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Racconti Erotici

L’Amorosa

By 28 Dicembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Le luci brillavano sul ponte.
Erano luci rossastre, turchine, gialle, vane quanto la notte, ubriaca di carezze e di amori perduti di giovani donne. La città era un bordello, un paradiso del sesso, vi giungevano le ballerine più famose, vestite con dei tutù succinti, che lasciavano vedere tutto. Molte amavano fumare col bocchino, erano viziose, venuste e lascive ad un tempo.
I balletti erano come delle evocazioni delle Sagre della Primavera. Si celebravano sui palchi di legno, fra ragazze vestite di rosa e ragazzi travestiti da Pierrot; alla fine tutti si tenevano per mano e scendeva il sipario. Gli impresari più ricchi amavano girare in frac e guanti bianchi. Li vedevate sugli ingressi sontuosi degli alberghi o dei teatri più famosi, mentre erano intenti a baciare sulla bocca le loro giovani amanti, dai volti imbellettati e dalle labbra ricoperte di rossetto. Per loro, la vita era bella e felice.
L’Amorosa era arrivata da poco. Non so quale fosse il suo vero nome, ma tutti la chiamavano così.
Era una ballerina che faceva anche la cantante ed amava farsi disegnare una lacrima turchina sulla guancia, per sembrare più carina ed appassionata. Si tingeva i capelli di viola, a volte di verde erba ed intonava le sue melodie al suono di una fisarmonica.
Ricordo che l’Amorosa era fuggita di casa alcuni anni prima, per cercare di evitare una vita di sofferenze. Prima di andarsene, aveva litigato con i suoi genitori adottivi ed il fratellastro.
Ella si trovò bene in quella città, piena di luci e di passione. I suoi spettacoli terminavano con lei che passava sul palcoscenico in sella ad un cavallo bianco e con un cappello ornato di un’enorme piuma celeste sul capo. I principi e i sovrani di tutta Europa impazzivano per lei. Le offrivano tutto ciò che possedevano, vale a dire i beni più preziosi della terra: oro, perle, diamanti, scettri, calici scintillanti, anelli ornati di rubini e di ametiste, soggiorni in luoghi meravigliosi, elefanti.
Ma l’Amorosa sorrideva, perché preferiva continuare ad esibirsi sui palchi, piuttosto che cedere alle facili lusinghe di chi l’avrebbe abbandonata dopo essersi servito di lei per soddisfare le proprie voglie.
Un brutto giorno, la bella si guardava allo specchio, quando improvvisamente vide apparire dinanzi a sé un’immagine nera, orrenda, deforme, che sembrava appartenere a un orco o ad una vecchia sdentata.
– Amorosa! Amorosa! Ti odio! Io sono la malattia, il morbo! Ora m’impossesserò di te e ti farò disperare. Ti roderò con i miei denti, che non perdonano, finché non avrò fatto di te l’essere più infelice della terra! Ascoltami! Sei mia e non mi sfuggirai! Voglio mangiarti!
La giovane, nel sentirsi parlare in tal modo da quell’essere malefico, fece un balzo all’indietro e lanciò un mattone nello specchio, che si ruppe ed andò in mille pezzi. Ma l’essere mostruoso che le aveva parlato si era già impossessato di lei e prese a divorarla coi suoi denti, giorno dopo giorno, senza darle scampo.
Il suo bel volto divenne a poco a poco rugoso e scavato, al pari di quello di una vecchia; non faceva che sanguinare dal naso, dalla bocca e dalle orecchie. Come se non bastasse, perdette la sua bella chioma e i suoi occhi, un tempo tanto belli, non le permettevano oramai di vedere altro che ombre, cupe e maledette.
– Amorosa! ‘ diceva una voce dentro di lei. ‘ Ti sto mangiando viva! Guarda quello che ti sto facendo! Sei contenta? Io sono più forte di te’ Ah, quanto mi piace divorarti! Gnamm!
Fu così che, un brutto giorno, l’Amorosa morì.
Ricordo che i dolci incontri degli amanti, i baci sulla bocca, gli abbracci e gli accoppiamenti affettuosi si consumavano sempre sotto le luci della città, le luci del piacere, le luci delle lusinghe e della malinconia. Era come se volassero via.

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