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Mi hai scoperta

By 22 Febbraio 2018Luglio 19th, 2020No Comments

All’inizio della storia quell’uomo che trovavo ogni mattina sulla mia strada mi metteva a disagio.
Trovarlo fermo lungo la calle, avvertire il suo sguardo fisso su di me già da lontano, passargli vicino e sentirlo sussurrare frasi provocatorie, vederlo sorridere soddisfatto del rossore che mi imporporava le guance, mi faceva sentire sporca. O forse mi sentivo così perché era quella la reazione che qualsiasi altra ragazza avrebbe avuto al mio posto.
I veri sentimenti che quelle attenzioni mi provocavano mi furono infine svelati da un sogno. Sognai di incontrarlo come al solito lungo la strada che percorrevo ogni mattina per andare in facoltà; era lì, fermo all’angolo, come sempre, e se nella realtà si era sempre fermato ad apprezzamenti coloriti, nel sogno era invece divenuto tutto d’un tratto più coraggioso: mi aveva afferrata per un braccio e spinta contro il muro, premendo col suo bacino contro di me. Io avevo reagito, tentando di liberarmi, e nella colluttazione eravamo finiti a terra, lui con la schiena contro il lastricato, io a cavalcioni su di lui. Nel sogno mi muovevo su di lui, sfregando il mio sesso celato dai leggings contro la stoffa che tratteneva a stento il suo cazzo, mi eccitavo nel sentirlo farsi duro per me, e lui se ne rendeva conto.
Risvegliatami da quel sogno dovetti fare i conti con la realtà: quell’uomo mi eccitava. La sola idea di vederlo, di sentirlo mormorare frasi spinte, accendeva un fuoco tra le mie gambe. Quell’estraneo divenne il centro di tutte le mie fantasie erotiche, tanto che mi masturbavo pensando a lui quando ero sola, e immaginavo fossero le sue mani a toccarmi, e non quelle del ragazzo che stavo frequentando.
Divenne un chiodo fisso, i nostri incontri mattutini erano il momento che aspettavo con ansia, gli passavo vicino con le ginocchia tremanti di voglia, quasi trattenevo il respiro per non perdermi nemmeno una sfumatura della sua voce bassa che mi chiamava con gli appellativi più volgari che si possano immaginare.
Quella situazione però non poteva durare in eterno: era giugno e presto avrei lasciato Venezia per godermi le mie meritate vacanze estive. Proprio pensando questo mi decisi ad agire. Una mattina trovai il coraggio di fare la prima mossa e scesi di casa decisa a dimostrare a quell’uomo che ero proprio come mi descriveva. Vestita con un leggerissimo abito nero e un completino intimo di pizzo color acquamarina, presi la strada che portava alla fermata del vaporetto, camminai pregando di trovare lo sconosciuto al solito posto… Per fortuna la strada non era lunga, e presto vidi la sua familiare sagoma appoggiata contro il muro di un palazzo.
Allungai il passo, spaventata da quello che stavo per fare e allo stesso tempo impaziente, evitai di guardarlo negli occhi mentre mi avvicinavo, e solo quando mi trovai a pochi passi da lui mi feci coraggio e mi fermai per fissarlo negli occhi. Quel gesto evidentemente dovette stupire lo sconosciuto che rimase in silenzio a fissarmi. Nonostante sentissi la bocca asciutta riuscii ad articolare poche parole: – Potrei parlarti? – chiesi indicando con un cenno del capo un arco che segnava l’ingresso ad una vietta che si affacciava sulla calle. L’uomo si guardò un attimo attorno, poi annuì, con il sorriso provocatorio di nuovo sulle labbra. Mi mise una mano sulla schiena e mi spinse delicatamente ma con decisione nella vietta che ci avrebbe offerto un minimo di privacy.
Dimmi tutto, brunetta. – mi invitò, sovrastandomi con la sua altezza, intimidendomi con quel corpo non giovane ma imponente.
Mi morsi il labbro inferiore, incapace di trovare le parole giuste, poi gli presi una mano e la posai sul mio seno, sperando che quel gesto rendesse superflua ogni spiegazione.
Così, quasi senza che me ne rendessi conto, le mani che mi accarezzavano divennero due, abbassarono imperiose lo scollo dell’abito che indossavo e la stoffa leggera, quasi impalpabile, delle coppe del reggiseno, così che lo sconosciuto potesse pizzicarmi i capezzoli. Sospirai appoggiandomi contro il muro, gettai il capo all’indietro, arrendendomi mentre lo sconosciuto mi accarezzava i seni con tanta irruenza da renderli doloranti.
– Lo sapevo. – mormorava mentre con le labbra e con i denti mordicchiava e succhiava la pelle del mio collo e delle spalle, – Ero certo che anche tu fossi una puttanella vogliosa… Lo sei, vero? –
Io riuscii solo ad annuire, troppo eccitata dalla situazione, troppo concentrata su quello che le sua mani stavano facendo. Il mio cervello si era spento, era la mia voglia a comandarmi.
– Dillo, avanti, voglio sentirti dire che sei una putanella…- mi chiese prima di leccarmi un capezzolo, – Dillo.- ordinò, per poi chiudere le labbra sul capezzolo e succhiare con forza.
– Sono una puttanella. – ammisi, mi sentivo bruciare, il calore tra le gambe mi aveva invasa, sentivo ogni muscolo tendersi alla ricerca del corpo di lui. – Sono una puttana. – ribadii, prendendo una delle sue mani e portandomela alle labbra, – Sono una troia. – aggiunsi leccandogli il palmo della mano, poi presi a succhiargli le dita, una per volta, bagnandole con la mia saliva, lasciandole scivolare sulla mia lingua.
– Sì, una bella troia. – disse allontanando le dita dalle mie labbra, lasciandomi a bocca vuota, folle di desiderio, – Scommetto che sei bagnata. – disse sollevando l’abito che indossavo e infilando la mano sotto le mie mutandine, trovando la mia fica liscia e umida. – Sì che lo sei. – esultò, infilando le dita tra le labbra della mia micetta, immergendosi nei miei umori.
– Sì, sì. – mugolai, oramai senza riuscire più a controllarmi, vogliosa solo di sentire tra le gambe qualcosa in più di quelle ruvide carezze, – Ti prego, ti prego…- ripetei, muovendo il bacino per andare incontro alla sua mano.
– Per cosa mi stai pregando, dillo cosa vuoi…- mi chiese, mentre con la mano libera scivolava lungo i miei fianchi e andava a strizzarmi le natiche sode, – Vuoi che ti riempia la fica? E’ questo che vuoi? –
– Sì, &egrave questo… Riempimi. – dissi ad alta voce, incurante del fatto che eravamo esposti alla curiosità di occhi indiscreti.
– Tutte uguali voi donne. – disse soddisfatto, infilandomi con facilità le larghe dita nella fica, muovendole in ogni direzione, mentre con il pollice mi accarezzava rude il clitoride che era oramai un bottoncino rovente, – Tutte puttane.-
– Sì, più a fondo, più forte! – lo supplicai, mentre istintivamente cercavo di farmi penetrare il più possibile a fondo dalle sue dita, – Di più, di più! – mugolai, senza sosta, fino a quando non arrivai ad uno degli orgasmi più belli che avessi mai provato, un orgasmo così forte da lasciarmi quasi istupidita.
– Brava piccola. – si complimentò lui, sfilando le dita dalla mia fica e osservandole lucide di umori, – Ora, da brava, ricambia il favore. – disse slacciandosi i pantaloni e liberando un cazzo di notevoli dimensioni che sembrava puntare verso il mio volto, – Dammi la mano. – ordinò, portandola a chiudersi attorno alla sua asta, – Muovila. – continuò, le sue dita sopra le mie, a dettarmi il ritmo della sega, – Così, brava. Non ne potevo più… Rischiavo di venirmi nei pantaloni. Dammi anche l’altra mano… Mettila qui. – disse poggiando l’altra mia mano sulle sue palle, – Accarezzami. – disse, aspettando che io ubbidissi, come una bambola privata di ogni volontà. Per stare più comoda mi inginocchiai sul selciato e presi a segarlo con foga.
– Dai che ci sono, sto per venire… Eccomi…- disse, per poi schizzare il suo seme tra le mie dita e sul mio volto.
– Non sprecarlo, troietta. – aggiunse immediatamente, prendendomi la mano e portandomela alla bocca, – Lecca. – disse mentre si rimetteva il cazzo nei pantaloni e si metteva in ordine. Io ubbidii, leccai le dita e poi raccolsi come potevo gli schizzi che mi avevano coperto il volto.
– Si è fatto tardi. – disse guardandosi attorno, – Ma ti aspetto qui domani mattina… Ti do il resto. –
Annuii, cercando di rimettere in ordine il mio vestitino, rendendomi improvvisamente conto di come dovevo apparire agli occhi di un passante, il volto stravolto dal piacere, i grossi seni nudi e arrossati e le mutandine calate che lasciavano scoperti la mia figa e il mio culetto.

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