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Racconti Erotici

L’ESTATE DEGLI OLMI

By 13 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

C’erano una volta gli olmi sperduti dell’estate malinconica 1853. La vita e l’amore passavano, volavano, come nuvole bianche nel cielo tranquillo di Settembre.
L’amore era le foglie, i fiori, gli uccelli canori, i biondi capelli delle giovani più belle, i loro volti diafani, che brillavano come stelle, l’amore era una lettera smarrita, in mezzo al cuore, era su di un calamaio dimenticato, che serviva a scrivere messaggi affettuosi e cari.
I passeri cinguettavano, volavano, saltavano di ramo in ramo; rammento un gruppo di giovani donne, meravigliose quanto una primavera senza fine, che correvano su di un prato, tenendosi per mano, mentre qualcuna di loro raccontava favole appassionate.
Alcune si baciavano, all’ombra incantata degli olmi senza tempo, mentre in lontananza passavano due buoi, con accanto un guardiano e s’udiva il suono delle campane che portavano appese al collo, quasi una musica armoniosa che volava nel cuore tranquillo.
V’erano in quel tempo due amanti felici, che amavano baciarsi teneramente sulle labbra, in cima a un colle, donde si ammirava l’immensità dei primi fiori dell’autunno. Sembravano margherite dorate, gialle come il frumento in prima estate, erano gioie scarlatte, turchine, variopinte, senza tempo. Era come se non vi fosse inverno.
Io li udivo mentre parlavano languidamente e sottovoce.
– Ti amerò per l’eternità dei sensi!
– Tu lo sai… I nostri genitori non vorranno mai!
– Ma noi fuggiremo, fuggiremo insieme nel destino. Ameremo l’infinità del cielo e le sue rondini, la bellezza del primo autunno e dei suoi fiori, i canti campestri, le felicità del sole che ancor non muore nelle nebbie.
– Ti sono grata. Tu hai per me parole che nessun altro mortale potrebbe avere. Ti amo come potrei amare le stelle più belle, i fili d’erba verde.
– Ti ricordi del giorno in cui mi regalasti le caramelle?
– E te ne donerò ancora, tante quanti saranno i miei baci.
– Sì, i tuoi baci sono il fiore del nostro affetto!
Le stelle amene del loro primo bacio ancor brillavano intorno ai due amanti.
– Io ti donerò il volo dei passeri canori, l’amore del sole e dei prati più verdi, la felicità e l’abbraccio della primavera senza fine.
Così le disse lui, sussurrandole.
E le baciava il volto, le baciava i capelli, le vesti di seta, le labbra amorose, il seno affettuoso, le braccia belle.
Lei si chiamava Elly ed era tanto affezionata al suo caro padre, che purtroppo era un uomo cattivo, dal volto rugoso, pronto a sgridarla e a schiaffeggiarla. A nulla valeva il fatto che lei gli dicesse di volergli tanto bene, di essere alquanto affezionata a lui e così via. La bella giovane aveva perduto la sua mamma alcuni anni prima ed ancora piangeva segretamente per quel triste evento. Piangeva di nascosto, nell’oscurità languida della sua camera, tenendosi il cuscino stretto tra le braccia, come se fosse stato il suo innamorato.
– Se sposerai quell’uomo, io ti ucciderò! – le disse un brutto giorno suo padre, che per l’occasione le parlò con la voce severa di un patrigno.
– No, papà, non dirmi così! Non parlarmi così, te ne prego!
– E come ti dovrei parlare? Io ti bastonerò, ti frusterò, sfigurerò il tuo volto e le tue labbra, così nessuno più s’innamorerà di te, nessuno più vorrà amarti!
Io non so raccontare quello che le fece poi il vecchio barone dai capelli bianchi (il padre di Elly aveva sangue blu).
Alla fine, dopo averle fatto male, quel cattivo la chiuse a chiave nella sua camera.
Ma attraverso la finestra, Elly ebbe modo di parlare al suo innamorato. Usò una lanterna e la sua fantasia… Era un sistema che adoperava sempre, sempre, sempre. La luce appariva e spariva, in lontananza, ripetutamente. I due amanti adoperavano i lumi e gli alfabeti per parlarsi nella notte, sotto le stelle.
Lui le rispondeva da un castello lontano, al di là dei colli.
“VIENI A PRENDERMI PRIMA DELL’AURORA, FUGGIREMO INSIEME!”
“DOVE?”
“A CASA MIA. DOVRAI SEGARE LE INFERRIATE DELLA MIA FINESTRA, MA NESSUNO TI SENTIRà, PERCHé IL VECCHIO SI E UBRIACATO E DORMIRà FINO A MEZZOGIORNO. EGLI MI HA PICCHIATA E MI HA FATTA PIANGERE, Sì!”
Questi i messaggi che si scambiarono i due amanti.
Il mattino dopo lui venne, a cavallo… Dopo che ebbe segato le inferriate, che erano come le sbarre di una piccola prigione, egli abbracciò la sua bella, baciò le sue guance ancora arrossate dagli schiaffi della sera prima.
Poi, prima di condurla via con sé, le promise primavera e bellezza, giochi di giovinezza e felicità senza fine.
Allorché s’accorse che sua figlia se n’era andata via per sempre, il barone sguinzagliò tutti i suoi emissari, per trovarla, ma non ci riuscì. Pensate che le aveva giurato di uccidere il suo amato, tenendo una pistola in pugno!
Elly scrisse al suo caro padre al lume di candela. La penna sua volava sul foglio bianco, ella aveva il calamaio al fianco, la fiammella dorata e rossastra le illuminava il dolce volto, mentre gli prometteva ancora affetto, sia pure di lontano.
Ricordo che un giorno il suo amante la lasciò, perché non so quale affare o eredità lo richiamava a Parigi, dove lei non poteva raggiungerlo.
I due presero a scriversi appassionatamente, quasi quotidianamente. Le lettere venivano scritte al lume di candela ed erano consegnate da misteriosi portalettere, che portavano sugli occhi delle maschere di velluto nero.
A malapena rammento le date di alcune delle epistole più affettuose… Parigi, 24 Maggio 1854, Pont sur Oise, 27 Maggio 1854, Parigi, 1′ Giugno 1854, Pont sur Oise, 3 Luglio 1854, Parigi, 2 Settembre 1854, Pont sur Oise, 20 Settembre 1854.

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