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Racconti Erotici

SOLEIL DE PARIS 19

By 24 Maggio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Era la stagione delle nebbie. Avvolgevano ogni cosa. Di tanto in tanto, lungo la ferrovia lontana, si vedeva passare un treno a vapore, che spandeva tutt’intorno il suo fumo bigio e faceva sentire il suo fischio. Poi, svaniva, in una galleria, o dietro le montagne.
Le vecchie uscivano di casa all’alba, portando sulle spalle dei sacchi pieni di cenere, che andavano a svuotare nel bosco.
I fanciulli si spaventavano facilmente. Non s’udivano più le loro grida allegre, né li sorprendevate facilmente a giocare a palle di neve. Avevano smesso di cantare e di fischiettare. Passavano frettolosi attraverso i viottoli del borgo, le mani in tasca, il capo chino.
Era una stagione morta, in cui, per farli stare buoni, le madri raccontavano loro storie di mostri minacciosi, che abitavano le brume e portavano i malvagi via con sé.
Al mattino, lungo la strada alzaia, che costeggiava il torrente, si vedevano passare i buoi, che, non di rado, facevano sentire il loro verso. Li accompagnavano i contadini, che portavano sul capo dei cappellacci neri e facevano sibilare nell’aria delle lunghe fruste. Alcuni imprecavano con cattiveria. Uomini e animali si muovevano nelle nebbie, come figure cupe, di fantasmi.
S’udiva sovente il rumore delle scuri, che spaccavano la legna. Una volta, sul far della sera, dei ragazzacci si erano radunati davanti ad una casa diroccata e facevano schiamazzi. Quanti scherzi! Quante ingiurie! Quante bestemmie! La caligine diveniva a poco a poco sempre più fitta, man mano calavano le tenebre. Ad un tratto, si aprì un uscio sconnesso ed uscì un vecchio, dal corpo avvolto in fasce nere e con la testa tutta bendata. Sul capo portava una berretta da notte che aveva un campanello sulla punta e in mano teneva una lanterna accesa. La bruma lo avvolse come un mantello, mentre urlava a squarciagola e correva verso i mascalzoni, che fuggirono a gambe levate.
Che visione!
Il gabelliere non era stato ucciso’ La Rossa lo sapeva; una delle vedove del villaggio le aveva raccontato la tragica avventura del suo amico. Lei era rimasta ad ascoltare quella voce con le lacrime agli occhi’
Ricordo che la bella violinista passeggiava tutta sola, avvolta nel suo immenso manto, lungo un viale sassoso, costeggiato da faggi, che conduceva nel bosco. Le parve di udire il verso delle upupe, perduto in mezzo alle brume, che avvolgevano cupe le numerose croci di Lorena, piantate dagli abitanti del borgo nella nuda terra, in occasione di una festa tradizionale.
Erano alte, tutte di legno. Vi erano inchiodati dei fantocci di paglia, vestiti di cenci’ Li avevano fatti con la lingua lunga, che pendeva dalla bocca spalancata; alcuni facevano le boccacce, altri tenevano in mano un bastone. Portavano delle braghe strappate e rattoppate, degli stivaloni sfondati o delle scarpacce mezze rotte e logorate.
La Rossa credette di vedere anche alcune streghe, appese a quelle travi, con i capelli fatti di paglia o di fieno. Che aspetto lugubre avevano!
Ai piedi di ogni croce avevano ammonticchiato delle fascine, cui poi era stato dato fuoco.
E le fiamme, a poco a poco, divoravano il legno ed fantocci, nella nebbia’
Sembrava di sentirli gridare, ma era soltanto un’impressione. L’appassionata musicista pensò a ciò che portava in seno e si sentì bruciare, come quei pupazzi. Provò piacere e delizia’
Ben presto, venne il giorno dello spettacolo. Nella piazza principale fu allestito un teatrino ambulante, fatto di legno, decorato con mille bandierine gialle, rosse e blu.
C’erano anche i palloncini. Alcune persone, che portavano sul volto delle maschere colorate, distribuivano dolcetti e lecca-lecca gratis.
Che festa, ragazzi!
Il giocoliere si esibiva in uno dei suoi numeri strabilianti. Caspita, faceva piroettare in aria decine di fiaccole accese e, alla fine, mangiava il fuoco!
Che bravo!
Vicino a lui, c’era un elefantino, dalle orecchie a sventola e con la proboscide lunghissima. Gli avevano messo un gran bel collare e portava in testa un cappellino a forma di cono, decorato con stelle filanti.
L’allegro burlone tirò fuori cinque o sei dei suoi birilli arancioni e si mise a giocare con quel grazioso compare! L’aveva addestrato proprio bene: gli passava uno ad uno i ferri del mestiere e l’altro glieli restituiva, lanciandoli festosamente in aria.
Ricordo che c’era anche la sua aiutante, la quale, per divertire il pubblico, si tirava su la gonna e mostrava le gambe nude’ Aveva le scarpe col tacco a spillo. La natura era stata generosa nei suoi confronti, tanto da dotarla anche di due seni prosperosi.
Il giocoliere le chiedeva tutti gli strumenti del caso: le biglie, i cerchi colorati, le mazze, i festoni’ Talvolta, faceva finta di sbagliarsi e invece di prendere una pallina toccava il petto della malcapitata. Gli sembrava di gomma!
Vidi anche la donna cannone. Mi parve più paffuta del solito. Vestita con un costume nero, si mise in posizione.
Accipicchia!
Entrò nel cannone e, da dietro, l’amante della Rossa si accinse ad accendere la miccia. Che scoppio ci sarebbe stato! Che botto!
Il pubblico era numeroso. Quanta gente! Tutti applaudivano. Tra i presenti, notai anche la meravigliosa musicista, assai divertita.
– Bene! Bis! ‘ urlava la folla.
Prima che lo spettacolo fosse finito, la nostra protagonista salì sul palcoscenico di legno e sussurrò qualcosa negli orecchi del suo amico del cuore, il quale balbettò delle parole incomprensibili.
Quella notte, nell’Ostello degli Artisti, vi fu una scenetta bollente, a lume di candela.
Il letto scricchiolava senza sosta’ Sopra, c’erano il giocoliere e la sua assistente, che facevano sesso, senza vestiti. Lei stava sotto e teneva tutte e due le gambe piegate, mostrando il reggicalze nero, che teneva a mezza coscia. Era l’unico indumento che le fosse rimasto indosso.
Dietro l’uscio socchiuso, con l’occhio appiccicato al buco della serratura, c’era la Rossa, che guardava e si masturbava lentamente.
Lui spingeva forte, gli piaceva pizzicare i piedi ed i polpacci della sua compagna, che ce l’aveva pelosa e lo eccitava molto.
– Ma allora non vieni mai? Che bravo che sei! ‘ esclamò la donna fortunata, che scoppiava di piacere.
Ricordo che le tette dell’assistente sobbalzavano come due palloni.
Intanto, la violinista li osservava e godeva insieme a loro. Non era gelosa, anzi’ Era stata lei a chiedere al suo amante di fare quel bel gioco. Si passava velocemente le dita sulla vulva, soffermandosi sul clitoride, per poi insinuarle nella vagina, ormai completamente bagnata. Si toccava anche le gambe e le natiche. Strofinava i suoi capezzoli sul legno ruvido della porta…

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