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Racconti Erotici

Omaggio insperato

By 5 Marzo 2020Giugno 16th, 2020No Comments

Rammento ancora oggigiorno con grande entusiasmo e con incalcolabile piacere, tutte le volte che trascorrevo le vagheggiate vacanze estive nel paese natio di mia madre, sebbene siano passati numerosi decenni, nella borgata appollaiata sulle pendici del massiccio montuoso, a circa novecento metri d’altitudine, tra i grandi alberi di castagno e di nocciolo sparpagliati in ogni parte del territorio. Rievoco ancora adesso, quando rifletto intensamente con ammirazione e con ardore, nonostante sia passato ormai tanto tempo, che in quel periodo mi svagavo sollazzandomi ben volentieri senza sosta in compagnia di Belinda, una graziosa fanciulla con una folta capigliatura rossiccia che alloggiava nei pressi dell’abitazione di mia nonna. Con lei io avevo naturalmente e istintivamente intrecciato un rapporto molto speciale e impareggiabile, eravamo inseparabili, uniti e compatti, andavamo perfino in bagno insieme denudandoci uno di fronte all’altra senz’avvertire disagio né imbarazzo né turbamento e senza provare vergogna alcuna, stavamo insieme tutto il giorno e ci confidavamo tutti i segreti parlandoci e aprendoci. All’epoca io avevo diciassette anni d’età, quel delizioso idillio e quella magica armonia durò a ogni buon conto poco tempo, perché sfortunatamente, nel tempo in cui Belinda compì tredici anni d’età, padre e madre, peraltro illustri e stimati impresari del territorio quali erano, la trasferirono per farla meglio apprendere, facendole completare gli studi presso un istituto scolastico riservato, gestito in privato, tutto rigorosamente fondato e costituito solamente da liceali femmine. 

In principio, vi era stata fra me e lei, nel primo anno un’assidua e deliziosa frequente interdipendenza, uno scambio durevole di cartoline e di lettere spedite con una cadenza impressionante, tuttavia di seguito, sia i messaggi postali che le comunicazioni, erano diventate più sporadiche fino a concludersi interrompendosi del tutto. Io sapevo soltanto che lei rimaneva per tutto l’anno segregata e confinata in quella struttura, fuorché due settimane nel periodo estivo che trascorreva con i suoi genitori in Umbria. A questo punto, era passato molto tempo, io avevo compiuto ventisette anni e risiedevo da solo in un alloggio nel sobborgo di Perugia, sennonché una sera, mentre m’approntavo qualcosa da sgranocchiare, trillarono alla porta. In quel frangente aprii e mi ritrovai di fronte un’avvenente ed elegante ragazza, con i capelli biondi e lunghi fino alla schiena. In quella circostanza, lei indossava un pullover di cotone rosa e una gonna scura. All’istante ci squadrammo in viso, poiché subito dopo, lei in maniera briosa ed esultante esclamò subito senza tentennamenti né incertezze il mio nome, perché andando a colpo sicuro mi proclamò: 

“Daniele, ciao, mio caro, che bello, che meraviglia rincontrarti dopo tantissimi anni, lo sai che mi sei mancato molto” – enfatizzò lei, visibilmente animata, in maniera espressiva e gioiosa, assai felice di rivedermi e gongolante di stringermi. 

“Non posso crederci, Belinda, che regalo stupendo che m’hai fatto. Sei splendida e fiammante, sei un vero incanto della natura” – risposi io di getto, visibilmente elettrizzato e alquanto sorpreso ed estasiato per la sorpresa ricevuta. 

In quella circostanza ci stringemmo toccandoci a lungo, io però all’istante l’invitai ad accomodarsi. Belinda aveva da qualche anno terminato gli studi, al momento stava perfezionandosi nella facoltà di Scienze dell’Educazione qui a Perugia, giacché quella peculiare qualifica le sarebbe servita ben presto per imbarcarsi in un imminente viaggio di lavoro all’estero. Le m’aveva rivelato che era stata un’impresa ardua cercarmi, alquanto disagevole, industrioso e non semplice rintracciarmi, perché lei aveva investigato indagando in tutti i modi, setacciando notizie perfino dai vicini di casa e tentando d’ottenere informazioni dai conoscenti dei miei genitori, finché mia sorella si era presa in ultimo la briga di porgerle l’indirizzo facilitandole in ultimo il risultato della sua meticolosa e scomoda ricerca, in tal modo Belinda m’aveva individuato venendomi così a trovare di persona qua a Perugia, perché non voleva perdere la ghiotta e stuzzicante occasione di dare il benvenuto a un carissimo e adorato amico di vecchia data qual ero, perché io le ero rimasto alquanto ben impresso nella sua testa. 

In quella deliziosa circostanza consumammo la cena insieme come due spensierati e distesi ragazzini. Io per quello strabiliante evento, stappai due bottiglie di vino d’annata pregiato che possedevo in casa: dapprima un Grechetto di Todi bianco e in seguito un Sagrantino rosso per la speciale ed esclusiva occasione. Era davvero favoloso rivederla e piuttosto strepitoso ammirarla adesso dopo tantissimo tempo, in quanto avevamo numerose cose da spifferarci e vicende personali da snocciolarci a vicenda, tanto che dovetti stappare una terza bottiglia. Belinda frattanto, con tutto il suo carisma e la sua innata grazia divina, mi espose menzionandomi molti episodi della sua ingarbugliata situazione vissuta all’interno di quell’istituto scolastico ad appannaggio di sole liceali femmine, e in aggiunta a ciò, della severità austera e inflessibile che era stata costretta costantemente a subire, perché ultimando questo ragionamento, lestamente in modo fulmineo mi enunciò: 

“Forse ti sorprenderai Daniele, devo confessarti che fino ad ora, io non sono mai stata con un ragazzo, è la verità, credimi” – mentre mi esaminava guardandomi diritta negli occhi, con un’intonazione della voce che non ammetteva repliche e con un’impostazione intima del corpo che non concedeva obiezioni di sorta. 

In quella congiuntura, nel mio intelletto si ripresentarono affollandosi e immagazzinandosi libidinosamente all’istante, nuovamente viziosi e concupiscenti pensieri, mentre ideavo in modo incontinente e perverso rimuginando dentro me stesso: 

“Cazzo, Belinda è realmente diventata una gran pezzo di figa, è stupenda, è una femmina da scopare subito, da pigliarla là, da sbatterla sul tavolo e spassarsela al meglio. Oltre ad avere una faccia amabile, attraente e innocente, ha perfino un bel corpo tutto da ghermire e da predare. Al di sotto di quel pullover ci sono due floridi e meravigliosi seni. Le chiappe infine non sono da meno, il mio cazzo infilato là in mezzo sarebbe perfetto”. 

Io non avevo ancora terminato d’esternare mentalmente quelle lascive e sconce triviali idee che bramavo dentro me stesso, essendo in completo sovrappensiero, che Belinda in modo repentino all’istante mi dichiarò: 

“Daniele, ti faccio una proposta. Come regalo intimo, come sublime sorpresa, io desidero che tu sia il primo. Tu sei stato il mio eccellente ed esemplare compagno d’infanzia, ricordo con passione la nostra intima e perfetta fanciullezza, ti dirò che se devo dissipare l’illibatezza, dividere il candore, come lo chiamavi tu tempo addietro con qualcuno, il modo migliore è che quel qualcuno sia un raffinato, vero, pregevole e illustre amico, quella persona in poche parole sei tu. Adesso”. 

Io la squadrai soppesandola con una fraseologia inquisitoria, stentavo a credere quello che stavo udendo, Belinda in quell’istante si sollevò dall’ottomana dov’era accomodata, si collocò sulle mie ginocchia e mi baciò appassionatamente, allungando alla fine la mano verso la patta dei miei jeans. La sua fragranza era euforizzante, il suo buon odore era rapente e conquistante, giacché subissò le mie narici riempiendole, intanto che il mio cazzo s’ingrossava al suo contatto. Belinda mi sfilò la camicia baciandomi frattanto l’addome, successivamente si genuflesse dinanzi a me, sbottonò i jeans ed estrasse il mio cazzo. Io la osservavo indiscutibilmente incredulo e sbalordito, però all’istante lei mi proferì in maniera stravagante e bizzarra annunciandomi di getto: 

“Daniele, sappi che, io ero dentro un istituto scolastico, non mi trovavo all’interno d’un monastero né dentro una comunità religiosa. Bada bene che, io assieme alle mie fameliche e vogliose compagne di corso, avevamo imparato come dilettarci a vicenda, su come intrattenere e distrarre in modo adeguato un uomo, solamente che, ahimè, non avevamo nessuno con cui fare pratica, perché là dentro non c’era la materia prima adeguata, mi capisci vero?” – facendomi l’occhiolino, con una voglia cupida e smisurata addosso, di sperimentare al più presto tutto quello che aveva ingordamente e scostumatamente assimilato e appreso. 

In un guizzo Belinda iniziò a lambirmi il cazzo voglioso e fremente, con una deliziosa accortezza cominciò a schiudermi il prepuzio, per poi mettersi in azione, agendo con maestria con la lingua nei dintorni del glande. Lei indugiava là saggiandone la morbidezza, intrattenendosi volutamente, in seguito si muoveva rapida per infoiarmi ulteriormente. Vicendevolmente mi massaggiava i testicoli e nel contempo risaliva e discendeva lungo il cazzo, abbassando e alzando il prepuzio. Si trastullava con il mio cazzo, così come eseguirebbe una fanciulla con il suo bambolotto preferito, perché mi farciva il cazzo di sapienti carezze, avvolgendomelo per verificarne la compattezza. Con destrezza cominciò a leccarmelo, iniziando dalla base fino alla punta del glande, lì si trattenne di proposito soffermandosi intorno e insistendo con la punta dura della lingua, picchiettando sul frenulo, mentre mi guardava di tanto in tanto negli occhi. Io non capivo più nulla, non mi pareva vero, Belinda intuì alla svelta il mio stato smanioso e anelante d’eccitazione e perciò insistette, perché si spostò in corrispondenza del punto più sensibile, facendomi provare un piacere immenso, facendomi sragionare per il godimento che provavo. Il mio cazzo fremeva guizzando oltremodo, mentre Belinda se ne occupava ammodo e con garbo, perché rammento molto bene che era un’intenditrice di prim’ordine, possedeva un’abile bravura, una valente e inedita perizia, nondimeno fuori dal comune nell’eseguire il rapporto orale. 

Belinda in seguito appoggiò la sua bocca sulla punta, la dischiuse, facendo penetrare a rilento il glande. Le sue labbra polpute scivolavano sulla pelle già lubrificata, mentre la sua lingua si muoveva turbinosamente bramando di gustarsi quel cazzo il più possibile. Il mio intimo appagamento era insopprimibile, irrefrenabile, stavo farneticando, la mia schiena s’incurvò, captai che stavo gustosamente per sborrare, giacché i miei sregolati sussulti accrebbero e con essi finanche il ritmo libidinoso di Belinda, che assorbì ingordamente all’istante il mio denso e lattescente seme, che sensualmente colava nel mentre nella sua bocca. 

In quel momento ci squadrammo per qualche istante, io mi sollevai, la brandii per mano portandola in camera, dopo la feci distendere sul talamo e mi disposi sopra il suo corpo. Le sfilai il pullover e inizia a baciarle le tette. Io la leccavo, la riempivo di baci, digradai verso il pube e calai la chiusura lampo della gonna, gliela levai e risalii leccandola fino a giungere alla zona dell’inguine, dove rimuovendo lievemente le mutandine, la penetrai un istante introducendole la lingua nella sua villosissima fica. Dopo cominciai a leccare quell’odorosa fenditura, intromettendomi maggiormente a fondo. 

Belinda principiava a frignare, gemeva per il piacere inatteso provato, mentre il mio cazzo s’induriva nuovamente, in quel frangente stabilii di penetrarla. Io impostai un ritmo flebile, però fu lei stessa ad esortarmi d’imprimere più vigore negli affondi, sicché spinsi con maggiore veemenza, intanto che le paleggiavo le tette. Lei strillava implorandomi di proseguire, io disciplinavo quello svago a modo mio penetrandola in modo diverso, per farle collaudare difformi e lussuriosi stupori. Io stavo pure stavolta per sborrare fin troppo rapidamente, ma per lei l’apice finale era ancora distante, allora uscii da lei e iniziai a stimolarle pigramente il clitoride. 

Successivamente iniziai a degustarmi la naturale sapidità dei suoi abbondanti fluidi, mentre Belinda m’afferrava per la testa imprimendomi leggere spinte. Quando mi sollevai per conficcarle di nuovo il cazzo, in modo inatteso voltandosi didietro e mostrandomi le chiappe formose e toniche, Belinda in modo inaspettato mi proclamò: 

“Non vedo l’ora di provare Daniele, voglio che tu me lo infili adagio nel culo, lo voglio prendere da dietro, tutte le mie amiche ne parlano, sono davvero curiosa e intrigata di provare” – mi espose Belinda, testualmente infoiata, manifestamente aizzata e piacevolmente carica come non mai, di voler viziosamente sperimentare quell’innovativa e inedita prestazione. 

Io m’inginocchiai dietro, m’applicai la vaselina sul cazzo, gliela cosparsi pure a lei spingendo con docilità e penetrandola a rilento, gradualmente, mentre perdevo omogeneità per quello che stavo vivendo, perché giammai avrei supposto né ponderato di compiere una lussuriosa stravaganza e un atto talmente sfrenato e carnale con Belinda. Io le lasciavo carta bianca, caldeggiavo e sostenevo con delicatezza i suoi movimenti, favorendola nelle spinte, raccomandandola e incoraggiandola nell’atto, finché dopo pochi affondi Belinda venne, strepitando il suo fragoroso quanto sensazionale e travolgente orgasmo. Io l’avevo violata nell’orifizio anale, avevo profanato il suo pertugio, lei era rimasta elettrizzata e appagata per quell’inedita esperienza. Con lentezza provammo e collaudammo diverse posture, Belinda era raggiante e godeva all’inverosimile, finché dopo numerose posizioni riprendemmo a esplorare il canale primario, quello della sua deliziosa fica. Adesso la sua villosissima fica, peraltro molto intrisa, accolse il mio cazzo ospitandolo come un re, che bramava di prorompere dentro di lei, sfogando tutta la sua intima e densa bianca farcitura. Io premevo con forza, calcavo con prestanza, mentre le mie mani blandivano le sue chiappe morbide e fatate. Belinda teneva strette con robustezza le lenzuola del talamo, talvolta si muoveva segnalandomi la sua faccia rossastra per l’eccitazione, chiaramente corrugata dalla potenza della dissolutezza e dalla prestanza della brama. I suoi libidinosi strepiti scortavano nel contempo i miei poderosi e licenziosi affondi, mentre la sua deliziosa e villosissima fica si contraeva attorno al mio cazzo, che s’ingrandiva inondandola in ultimo con gli spruzzi del mio denso e abbondante sperma. 

Concluso tutto ci addormentammo discinti e amorevolmente abbracciati. La sera successiva Belinda mi rivelò che doveva partire per la Svezia, precisamente per Möldnal nei pressi di Göteborg, dove le avevano proposto un influente e notevole incarico riguardante quella qualifica che aveva quasi ultimato, esprimendomi riconoscenza perché ero stato il suo encomiabile, lodevole e meritorio eccellente amico di sempre. 

Infine ci avvinghiammo stretti e io la baciai con trasporto. Durante il tempo in cui la stringevo a me il mio cazzo avido, famelico e impertinente si rigonfiò ribellandosi di nuovo. In quel mentre le sollevai la gonna, estrassi il cazzo e la penetrai nuovamente là in piedi sulla mensola della specchiera. Lei indietreggiò fino alla parete, dove godemmo strepitando i nostri lussuriosi, sfrenati e scostumati sensi per l’ultima volta. In seguito Belinda si riassettò, ci salutammo, uscì e scomparve. 

Da quel giorno non la rividi mai più, non seppi più niente di lei né ottenni ragguagli né acquisii più informazioni né notizie personali sul suo conto, per il fatto che Belinda sparì rendendosi irreperibile. 

Ancora oggi, appena ci rifletto, ripenso diligentemente angustiato a quell’occasione della vita che mi si è parata dinanzi, all’agognata, voluta e reclamata presenza di Belinda, giacché lei stessa avendomi bramato, cercato e inseguito a tutti i costi per lungo tempo, era forse il segnale chiaro e lampante che mi era apparso davanti che avrei dovuto abbrancare, indubbiamente in maniera distinta ed eloquente, in quanto avrei dovuto avvalermi di quella ghiotta, unica e irripetibile opportunità, magari seguendola. 

Questo rammarico, che attualmente mi porto appresso, è il cruccio, il dolore e finanche l’amarezza per aver perduto forse un sogno, ma nient’altro. Non ho perso nulla, ma proprio nulla. L’amore non è una piuma che il vento porta via, l’amore, quello vero, non evapora né svanisce nel nulla né si costruisce a comando. Ebbene sì, poteva esserci innegabilmente un’attrazione, una lusinga, questo sì, tuttavia l’amore secondo me non si volatilizza né si spegne, neppure con i pompieri. 

Pondero e vaglio al presente, che non ho perso l’amore, ma solamente agendo d’impulso una splendida e attraente ragazza che in verità mi piaceva, tuttavia allorquando l’amore mi travolgerà, di certo me ne accorgerò eccome, perché non ci sarà gioia e beatitudine più grande che potrò provare. 

Il mio adorato e compianto nonno paterno sovente mi diceva: “Daniele caro, ascolta, il sesso non vuole pensieri, perché se non ti senti libero dai pensieri negativi e dalle preoccupazioni il sesso ottimale e l’amore buono scappano via. Sii felice e radioso d’essere libero, di poter incontrare la ragazza che ti vorrà veramente bene. Le sofferenze d’amore anche quell’illusorio (io ne ho passate tante, credimi) sono sempre una ricchezza, temprano l’animo e lo risvegliano corroborandolo dal torpore. Sii felice e fausto anche nell’infelicità, vivi pienamente la tua vita che è, e sarà il dono più bello che ti sia stato fatto. Se riesci ad accettarla, questa sofferenza, senz’opporti, vedrai che essa cambierà, passerà e si trasformerà in forza interiore. Non è facile, ma vedo che tu hai tutte le risorse e le qualità necessarie per poter superare questa crisi. Fidati, ci sono migliaia d’opportunità là di fuori, vattene a prendere qualcuna che ti spetta di diritto, garantito”. 

In modo nitido, svisceratamente e in maniera contingente, attuale e corrente, oggi più che mai, mi ritornano in mente altresì le definizioni, di quando studiavo dello psicologo e psicoanalista tedesco Erich Fromm estratte (da L’arte di amare), una delle sue opere più significative, dove lui stesso descrive le diverse tipologie d’amore, mostrando come tale sentimento costituisca in realtà una vera e propria arte, in quanto tale emozione necessita di disciplina, di concentrazione, di pazienza, di supremo interesse e d’umiltà, dove peraltro si menziona: 

“L’amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L’amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo”. 

Probabilmente quella vicenda vissuta, sarebbe stata per me l’infornata giusta, l’ammasso d’amore che m’attendeva, la sorte che mi faceva una proposta allettante, la buona ventura che mi spronava inducendomi d’agire, indubitabilmente io non sono stato in grado d’approfittarmene né di servirmene né di sfruttare la situazione a mio vantaggio in modo adatto, consono e idoneo. Chi può dirlo, chissà, come sarebbe in ultimo finita veramente? 

{Idraulico anno 1999} 

 

 

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