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Racconti Erotici

SOLEIL DE PARIS 14

By 19 Maggio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Non sembrava un mattino come tutti gli altri. Dopo la neve, sul borgo era sceso il silenzio, freddo, dell’inverno.
Qualche fringuello si posava sulle guglie deserte e, a tratti, faceva sentire il suo verso. Gli abitanti del villaggio si affrettavano a rientrare in casa, chini sotto il peso delle gerle, colme della legna che avevano raccolto nel bosco.
Un sole pallido fece capolino tra le nubi e parve indorare la vecchia chiesa gotica, avvolta dai rovi.
All’Accademia degli Orfanelli ci sarebbe stata grande festa, di lì a pochi giorni. Tutti i preparativi erano già terminati.
Da ognuna delle imposte un po’ sbilenche pendeva il tricolore di Francia, dai bei colori vivaci: blu, bianco e rosso.
Sotto ciascuna di quelle bandiere, avevano posto dei gran drappi rosa, decorati con fiocchi azzurri.
Anche la scalinata era cambiata. Infatti, vi erano stati collocati degli angeli musicanti, scolpiti nella roccia’ Alcuni suonavano l’arpa, altri, il violino, altri ancora, la tromba o la cornamusa.
Le loro ali candide già si erano ricoperte di ricami di gelo, che, goccia dopo goccia, si scioglievano sotto i raggi del sole d’inverno, trasformandosi nel pianto degli innocenti.
La Rossa apparve sulla soglia.
Prese a scendere pian piano quei gradini. Il vento aveva spalancato il suo mantello e, ad ogni passo, ella mostrava il suo piedino ben fatto e la caviglia nuda, ornata con una catenella d’oro.
Mi parve così romantica, tra quelle figure angeliche, che parevano suonare una serenata per lei!
Ed ecco arrivare, quasi all’improvviso, il bel giocoliere, che portava una giubba a pois, dei pantaloni ricoperti di toppe gialle, rosse e verdi, una bombetta azzurra sul capo e teneva un mazzo di margherite finte in mano.
Non appena vide la sua amata, gli sfuggì un grido di ammirazione e le corse incontro a braccia aperte, lasciando cadere per terra i fiori che le aveva portato in dono.
Riuscì appena a balbettare la parola ‘amore’.
Quando si accorse di lui, la meravigliosa sorrise allegramente.
Il bravo giocoliere volle improvvisare un numero per la sua amata, con alcune biglie che teneva in tasca. Già, dimenticavo di dirvi che non andava mai in giro senza gli strumenti del suo mestiere!
– Uh, ma che bravo!
Questo gli sussurrò l’innamorata.
Poco dopo, un uscio riposto si spalancò e da esso uscirono più di cento orfanelli festanti, che riempirono il silenzio con il loro chiasso. Quante voci innocenti e liete! Evviva! Evviva!
Tutti portavano la divisa e il fiocchetto.
Circondati da quei fanciulli, che facevano a girotondo intono a loro, i due amanti si guardarono negli occhi e si salutarono con un abbraccio affettuoso.
– Dimmi, caro, perché non ti sei messo il cappotto? Non senti che freddo fa oggi? ‘ gli chiese la Rossa, accarezzandogli la bombetta.
– Beh’ – farfugliò l’altro, facendole un inchino. ‘ La metterò’ La metterò domani’ Domani!
– Stai attento, ti buscherai un malanno e io non voglio che succeda! Desidero che tu stia sempre bene’ Uh, ma che pantaloni tutti rattoppati che hai! Uno di questi giorni ti porterò con me a comperarne dei nuovi! Ti regalerò anche una sciarpa, così non avrai più freddo’
– Gra’ Gra’ Grazie!
– Oh, figurati, tesoruccio! Ma vieni qui, che la tua amica ti da un bel bacio con lo schiocco su tutte e due le guance e ti riscalda tra le sue braccia! Tu però mi devi obbedire, sì, mi darai ascolto, non &egrave vero?
– Sì, sì! Ma’ Mamma’
– Non mi dispiace che mi chiami così! In fondo, vorrei esserlo, anche se sai bene che non lo sono e ti amo appassionatamente! Oh, sì, io ti proteggerò, ti accudirò, ma sarò anche la tua brava amante!
– Abbiamo gli’ Gli stessi anni! Ci amiamo’ Amiamo! Hai vi’ Visto? Ti ho portato le’ Margherite!
– Uh, sciocchino! Non dovevi! Ma dovevi stare più attento: il vento te le ha strappate di mano e adesso giacciono nella neve!
– Scusa’ Scusa!
– Senti, tu lo faresti un favore alla tua bella? Se mi darai ascolto, ti farò un regalo!
– Un regalo? Accipicchia!
– No, non guardarmi con quegli occhioni stralunati! Mi prometti che farai tutto quello che ti dico?
– Sì, sì! Evviva!
– Tu dovrai prendere il violino che io ti darò’ Lo porterai con te, nell’Ostello degli Artisti, lo metterai nel tuo baule, che poi chiuderai a chiave. Però non dirai mai a nessuno che lo custodisci! Piuttosto, ti morderai la lingua dieci volte! Promesso?
– Come’ Come vuoi!
– Io suonerò con un altro strumento, in questi giorni’ Ho tanta paura, sai?
– Davvero?
Gli orfanelli giocavano ancora intorno ai due amanti, alcuni si divertivano a tirare il mantello della Rossa, che non si arrabbiava mai e li salutava con un cenno della mano.
– Birbanti! ‘ gridava loro.
Poi, la violinista e il giocoliere entrarono nell’Accademia, perché lei doveva dargli qualcosa da custodire gelosamente.
Una sorta di fantasma vestito di nero vagava per i viottoli del villaggio, mentre una campana suonava a morto.
Dicevano che avesse parlato con tutte le vedove.
Mentre osservavo quella creatura che camminava sulla neve, avevo l’impressione che non lasciasse impronte.
Era la Mercantessa.
La riconobbi dai lunghi capelli biondi, che spuntavano appena dal suo cappuccio. Alla cintola teneva appeso un sacchetto, che doveva contenere molte monete d’oro.
Entrò in una stamberga solitaria. Quando ne uscì, non aveva più con sé quel misterioso fagotto.
– Ah, Rossa! ‘ mormorò. ‘ Presto sarai di nuovo mia!
Negli occhi suoi già brillavano le immagini di un accoppiamento bollente, tra due donne che desideravano soltanto il piacere affettuoso.
Si baciavano sulle labbra e si toccavano reciprocamente. I movimenti dei loro corpi si sarebbero potuti dire assillanti, quelle gambe nude non smettevano mai di sfiorarsi, intrecciarsi, colpirsi. Un piede lambiva una spalla, glabra e bianca, una bocca semiaperta gli si avvicinava, lo inghiottiva e quasi lo morsicava.
La violinista era quella che soffriva di più. Rideva e piangeva per il godimento.
Tre volti mascherati si aggiravano per il borgo, nella notte. Portavano il fucile in spalla e parlavano in una lingua sconosciuta. Una vedova aveva visto un gufo’ Il vento non smetteva di ululare.
S’udiva anche il fischio di un treno, lontano, che partiva.

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