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Lielit

By 8 Giugno 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono stato sempre molto scettico sul valore dei proverbi.
Mi diverto a sconvolgerli, anche se qualcuno lo accetto, ma solo per malignità.
Vado sempre ripetendo, specie se incontro un veneziano, o anche solamente un veneto, che quando si diventa vecchi i ommeni fa’ panza e le donne stomego!
Cerco di consolarmi, ma poi, guardandomi allo specchio, mi accorgo che la distinzione dei sessi, a una certa età, non conduce a diversi apprezzamenti. Anzi.
Qualche giorno fa ho incontrato una compagna di banco, al tempo della maturità.
Ho creduto di essere spiritoso dicendola che mi ricordava i versi di una poesia: dagli atri muscosi, dai fori cadenti’
Mi ha sorriso incantevolmente.
‘Tu, invece, Piero, mi ricordi le lezioni di botanica, nell’aula di scienze, quella ad anfiteatro, dov’era un grosso manifesto della forestale, con un albero: il salice piangente!’
Si parlava dei proverbi, dei modi di dire.
‘Il primo amore non si scorda mai!’
Ecco, questo mi torna spesso alla mente, perché nella mia mente il ricordo di quella prima volta &egrave rimasto scolpito e non si &egrave mai sbiadito. Un ricordo che ancora oggi mi emoziona, mi intenerisce.
E la rivedo come allora, come se gli anni per lei non siano trascorsi.
Non so dove sia, se sia ancora viva.
Quando sono tornato nella sua terra l’ho cercata, ho incaricato quello che si spaccia per il miglior ‘detective’ del luogo.
Dopo lunghe ed estenuanti indagini la risposta &egrave stata che ‘lei’ e la sua gente erano immigrati (questo lo sapevo, glielo avevo detto io a Wolde Debòc) e che quasi tutti gli appartenenti a quella etnia erano tornati nei loro paesi di origine o erano riusciti a trasferirsi in luoghi più accoglienti.
Sono andato in cerca anche del loro medico indigeno, il vecchio ‘Akìm’.
Nessuna traccia.
La sua figura &egrave sempre dinanzi ai miei occhi.
^^^
Ero entrato per andare dal Prevosto, per informarlo che c’era qualche speranza di ottenere un finanziamento dal credito sportivo.
Penombra. Quasi nessuno.
Al primo banco, inginocchiata, la snella sagoma d’una donna intenta alla preghiera. La testa avvolta in un velo scuro.
Si alzò, fece il segno della croce.
Era proprio ‘lei” o meglio’ lei era così, a quel tempo. Si inginocchiava così, si segnava così.
Non riuscii ad andare oltre, mi fermai, fissandola intensamente, e sentivo che gli occhi si inumidivano.
Si voltò.
Era una donna di colore, alta, snella, flessuosa.
Si avviò per uscire. Doveva necessariamente passarmi accanto.
Quando mi fu vicina accennò un lieve sorriso. Denti candidissimi.
Fu spontaneo salutarla-
‘Tiena’ istellign, Lielit!’
Buon giorno Lielit.
Lielit era il suo nome: principessa.
Si fermò di colpo. Sorpresa.
‘Amarignà tnegarellek?’
Parli amarico?
Le sorrisi e le dissi che il mio vocabolario di quella lingua era quasi completamente dimenticato.
‘Perché mi hai chiamato Lielit, principessa?’
‘Perché la chiamavo così, e le dicevo che per me era Alemnesh. Alemnesh: tu sei il mondo.’
‘E tu cosa eri per lei?’
‘Mi chiamava Brehane”
‘Ti chiamava ‘mia luce’. Dov’&egrave?’
‘Non lo so.’
^^^
Con Aba &egrave cominciato così.
Nel modo più incredibilmente banale, come nelle trame forzate di alcuni racconti decadentistici: un incontro casuale.
Qualcuno &egrave molto scettico sulle combinazioni che ti prepara il destino.
Altri, inoltre, sorride quando si parla di ‘destino’, una sorta di strada tracciata che tu percorri senza saperlo, inconsciamente ma inevitabilmente.
Scorgo i sorriseti increduli: ma &egrave l’uomo, e solo lui, l’artefice del proprio destino. Lui sceglie liberamente di fare o non fare, di andare o non andare’. Sì, ma’ seguendo l’impulso.
Comunque, chi lo ha indotto alla scelta?
Chi gli ha detto di salire su quel mezzo che avrebbe avuto quella sventura?
Chi ci ha spinto, allora, a scegliere come aiuti domestici la famiglia di Lielit?
Chi ha suggerito al Prevosto di chiedere un prestito per realizzare gli impianti sportivi dell’oratorio? Di rivolgersi a me per aiuto?
Perché ho scelto proprio quel giorno e quell’ora per andare a parlare con lui?
Perché sono entrato dalla chiesa e non dalla porta del cortile dove, tra l’altro avevo lasciato l’auto?
Come mai, in una mattina d’un giorno feriale, una splendida giovane donna di colore ha deciso di andare pregare, a inginocchiarsi?
Ed io l’avevo scorta, e subito alla mente era tornata in primo piano (perché era sempre nella mia mente) Lielit?
Un rapidissimo ‘rewind’: indietro negli anni. Tanto.
A me sembrava che Aba e Lielit fossero come due gocce d’acqua; identiche. Nella persona, nell’atteggiamento del volto, nel sorriso, nello sguardo.
Aba era Lielit come certamente sarebbe stata, dopo che gli eventi ci separarono.
Aba poteva avere sui venticinque anni.
Io non ho mai visto Lielit a quella età. Era più giovane quando fummo costretti a salutarci.
La mia prima ragazza, ed io ero stato il suo primo uomo.
^^^
Mi guardava intensamente quella magnifica donna di colore. Con un’espressione e uno sguardo che conoscevo, con un lieve sorriso che mi era noto.
‘Dimmi, Brehane, le somiglio?’
Che tenerezza volermi chiamare come mi chiamava lei.
‘Si, sei bellissima. Come Lielit.’
‘Vorrei conoscere la vostra storia”
‘Come posso raccontartela?’
‘Mi chiamo Aba, lo sai cosa vuol dire?’
‘E’ una sigla, un monogramma: Nuovo Fiore.’
‘Si, &egrave così. E tu, come ti chiami?’
‘Piero, mi chiamo Piero. Cosa fai?’
‘Lavoro all’Euraf, sono impiegata, in segreteria.’
‘Come mai qui?’
‘Ho preso un giorno di ferie, sto cercando un nuovo lavoro, per migliorare.’
‘Vivi sola?’
‘Con mia sorella e il marito di lei. Hanno un piccolo negozio di frutta. Forse lo conosci, sono all’inizio della strada che si trova a sinistra della chiesa.’
‘Si, li conosco. Anche tua sorella &egrave molto bella.’
‘Grazie.’
‘Tu parli benissimo l’italiano.’
Sorrise allegramente.
‘Io sono Italiana, sono nata in Italia.
I miei genitori erano ragazzi nella villa di un Italiano, figli dei loro giardinieri. Due famiglie. Qualche anno dopo, quando furono adulti, e si erano sposati, scrissero al vecchio padrone, rispose loro il genero e li invitò a venire qui, avevano bisogno di una domestica e di un autista.
Loro seguitano a fare quello che possono.
Io ho cercato la mia strada.
Aisha, mia sorella, ha incontrato un nostro giovane compatriota, Bahalà, e sono riusciti ad aprire il negozio che ti ho detto.
Tu, cosa fai?’
‘Sono un ‘akìm’ un medico. Vivo solo. Sono separato. Ho un figlio, grande, vive in un’altra città. Ma tu come mai sei in Chiesa?’
‘Sono cattolica, battezzata, e chiedo sempre aiuto e protezione della Madre di tutti.’
Uscimmo insieme, avevo dimenticato perché dovevo incontrare il Prevosto.
Avevo l’auto nel cortile della parrocchia, sul retro.
Invitai Aba a prendere un caff&egrave con me. Le avrei raccontato la mia storia.
Accettò sorridendo.
Sembrava che ci conoscessimo da sempre.
Salimmo in auto, attraversai lentamente quasi tutta la città, fino al terrazzo di Piazza delle Muse, dove c’era un chiosco con dei tavolini e dal quale si poteva godere la vista della valle del Tevere.
Le raccontai la mia storia, di Lielit, il mio primo amore, la mia prima ragazza.
Mi ascoltò con gli occhi lucidi.
Alla fine, mi prese la mano e la portò alle sue labbra, la baciò.
‘Avrei voluto essere io Lielit, Brehane.’
Le domandai dove volesse essere accompagnata.
‘Mi puoi lasciare dinanzi alla Chiesa. Grazie.’
Ripercorremmo la non breve strada, in mezzo al caotico traffico cittadino. In silenzio. Ognuno guardava dinanzi a sé.
Scuotevo lentamente la testa.
Chissà com’era, adesso, la mia piccola Lielit.
Aveva due anni meno di me, ed io, ora, ne ho quasi cinquantacinque!
Ecco la chiesa.
Scesi, aiutai Aba ad uscire dall’auto. Ma non ce n’era bisogno.
‘Ci vedremo ancora, Aba?’
Alzò le spalle, mi tese la mano, la strinsi tra le mie.
Rimase, attendendo che risalissi in auto.
Quando fui dentro, rinchiusi lo sportello, allacciai la cintura, abbassai il finestrino.
Lei si avvicinò.
‘Aba, lavoreresti per me? Faresti la mia segretaria di studio?’
‘Da quando, akìm?’
‘Da domani!’
‘Devo dare il preavviso al mio datore di lavoro.’
‘Glielo pagherò io.’
‘OK, akìm, da dopodomani.’
Le detti il mio biglietto da visita.
‘Ti aspetto alle tre pomeridiane. Il mattino sono in clinica.’
Mi sorrise, mi salutò con la mano.
Non chiese neppure quale fosse il suo stipendio.
Misi in moto.
Mi allontanai lentamente.
^^^
Non so se abbia fatto bene ad assumere Aba.
Sono due settimane che si interessa della mia segreteria. Ha messo tutto in ordine, con razionalità. Aggiorna e classifica le schede, le ha inserite nel PC. Registra le richieste di appuntamento; riceve i pazienti con cortesia e premura, chiede loro se desiderino qualcosa, s’informa della salute’; se supero di cinque minuti l’orario del ‘prossimo appuntamento’ trova una scusa per ricordarmelo, telefonicamente.
Lo studio &egrave tenuto in modo perfetto; si accerta che la donna delle pulizia abbia eseguito a norma il suo compito; c’&egrave sempre più di un camice a disposizione; ha gentilmente stabilito un orario per gli informatori scientifici; gli armadietti dei ferri e dei medicinali sono disposti secondo un criterio lodevole; ha subito identificato i miei piccoli vizi: il desiderio di un caff&egrave, ogni tanto, che mi prepara nella saletta adiacente e poi mi avvisa che il professor Moka &egrave al telefono!
Ma, come dicevo, non sono del tutto convinto della bontà della mia decisione.
Aba mi turba, anzi mi sconvolge.
Sono abituato a vedere donne, di ogni età, ogni tipo, ogni colore. Le guardo anche con occhi non professionali. Nessuna mi fa l’effetto di Aba. Lei mi strega, ammalia, affascina, incanta, seduce, avvince. Ogni volta che la vedo la concupisco, desidero, bramo. Mi eccita, infiamma. Sono giunto perfino a spiarla quando toglie il vestito per indossare il camice bianco. L’averla vista in slip e reggiseno mi ha messo in agitazione. Insomma, mi arrapao come un adolescente.
La differenza di età non mi ha nemmeno sfiorato.
Fare delle avances? Non voglio rischiare il ridicolo e ancor meno darle l’impressione che abbia messo in atto tutta una manovra, addolcita con un lusinghiero stipendio, per portarmela a letto.
Però a letto vorrei portarmela. Non ci dormo la notte. Sono giunto al punto di ricorrere al surrogato di una ‘professionista’ di colore. Niente da fare. Non é Aba.
L’ho invitata anche a cena; ho ballato con lei. Sì, l’ho palpeggiata. Credo che abbia percepito l’effetto che fa su di me. Era evidente.
Cosa posso fare?
Licenziarla con una lauta buonuscita?
No. Non posso stare senza vederla, senza sfiorarla.
E’ venerdì sera. L’ultima visita &egrave andata via.
Aba mi chiede se desidero qualcosa.
‘Che programmi hai per il fine settimana?’
(Mi rivolgo a lei dandole il ‘tu’, come quando l’incontrai la prima volta. Anche lei, allora, mi aveva parlato col ‘tu’, ma adesso mi da il ‘lei’. Gliene ho chiesto la ragione. Si &egrave limitata a sorridere.’.)
‘Nulla. Come sa vivo con Aisha, ma lei e suo marito vanno da alcuni loro amici, a Gaeta, e tornano domenica sera.’
‘E tu?’
Alzò le spalle significativamente.
‘Vieni qui, Aba, avvicinati a me.’
Venne accanto alla mia poltrona. Le poggiai una mano sulla vita. Sentivo il tepore del suo corpo. Mi stavo eccitando.
Mi guardava con i suoi splendidi occhi di cerbiatta.
‘Sì, akìm?’
‘Sei bellissima, Aba’ ti voglio bene”
‘Anche io akìm te ne voglio..’
(aveva usato il ‘tu’.)
‘Ma il mio &egrave un bene’ come dire’ strano’ interessato”
‘Anche il mio akìm’ &egrave interessato, ma non &egrave strano, perché &egrave naturale che un uomo e una donna stiano bene insieme”
‘Anche se una &egrave giovanissima e l’altro non lo &egrave più?’
‘Tu lo sai, akìm, che nella mia gente molte giovani vivono con persone che hanno più anni di loro.’
‘E tu, vivresti con me?’
‘Perché hai aspettato tanto, akìm? Tu lo volevi dal giorno in cui ci siamo incontrati in chiesa. Io lo sapevo. Perché lo voglio anche io.’
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Certe cose che capitano nella realtà sono più inverosimili di quelle inventate. Gli eventi romanzeschi più inaspettati sono quelli che accadono nella vita.
Le parole di Aba, pronunciate con voce calda e appassionata, invece di accendermi ancora di più, mi fecero l’effetto di una doccia fredda
Ero stupito dalla mia reazione.
Mi venne subito in mente il titolo di un romanzo, del tedesco Hans Fallada, ‘E adesso, pover’uomo?’
Già, adesso cosa dovevo fare?
Mi sentivo come quel bambino che anela un giocattolo ma quando riesce ad averlo lo getta in un angolo e lo trascura.
Mi dovevo alzare ed abbracciarla?
Sarei stato precipitoso?
Se non l’avessi fatto, l’avrei delusa?
Sta di fatto, che l’eccitazione era scomparsa, mi stavo invischiando nelle pastoie delle convenzioni sociali.
Che direbbe la gente se venisse a sapere della mia relazione con una giovanissima donna, che, tra l’altro, mi fa da segretaria, e che per di più &egrave di colore?
Penserà che ‘master’ Piero se ne profitta.
Lei, poverina, ha bisogno di lavorare, e lui la schiavizza, anhce sessualmente.
Se poi lo scoprisse il Prevosto’ che figura ci farei?
Rifletti, Piero, tu a letto con questa che &egrave più giovane di tuo figlio!
Eravamo restati in silenzio.
Aba pose la sua mano sulla mia.
Ebbi come un soprassalto.
‘Ho detto qualche cosa che non va, akìm?’
Le carezzai la mano.
‘Sono confuso, Aba, come quando ricevi una notizia troppo bella per essere vera. La vincita d’una somma stratosferica &egrave nulla di fronte a quello che mi hai detto: lo voglio anche io’!
Pensaci, piccola splendida bambina’.’
‘Ci ho pensato dal primo momento.’
‘Ma tu sei giovane, bellissima, hai il diritto di vivere con un uomo più o meno della tua età, di farti una famiglia’ avere dei figli.’
‘Perché non con te, akìm? Io sono il solco e tu il seme, io la zolla e tu la pioggia”
‘E i tuoi?’
‘Loro sanno che senza te io sono nelle tenebre, perché tu sei la mia luce, Brehane.’
Più che la passione, mi stava sommergendo la tenerezza.
L’attrassi a me, sulle mie ginocchia, la carezzai dolcemente, la baciai, la cullai come una bambina.
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Non &egrave facile esprimere cosa significhi vivere con Lielit.
A me sembra che nel deserto in cui m’ero smarrito, improvvisamente sia apparsa un’oasi. D’un tratto, l’acqua tiepida e nauseante della quotidianità s’&egrave trasformata in una fresca e zampillante fonte senza fine. Fonte della vita. Il contrasto tra la ‘Babilonia infernale’ ‘come dice Giacomino da Verona- e la ‘Gerusalemme terrestre’.
Lielit dorme, nella sua splendida e irresistibile nudità. Dorme anche se la luce del giorno &egrave entrata ad illuminarla, a esaltarne lo splendore.
Ancora un contrasto: una insuperabile figura d’ebano, di cui neppure Prassitele o Fidia avrebbero saputo immaginarne la bellezza, la perfezione delle forme, delle proporzioni, sul candido del lenzuolo.
Quadro indescrivibile: black and white.
Giace supina, abbandonata, rilassata.
La quiete dopo la tempesta.
Turbine, impeto, veemenza, passione, ardore, foga; forza della natura, impeto della sua giovinezza, frenesia dei suoi sensi, intensità della sua voluttà che ti afferra, ti coinvolge, di fa conoscere inesplorate vette del piacere.
Conoscere Lielit premia l’attesa d’una vita.
Contrasto: dolce e possessiva; bramosia di donarsi e cupidigia di averti; sorgente impetuosa e zolla assetata; grembo che ti dona la vita e richiede la vita. Il più delizioso crogiolo per l’incontro delle linfe per cui sbocciano le gemme della vita.
Si, il leitmotiv &egrave la vita!
Lielit dorme serena, dopo i sussulti del piacere.
La sua testa &egrave leggermente voltata da un lato. E’ distesa, con l’incantevole promontorio del suo seno, la pianura del ventre che degrada verso la più seducente delle valli, appena adornata da un rado e serico boschetto che va perdendosi tra le sue gambe tornite, leggermente dischiuse.
E’ una indescrivibile sinfonia cromatica.
Le sue grandi labbra sono di cioccolato fondente.
Sono chino su lei, la carezzo lievemente, per non farla svegliare.
Cautamente, le discosto.
Visione d’incanto: il bruno intenso va sfumando in rosa cupo, s’attenua ancora nel piccolo clitoride, ed ancor più allorché, ormai, sono a sfiorarle l’uscio dell’estasi.
Sento che le grandi labbra si inturgidiscono, il clitoride sussulta, la vagina freme. Io sono eccitato, eccitatissimo.
Lielit abbassa la mano, mi carezza i capelli’
‘Vieni, ghietà, vieni’, vieni, signore’ vieni destà.. felicità’
Mi attira a lei, su lei, afferra il mio fallo, alza le gambe, lo porta all’ingresso del suo paradiso. Ancora.
E’ meraviglioso!
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