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Racconti Erotici

PAGINA D’ UN DIARIO MAI SCRITTO

By 16 Ottobre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi sono detto: ‘Vada come vada, tanto che cosa perdo?’ Così ho fatto in modo che le mia finta lettera cadesse sotto i tuoi occhi e diventasse una vera. Non so se i miei sotterfugi sono andati a buon fine, nessun indizio di riscontro. Poi ieri sera mi hanno detto di venire da te per prendere alcuni libri ed ora sono qui a casa tua. Sono entrato pensando di trovare altri tuoi familiari, invece ci sei tu sola. Sopra un paio di ciabattine casalinghe sui piedi nudi, indossi una tuta grigia (grigio perla si sarebbe detto una volta) larga quel tanto che basta per nascondere i segni degli indumenti sottostanti senza castigare le curve e le sporgenze dei tuoi fianchi ed una camicia pesante di foggia maschile che ti arriva poco più giù della vita. Mi ha sempre eccitato la sensualità e la femminilità delle donne che sanno essere ‘naturalmente’, ma non so quanto inconsciamente, provocanti senza essere sexy. Cancello la voglia di abbracciarti assieme al brivido sensuale della tua mano che sfiora leggermente la mia. Mi sento come un marito arrapato che torna a casa dopo avere per tutto il giorno pensato pieno di desideri osceni alla moglie, ma resiste per saggiarne prima l’umore. Vorrei che tu mi baciassi e ti facessi baciare, ma so già che non lo farai.
I testi in questione sono seminascosti a prendere polvere sopra un mobile e tu ti devi rizzare in punta di piedi per raggiungerli sulla sedia sulla quale sei salita. ‘Ho paura di cadere’ mi dici ‘stammi dietro” Non oso reggerti con le mani, ma tu, ogni volta che mi porgi un volume, ti appoggi a me e per scendere ti sostieni con entrambe le mani alle mie spalle. ‘Andiamo a lavarci le mani” Il bagno è il luogo più riservato di una casa, quello in cui avvengono le operazioni più intime e dove trovano quasi sempre sfogo pensieri e desideri segreti. Entrarci con te equivale a concedermi di immaginarti nuda e discinta e noi siamo lì che ci laviamo le mani praticamente insieme.
Siamo seduti in cucina a guardare se i libri servono effettivamente per lo scopo previsto. Pare proprio di sì ed a me scappa qualche battuta sarcastica sul perché del loro uso. Ridi, sento sotto il tavolo la tua mano sulla mia coscia; un attimo e poi si sposta sfiorando distratta e leggera il mio inguine quasi a tastare senza parere la consistenza del mio sesso. Mi alzo per andarmene, non ho altra ragione per rimanere anche se quella mano pare dire che hai letto ciò che volevo leggessi. Sono ormai vicino alla porta quando improvvisa mi fermi: ‘Ho un cosa da farti vedere, vieni” e mi porti nella stanza dove dormi. Quasi una stanza d’albergo: un letto abbastanza ampio, una scrivania, una poltroncina, un armadio, semplice e pulita con qualche traccia adolescenziale. Ti levi tuta e camicia: ecco quello che volevi farmi vedere, te stessa. Le tue gambe sono affusolate e snelle sotto le rotondità prosperose e tondeggianti del tuo culo. Me lo mostri girandoti per posare sulla poltroncina quanto ti sei tolta. Poi ti avvicini, il tuo seno abbondante che sporge e si gonfia tra le spalline del tuo bustino nero, le mutandine, si è vero, dello stesso colore che ti lasciano scoperto l’ombelico ed hanno una leziosa farfallina proprio sotto di esso.
Mi sono sempre sentito ridicolo e goffo nello spogliarmi davanti ad una donna, ma non è il momento di fisime. Scalcio per togliermi le scarpe e con due mosse veloci mi libero dei vestiti sopra e sotto la vita. Di fronte, cerco di alzarti il capo che hai chino per baciarti la fronte , le guance, la punta del naso ed infine la bocca, una serie di piccole umide carezze iniziali. Però tu resisti e t’inginocchi davanti al mio membro, lo raccogli con le due mani, lo prendi tra le labbra ingoiandolo fin dove riesci senza soffocarti. Ti slaccio e ti tolgo quella corazza di pizzi che fascia il tuo petto per godere anche dello sfregamento dei tuoi seni sulla mia pelle libidosamente ipersensibile. Sento l’orgasmo impossessarsi del mio cazzo, ‘Non ancora” ti dico e mano nella mano andiamo a buttarci sul letto. Aiuto i tuoi capezzoli a diventare i due piccoli obelischi dell’immaginario che ho messo per scritto, scendo ti lecco l’ombelico mentre tu con un guizzo ti strappi via gli slip. Il tuo pube è un triangolare ben curato praticello all’inglese, una pelliccetta di un indefinibile castano chiaro: sa di pulito e di donna. Ti stringo forte, la tua schiena premuta sul mio petto, mentre le mie dita, cercando di non perdere la delicatezza del tatto, ti massaggiano la fessura sempre più umida, la allargano e quando gli umori permettono un facile accesso la penetrano. Mi masturbo tra le tue gambe aperte perché il mio membro ti dia il massimo piacere prima di entrare in te. Le mani sulle mie natiche mi dai il ritmo stringendo e mollando. Il tuo orgasmo viene e si prolunga, la tua figa fagocita il mio cazzo. Alla fine mi spingi via da sopra di te e sali tu sopra di me impalandoti. Ti muovi scomposta, le tue tette che ballonzolano e che io afferro per succhiare e mordere. Sospiri in un secondo silenzioso orgasmo mentre io resisto perché voglio anche il tuo culo. Ho il mio pendaglio non ancora soddisfatto infilato tra le tue chiappe che tenta di forzare il buco, mi lasci fare, ma quando senti che sto per infilarmi nella tua caverna d’Aladino i scosti e come alternativa me lo succhi a fondo stringendomi lo scroto con le mani facendomi venire in bocca senza per questo smettere e prolungando l’orgasmo della mia sorgente di sperma ormai esaurita fino a quando non resisto più e mi sgancio io stesso. Il seguito è come riavvolgere la pellicola di un film giunto alla fine.
La prima parte era quasi del tutto vera, la seconda è quasi del tutto inventata.

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