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L’occhio indiscreto di Luisa

By 1 Agosto 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Luisa si accostò alla finestra, non le capitava spesso di rientrare ad ora
così tarda ed il fresco della notte estiva era piacevole sulla pelle, dopo
una giornata tanto afosa. Rimase appoggiata a quel davanzale moresco ad
ascoltare il silenzio ed a parlare a se stessa, tanto intimamente come &egrave
raro che accada.Non sentiva la voglia di andare a letto, sola, come
sempre.Dalla finestra all’ultimo piano la sua vista spaziava sulle grandi
aperture finestrate dei palazzi di Venezia, cornici eleganti e viziose che
hanno racchiuso chissà quali vite, forse tutte più belle della sua, forse
tutte più emozionanti.A quell’ora una di quelle finestre, l’unica illuminata
tra quelle vicine, attrasse il suo sguardo. Non lo fece apposta,
semplicemente, come quando si incappa in un altrui colloquio telefonico,
decise di non staccare gli occhi da quella cornice di vita, da quello
spettacolo offerto a lei dalla calura sua e degli ignari, inconsapevoli
attori della finestra dirimpetto.Non avrebbero mai potuto vederla e neppure
sospettare alcunch&egrave, lei era nel buio più totale.Sapeva che quell’
appartamento era abitato da una coppia di giovani, vedeva lui e lei molto
spesso.Lui, faccia ed aspetto da bancario irreprensibile, lei fisico e
tratti marcati da…. “puttanella”. Chissà perché questa era l’impressione
primaria che Luisa aveva avuto e dalla quale, nel corso dei mesi successivi,
non era più riuscita a distaccarsi.Lui passò in piena luce, completamente
nudo e Luisa poteva vedere le sue coscie affusolate, ben fatte ed il pube
forte, all’apparenza biondo. Lo vide chinarsi per estrarre qualcosa dal
cassetto della comoda.Nello stesso momento, nel riquadro di luce, reso ampio
da involontari ( ! ?) e repentini spostamenti del capo di Luisa , apparve la
ragazza, anch’essa nuda ad eccezione di una guepiere rossa ed una specie di
grosso collare.”Una puttana da bordello !” pensò Luisa, subito pentendosi
del malevolo pensiero.Questa salì in ginocchio sul letto e rimase in attesa
con il busto eretto, i seni spinti fuori dalla postura delle mani che aveva
intrecciato dietro la nuca. Pareva una scolaretta d’altri tempi in attesa di
una punizione. Luisa si sentì imbarazzata ma, ugualmente, la curiosità ebbe
il sopravvento e decise di staccarsi dal suo eccezionale osservatorio solo
per andare a ripescare, freneticamente, l’innocente ma efficientissimo
binocolo Zeiss che qualche volta portava a teatro.Mise a fuoco e la scena le
balzò incontro, nitidissima.L’uomo fronteggiava la ragazza, inginocchiata
sul lenzuolo scuro, impugnando una specie di corto frustino con molte e
brevi lacinie. La ragazza portava al collo un vero e proprio collare munito
di un grande anello di lucido acciaio.Luisa portò istintivamente la mano
libera alla bocca quando l’uomo iniziò ad usare il frustino, con piccoli
colpi al torace ed alle coscie della schiava che, lungi dal sottrarsi a
quella punizione, manteneva la sua posizione ed anzi, pareva offrire anche i
seni all’impatto del nero strumento.Sentì la bocca asciugarsi di colpo
quando la ragazza, con moto naturalissimo ed obbedendo, evidentemente, ad un
ordine ricevuto, si lasciò andare supina sulle coltri offrendo al suo
aguzzino le più segrete e delicate intimità. Dopo aver infierito sull’
inguine rorido con colpi che Luisa pareva “sentire” uno ad uno, il padrone
si dedicò ai capezzoli della schiava, abbandonando sul letto il piccolo
scudiscio : le prendeva i bottoncini eretti e, letteralmente, le sollevava i
seni tirando la schiava a se per poi rilasciarla. Non appena lui lasciava la
presa, ella ricadeva all’indietro. Per cento volte questo fatigante
supplizio fu ripetuto, sempre uguale e sempre diverso, sempre più doloroso,
sempre più lungo, apparentemente sempre meno sopportabile. Luisa pensava
queste cose guardando, più che la scena complessiva, il volto di lei : la
primitiva sicurezza, quel piacere iniziale si era, via via, affievolito, per
lasciare il posto a smorfie di dolore sempre più frequenti ed a
boccheggiamenti di inequivocabile natura, Capiva, Luisa, che non una parola
usciva dalla bocca della schiava, solo lamenti, segnali di preghiera,
invocazioni implicite ma non una parola ! Una parola per fermare i gesti di
quello strano amante non era uscita e non sarebbe uscita dai bianchi denti
della “puttanella”. Dunque le piaceva !Poi due corpi ansanti ed imperlati di
erotico sudore si accasciarono vicini, per qualche momento, senza, ancora,
parlarsi.In quel momento di rilassamento Luisa si sorprese a domandarsi che
cosa provassero entrambi e si diede una risposta chiara : piacere. Una
strana eccitazione si stava impadronendo di lei : decise di mettersi comoda,
inginocchiandosi sul fresco marmo rosa e bianco del suo pavimento, dopo aver
adagiato il binocolo sul davanzale ed accorgendosi, nel fare quel gesto, che
le tremavano le mani dall’eccitazione, da una eccitazione sconosciuta ma
piacevole e foriera di nuove scoperte.Anche in ginocchio poteva vedere quei
corpi vicini e sazi, mollemente distesi sui loro forti pensieri.Una mano le
corse a dischiudere i suoi rossi segreti, trovando agevole e leggera la via
al piacere.Lui sollevò il busto e Luisa corse al binocolo.La schiava, sempre
supina, rimise le mani dietro la nuca e divaricò le gambe di nuovo
offrendosi in un cerimoniale ormai consueto. L’uomo le succhiava i seni
mentre con una mano le frugava l’inguine, torturandola piacevolmente.Ogni
tanto lui smetteva tale operazione e passava e ripassava le code del
frustino sulla rorida ed aperta orchidea.Durò poco quel giuoco così
tenero.Con un balzo lui si armò di una frusta più consistente e lunga mentre
lei si pose prona, distesa ed oscenamente divaricata, sul letto.Lui si
accanì sul sedere offerto della vittima che sculettava torcendosi sulle
lenzuola ma, anche in questo caso, senza tentare in nessun modo di sottrarsi
alla punizione.L’eccitazione andava sopraffacendo Luisa che si domandava in
quale dei due ruoli le sarebbe piaciuto giuocare. Nessuna esplicita risposta
montò stavolta alla sua mente, lasciò che le sue mani decidessero per lei :
mantenendo gli occhi fissi al binocolo, iniziò a sbottonarsi l’abito. Il
leggero chemisier a fiori che indossava le facilitò il compito ; bottone
dopo bottone, con il respiro corto, aprì completamente l’abitino sul davanti
e giocherellò un poco sulla pelle dell’addome, attorno all’ombelico, una
carezza che le piaceva particolarmente.Le sue dita scesero nuovamente lungo
le coscie, indugiando sul calore che tracimava dalle mutandine ove avvertiva
un gonfiore pulsante e decisamente malizioso, per poi risalire sui fianchi e
sul ventre desiderante.Intanto la “puttanella” era stata ammanettata ai
quattro angoli del letto in ferro e, sullo sfondo delle nere lenzuola,
pareva una pallida stella marina sobbalzante sotto i colpi che segnavano di
rosse carezze la sua schiena e le sue coscie tese. I suoi capelli biondi si
agitavano , spargendosi in larghe corolle sul cuscino che ella mordeva di
tanto in tanto.Nel silenzio perfetto della notte, le mani di Luisa avevano
raggiunto il leggero reggiseno e lo avevano abbassato, in modo tale che ora
i suoi seni sporgevano nudi e sorretti dalla stoffa arrotolata sotto,
sospesi dalle bretelline tirate allo spasimo. Luisa sentiva come
estremamente piacevole la fisicità di quella tensione cui ella stessa aveva
sottoposto il suo seno e, sempre senza dividersi dal suo onnivoro binocolo,
cominciò a giocare con i capezzoli, già eretti da tempo sino a farle
male.Lui prese due grandi cuscini e li pose sotto il ventre della schiava
che, pur costretta dai suoi lucidi legamenti, si inarcò al massimo per
facilitare tale apposizione che la rendeva ancor più, se possibile, esposta
ed aperta.Lui la prese. Dopo averla domata e resa mansueta, dopo averla
stremata e fiaccata, dopo averla usata così accanitamente, lui la prese d’un
sol colpo.E mentre la prendeva, Luisa lo vedeva distintamente, egli le
mordeva il collo e le spalle, con morsi lunghi, profondi, dai quali pareva
risollevarsi con un piacere diverso da quello più propriamente fisico e
sessuale.Luisa cominciò a pizzicarsi i capezzoli, dapprima dolcemente,
godendosi lo sconosciuto brivido che il fare ciò le provocava lungo la spina
dorsale, poi più forte, con piccola violenza, fino a strapparsi un gemito
che le parve un boato in tutto quel silenzio.Le ginocchia cominciavano a
dolerle, gli occhi a bruciare per lo sforzo ma il piacere avanzava a lunghe
ondate ora che la sua eccitazione aveva innescato il più potente dei piaceri
terreni, l’immaginazione.E Luisa vide entrare, irrompere nel suo salone
buio, quel pube biondo e prepotente.Si vide legata e presa, torturata in
ogni suo anfratto e felice di esserlo, disposta a tutto, disposta ad
annullarsi ed a lasciarsi andare.Mordendosi le labbra, Luisa smise di
tormentare i capezzoli e scese di nuovo a scostare il bordo delle mutandine.
Il primo tocco sulla sua mucosa gonfia ed umida fu una scarica elettrica ;
aprì le coscie, spostò il tessuto fradicio e cremoso e cercò con il
polpastrello il clitoride.Tutto in un attimo, in una confusione che le
ottundeva i sensi e che la portò ad un orgasmo profondo che le esplose nella
testa, nel petto e nel ventre, insieme alla vittima vera, così lontana e
così vicina a lei.Dovette fare uno sforzo tremendo ed innaturale per frenare
le grida che montavano e si trovò, tra singulti ed ansiti, ad avvoltolarsi
sul pavimento in modo scomposto e piacevolmente sguaiato.Ondulò i fianchi e
si scosse finch&egrave le ultime onde di piacere non furono passate ed ogni fibra
acquietata.Quando si riebbe si trascinò, spossata come non mai, al
davanzale, constatando, senza dispiacersene, l’assenza di ogni luce sulla
facciata dirimpetto.Si lasciò andare di nuovo sul pavimento che, con il suo
fresco e continuamente rinnovato contatto sulle pelle di lei, pareva esserle
diventato amico e complice.Si lasciò andare alla nostalgia. Ad una nostalgia
strana, di avvenimenti e sensazioni che ella aveva sfiorato più volte senza
mai precipitarvi…Alla voce ed alle parole di Janus che ora, lucidamente,
risalivano la sua mente ed il suo corpo vibrante… Ora le pareva che tutto
il turbinio vissuto fuori e dentro di lei altro non fosse che il naturale
epilogo di sogni e desideri mai affiorati ma sempre ben presenti e vivi
anche se in modo inconscio. Ora le pareva di essere stata, sempre, la
schiava non usata di un padrone mai apparso nella sua vita pur essendole,
idealmente, sempre vicino .E se lo figurava, questo padrone, nelle
immaginate fattezze di Janus e… gli parlava :Ho nostalgia di te, anche se
non ti ho mai conosciuto.Ho nostalgia dei pomeriggi e delle sere fresche che
avremmo potuto trascorrere nella nostra emozione.Delle tue parole
inespresse, dei tuoi ordini mancati.Di tutta quella devozione che ti avrei
regalato se solo mi avessi chiesto di essere tua nel modo giusto.Delle tue
mani che avrei amato anche quando mi avessero inflitto dolore.Le tue mani,
con cui mi avresti tenuta ferma, con cui avresti tenuto le mie.Le mani che
avrei dovuto e voluto baciarti dopo che tu le avessi lasciate libere di
possedermi, fuori e dentro di me.Le tue mani, dolci sui miei seni, a
racchiuderli con una tenerezza che mi avrebbe fatto struggere.Le tue mani
crudeli sui miei capezzoli, a stringerli con forza.Le tue mani, bianche ed
intelligenti.Le tue mani padrone di me.Ho nostalgia della tua bocca a
cercare la mia, mai sazia.Della tua lingua arrogante che si inserisce tra le
mie labbra ed i miei denti, nella mia bocca colma dei tuoi sapori.Della tua
saliva della quale, mi pare… qui ad occhi chiusi, di poter costruirne il
sapore, la consistenza. Come l’avrei voluta su di me a lenire la mia pelle
arrossata per il tuo piacere.Sono sempre stata una schiava, la tua schiava.
Con cieco abbandono ti avrei sempre risposto “Sì…sì…sì…”, pronunciando
ogni mio “Sì” con voluttà, come tanti piccoli doni che sarei stata grata di
poterti dare….Sai, ho una confidenza da farti, semmai tu potrai ascoltare
il mio pensiero : sarei per te molto di più di quella puttanella che abbiamo
visto poc’anzi. Io preparerei, organizzerei per te tutte le tue fantasie, tu
sai che possiedo tali capacità oltre che vera intelligenza e tempo (lo
troverei…) da dedicarti. Ed anche nelle cose piccole ma così importanti
sarei sempre presente, sempre nel mio ruolo. Ora non sorridere se ti dico
che, tanto per fare un esempio, se tu esistessi, vorrei, almeno di tanto in
tanto, anche accompagnarti in bagno, inginocchiarmi e, dopo averti
sbottonato con lentezza, prendere in mano il tuo pene, dirigere il suo
fiotto caldo nel vaso con attenzione, pulirlo dall’inevitabile goccia con un
fazzoletto morbido oppure con la punta della mia lingua per poi riporlo, con
devozione, nei tuoi boxer.Sai, ti cerco da sempre anche se l’ho capito solo
ora!
(roissy@virgilio.it)

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