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QUINDICI MINUTI

By 14 Ottobre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

QUINDICI MINUTI

Le otto di mattina. Il solito freddo da pazzi.
Siamo in molti ad aspettare su questa banchina ferroviaria di sassi bianchi e rugginosi : a sinistra la gente va aumentando lungo il binario, a destra solo erba brinata, scambi, una città persa nella nebbia.
Il treno, l’ultima porta dell’ultima carrozza, salgo, lo zaino in spalla, il giaccone bagnato di ghiaccio.
Sei salita anche tu.
Anche tu in questa ultima carrozza di un treno di pendolari in un paesaggio ghiacciato nella foschia del primo mattino.
Sei salita anche tu.
Il treno parte, accelera, corre nella pianura di guazza e brina e nebbia, non si fermerà fino all’arrivo.
Ci sono un paio di tizi qui che parlano dei fatti loro, io solo ti sto guardando intensamente.
Perchè sei bella, e affascinante.
Gli occhi neri, come i capelli un po’ mossi, le belle gambe risaltate da una gonna corta ed elegante, le labbra profilate di rossetto.
Un corpo perfetto.
Lo sguardo un po’ triste.
Mi piacerebbe averlo solo per me quello sguardo, e vorrei che restasse velato di melanconia.
Sarebbe bello, avendo qualche anno in più.
Verrei a prenderti con una bella macchina, di quelle che i ragazzini si girano ammirati… ma poi sarebbero abbagliati solo da te, dalla tua bellezza triste e perfetta… e ti porterei sul lago.
Prenderemmo un traghetto e resterei a guardare i tuoi bellissimi occhi tristi riflettersi nelle acque grigie e lucenti del riverbero delle onde.
Resteremmo a goderci l’aria fresca.
E il tuo profumo mi giungerebbe dolce e intenso.
Cammineremmo per le stradine d’un paesetto ricco di storia e di aromi, abbarbicato sulle sponde…
Quante cose avremmo da dirci.
Saresti bellissima; sarei felice.
Sarei felice d’averti con me, e il tuo fascino un po’ cupo e delizioso.
Saprei volerti bene.
La sera ci coglierebbe davanti a un camino acceso: le fiamme che brillano sulle coppe di vino rosso vecchio e nei tuoi occhi maliziosi e dolci e tristi.
Ti abbraccerei e pian piano le tue bellissime labbra rosse si schiuderebbero come orchidea all’alba.
Una pioggia calda di baci ci porterebbe via dal mondo.
E piano ti prenderei, il tuo piacere salirebbe lento, vedrei il tuo sguardo virare dal triste alla passione.
I tuoi occhi monachelle di fiamma nera.
Nella spessa coltre di foschia azzurra del mio piacere ti sentirei finalmente venire con un urlo strozzato divorando l’aria.
E ancora la pioggia di baci ci condurrebbe via.
Ma tutto questo non te lo posso dire, non lo saprai mai, e forse nemmeno lo capiresti.
Ma io penserò a te tutto il giorno ringraziandoti per questo bellissimo quarto d’ora.
Le porte si aprono, la gente comincia a scendere e si accalca nella fretta d’essere ingoiata dalla nebbia fredda che c’è là fuori.
Scendo, scendi anche tu.
Usciamo quasi insieme, mi urti inavvertitamente; mi giro; ti giri.
I miei occhi incontrano il tuo bellissimo sguardo triste e… stupito.
Stupito io stesso di quello che ti sto dicendo con gli occhi e col pensiero.
Per una frazione eterna d’istante mi fissi, noi due soli sulla banchina di questa stazione piena di gente che ci evita di corsa.
Mi fissi ed è come se avessi toccato la tunica: capisci tutto in un vibrar di secondo.
Capisci tutto, tutto quello che ti direi, tutto quello che ti farei.
Vedi… e credi.
-Scusami-
Mi dici.
-niente, non ti preoccupare-
Fai due passi indietro sempre con gli occhi su di me, le labbra di rossetto un poco dischiuse, forse un po’ umide, la gola secca inghiottendo aria.
Ti giri. E fuggi nella nebbia con le tue gambe stupende.

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