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Racconti Erotici

Sabrina – Vecchi racconti di ErosItalia

By 16 Giugno 2022No Comments

Stefano era un giovane uomo d’affari sulla quarantina. Sabrina, una mora assai bella e disponibile, la sua segretaria. Proprio grazie alla sua disponibilità aveva ottenuto quel posto: erano già due settimane da quando, dopo un colloquio non molto brillante, s’era prontamente tolta la giacca del tailleur e accovacciata fra le gambe di Stefano glielo aveva succhiato, senza neanche il preservativo, da vera troia in calore. Del resto gli uomini ricchi e potenti l’avevano sempre eccitata. Non si può neanche dire che lo facesse per puro interesse: le piaceva davvero farsi scopare da chi la faceva sentire sottomessa. Da quel giorno Stefano era stato troppo preso dal lavoro per avere il tempo di spassarsela con lei. Era in città un ricco americano, Mr. Jones, che possedeva delle azioni di una società che Stefano voleva assolutamente comprare. Dopo un colloquio telefonico non molto incoraggiante Stefano pensò che l’ultima carta che aveva da giocare era proprio Sabrina. La istruì per bene sull’affare da trattare e le ordinò di usare tutte le armi pur di convincere Mr. Jones, altrimenti quel posto poteva scordarselo. L’americano alloggiava in una suite all’Hotel Excelsior. Sabrina si presentò verso le cinque del pomeriggio. Le aprì la porta un giovane collaboratore di Mr. Jones, un giovanottone biondo e aitante, che la introdusse nello studio del suo capo. Questi era stravaccato dietro la scrivania, le scarpe sul tavolo all’uso americano. Sabrina, “Camicetta di seta sotto la quale si intravedeva un minuscolo top, minigonna nera, calze attillate e scarpe col tacco” prese posto davanti a lui. Cominciò a parlargli della questione così come Stefano le aveva detto. Mr. Jones la lasciava parlare incuriosito più che altro di vedere fin dove la ragazza si sarebbe spinta. Quando Sabrina ebbe finito di parlare l’americano le disse semplicemente che l’affare non gli interessava e che il colloquio poteva considerarsi concluso. Sabrina allora gettò via la camicetta, salì sul tavolo e cominciò a sbottonare la camicia di Mr. Jones. Arrivata alla fine dei bottoni, gli passò una mano sulla patta e sentì che sotto il cazzo era già abbastanza duro. “Datti da fare, troia!” le disse lui, tirando giù la lampo e premendole il viso verso il suo membro. Sabrina era piegata in due sul bordo della scrivania, Mr. Jones continuava a premerle il cazzo in gola e a gratificarla d’insulti. Le venne in bocca con una grandiosa sborrata e gliela fece ingoiare fino all’ultima goccia, quindi la fece scendere dal tavolo e mettere in ginocchio davanti a lui in modo da darle una bella lucidata alla faccia. Quand’ebbe finito, prima che lei avesse il tempo di dire qualunque cosa, le ordinò di andare in bagno a sciacquarsi. Uscendo dal bagno Sabrina trovò Mr. Jones comodamente seduto in poltrona e il suo segretario nudo in mezzo alla stanza. “Non penserai di cavartela con così poco?” le disse l’uomo d’affari “Spogliati e datti da fare anche con lui!” Nuda, si inginocchiò davanti al giovane biondo e cominciò prima a leccargli le palle e poi a succhiargli il cazzo, sempre più forte e con maggiore piacere. Ormai era completamente affascinata da questi uomini tanto potenti da piegarla alle loro voglie in cambio di nulla. Quando il giovane ebbe voglia di penetrarla le staccò il cazzo dalla bocca e le fece cenno di dirigersi verso il divano. Sabrina fece per alzarsi, ma premendole un piede sulla schiena l’uomo le disse che doveva arrivarci strisciando. Quando ci furono, la prese da dietro e la scopò fino a venirle dentro. Ora che entrambi si erano divertiti Mr. Jones le ordinò di prendere i suoi vestiti e andarsene. “E per quell’affare?” provò a dire lei. “L’affare l’abbiamo fatto noi scopandoci gratis una gran troia come te” rispose l’americano. Sicura che stando così le cose avrebbe perso il lavoro, tornò a inginocchiarsi ai piedi di Mr. Jones pregandolo di tenerla con lui. Sarebbe stata la sua puttana e di tutti quelli con cui l’avrebbe mandata. “D’accordo, ma ricordati che con me ogni sgarro si paga caro”, quindi disse al segretario di andare a parlare col direttore dell’albergo: il conto lo avrebbero fatto pagare a lei. A colpi di cazzo, naturalmente.

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