quegli occhi enormi e nerissimi.
‘Va’va bene, signora. Alle nove.’
Il ragazzo si allontanò ed io lo guardavo. Mentre lo guardavo pensavo a quello che avevo appena fatto.
‘Ambra, cazzo, ma sei impazzita? Nemmeno Katia avrebbe osato tanto”
Mentre salivo in macchina e mi dirigevo dai miei pensavo anche che, comunque, avrei potuto sbolognare quel ragazzo o anche non rispondere al citofono.
Ma erano solo scuse che mi mettevo in testa da sola. La realtà era ben diversa.
Mangiai dai miei e poi convinsi Martina a dormire dei nonni.
Tornai a casa velocemente e misi via la spesa.
Erano le nove in punto quando il citofono squillò.
Fissai il citofono, titubante, per qualche secondo’Poi, risposi.
‘Buonasera signora.’
Era quel ragazzo di colore. Aprii il cancello e lo feci salire.
‘Vieni, entra.’
Il ragazzo entrò rimanendo in piedi in salotto. Chissà cosa pensava’forse aveva capito tutto. C’era una signora bianca che voleva divertirsi un po’ con lui’Sì, una di quelle stronze che ti risponde male se gli chiedi un paio di euro per una collanina e un accendino’
‘Puoi sederti, se vuoi’vuoi qualcosa da bere?’
Stranamente non mi sentivo imbarazzata. Quella specie di ‘tradimento’ che avevo organizzato non mi metteva angoscia. Mi resi anche conto che da supermercato sino a quel momento non avevo nemmeno lontanamente pensato a Sandro e alle conseguenze che quello che stavo per fare potevano portare.
‘No, grazie signora.’
‘Puoi chiamarmi Ambra’tu come ti chiami?’
‘Io mi chiamo Tarek, signora.’
Quel nome doveva essere comunissimo, dalle sue parti. Lo avevo sentito più volte e una volta lo avevo pure letto in un racconto spinto che mi aveva prestato Ambra un racconto dove una mamma si faceva il figlio con il suo compagno di classe di colore che si chiamava, appunto, Tarek.
‘Bene, Tarek. Non voglio perdere tempo e farti perdere tempo”
Infatti, non mi interessava proprio sapere altri particolari della sua vita o di quello che faceva.
Mi stavo comportando da stronza, lo so, ma in quel momento, per la testa avevo davvero ben altro.
Mi spogliai velocemente. Portavo solo la tuta, una maglietta e gli slip.
Rimasi completamente nuda, in piedi, di fronte a quel ragazzo.
Tarek mi fissava sgranando gli occhioni e rimanendo immobile.
‘Vuoi fare l’amore con me?’
Mi sembrava giusto chiederglielo. Volevo essere sicura, soprattutto per me, che lui non si dovesse sentire obbligato a soddisfare le voglie di una signora bianca per bene.
‘Sì” rispose Tarek molto timidamente.
‘Ok. Lasciati spogliare”
Presi a spogliarlo molto lentamente, mentre l’eccitazione cresceva.
Gli tolsi la felpa, poi i jeans, dopo avergli sfilato scarpe e calze da ginnastica.
Infine gli sfilai la maglietta bianca, lasciandolo solo con i boxer neri.
Aveva un gran fisico, quel ragazzo. Era alto e forte. Era pulito e mi piaceva l’odore della sua pelle. Ero inebriata da quella situazione che nella mia testa si fondeva con il ricordo della stanza scura.
Lo baciai delicatamente sulle labbra mentre con le mani frugavo dentro i suoi boxer.
Si eccitò subitamente, Tarek.
Il suo pene esplose letteralmente fra le mie mani voluttuose. Era enorme, lungo, grande e nerissimo, tranne per la parte della cappella che era purpurea.
Lo baciavo e lo accarezzavo con tutte e due le mani.
Poi mi accomodai su una sedia lasciando lui in piedi di fronte a me.
Lo masturbavo piano guardando quel cazzo enorme a pochi centimetri dalla mia faccia.
Con la mano libera gli accarezzavo i coglioni grossi e grinzi mentre lui mi teneva la testa delicatamente.
Decisi di prendere in bocca quel membro enorme e pulsante. Non riuscivo ad inghiottirlo tutto, era troppo lungo. Gemevo di piacere e godevo. Godevo nel sentire quel pezzo di carne nera nella mia bocca e nella mia gola. Sentivo il potere dentro di me, mi piaceva quella sensazione. Mi sentivo padrona della situazione e potevo fare tutto quello che mi pareva.
Proseguii in quel pompino per un po’. Il ragazzo gradiva e rantolava di piacere.
Poi mi fermai.
‘Vieni. Andiamo di là.’
Lo portai in camera da letto.
Lo feci sdraiare e poi mi preoccupai di tirare la pesante tenda porpora che c’è sulla finestra.
Chiusi la porta e spensi la luce.
La stanza era immersa nel più totale buio ora.
Salii sul letto a tentoni e raggiunsi Tarek.
‘Ascolta Tarek, ascolta senza parlare’Per tutto il tempo che rimarrai in questa stanza, non dovrai parlare, o urlare.’
Non mi rispose. Aveva capito. Doveva essere ben sveglio, quel ragazzo.
Cercavo di riprodurre in quella mia stanza da letto almeno una parte delle sensazioni che avrei voluto provare nell’enorme stanza scura di quella sera. Ok, non c’era la musica, non c’erano i profumi, non c’erano decine di corpi, ma andava bene così.
Io, da parte mia, ero così eccitata che i seni mi scoppiavano e gli umori mi gocciolavano fuori dalla vagina, vagina che avevo bollente, gonfia e pronta all’amore.
Ripresi in mano il membro di Tarek che era rimasto durissimo e pulsante.
Cominciai a baciarlo di nuovo, leccandolo e mordicchiandolo lungo tutta quell’asta di carne bollente.
Poi mi sdraiai e feci capire a Tarek, toccandolo, di venirmi sopra.
Avevo le cosce spalancate e ora Tarek aveva il viso vicino al mio.
Presi in mano il suo membro e lo indirizzai dentro la mia fica impaziente. Tarek svicolò piano dentro di me. Io rabbrividivo di piacere nel sentirmi piena di quel membro che ora mi rovistava il ventre.
Spinsi il mio corpo completamente verso il suo ottenendo il risultato di farlo entrare completamente dentro di me. Senza bisogno di altri aiuti o segnali Tarek cominciò a scoparmi energicamente. Io ero bagnatissima e questo provocava suoni particolari che uscivano dal mio corpo oltre al canonico rumore del letto.
Baciavo in bocca Tarek per evitare di urlare di piacere mentre lui continuava imperterrito a montarmi senza pietà. Faceva uscire quasi completamente il suo uccello dalla mia fica per poi ributtarlo dentro con foga bestiale.
Ora mi teneva le mani con le sue, grandi e forti. Mi teneva le braccia spalancate come spalancate erano le mie cosce.
Ancora un po’ di quel movimento forsennato ed esplosi nel mio orgasmo forte e squassante. I suoni acquosi che uscivano dalla mia vagina aumentavano a dismisura con l’emissione di miele che facevo a più non posso.
Poco dopo tocco a Tarek. Lo sentii sborrare dentro di me una quantità impressionante di seme bollente e vischioso. Un fiume di lava mi invadeva il ventre. Io rabbrividivo di piacere nel sentire quel flusso caldissimo e continuo, mentre Tarek sembrava non finire mai, sembrava non diminuire nemmeno per un attimo quella cavalcata furiosa.
Sembrava volesse godere e punirmi allo stesso tempo, senza sapere che quella punizione a me piaceva da matti. Poi, poco a poco, si fermò.
Certo si era trattato di un orgasmo fortissimo, non solo fisico, ma anche di sensazioni.
Rimasi immobile sotto il corpo di Tarek che ora stava eretto sulle braccia. Il suo pene, però, non voleva saperne di uscire dal mio corpo. Era venuto, ma, incredibilmente, l’uccello gli era rimasto duro.
Poi, lo sfilò molto lentamente, provocandomi brividi di piacere e dispiacere allo stesso tempo. Il dispiacere era provocato che quel pene d’ebano aveva abbandonato la mia fica. Ora colavo sperma e umori sul lenzuolo, mentre tutto intorno a noi era ancora buio pesto.
Passarono solo un paio di minuti e poi fu Tarek a prendere l’iniziativa. Si alzò dal mio corpo e, prendendomi con le braccia forti mi girò mettendomi a pancia in giù.
Aveva messo anche un cuscino sotto il mio ventre e questo in pochi secondi e nel buio più totale.
Ora io stavo con le chiappe all’aria e con Tarek dietro di me.
Sentivo le sue dita frugare la mia fica. Subito dopo le dita furono sostituite dalla cappella del suo cazzone. Cominciò a montarmi di nuovo in quella posizione porca e irriverente. Sentivo i suoi rantoli all’altezza della mia nuca e delle mie orecchie, mentre mi vangava la fica con colpi decisi ed energici.
Mi piaceva essere presa così. Mi piaceva sentirmi posseduta energicamente e da uno sconosciuto. Tarek con aveva più freni. Il fatto di non poter parlare o semplicemente gemere di piacere lo compensava con quella galoppata senza freni. Sentivo il suo cazzo d’ebano stantuffarmi senza soluzione di continuità, senza darmi tregua. Io mordevo il cuscino e le lenzuola per non urlare il mio piacere. Ero completamente persa in quell’amplesso e tutto il resto del mondo era come svanito. Persi anche la cognizione del tempo, non saprei dire quanto tutto è durato. Ricordo benissimo, invece, il momento dell’orgasmo. Un orgasmo di nuovo fortissimo, stavolta lunghissimo e quasi al limite del dolore fisico. La mia fica emetteva miele in quantità mentre anche Tarek finalmente venne ributtandomi dentro dosi industriali di sperma infuocato.
Doveva essersi spremuto sino all’ultima goccia continuando imperterrito in quella galoppata sino a fermarsi di colpo del tutto e uscendo dal mio corpo molto velocemente.
Eravamo entrambi stremati, sdraiati l’uno di fianco all’altra, in silenzio, avvolti nel buio pesto della mia camera.
Passammo in quello stato un buona mezz’ora. Poi accesi la luce.
Gli occhi ci facevano quasi male, si erano abituati al buio.
Non sembrava che Tarek avesse intenzione di parlare, non so se per timore o semplicemente perché on aveva nulla da dire.
Mi alzai senza dire nulla e andai in bagno. Mi sciacquai il sesso e la faccia e poi tornai in camera. Tarek era però uscito ed era tornato in salotto.
Non si era rivestito e stava lì, immobile, come se stesse aspettando qualche altro mio ordine. Non mi ci volle molto per capire che non era così. Io ero un po’ imbarazzata, lo devo dire. Non sapevo come gestire quella situazione. Dovevo mandarlo via? Non potevo offrigli almeno qualcosa da bere o chiedergli se voleva lavarsi? E poi, avrei dovuto dargli del denaro? In realtà, proprio non sapevo cosa fare.
Ci pensò Tarek a togliermi di impaccio. Era rimasto sì immobile e nudo, ma l’enorme cazzo gli era tornato clamorosamente in tiro. Ne aveva di energie, quel ragazzo!
Sempre senza dire nulla, si avvicinò a me e mi prese sotto le ascelle, alzandomi come un fuscello con le sue mani forti e grandi.
Mi adagiò sul tavolo tondo del salotto e mi tolse l’accappatoio. Io lo lasciavo fare, ero di nuovo eccitata e curiosa.
Mi spalancò le cosce, ma non mi penetrò. Mi prese saldamente i piedi con le mani e li avvicinò sino ad unirli mettendoci nel mezzo il suo pisellone nero e grosso.
La cosa un po’ mi sorprese e, comunque, mi eccitai tantissimo.
Tarek prese a masturbarsi furiosamente usando i miei piedi come due guanti. Stavolta non si tratteneva dal gemere e rantolare dal piacere mentre io guardavo il suo cazzo spuntare fuori dalle piante dei miei piedi per poi venirne risucchiato fino in fondo e a velocità folle. Mi ero di nuovo eccitata così tanto che presi a masturbarmi violentemente.
Sentivo le prime gocce lubrificanti uscire dal cazzo di Tarek e andare a farmi il solletico sulle piante dei piedi emettendo dei suoni acquosi e curiosi.
Godevamo entrambi come pazzi e io mi sentivo percorsa nuovamente da innumerevoli brividi di piacere mentre le mie dita continuavano imperterrite a martoriare il mio clitoride e le mie grandi labbra gonfie e fradice di umore.
Capii che Tarek stava per venire quando la velocità dei suoi movimenti diventò davvero impressionante e la sua faccia era sempre più stravolta.
Sborrò violentemente, schizzando tutto il seme che aveva in quel momento a disposizione su tutto il mio corpo. Le gocce bollenti di seme mi raggiunsero la faccia, il seno, il ventre, le cosce e mi inondarono, ovviamente, anche i piedi. Urlava di piacere, ora, Tarek, mentre il suo pene diminuiva progressivamente di volume emettendo le ultime abbondanti gocce si sperma bollente. Proprio in quel mentre raggiunsi l’ennesimo orgasmo di quella strana serata. Non fu così forte come quelli che l’avevano preceduto, ma fu comunque intenso ed appagante. Emisi la mia bella dose di miele vischioso ed appiccicoso mentre non mi trattenevo nemmeno io dall’urlare il mio piacere. Tarek mi guardava con gli occhi enormi e dolci, mentre io tenevo i miei leggermente socchiusi e mi mordevo le labbra, mentre gli ultimi brividi di piacere abbandonavano il mio corpo.
Tarek lasciò i miei piedi. Fece scorrere le grandi mani dai miei piedi facendole risalire poco a poco lungo le gambe raccogliendo tutto lo sperma che aveva poco prima gettato sul mio corpo. Risalì le mie cosce, accarezzo la mia fica stremata e fradicia, percorse tutto il mio ventre accarezzandolo e massaggiandolo tutto impiastrandomi dei suoi e dei miei umori. Mi faceva impazzire, quella cosa. Le sue mani enormi raggiunsero i miei seni, i miei capezzoli, le mie ascelle, il mio collo, le mie braccia, la mia faccia’
Mi accarezzava il viso dolcemente diffondendo il suo seme per il mio umore lungo le mie guance e sulle mie labbra. Ero inebriata da quei profumi e da quelle sensazioni voluttuose.
Tarek smise dopo un po’ di accarezzarmi e mi chiese molto gentilmente se si poteva lavare le mani.
‘Certo che puoi” dissi flebilmente mentre non avevo ancora la forza di alzarmi dal tavolo.
Tarek tornò dal bagno poco dopo ed io ero ancora sdraiata. Allora mi prese con le sue braccia forti e mi portò in bagno. Io lo lasciavo fare, ancora. Mi adagiò nella vasca da bagno e mi immerse nell’acqua calda che aveva fatto scorrere quando era andato a lavarsi. Con la doccetta mi lavò completamente e mi lasciò lì.
‘Ciao, signora. Io devo andare, adesso”.
Io non ebbi la forza di dire o di fare nulla. Lo guardai semplicemente uscire dal bagno.
Lo sentì rivestirsi e chiudere dietro di se la porta.
Io non avevo nemmeno la forza di pensare. Ero spossata mentalmente e fisicamente da quella serata infuocata.
Non pensavo davvero a nulla, avevo il cervello completamente sgombro. Nemmeno il tanto temuto pentimento fece capolino. Avrebbe dovuto o potuto. Era la prima volta che tradivo Sandro, mio marito.
E invece, niente.
Sapevo che, probabilmente, quella cosa non si sarebbe ripetuta mai più. Non ero pentita. Non avevo nemmeno a frenesia di raccontare quella cosa a Katia, non ne sentivo l’esigenza. Certo, se lei mi avesse chiesto, un giorno, se avessi mai tradito Sandro, come avrei potuto mentirle?
Mi sentivo stranamente in pace con me stessa, mentre, poco a poco mi asciugavo e rimettevo un po’ in sesto la casa.
Il primo vero pensiero lo ebbi a letto, quando cercavo di prendere sonno.
Anche quella specie di avventura, estrema per me, non aveva sfamato la voglia che avevo di tornare in quella casa e di buttarmi nel mezzo dell’alcova, nel mezzo di quei corpi sconosciuti.
Forse cominciavo a capire. Cercavo altre cose spinte e vietate per evitare di continuare a pensare a quella sera di marzo, in quella casa.
Ma non c’era niente da fare, era stato tutto inutile, sino a quel momento.
Non era servito saltare addosso a Sandro, o avere la certezza che non avrei mai trovato quella casa e che, dunque, mi sarei dovuta rassegnare.
Non era servito sfiorare il corpo di Katia mentre dormiva e mentre io mi masturbavo e, men che meno, non era servito avere avuto una serata di sesso con un ragazzo di colore.
In tutte quelle occasioni ero stata bene, ovviamente. Con la testa e con il corpo. Avevo dato e ricevuto piacere. Ma non ero appagata. Avevo, finalmente, capito, che se non fossi ritornata in quella casa, non sarei mai stata più interamente soddisfatta.

Passarono più di due mesi, da quella sera con quel ragazzo di colore.
Ovviamente, non lo avevo raccontato a nessuno e non sentivo minimamente la necessità di rifare quell’esperienza.
Addirittura mi capitò di tornare più volte al supermercato, ovviamente, ma non incontrai Tarek.
Anche quella storia della casa stava ormai svanendo dalla mia testa, sorpassata dalle altre cose della vita quotidiana. D’altra parte ho la mia bambina e Sandro a cui pensare, i miei genitori, il mio lavoro, le cose di casa, i miei, pochi, passatempi.
E’ così. Ti ritrovi in questo meccanismo che risucchia un po’ tutto e non mi vergogno di dire che quando io e Sandro facciamo l’amore la maggior parte delle volte è il venerdì o il sabato, che tanto domani non si lavora’
Ho sempre pensato che come me ci sono tantissime persone a questo mondo che si comportano così.
Questo mi ha sempre confortato. Anche se Katia ha sempre fatto il possibile per fare uscire l’animale che c’è in me. E in parte c’era riuscita, anche se a lei non avevo raccontato nulla. L’aveva, però capito. Forse.
In quei due mesi e passa non l’avevo vista così spesso come in passato. Era spesso via per lavoro ed era andata un paio di settimane dai suoi, che abitano lontano da qui.
Ci sentivamo comunque spessissimo per telefono, parlare con lei mi riempiva sempre di gioia.
Ricordo perfettamente, infatti, quella telefonata che Katia mi fece, quel pomeriggio del 15 di maggio’era intorno alle cinque, quando.
‘Ciao, Ambra, sono io.’
‘Ciao, Katia, dove sei?’
‘Sto tornando in macchina da un viaggio di lavoro’sarò a casa tra un’oretta.’
‘Beh, passa a trovarmi, magari, se vuoi, ti puoi fermare a cena”.
‘No. Ti sto chiamando per un altro motivo”
Era un po’ evasiva, Ambra, e, stranamente, non molto espansiva.
‘Sentiamo, hai un nuovo fidanzato?’ le chiesi sorridendo, ironica.
‘No.’ rispose telegraficamente.
‘Allora di cosa si tratta?’ le domandai impaziente e curiosa.
‘E’ per stasera, se ti va”
A questo punto avrei dovuto chiederle ‘E’ per stasera che cosa? Cerca di essere un po’ più chiara’!’
Invece il messaggio al mio cervello era giunto alla velocità della luce.
Katia mi aveva appena annunciato che quella sera c’era l’opportunità di tornare in quella casa misteriosa, in quella stanza enorme e buia.
La voglia di tornare in quel posto, sopita ormai da qualche tempo, tornò ad esplodere violentemente.
‘Allora? Ci stai?’ Ero, ovviamente, stata in silenzio per un po’. Ambra aveva capito che avevo capito.
‘Non so’Sandro”
‘Ok, ascolta, non per telefono. Ti raggiungo a casa tua.’
La attesi impaziente. Intanto pensavo a come fare con Sandro. Sì, perché avevo già deciso di andare. Mi ero messa già nella testa che avrei fatto di tutto per tornare là.
Sandro non è uno che esce spesso, anzi. L’unico svago serale che ha è la periodica partita di calcetto fra amici e colleghi. Quando va a questo appuntamento capita spesso che torni molto tardi, all’una o alle due di notte. Dopo la partita vanno in pizzeria e stanno li a chiacchierare fino a tardi.
Quando questo accade, come per le altre sue uscite da casa, devo sempre preparagli tutto e mi sforzo di non dimenticarmi nulla. E’ nota la sua sbadataggine e si dimentica praticamente tutto, come già detto.
Gli preparo la borsa con tutto il necessario per la doccia e i ricambi, le chiavi, il telefonino, i biglietti con i numeri di telefono in caso d’urgenza e in caso che il telefonino non funzioni.
Mentre aspettavo Katia, pensavo a quale balla inventarmi per quell’estemporanea mia uscita serale. Avrei dovuto sentirmi in colpa per quello che stavo per fare a Sandro, così come avrei dovuto sentirmi in colpa quando avevo fatto sesso con quel ragazzo del supermercato.
E invece, no. Proprio non mi ci sentivo, in colpa.
Ero già con la mente alla sera, in quella casa, in quella stanza.
‘Ciao. Sono io.’
Era la voce di Katia al citofono.
Prendemmo un caffè e cominciammo a parlare.
‘Allora, si fa?’ Mi domandò Katia senza emozione alcuna.
‘Si. ‘ dissi risoluta.
Non mi chiese come avrei fatto con Sandro. ovviamente.
‘Ok. Passo alle nove. L’appuntamento è al parcheggio della pizzeria alle nove e mezza.’
‘Va bene.’ dissi io.
Poi parlammo di altro per dieci minuti ancora.
Katia andò via e io rimasi ad attendere Sandro che rientrava di lì a poca dal lavoro.

‘Ciao, amore, tutto bene?’
‘Si, tutto bene. La bambina ti aspetta per giocare, come sempre”
Attesi ancora un po’ per dirglielo.
‘Ascolta, Sandro’stasera dovrei uscire con Katia e con alcune colleghe per una serata fra donne”
‘Va bene’dove andate?’
‘Mah, in pizzeria, poi non so’forse a casa di una delle mie colleghe”
‘Ok. Portati le chiavi e il telefonino.’
La cosa era facilmente organizzata, ma non avrei dovuto fare tardi e ciò non sarebbe stato facile.
Nel prepararmi all’uscita feci molta attenzione a non mettere gioielli o profumi e mi vestii normalmente.
Ero impaziente. Mancava ancora un po’, ma già non ne potevo più di aspettare.
Finalmente Katia arrivò. Salutai fugacemente Sandro e Martina e scesi le scale a velocità folle.
‘Ehilà, che impazienza!’
‘Sì, sì, dai, muoviti”
A Katia non passava minimamente per la testa di chiedermi se ero sicura di quello che facevo. Era sicura che io desideravo quella cosa più di lei.

Non ero stata costretta ad entrare in quel gioco da lei. Lei aveva solo dato il via. Ero io che, a quel punto, volevo vedere come il gioco finiva.
Una cosa, però, mi girava nella testa da un po”
‘E se capita che ci incontriamo nell’alcova?’ le domandai.
‘Se capita, capita, mia cara” mi rispose Katia senza ironia
‘Fa parte del gioco’no?’
Era così. Per un attimo la mia razionalità mi aveva suggerito di dire a Katia di accordarci con dei segnali convenzionali, con dei bisbigli o con qualche altro cenno di intesa da attuarsi nel buoi della stanza per evitare di’stare insieme.
Però avevo capito subito dopo che era come tradire il gioco, la situazione. Che senso avrebbe avuto? Allora cosa ci andavo a fare?
Mi ero poi fatta la certezza che nessuno dei partecipanti aveva mai avuto quell’idea.
Chi andava là, magari insieme alla moglie, finiva per far l’amore con lei. Chi andava là ad insaputa del marito, magari ci finiva a letto assieme perché il marito era lì, all’insaputa della moglie’

Arrivammo al parcheggio della pizzeria. L’eccitazione e la curiosità erano di nuovo ai massimi livelli, per me.
Katia nascondeva molto meglio la sua impazienza, ma si vedeva chiaramente che anche lei non vedeva l’ora di trovarsi in quel posto.
C’era già pronta la limousine.
La portiera era aperta e noi salimmo.
‘Buonasera, signore.’
All’interno dell’auto un uomo con grandi occhiali scuri e tenuta tipo steward di linea aerea. Tutto come l’altra volta, anche se l’uomo non era lo stesso.
Il rituale, invece, fu identico.
L’uomo ci passò i cappucci neri e ci offrì da bere. Poi cominciò a elencare le regole del gioco, con la stessa cadenza e sequenza dell’altra volta, come se fossimo nuove a quell’esperienza. Intanto la macchina percorreva la strada verso la casa. Non mi concentrai sul tempo di percorrenza e sulle pause. A quel punto, non mi interessava più scoprire dove stavamo andando. Comunque, solo se qualcuno me lo avesse detto, lo avrei scoperto.
E, probabilmente, l’averlo saputo non mi sarebbe proprio piaciuto.
L’uomo misterioso finì di parlare mentre l’auto si fermava, presumibilmente, davanti al cancello della casa. Poi ricordo il rumore della ghiaia sotto le ruote e poi la macchina si fermò definitivamente.
Scendemmo accompagnate dall’uomo che si congedò lasciandoci in custodia a due hostess, come la volta precedente.
Io avrei voluto fare tutto di corsa. Avrei voluto dire alla signorina ‘Guardi che so già tutto, il mio numero è il X807, poi ci sono gli attendenti con le lucine, ecc. ecc.’, ma sapevo che se solo mi fosse scappato un sospiro in quel posto non ci sarei tornata mai più. Per cui feci molta attenzione a quello che mi diceva l’hostess come se fosse la prima volta e senza fiatare.
Anche questa hostess, come l’uomo poco prima, ripeteva con la stessa cadenza e sequenza le regole che avrei dovuto rispettare’Mi tornarono in mente le parole di Katia ‘Ragazzi, che organizzazione’!’
Aveva ragione. Chiunque avesse organizzato quegli incontri doveva essere un bel personaggio. Probabilmente un riccone, o più ricconi, eccentrici e annoiati.
A dire la verità non ero davvero interessata a scoprire chi poteva essere l’architetto di tutta quella faccenda. Mi trovavo lì per ben altro.
Intanto la hostess continuava a snocciolare le direttive mentre io mi spogliavo in fretta nello spogliatoio.
Ora mi trovavo davanti la porta’era il momento di dire il mio numero.
Non sbagliai, ovviamente.
La hostess mi lasciò ed io entrai nella stanza.
Ebbi un brivido intenso. Non era più una sorpresa quel poco che vedevo. Ero già stata lì. Comunque quella musica, quei profumi e quella situazione mi penetravano nel cervello e mi mettevano in fremito dentro difficile da descrivere, difficile da controllare.
E’ come se la mente si svuotasse completamente per lasciare il posto solo ed unicamente alle emozioni.
Avanzavo poco a poco, un po’ per la scarsissima visibilità, un po’ per ambientarmi meglio e permettere alla massima all’erta tutti i miei sensi.
Andai subito verso i materassi, non avevo alcuna intenzione di perdere tempo e stare seduta per un po’ a guardare quel poco che avrei potuto vedere.
Ora sentivo il bordo dei grandi materassi ad acqua toccarmi le ginocchia. Sopra quei materassi c’erano non so quanti corpi avvinghiati chissà come. Salii sui materassi a carponi, camminando pianissimo a gattoni. Mi capitava di sentire la pelle e i capelli dei miei vicini impegnati a fare l’amore.
Non so quanto dentro ero andata, sembrava non finire mai. Da quella posizione vedevo tutte le lucine degli attendenti posti intorno al perimetro della stanza. Erano tanti, erano lontani. Quella stanza era davvero enorme e l’alcova, che la copriva quasi per interno lasciando solo lo spazio per poter camminare nel perimetro era enorme pure lei.
Questo fu l’ultimo pensiero razionale. Ero in mezzo ora e non ero certo da sola.
Ad un certo punto sentii accarezzarmi un braccio. Il buio, lì in mezzo, è totale.
Sembrava, anzi era, la mano di un uomo, che, probabilmente, cercava un approccio.
Risposi all’invito accarezzando a mia volta quella mano sconosciuta.
Mi sdraiai placidamente sulle lenzuola di raso soffici e nerissime mentre l’uomo misterioso si sdraiava accanto a me. Aveva messo un braccio sotto la mia nuca e prese a baciarmi delicatamente il volto. Rispondevo timidamente a quei baci. In realtà, tutta quella situazione e quei primi baci avevano provveduto a farmi bagnare come non mai.
La sua mano sinistra, ora, accarezzava i miei seni e i miei capezzoli turgidi mentre con la destra mia accarezzava energicamente la nuca tenendola un po’ in alto. Mi baciava in bocca avidamente facendo correre la lingua contro la mia.
Ora la sua mano sinistra scendeva poco a poco verso il mio ventre e il mio pube. Non perdeva tempo l’uomo. Frugò famelico con le dita sulla mia vagina fradicia. Io cercavo di trattenere i mugolii di piacere, come facevano tutti. Ogni tanto mi sentivo toccare il corpo da piedi, mani, capelli, di quelli che erano a me vicini. Anche questo provvedeva ad aumentare la mia eccitazione, mentre quelle dita sconosciute, ora, mi martoriavano il clitoride gonfio e vischioso. Accarezzai a mia volta il corpo di quell’uomo. Toccavo il suo petto e il suo ventre. Aveva un po’ di pancetta, doveva essere alto e forte da quello che potevo capire toccandolo. Arrivai con la mano a toccargli il pene durissimo e gonfio. Cominciai a masturbarlo con energia mentre continuavo a baciarlo. Sentivo quel membro riempirmi la mano, mentre l’uomo sfilava il braccio da sotto la mia nuca. aprivo che voleva spostarsi. Io ormai ero persa e con la mente completamente scarica. Mi mossi con lui, volevo baciare quel membro misterioso. Mi spostai velocemente con il volto verso il suo ventre. Lui aveva intuito e rimase dietro di me. Gli presi in bocca voracemente il pene, lui tratteneva i gemiti di piacere. La musica mi penetrava il cervello mentre sentivo quel pene riempirmi la bocca. Muovevo il capo velocemente, fermandomi di tanti in tanto per guastare quel sapore sconosciuto delle prime gocce di seme. L’uomo intanto mi accarezzava le natiche. Io tenevo le gambe divaricate e, proprio mentre ritenevo che in quel posto eravamo da soli, sentii due mai frugarmi nel ventre. Non erano quelle dell’uomo, c’era un’altra persona, ovviamente. Ebbi un brivido intensissimo. Quelle mani smisero subito di accarezzarmi. Ora avevo una testa in mezzo alle mie gambe. E una lingua vorace che mi rovistava nella fica in bollore.
Intanto io continuavo a baciare e a leccare il cazzo di quell’uomo sconosciuto mentre con una mano gli accarezzavo dolcemente i coglioni gonfi e ribollenti di seme.
Avevo quella lingua misteriosa che cominciava a farmi godere come una pazza. Era una donna. Ne avevo la certezza. Sentivo la sua pelle liscia accarezzarmi le cosce e la lingua vischiosa tambureggiarmi il clitoride umido e turgido. Con le mani la donna mi teneva le cosce divaricate e mentre mi baciava mi inseriva un pollice dentro la fica. Io mi sentivo persa in quella marea di corpi e sensazioni, di musica e profumi di incenso, fiori secchi e chissà quali altri strani aromi.
Faceva correre quel pollice velocemente dentro e fuori dal mio corpo, mentre con le labbra mi stringeva il clitoride. Io continuavo il mio pompino a quell’uomo che ora sobbalzava e tratteneva i rantoli di piacere. Mordicchiavo di tanto in tanto quella cappella grossa e turgida, che strano non potere vedere nulla!
Sentivo che stavo per venire. Quella donna misteriosa mi aveva portato sull’orlo del piacere davvero in fretta. Era la prima volta che lo facevo con una donna ed era una sensazione bellissima. Ebbi il mio orgasmo, fortissimo e violento. Emisi tanto miele dolce e vischioso che a lei doveva piacere particolarmente. La sentivo rovistarmi famelica la fica con la lingua e succhiare tutti i miei umori e mentre io sobbalzavo ora l’uomo raggiungeva il suo piacere. Sborrò violentemente tutto il suo seme dentro la mia bocca. Inghiottivo quel liquido bollente e dolce velocemente e avidamente. Tenevo i coglioni dell’uomo con la mano quasi a volerne misurare la capienza, quasi a volerne imparare le caratteristiche per sapere se, prima o poi, l’avrei incontrato di nuovo.
Il pene diventava via via sempre più floscio, mentre anche io flusso dello sperma scemava.
Mentre accadeva questo volevo assolutamente ricambiare quella donna del piacere che mi aveva dato. Ma lei era già sparita! Era scivolata via continuando ad accarezzarmi le gambe e i piedi e se ne era andata immersa nel buio totale della stanza. Anche l’uomo si stava allontanando e, a quel punto, cosa sarebbe accaduto?
Era una cosa magnifica, un’esperienza unica. L’eccitazione e la curiosità avrebbero dovuto sparire ora che le avevo soddisfatte’Non era così, anzi.
Presi a muovermi verso una direzione a caso. Altri corpi avvinghiati, altre sensazioni particolari.
Mi scontrai con un corpo liscio e solo. Era quello di una donna sdraiata e con le gambe divaricate. Mi gettai su di lei senza pensarci due volte. Le baciai i seni e la bocca. Lei sembrava gradire. Scesi subito con la mia testa verso il suo sesso. Aveva appena finito di fare l’amore. L’avevo capito dagli odori che emanava il suo sesso. sapeva dei suoi umori e sapeva di seme. Cominciai a baciarla dolcemente, non volevo essere troppo irruenza, magari era ancora sensibile, se aveva appena raggiunto il piacere. Lei mi assecondava, spingendo il ventre verso il mio viso. Era la prima volta che sentivo quei sapori e la cosa mi inebriava tantissimo. Presi a leccarle la fica in lungo e in largo mentre il suo corpo vibrava e sobbalzava. Le stringevo il clitoride fra le labbra proprio come poco prima quell’altra donna misteriosa aveva fatto con me. Ero sdraiata sul suo corpo e la baciavo. In quel mentre due mani forti e grandi mi presero il ventre e mi fecero alzare per ritrovarmi a quattro zampe. Io lasciavo fare quelle mani nuove e sconosciute ma non lasciavo andare la donna, continuando a baciarla senza posa.
Ora quelle mai mi divaricavano un poco le gambe e mi toccavano la fica umida e gonfia.
La mani sparirono per essere sostituite subito da un pene che mi penetrò da dietro energicamente. Fu difficile trattenere l’urlo, meno male che avevo la bocca impegnata’
L’uomo prese a cavalcarmi alla grande e io con la testa sfregavo la fica della mia sconosciuta amante lesbica occasionale. Sentivo quel cazzo turgido rovistarmi la fica affamata fare avanti e indietro senza soluzione di continuità, mentre la donna sotto di me godeva come una porca. Lo capivo da come sobbalzava, da come la sua fica emetteva miele vischioso e dolce. Mi teneva la testa come per determinarne i movimenti, ma non era così. Io sentivo quel dolce gusto del suo corpo, non lo avrei mai dimenticato. Poco dopo l’uomo uscì dal mio corpo. Non vi rientrò più. e chissà che fine aveva fatto’La donna era abbondantemente venuta. La lasciai sdraiata, baciandola delicatamente sulle labbra.

Avrei continuato per ore, ne sono certa. Ma ebbi un drammatico barlume di razionalità.
Il tempo era tiranno, quella sera, dovevo tornare a casa.
A malincuore cominciai a guadagnare l’uscita dall’alcova, incontrandomi con altri corpi, alcuni dei quali avrebbero voluto intrattenersi con me, ma io gli facevo capire con le mani che, per me, quella fantastica serata, era finita.
Scivolai fuori dai materassi, poco a poco, Mi sentivo sul corpo umori e odori di chissà quali altri corpi.
Mi diressi piano verso una lucina gialla. Toccando il braccio destro chiedevo alla hostess di andare in bagno.
Uscimmo dalla grande stanza scura e, dopo aver camminato per un po’, arrivammo di fronte alla porticina del bagno.
Entrai e mi feci una rapidissima doccia.
Non avevo tempo di stare a guardare altri particolari, stavolta, avevo il tempo tiranno.
Una volta uscita dal bagno la hostess mi riaccompagnò al mio camerino.
Mi vestii in fretta. Non avevo la possibilità di vedere che ore fossero né di accendere il telefonino.
L’attendente mi passò il solito cappuccio nero e mi accompagnò fuori.
A quel punto speravo solo che Katia fosse già fuori ad aspettarmi o che fosse arrivata poco dopo.
Glielo avevo detto che non mi sarei potuta fermarmi molto, quella sera.
La macchina partì dopo dieci minuti circa, dopo che Katia fu salita.
Io non potevo sapere che fosse lei, ma, ovviamente non c’erano alternative. Quella macchina era solo per me e per lei.
L’auto partì piano’io volevo che fossimo già arrivate, ero impaziente di sapere che ore fossero ma, ovviamente, non potevo parlare.
L’uomo ci chiese se volevamo da bere. Io dissi di no mentre Katia chiese l’immancabile bicchiere di champagne.
Arrivammo finalmente al parcheggio della pizzeria. Scesi velocemente dopo aver ricevuto i saluti dell’uomo che riprese i nostri cappucci ci tenevo aperta la portiera di quell’enorme macchina.
L’una e dieci. Era tardi, ma pensavo fosse ancora più tardi. Mi ero un po’ tranquillizzata. Forse Sandro già dormiva.
‘Come è andata, signora?’
Mi chiese Katia con il suo solito sorrisetto beffardo.
‘Eh, te lo racconterò domani, dai. Devo correre a casa”
‘Immagino’però domani mi racconti tutto”
Volevo, in realtà, parlarne subito con lei, dirle quanto quella cosa mi era piaciuta e di come avrei voluta rifarla anche la sera dopo.
Salutai Katia e corsi in casa. Per fortuna Sandro era andato a dormire.
Mi svestii e andai a letto.
Ovviamente, non riuscivo a prendere sonno. Ero ancora in preda di quelle sensazioni ed emozioni provate poco prima nella stanza scura.
Peccato’avrei voluto rimanerci di più’non sapevo se quell’occasione si sarebbe ripresentata.
Mi rigirai nel letto per un’ora buona prima di addormentarmi.

‘Allora? Come è andata ieri?’
A colazione, il giorno dopo, Sandro mi chiedeva come avevo passato la serata.
‘Mah, la solita pizza e poi siamo andate a casa di questa nostra collega per un caffè’Ci siamo messi a chiacchierare e si è fatto un po’ tardi.’
Sandro non mi chiese niente altro.
Era impegnato, come sempre, a preparare le cose per il lavoro ed io, come sempre, ero impegnata a recuperare le cose che lui lasciava perdere o dimenticava.
Non gli avrei mai detto la verità, ovviamente. E la cosa non mi procurava rimorsi. Mi sorpresi un po’, di questo.
Forse tutta quella faccenda aveva tirato fuori una parte della mia natura che non conoscevo’ma mi piaceva.
Ora volevo parlarne con Katia e l’occasione mi si sarebbe presentata la sera stessa, al supermercato, a fare la spesa.

‘Lo ho fatto con una donna”
Katia mi sorrise, senza dire nulla’
‘Ed è stato’bello’cioè, strano e’fantastico.’
Le dicevo così, mentre riempivamo i carrelli. C’era anche Martina con noi e stavamo attente a quello che dicevamo per non stimolare la sua curiosità.
‘E poi?’ mi chiese Katia.
‘Ho baciato un uomo e dopo, mentre baciavo quella donna, un altro uomo mi ha presa da dietro”
‘Però, ti sei data da fare’!’
‘Già’e tu?’
‘io sono rimasta un po’ sui divani’poi sono entrata e sono stata con una donna”
‘Poi?’
‘Basta’sono uscita. Sapevo che andavi un po”di fretta.’
‘Che dici’ci sarà un’altra volta?’
‘Non si sa, cara Ambra’lo sai com’è, no?’
Già, lo sapevo bene. Però speravo che Katia avesse delle novità al riguardo. Magari aveva parlato con qualcuno che gli aveva dato l’opportunità di andare lì più spesso.
Non era così. Chissà quando sarebbe ricapitato. O, forse, non sarebbe capitato più.
‘Senti, Katia, devo raccontarti un’altra cosa, però a casa mia, questo fine settimana, se ti va.’
‘Va bene. Sandro non c’è?’
‘E’ via per lavoro. Parte sabato e torna lunedì sera.’
‘Ok per sabato, allora.’
Volevo raccontarle altre sensazioni di quella seconda sera in quella casa misteriosa e volevo raccontarle di quel ragazzo di colore del supermercato.

Quel sabato arrivò in fretta. Sandro partì con poche cose’sarebbe stato via solo per due notti.
Decisi di lasciare Martina dai miei, per essere più libera con Katia.
Mangiammo la solita pizza guardando la tv.
‘Allora, cosa dovevi dirmi di così importante?’ mi chiese Katia mentre sorseggiavamo il caffè.
‘Ti ricordi quel ragazzo di colore al supermercato, qualche tempo fa che io avevo mandato via a malo modo?’
‘Sì, vagamente”
‘Beh, devi sapere”
Le raccontati tutto e nei minimi particolari. Katia non mi interruppe mai e, almeno stavolta, l’avevo davvero sorpresa! Era rimasta a bocca aperta per tutto il tempo del mio racconto, racconto dettagliatissimo e condito di termini da’maschio!
‘Cacchio, Ambra’mi lasci senza parole’!’
‘Eh, già’perché, non dirmi che tu una cosa del genere non la hai mai fatta”
‘Infatti, non la ho mai fatta’te lo avrei raccontato, come tu hai fatto adesso. Pensata sì, un migliaio di volte”.
‘Beh, io lo ho fatto’e, come ti ho detto, è stato grande, anche se non lo rifarei.’
‘Perché?’
‘Perché non è quello che cerco’te lo ho già detto, tornerei anche adesso dentro quella stanza, ma altre cose non mi interessano, davvero.’
‘Posso immaginare’sai, se non provi non puoi saperlo. Poi, non puoi farne a meno’meno male che non ci chiamano spesso” disse Katia con un tono un po’ preoccupato.
‘Perché dici così?’ le domandai.
‘Perché questa cosa ti può sconvolgere la vita, non farti pensare ad altro”
Aveva ragione, Katia.
‘Se lo fai qualche volta ancora ancora’ ma se la cosa diventa un’abitudine’non so’non penso che possa andare bene”
Katia, stranamente, non trovava le parole per esprimere quello che pensava’o, forse, non voleva.
Quel pensiero era diretto a me. Ero io quella sposata, con famiglia, figli, e una vita ‘normale’.
Ero io quella con determinate convinzioni, per così dire, borghesi.
Mi voleva bene, Katia. E quando mi aveva introdotto a questa avventura non pensava certo che la stessa mia avrebbe preso così tanto.
Ora cercava, in qualche modo, di mettermi all’erta.
Però Katia è anche il tipo di persona che non si incupisce per molto, e difatti’
‘Cambiando discorso Ambra, che mi dici di quella prima volta con una donna?’
Mi tornarono in mente quelle sensazioni provate con quella donna nella stanza scura.
Intanto mettevo via le quattro cose utilizzate per mangiare.
Ridendo e scherzando si era già fatta quasi mezzanotte e le proposi di continuare la conversazione a letto.

Stavamo sdraiate sopra le lenzuola’faceva caldo e indossavamo solo una leggera sottoveste.
La luce era spenta. Comunque la stanza era abbastanza illuminata dalla luna piena che si faceva un po’ di strada fra le persiane.
‘Beh, Katia, io non sono certo lesbica, ma ora non posso certo dire di non essere’bisessuale.’
‘Sì, ma cosa hai provato quando hai capito che chi ti stava baciando e toccando era una donna?’
‘Un brivido’avrebbe potuto essere di repulsione, ma non è stato così. anzi’Sono stata così bene che ho voluto assolutamente ricambiare quel piacere che avevo provato”
Ero un fiume in piena e Katia mi ascoltava senza interrompere.
‘E adesso non sono nemmeno così curiosa di conoscere, di poter vedere quelle persone’anzi, se ciò accadesse penso che non mi piacerebbe più.’
‘Già, è proprio questo lo scopo” disse Katia.
‘Ma’tu sapresti riconoscere quella donna?’
‘In che senso, scusa?’
‘Se ti dovesse capitare di incontrarla di nuovo lì in mezzo, la sapresti riconoscere?’
‘Beh, la ho accarezzata tutta, la ho toccata’non saprei, direi che è quasi impossibile.’
‘Sì, ma la hai anche baciata”
‘E allora?’
‘E allora non sapresti riconoscerne il’sapore?’
Ci pensai per un po’…
‘E come fai, me lo spieghi? Certo che ognuno è fatto alla sua maniera, ma penso proprio che, più o meno, abbiamo tutti lo stesso’sapore.’
‘Insomma” disse Katia titubante.
‘No, perché’non dirmi che tu riusciresti a riconoscere una persona che non hai mai visto dal sapore.’
‘Forse’io un po’ ne ho provate, e se mi dovesse ricapitare una con cui sono già stata forse la riconoscerei”
‘Senti, per me era la prima volta con una donna’tu con quante sei stata?’.
‘Lì, al buio, cinque o sei.’
‘Però!’e, a pensarci bene, una di esse poteri essere stata io!’
‘Probabile.’ disse Katia senza inflessioni.
‘Allora? Mi riconosceresti?’
‘E che ne so? Dovrei provare”
‘E prova!’
Dissi un po’ stizzita. In realtà ero eccitata, eccitata come non mai.
Tutto quel parlare di quelle esperienze mi aveva messo addosso una voglia sfrenata di fare sesso.
Non ero però sicura che Katia avrebbe accettato. Tempo prima mi aveva detto che ero la sua amica, non la sua amante. Avevo frainteso, quella volta, che lei volesse che ci masturbassimo a vicenda, invece lei voleva che lo facevamo assieme.
Ma Katia, senza dire nulla, si era avvicinata a me e aveva messo la testa sui miei seni.
Io mi rilassai completamente. Intanto lei aveva già fatto scivolare la sua mano destra lungo il mio ventre. Aveva spostato la leggera sottoveste e aveva preso a baciarmi i capezzoli, dolcemente. Lasciò i capezzoli per un attimo e mi bacio delicatamente sulle labbra, mentre le sue dita già frugavano nella mia vagina.
Avevo la fica in fiamme. Era già incredibilmente gonfia e umida.
‘La madonna, Ambra, sei bagnatissima” esclamo Katia
Io dissi sono un ‘Già” mentre divaricavo leggermente le gambe.
Ora le sue dita mi martoriavano il clitoride mentre io già mugolavo di piacere.
‘Mica starai già per venire” disse Katia ridendo.
‘No’ma tu non ti fermare” dissi ansimando.
‘Non ci penso nemmeno’sto facendo la prova, no?’
Le sue dita producevano suoni curiosi scontrandosi con le mie grandi labbra bagnate all’inverosimile. Il mio clitoride era gonfio e vischioso e io provavo un grande piacere.
Indubbiamente Katia ci sapeva fare e io volevo ricambiare.
Ma era lei a guidare il gioco, la prova, come la chiamava lei.
‘Direi che adesso si può provare..’
‘A fare cosa?’ dissi io ansimando
‘Ad assaggiare.’ Katia non fini di parlare che si alzò velocemente smettendo di toccarmi.
‘Però, lo farai anche tu, così vediamo se magari ci azzecchi”
Non ci misi molto a capire cosa intendeva.
Katia aveva allargato le cosce e mi aveva piazzato la fica sulla faccia, mentre aveva portato la testa sul mio ventre in fiamme.
Senza dire altro prese a leccarmi la fica così velocemente che mi sembrava di impazzire, mentre la sua, di fica, era lì quasi appoggiata sulle mie labbra.
Con le mani le presi le natiche e le spinsi verso il mio viso.
Affondai lingua e naso dentro la fica di Katia, anch’essa bagnata e gonfia.
Assaggiai avidamente quegli umori, leccando il clitoride gonfio e viscido’aveva un buon sapore’Katia aveva ragione’quello non era lo stesso sapore della donna misteriosa che avevo amato nella stanza scura.
Katia stringeva il mio clitoride fra le labbra e lo torturava con la punta della lingua.
La ricambiai con la stessa moneta. Copiavo le sue azioni, mantenendo la stessa velocità.
Anche lei sobbalzava e ansimava di piacere’ci stavamo amando alla follia in quella stanza illuminata dalla luna. Katia introduceva poco anche le dita all’interno della mia fica e anch’io facevo lo stesso con lei.
Ora ci stavamo dando dentro alla grande. Le teste si muovevano velocemente, le lingue scorrazzavano in lungo e in largo per le nostre fiche vogliose di piacere. Io non potevo più trattenere il mio piacere finale. Raggiunsi un orgasmo intensissimo mentre Katia passava la lingua famelica sul mio clitoride e sulle mie grandi labbra. Ma lei mi raggiunse subito dopo. Gemeva di piacere mentre mi riempiva il viso e le labbra di miele dolcissimo, miele che io bevevo avidamente. Lei faceva lo stesso con me mentre con le dita non dava pace alla mia fica.
Diminuii i baci perché sentivo il suo corpo rilassarsi. Lei fece lo stesso con me. Ci fermammo e Katia torno con il viso verso il mio’Ci baciammo in bocca a lungo, scambiandoci con le lingue vischiose i nostri umori dolciastri e densi.
Provammo entrambe ancora brividi intensi di piacere, i nostri seni erano ancora gonfi e i nostri capezzoli turgidi e viola.
Poi Katia si staccò dalle mie labbra’
‘No’.decisamente non ti avevo mai’assaggiata.’ disse ridendo.
Risi anch’io.
‘Nemmeno io’ti avrei riconosciuta.’
Rimammo abbracciate a lungo senza parlare, sorridendo, di tanto in tanto.
‘A cosa stai pensando?’
Mi chiese Katia senza inflessioni.
‘A nulla..sono stata bene’mi è piaciuto molto”
‘Anche a me’non è che diventiamo pure amanti? disse sorridendo
‘No, non ti sopporterei” dissi, prendendola in giro.
Ci prendemmo a cucinate per un po’, nel buio della mia stanza da letto.
Poi ci addormentammo stremate.

In un lampo arrivò settembre.
Mancavano un paio di giorni al compleanno di Katia e, come al solito, non avevo la più pallida idea di cosa regalarle.
In quei giorni Sandro era via per lavoro e, dopo quella seconda volta nella casa misteriosa, non ce ne furono altre.
Ovviamente ci pensavo. Spesso. Ma non c’era niente da fare, se non aspettare l’eventuale chiamata.
Mi trovavo al supermercato a fare la spesa e, una volta fuori con il carrello, rividi Tarek.
Lui mi sorrise da lontano, ma non si avvicinò. Io continuavo a guardarlo mentre caricavo la spesa in macchina’..

‘Buon compleanno, Katia.’
Ci scambiammo un bacio amichevole. Katia era venuta a casa mia per una pizza.
Eravamo sole. Martina era rimasta a dormire da una cuginetta e Sandro avrebbe pernottato fuori per lavoro.
‘Beh, non tenermi sulle spine’il mio regalo?’ mi domandava Katia impaziente.
‘Non te lo ho fatto’o meglio, non ancora”
‘Cioè?’
‘Dai, beviamo il caffè”
Katia mi guardava con aria interrogativa. Potevo intuire la curiosità rosicarle il cervello e anch’io ero in attesa spasmodica.
Alle ventuno e trenta squillò il citofono.
‘Chi diavolo è?’ mi domando Katia dopo avermi sentito dire ‘Sali.’
‘Ehm’il tuo’regalo”.
‘Ah, ho capito, una specie di biglietto d’auguri cantato da qualche bel fustacchione”
‘Beh, diciamo’quasi”
Katia non ne poteva proprio più e quando vide entrare la persona in casa quasi le venne un colpo.
‘Buonasera.’
‘Ciao, Tarek’entra.’
Feci entrare il ragazzo del supermercato che, ovviamente, conosceva bene la mia casa.
Katia non disse nulla’era stata davvero una sorpresa.
Ovviamente, l’avevo fatta sapendo di farle’piacere. Sapevo di non sbagliare.
E poi, ormai, era un pezzo che non mi facevo più troppe questioni di’morale.
Certo, anche stavolta, e forse più delle altre, dovevo averla proprio sorpresa parecchio, Katia.
Rimanemmo in salotto. Chiesi a Tarek se aveva sete ma lui mi rispose di no.
A Tarek avevo detto tutto, al supermercato due giorni prima. Sapeva quello che avrebbe dovuto fare. A lui andava bene, non gli avevo offerto denaro e lui non me ne aveva chiesto.
‘Allora? Non scarti il tuo regalo?’ dissi sorridendo a Katia.
‘Devi proprio essere impazzita” sibilò a bassa voce.
‘Ma dai’non dirmi che ti ho sorpresa”
‘Io e te facciamo i conti’però dopo” disse Katia, mentre si alzava dalla sedia.
‘Ok, Tarek’io sono Katia’lasciati spogliare’ti và?’
Tarek annuì con la testa e rimase fermo, in piedi.
Katia si avvicinò a lui e cominciò a toglierli il giubbotto di jeans.
Io mi ero accomodata sul divano a godermi la scena.
‘Beh, non mi dai una mano? mi chiese Katia girandosi verso di me.
‘E’ il tuo compleanno, è il tuo regalo’io guardo.’ dissi prendendola in giro.
‘Stronza” sibilò di nuovo Katia mentre slacciava i pantaloni del ragazzo. Li fece cadere in terra subito seguiti dalla maglietta bianca.
Il ragazzo rimase in boxer con di fronte Katia che se lo guardava tutto.
Katia si spogliò alla velocità della luce rimanendo completamente nuda. Fece qualche passo verso di me, tenendo per mano Tarek e piazzandosi sul tappeto.
Baciò delicatamente Tarek sul volto mentre con una mano si intrufolava nei boxer del ragazzo.
A Katia scappò un esclamazione sorda mentre sentiva il pene del ragazzo esploderle in mano. Fece calare anche i boxer ed ora io potevo vedere bene la scena.
Katia accarezzava piano il pene di quel ragazzo, pene che ora era enorme e durissimo.
Tarek già pregustava il piacere mentre Katia aumentava la velocità.
Immancabilmente io mi stavo eccitando da matti.
Fare da semplice spettatrice cominciava ad essere una tortura un po’ troppo presto.
Katia smise di accarezzarlo. Si inginocchiò fino a trovarsi con quell’enorme cazzo davanti al viso.
Senza pensarci ulteriormente prese in bocca quel pene color d’ebano. Accarezzava i coglioni del ragazzo delicatamente ma con la lingua ci dava dentro di brutto da subito.
Non c’era niente da fare’era troppo per me. Cominciai a spogliarmi piano rimanendo sul divano. Mi sfilai la tuta, la maglietta e gli slip. Rimasi nuda sul divano a guardare, ma non potevo evitare di cominciare a toccarmi. Mi toccavo la fica che era gia umida e vogliosa di sesso, mentre Katia continuava con il suo pompino a tutta velocità.
Tarek teneva la testa di Katia non tanto per determinarne il movimento, cosa che a lui doveva, evidentemente, andare più che bene, quanto per apprezzarne la prestazione.
Teneva gli occhi socchiusi e di tanto in tanto gemeva di piacere.
Ma Katia non aveva intenzione di farlo venire così.
Smise di baciarlo e si voltò verso di me, accovacciandosi e mettendosi a quattro zampe, dando le terga a Tarek.
Senza bisogno di dire altro, il ragazzo di colore, si inginocchiò a sua volta ritrovandosi con il culo di Katia ad altezza uccello.
Quel cazzo era tremendamente in tiro ed eccitato e Tarek non resistette oltre.
Lo infilò senza pietà nella fica di Katia che si era aperta come un fiore’doveva essere fradicia e vogliosa, come la mia, a quel punto.
Le scappò un gridolino che doveva essere sicuramente di piacere, nel sentirsi subitamente riempita da quell’incredibile pezzo di carne bollente.
Tarek prese a montarla senza pietà mentre a me, ormai, le mie dita non bastavano più.
Allargai le cosce e presi la testa di Katia.
Scivolai sul divano con il mio corpo in avanti e ora avevo la fica sulla faccia di Katia.
Lei era intenta a prendersi quel cazzo nero da dietro, ma poteva dedicarsi a leccarmi la vagina senza problemi. Un doppio godimento, doveva essere per lei.
Io godevo da metti nel sentire la sua lingua percorrermi tutta la vagina in fiamme e godevo anche nel vedere quel ragazzo che la montava come una cavalla in calore. I colpi di Tarek si riflettevano anche sui movimenti della testa di Katia che si schiantava periodicamente sul mio pube. Mi infilava la lingua più in fondo che poteva e io ero già lì lì per godere.
Lo dissi senza remore che stavo per venire mentre tenevo la testa di Katia.
Le venni in faccia senza ritegno. Madonna, che orgasmo, ragazzi. Emisi una quantità di miele spaventosa. Ero venuta grazie ai baci di Katia ma anche per quello chi i miei occhi avevano potuto vedere. Guardavano cioè, quel amplesso selvaggio che stava sicuramente per fare raggiungere l’orgasmo alla mia amica.
Katia quasi urlò per il piacere sopraggiunto. Tarek la stava scopando a velocità folle. Si intuiva che stava per venire pure lui. Di lì a poco, infatti, rantolò inarcando la schiena all’indietro e dando colpi energici di cazzo alla fica in fiamme di Katia, spingendolo fino in fondo, fino a dove poteva entrare. Katia sentiva il suo orgasmo e il fiume di sperma invaderle il ventre. Un fiume di seme bollente e vischioso che si mischiava con i suoi umori voluttuosi. Tarek le infliggeva gli ultimi colpi senza pietà mentre lei era ancora in preda agli effetti di quel piacere devastante.
Tarek si spremette sino all’ultima goccia prima di uscire da lei con il cazzo ancora gocciolante di seme per sdraiarsi poi sul tappeto stremato.
Katia rimase ancora per un paio di minuti a carponi con la faccia appoggiata sulla mia fica appagata’Io le accarezzavo dolcemente capelli e volto.
‘Come stai?’ le chiesi amichevolmente.
‘Da’dio” rantolò Katia ancora ansimando.
‘Madonna, che scopata’ci sa davvero fare, sto ragazzo” mi diceva a bassa voce.
Katia si tirò su a fatica, mentre Tarek stava ancora sdraiato.
‘Ora però me la paghi” disse Katia.
Non capivo che intenzioni avesse. Salì sul divano a gambe larghe sino sulla spalliera.
Io avevo la testa appoggiata sullo schienale e ora avevo la fica di Katia a pochi centimetri dal volto. Sentivo l’odore sei suoi umori e la cosa mi inebriava.
Ancora non avevo capito le sue intenzioni sino a quando lei non allargò a dismisura le gambe e, gemendo, fece uscire il seme di Tarek che ancora era dentro di lei.
Il seme e i suoi umori mi colarono sul volto e sulle labbra.
Mi avventai sulla fica piangente di Katia con avidità. Bevevo e succhiavo tutto quello che potevo. Quella cosa mi piaceva da impazzire.
Quando Katia ebbe finito e si sedette accanto a me la sorpresi baciandola in bocca.
Ma non avevo la bocca vuota. Avevo tenuto ancora un po’ di seme e dei suoi umori in bocca e glieli passai baciandola avidamente.
Lei emise un mugolio curioso misto di sorpresa e piacere.
Tarek, intanto, non doveva essersi perso nemmeno un attimo di quella scena. E la cosa lo aveva arrapato a tal punto che il pisellone gli era tornato subito duro.
Certo che ne aveva di energia, quel ragazzo.
Si era alzato ed era venuto vicino al divano. Senza dire nulla con le mani mi prese i piedi e mi spalancò le cosce. Io lo lasciavo fare, tanto ero di nuovo eccitata come una gatta in calore. Katia rimase seduta a me a godersi la scena mentre Tarek mi infilava il cazzone nella fica bollente. Emisi un gemito di piacere mentre sentivo quella stanga infuocata cominciare a trapanarmi la vagina. Tarek mi teneva saldamente i piedi e le cosce spalancate all’inverosimile. Mi sentivo trapassata e quel ragazzo, devo dire, ci sapeva proprio fare. Faceva uscire quasi completamente il cazzo sino alla cappella per poi ributtarmelo dentro sino a dove poteva arrivare. La mia fica emetteva suoni curiosi di umori vischiosi e densi. Katia, intanto, si era alzata’forse era andata in bagno, non so, anche perché io ero impegnata in ben altro’
Non me l’aspettavo di venire così presto. Evidentemente ero così eccitata da tutta quella situazione che il mio corpo rispose presto alle sollecitazioni di quell’amplesso selvaggio. Urlai il mio orgasmo emettendo miele in quantità mentre quella stanga nera continuava imperterrita a vangarmi la vagina.
Ormai stavo diventando troppo sensibile e la cosa cominciava a darmi un po’ di fastidio. E fu quel punto che intervenne Katia. Fermò Tarek impugnando il suo pisello’
‘Lasciala in pace, ragazzo, la hai già bastonata abbastanza” disse a bassa voce, mentre sentivo il cazzo di Tarek uscire dal mio corpo.
‘Ora tocca a me”.
Katia, poco prima, non era andata in bagno, o, almeno, non solo.
Era sicuramente andata in cucina, aveva aperto il frigo e ne aveva preso un bel tocco di burro che ora teneva in mano.
Ovviamente, avevo capito cosa aveva in mente’Passò le mani abbondantemente imburrate sul cazzo di Tarek.
Poi si rimise a gattoni sul tappeto appoggiandosi sul divano. Si passò le dita unte sul buco del culo infilandocele sin dove poteva.
Dietro di lei Tarek era pronto a quella penetrazione anale.
‘Ok, sono pronta, ma fai piano con quell’arnese” disse Katia sorridendo e senza ironia.
Tarek, sempre senza dire nulla, impugnò il suo cazzo scivoloso e piantò la cappella nel culo di Katia.
Katia fece una smorfia che doveva essere un misto di godimento e leggero dolore. Quella smorfia progressivamente sparì, mentre Tarek introduceva poco a poco il suo cazzo nelle terga di Katia. Io mi godevo la scena’chissà, Katia forse, lo aveva già fatto, sicuramente non me ne aveva mai parlato’ma, sicuramente, non lo aveva mai fatto con un calibro del genere’
Ora Tarek era arrivato sino in fondo. Aveva piantato il suo enorme uccello sin dove poteva nel retto di Katia che ora aveva tutta un’altra espressione rispetto a poco prima.
‘Sì, dai, montami ora” diceva a bassa voce Katia.
Tarek ora si sentiva autorizzato a cavalcarla senza ulteriori remore.
Mi domandavo cosa provasse. Io non lo avevo mai fatto. Non avevo, però, l’intenzione di provarlo quella sera.
Katia mugolava di piacere e Tarek la seguiva a ruota, infliggendole colpi senza pietà.
Non durarono molto. Tarek doveva già essere un pezzo avanti dopo avermi montata e dopo qualche minuto era pronto per esplodere il suo carico di seme nelle terga di Katia.
Presi io l’iniziativa. Mi alzai di scatto e prendendo il cazzo di Tarek alla base glielo sfilai dal culo di Katia.
Lei si girò sdraiandosi mentre io masturbavo velocemente il ragazzo. Tarek venne rantolando e schizzando dosi industriali di seme sul corpo fremente di Katia.
Gocce dense e bollenti raggiunsero Katia sul ventre, sulle gambe, addirittura sul volto.
Io continuavo imperterrita a masturbare il ragazzo sino a quando non gli spremetti sino all’ultima goccia, sino a quando il suo pisellone ritornò totalmente a riposo.
‘Ahhh, fantastico” rantolò Katia mentre si spargeva il seme di Tarek con le mani su tutto il corpo.
Subito Tarek mi chiese se poteva andare in bagno.
‘Certo’sai dov’è”
Evidentemente doveva orinare e voleva lavarsi.
Io rimasi sdraiata sul tappeto insieme a Katia.
Dopo qualche minuto Tarek uscì dal bagno e, in quattro e quattr’otto si rivestì.
Doveva essere in ritardo. Lo salutammo e lui ricambiò con cortesia.
‘Allora? Ti è piaciuto il regalo?’ dissi a Katia mentre rimettevo un po’ a posto il salotto.
‘Sì’decisamente” disse spossata.
‘Facciamo la doccia?’
‘Meglio il bagno’non riuscirei a stare in piedi”
Riempii la vasca e ci immergemmo subito dopo. Facemmo un lungo bagno rimanendo per lo più in silenzio o sorridendo di tanto in tanto.

Andammo a letto sfinite. C’era la voglia di chiacchierare ancora per un po’ ma le forze mancavano.
‘Come è stato?’ chiesi a Katia sulla sua esperienza anale.
‘Bello e strano. Tu non hai mai provato?’
‘No.’
‘Dovresti’è un piacere particolare.’
‘Sai, Katia, pensavo”
‘Cosa?’
‘Mah, questa cosa forse sta diventando un po”troppo.’
‘Paura di perdere il controllo?’
‘Beh, direi che sono già un pezzo avanti’sino a qualche settimana fa certe cose non mi passavano nemmeno per l’anticamera del cervello”
‘Se ritieni che la cosa possa alla lunga farti del male, lascia perdere” disse Katia seria.
‘No, non lo penso’penso che comunque sono sposata, ho una figlia’capisci, no?’
‘Un po’. Io dico che non puoi reprimere quello che sei’Insomma, certe cose le fai se le senti e senza pentimento. Provi piacere, dai piacere. Se ti fai problemi prima, mentre o dopo allora che senso ha?’
Katia biascicava le parole per via del sonno che la stava per sopraffare. Aveva, come al solito, ragione.
Io non dissi nulla. Il mio silenzio le sembrò la più eloquente delle risposte’
‘A proposito’sarebbe per questo sabato’se vuoi”
‘Vuoi dire che’?’
‘Esatto. Invito per due. Solita ora, solito posto. E ora a nanna che sono sfinita.’
Katia si addormentò in dieci secondi.
Mi aveva fatto una sorpresa ed io ne ero contentissima.
Volevo tornare in quella casa, senza pensieri, né pentimenti.
Solo che, stavolta, avrei fatto di tutto per avere molto più tempo.

‘Sai, tesoro, questo week-end dovrei stare fuori.’
Sandro mi diceva questa frase un a sera a cena. Non ci potevo credere. Quello che speravo forse si stava per realizzare.
‘Devi andare via per lavoro?’
‘No. Ci sarebbe un torneo di calcetto a cui dovrei partecipare. Si gioca di sabato e di domenica, però è lontano da qui. Per cui io e gli altri pernotteremmo fuori. Tu che ne dici?’
‘Per me non ci sono problemi. Non vai mai via se non per lavoro, questa sarebbe la prima volta”
Non ero ipocrita. Se non ci fosse stata la storia dell’appuntamento in quella casa sarei stata lo stesso contenta che lui sarebbe andato.
‘Dovremmo rientrare nel tardo pomeriggio o in serata.’
‘Ok. Io chiedo ad Katia se vuole venire qui e a pranzo, magari, vado dai miei.’
Era tutto organizzato, così. Avrei lasciato Martina dai miei e avrei potuto stare in quella casa tutto il tempo che volevo.
I giorni che mi separavano da quella sera sembravano non passare mai.
Arrivò finalmente quel sabato e, intorno alle nove della sera, Katia mi chiamò’
‘Ascolta, Ambra, puoi venire al parcheggio della pizzeria con la tua macchina? Io ti raggiungo lì”
‘Va bene. C’è qualche problema?’
‘No, no. Ti spiego dopo.’
Fu molto telegrafica, ma in realtà non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Andai in macchina al parcheggio con largo anticipo. Come la volta precedente mi ero vestita normalmente e non avevo indossato fermagli, gioielli, orologi e via dicendo.
Mancavano cinque minuti alle dieci ed io ero in macchina ad aspettare Katia quando squillò il telefonino, era Katia.
‘Ascolta, Ambra’c’è una sorpresa per te?’
‘Cioè’
‘Cioè’io non vengo.’
‘Ma sei impazzita? E perché?’
‘Beh, anzitutto avevo già intenzione di mandarti da sola. Voglio che tu non ti senta legata alla mia presenza e poi devo assolutamente finire un lavoro per lunedì prossimo e sono in ritardo clamoroso.’
‘Dai, Katia, non dire stronzate” mentre dicevo così, però, pensavo che quella cosa era una buona cosa. Katia aveva, di nuovo, ragione. Mi piaceva proprio l’idea di andare da sola. Non avevo certo bisogno di ambientarmi in quel posto e sapevo come muovermi. Il fatto, poi, di non poterla incontrare nell’alcova rendeva tutto ancora più eccitante.
‘Non puoi mandarmi da sola” cercavo, senza convinzione, di farla tornare indietro nei suoi propositi.
‘Dai, dai, che ti va bene. Però, quando hai finito, chiamami. Io starò in piedi e, se vuoi, posso venire a dormire a casa tua.’
‘Sicura di non voler venire stasera?’
‘Sì, sono sicura. Allora, mi chiami?’
‘Certo. Tieni il telefonino acceso.’
Ci salutammo proprio mentre vidi arrivare la limousine.
Salii velocemente e per la terza volta nella mia vita ripetei quell’esperienza.
Di nuovo la spiegazione di quello che avrei dovuto e potuto fare da parte di quell’uomo misterioso. Il cappuccio, l’offerta del bere, il rollio dei pneumatici sull’asfalto e, pochi minuti dopo, sul ghiaietto del viale di quella casa.
Ero davvero impaziente. Più della seconda volta. Però, e magari questa fu solo una sensazione, ebbi la certezza che entrai nella stanza molto velocemente. Forse perché già conoscevo a memoria tutto il rituale. L’accompagnamento da parte della hostess, le sue eloquenti spiegazioni delle regole che avrei dovuto rispettare, di quello che avrei incontrato lì dentro. E poi il mio camerino, il togliersi vestiti, la porta che conduceva alla stanza e l’unica cosa che mi era permessa dire in tutto quel tempo’
‘X807.’
E, come per incanto, quella porta si aprì per la terza volta, per me.

Venni subito avvolta da quella musica meravigliosa, da quei profumi stordenti, penetranti e buonissimi, da quell’atmosfera di rilassato mistero che avvolgeva tutta la scena, tutta quell’enorme stanza scura e tonda.
Intorno al perimetro tantissimi attendenti con le loro lucine, e, sicuramente, le sedie, le poltrone, i divanetti per quelli che volevano solo assistere.
In mezzo, chissà. Sicuramente i grandi materassi, le tante lenzuola mordine e nerissime, i tanti corpi vogliosi e pulsanti.
Mi addentrai subito, senza perdere tempo. Proprio non si vedeva nulla. Già era buoi pesto, lì in mezzo, ed ero pure senza occhiali, ovviamente.
Riuscii ad entrare per un bel pezzo nei materassi senza incontrarmi con nessuno, senza scontrarmi con nessuno.
Certo, sentivo corpi ondeggiare e rantolare vicino a me, ma non così vicino da venirne toccata.
Capitò subito dopo. Mentre gattonavo con le mani in avanti toccai quelli che erano sicuramente i piedi di qualcuno sdraiato.
Doveva essere da solo, quel corpo, almeno sino a quel punto.
Feci scorrere la mano dal piede fino alla coscia’era pelosa, era un uomo.
Ne ebbi la certezza quando arrivai a toccare i suoi genitali.
Gli accarezzai i testicoli rugosi e il pene a riposo.
Evidentemente era lì ad aspettare i suoi incontri, o, forse aveva appena finito di fare l’amore chissà con chi. Mentre lo accarezzavo andai con il viso vicino al suo.
Lo baciai sul volto e lui ricambiò. Aveva folti baffi e barba. Intanto aveva preso a palparmi i seni con il risultato di farmi bagnare tutta in men che non si dica.
Il suo pene divenne subito lungo e duro come il marmo mentre io lo accarezzavo lentamente. Mi avvicinai un po’ con il corpo e lui ne approfittò per far scivolare la sua mano dal mio seno verso il mio ventre.
Frugò subitamente la mia vagina con le dita. Lei reagì bagnandole completamente del mio umore. Ero già eccitatissima e non volevo tergiversare oltre.
Una volta che il suo pene fu completamente in tiro salii sopra il suo corpo.
Tenevo impugnato il cazzo di quell’uomo misterioso per dirigerlo dentro il mio copro.
Allargai le gambe e mi misi a cavalcioni sopra di lui. Introdussi lentamente il pene di quell’uomo dentro di me. Era grande e pulsante. Mugolai pianissimo di piacere. Il fatto di non poter parlare o di gemere di piacere era una specie di gradevole tortura. Il fatto di non vedere o conoscere le persone era una gradevole tortura. Tutto, lì dentro, era un qualcosa di assolutamente irrinunciabile.
Cominciai a cavalcarlo senza fretta. Non avevo di fare tutto di corsa, stavolta avevo il tempo che volevo. L’uomo mi palpava i seni energicamente. I miei seni reagivano ingrossandosi, i miei capezzoli si indurivano e abbassandomi verso di lui, gli davo l’opportunità di baciarli e di stropicciarli come lui voleva.
Mi procurava un piacere intenso sentire quella barba e quei bassi farmi il solletico sui miei seni prorompenti, mentre facevo lentamente scorrere il suo membro dentro di me. I miei umori facilitavano la corsa di quel pene all’interno del mio corpo.
Ora sentivo, però, altre due mani accarezzarmi la testa e il viso.
Qualcuno in piedi davanti a me. Alzai di un poco la testa e mi scontrai con il corpo misterioso davanti a me. Un altro uomo. Il suo pene vicino al mio volto. Ne sentivo l’odore, ne intuivo l’eccitazione. Lo accarezzai con una mano e capii che era già eccitato. Lo presi in bocca senza pensarci due volte, mentre l’uomo sotto di me assecondava i miei movimenti spingendo il suo corpo in alto, contro il mio.
Mi aggrappai alle cosce dell’uomo avanti a me mentre con la bocca lo spompinavo energicamente. Erano cosce grandi e muscolose e con le mani assecondava i movimenti della mia testa. Non pensavo a nulla. Immersa come ero in quelle sensazioni di voluttà, in quella musica magia, in quei profumi stordenti che, ora, si confondevano agli odori dei corpi e degli umori da loro emessi.
Sentivo altre mani accarezzarmi le natiche, ora. Non potevano essere quelle dell’uomo sotto di me. Le sue erano tuttora sui miei seni. Quattro mani che mi accarezzavano energicamente, che facevano crescere a dismisura la mia eccitazione. La mia bocca piena di sesso di uno sconosciuto e la mia fica che montava imperterrita un altro uomo.
Chissà chi c’era dietro di me. Smise di accarezzarmi le chiappe. Subito, però, infilò un dito, pianissimo, all’interno del mio ano’
Che sensazione strana’come detto, non l’avevo mai provata.
Era gentile, quell’uomo. Usava quell’approccio morbido per capire le reazioni del mio corpo, se, cioè, quella cosa era da me gradita o no.
Sentivo quel dito umido frugarmi le terga. Cercavo di assecondare quell’intrusione spingendovi contro il sedere, impegnata, come ero, a montare e a baciare altri due uomini. L’uomo dietro di me tolse il dito. Aveva capito che la cosa mi piaceva, ma, invece che penetrarmi subito dietro, cominciò a baciarmi e leccarmi le chiappe.
Le mie chiappe erano, ovviamente, in continuo movimento, e lui lo seguiva con le mani e con la lingua. Lingua che introdusse nel mio ano. quella cosa ebbe l’effetto di farmi quasi urlare e, di conseguenza, di farmi cacciare dalla stanza. Meno male che avevo la bocca impegnata’
Quella lingua mi rovistava e allagava di saliva le terga, facendomi rabbrividire anche le parti più remote del mio corpo. Smise subito di baciarmi. Capii che era giunto il momento della mia prima penetrazione anale.
Gli altri due, intanto, continuavano imperterriti nella loro attività. Mi montavano la fica e la bocca a lungo, alternando la velocità e i movimenti. Anche io mi davo da fare e i loro sordi gemiti e rantolii mi facevano capire che godevano come maiali. Anche la mia fica apprezzava. Era così bagnata e gonfia che sembrava il doppio. L’uomo davanti a me cominciò ad emettere le sue prime gocce di seme atte a lubrificare. Inghiottivo golosa quelle gocce bollenti e dolciastre’Cercavo di ricordare se quel sapore poteva assomigliare a quello dell’uomo che avevo baciato la volta prima. Non lo saprei dire. Forse quel sapore mi ricordava qualcuno, o forse no. Certo in quel momento ero molto indaffarata. Sentivo la punta del pene dell’uomo dietro di me cominciare a penetrarmi l’ano bagnato dalla sua saliva. Mi fermai dal cavalcare l’uomo sotto di me per facilitare la penetrazione da dietro. Inaspettatamente il cazzo di quell’uomo scivolò all’interno del mio culo senza grosse difficoltà’Chissà..se lo doveva essere unto ben bene, forse non era grossissimo, forse ero predisposta, non so. So di certo che quella prima volta mi fece scoprire un nuovo piacere, certo non paragonabile a quando facevo l’amore nella maniera canonica, ma comunque, un bel piacere.
Ripresi dunque a montare l’uomo sotto di me mentre non avevo mai smesso di baciare quello avanti a me. O meglio, mi ero fermata dal baciarlo mentre sentivo quel cazzo bussare al mio culo e, dunque, l’uomo davanti a me che aveva capito il mio impegno sopraggiunto, mi teneva ferma la testa con le mani e mi montava la bocca come se fosse la mia fica.
Adesso mi sentivo colma.
Avevo tre uomini che mi penetravano completamente. Mi sentivo padrona e schiava allo stesso tempo. Era una sensazione fortissima, mentale, prima ancora che fisica. La mia mente, infatti, era totalmente sgombra. Sembrava come se tutto il mondo intorno fosse sparito o non avesse più importanza.
E non saprei nemmeno dire quanto durò quel magnifico amplesso a quattro.
Ricordo solo che io ebbi un solo, lunghissimo, orgasmo. Un orgasmo intenso ed appagante, provocato dalle sensazioni di quella triplice penetrazione. Sentivo anche un fiume di sperma bollente invadermi il ventre mentre l’uomo sotto di me spingeva il suo copro contro il mio spremendosi sino all’ultima goccia.
Un altro fiume caldo mi invase poi le terga e, subito dopo, la bocca e la gola.
L’uomo davanti a me rantolava e gemeva sordamente mentre schizzava il suo seme dentro la mia bocca. Era dolce e denso e dovetti inghiottirlo in fretta per non rischiare di rigurgitarlo. Mi piaceva quel sapore.
Grondavo sperma dappertutto. Lo sentivo ribollire dentro il mio corpo, lo sentivo uscire in piccole quantità dalla mia fica esausta e dal mio culo per la prima volta violato. I tre uomini mi accarezzavano e mi davano dolci baci dappertutto. Poi, ad uno ad uno sparirono lentamente nel buio dell’enorme stanza.
Rimasi sola ed esausta sdraiata sui materassi per un po’.
Avevo dato tutto e avevo preso tutto.
Pensavo che aver avuto più tempo mia avrebbe permesso di fare altre cose.
Invece avevo capito che tutto dipendete non certo dal tempo che hai, ma da quanto intensamente lo vivi, da quanto riesci a dare e a prendere.
Non c’era motivo per trattenersi ancora. Anzi, in un certo senso, non vedevo l’ora di essere a casa e di parlarne con Katia.
Scivolai così piano fuori dall’alcova. Mi diressi verso un attendente donna facendole capire che volevo andare in bagno.
Mi feci una doccia rapidissima e, una volta giunta in camerino, mi rivestii velocemente.
Fui poi accompagnata, come al solito incappucciata, fuori dalla casa e salii in macchina.
L’auto viaggiò placidamente verso il paese, mentre l’uomo mi offriva da bere e mi diceva le ultime cose.
Arrivammo così al parcheggio della pizzeria. Mi congedai dall’autista e accesi subito il telefonino. Non c’erano messaggi. Mezzanotte era passata da venti minuti.
Salii in macchina e chiamai subito Katia.
‘Già fatto? Ma come’io ti lascio libera e tu fai una sveltina?’
‘Sveltina un corno, mia cara’Ti aspetto a casa e poi ti racconto.’

Katia mi raggiunse a casa dopo una mezz’oretta.
Andammo subito a letto. Lei volle sapere tutto e nei minimi particolari. Io le raccontai tutto e nei minimi particolari.
Parlammo e ridemmo a lungo’chissà tutta quella storia sin dove ci avrebbe portate.
Ci addormentammo insieme, pesantemente.

Sono una dormitrice da competizione. Non mi svegliano nemmeno le cannonate.
E, quella mattina, Katia dovette sforzarsi molto più del solito.
‘Ambra, dai, alzati cacchio’è quasi mezzogiorno!’.
Bofonchiai qualcosa senza senso.
‘Su, muoviti, sono due ore che gioco con Martina”
‘Sì, dai mamma alzati!’
‘Martina? E che ci fai qui?’
‘Come che ci fa qui?’ disse Katia ‘E dove dovrebbe essere?’
Cominciavo a rendermi conto, poco a poco’
‘Ah’ok. Andate di là che adesso vi raggiungo”
Katia e la bambina tornarono in salotto.
Io rimasi con gli occhi spalancati a guardare il soffitto e a cercare di rimettere un po’ di ordine nei miei pensieri’
Che diavolo era mai successo?
Avevo lasciato Martina dai miei la sera prima per andare a quel terzo appuntamento.
No. Non era così.
Un sogno…Lungo, maledettissimo e incredibilmente reale. Ma pur sempre un sogno.
Mi alzai lentamente. Mi resi conto di aver bagnato completamente gli slip del mio umore durante la notte.
Quel sogno, evidentemente, mi aveva fatto sembrare reali quelle vicende.
Aver capito che si era trattato tutto di un sogno mi provocò un misto di delusione e sollievo.
Da un lato avrei voluto davvero vivere un esperienza del genere.
Dall’altro, la mia vita non ne era stata sconvolta ed era tutto come prima.
Martina, Sandro, la mia amica squinternata, i miei, il mio lavoro’
Mi lavai e mi misi la tuta. Poi mi recai in salotto dove Martina mi saltò in braccio facendomi le feste.
‘Che hai? Mi chiese Katia. ‘Hai una faccia che sembri uscita da un bordello.’
Disse sottovoce per non farsi sentire dalla bambina.
‘Niente’ho dormito un po’ male”
‘Alla faccia, sembravi morta!’
‘Senti’se ti dico X807 ti viene in mente qualcosa?’
‘Che è? Il numero del tuo bancomat?’.
‘Ok’lascia perdere’mangiamo?’

Il giovedì sera seguente feci il solito giro in lavanderia a ritirate i vestiti.
Facevo un’unica grossa consegna settimanale delle cose mie e di Sandro e portavo anche quelle di Katia. Lei non aveva mai il tempo di andare per cui le facevo questo piacere.
La signorina della lavanderia era molto cortese.
Prima di portare le cose in lavanderia avevo sempre cura di svuotare le tasche di tutti i vestiti. Soprattutto, ovviamente, quelli dello sbadatissimo Sandro. C’era sempre di tutto, nelle sue tasche. Soldi, chiavi, biglietti, eccetera.
A volte, però, mi dimenticavo di fare quel mestiere e la signorina della lavanderia, che mi conosce bene, svuotava le tasche e mi metteva le cose da parte, se ce ne erano.
‘Ecco, signora, qui ci sono i vestiti e qui il contenuto delle tasche dei pantaloni di suo marito.’
‘Ah, grazie’quello sbadato.’
Appoggiai i vestiti sul bancone mentre la signorina mi preparava la ricevuta.
Approfittai per vedere le cose dimenticate nelle tasche’la chiavetta della macchina del caffè del suo ufficio, qualche centesimo di euro, una penna e un biglietto piegato in due.
Lessi il biglietto per vedere se conteneva qualcosa di importante’
‘Y198’.

‘Signora’si sente bene?’ (Crea ‘ 2003)

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